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Autore: Cossiopea    11/01/2021    0 recensioni
Trovavo sempre strano come, su questo remoto pianeta dell'Orlo Esterno, le tempeste fossero rapide, variabili, quasi vive. Erano capaci di coglierti alla sprovvista, di investirti con una violenza implacabile nel bel mezzo del silenzio... per poi sparire e dileguarsi come spettri.
Avevo imparato ad accettare questi fenomeni fin da piccolo, ma a volte mi ritrovavo a domandarmi se così non fosse stato; se fossi nato su qualche pianeta meno desolato, se invece del caldo secco che genera piaghe sulla pelle avessi potuto ritrovarmi catapultato in qualche altro destino, magari più folle, ma non per questo sbagliato.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ahsoka Tano, Luke Skywalker, Obi-Wan Kenobi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5
Schiaffi dal deserto


Il vecchio aveva lasciato il locale.

Lo capì nel momento stesso in cui il suo stivale consumato e logoro mise piede sulla via acciottolata, nel momento stesso in cui fece l’errore di uscire allo scoperto, dove lei poteva vederlo, dove poteva sentirlo.

Non che avesse poi così tanta importanza, questo è chiaro. La sua doveva essere solo una missione ricognitiva, un modo per tornare indietro, inseguire delle tracce che – ne era sempre più convinta – si stava solo immaginando.

Eppure qualcosa la spingeva a scavare sempre più a fondo in quel deserto composto da null’altro che sabbia, come si ostinasse a trovare qualcosa che non sembrava esistere, l’impronta di un’idea senza fondamenta che l’aveva solo condotta lontano da dove doveva essere.

Eppure qualcosa c’era…

Qualcosa doveva esserci. Soltanto, non voleva essere trovato.

E il vecchio poteva essere una solida partenza, dato che era stato così sciocco da non notare che lo stava tenendo d’occhio da quasi tre rotazioni (o almeno così le piaceva credere) e pareva essere comunque una papabile fonte di salde informazioni e genesi di domande interessanti… a partire dal perché si trovava lì, così lontano da tutto ciò che conosceva o avrebbe dovuto conoscere. Per quanto ne sapeva lei, lui sarebbe dovuto essere morto da tempo.

Si acquattò nell’ombra, coperta dal mantello, certa che nessuno avrebbe guardato nella sua direzione. La sua mente aveva esteso le percezioni verso tutti gli organismi nel raggio di una decina di metri, assaporandone i respiri, le emozioni… assicurandosi che non l’avrebbero scoperta.

Fu con un fremito di fastidio che notò il ragazzino che si era concessa di salvare la notte prima, un marmocchio che adesso rincorreva goffamente il vecchio con un’espressione spaesata appicciata sul volto fanciullo.

Questo avrebbe complicato le cose.

Per un secondo nutrì la speranza che l’uomo si sarebbe presto liberato del giovane, specie perché, nel corso dei suoi appostamenti, non si era degnato di spiccicare parola nemmeno con un droide; ma poi il lieve sorriso che il vecchio rivolse al ragazzo fece crollare anche quell’aspettativa.

Storse la bocca in una smorfia, seccata da quella sgradevole novità, ma poi si impose di mantenere la calma: qualunque segreto il vecchio nascondesse, glielo avrebbe estrapolato anche a costo di serie minacce… una prospettiva che, però, non era totalmente piacevole… né per lui e né tantomeno per lei.

Scosse la testa per cacciare via quei pensieri distraenti e decise di uscire dall’angolo buio che era il suo rifugio.

Uno, due, tre passi.

Mantenne lo sguardo puntato in basso, sebbene la Forza – i suoi veri occhi – avesse sotto controllo ogni minima forma di vita.

Percepì il vecchio e ragazzo avviarsi verso il deposito dei veicoli poco lontano e, silenziosa, lì seguì, abbassandosi il cappuccio sul viso e coprendosi le spalle col mantello nonostante il suo corpo stesse letteralmente evaporando nell’afa.

Salirono su un landspeeder classe Seraph, vecchio modello, probabilmente scassato ma comunque funzionale.

Li seguì con lo sguardo mentre sfrecciavano verso l’orizzonte lasciandosi dietro una scia di sabbia dorata, il mantello che oscillava appena nell’aria immobile e il volto coperto da ombre.

Si morse distrattamente un labbro, abbastanza certa che, se non si fosse mossa immediatamente, la possibilità di perderli si sarebbe evoluta e reale certezza. Anche se, ricordò a se stessa, non aveva idea di dove vivesse il vecchio.

Aveva provato a pedinarlo anche il giorno prima, ma era come se, in un modo o nell’altro, l’esito fosse sempre finire per girare attorno ad un paio di dune.

Senza avere ancora chiaro il come o il perché, riusciva a perderlo. Oppure lui riusciva a seminarla.

Sebbene non avesse mai messo in dubbio le proprie abilità di segugio, la prospettiva che il vecchio sapesse della sua presenza aveva un sapore talmente amaro che non poteva fare altro se non ripetersi di essere arrugginita.

E comunque, l’uomo ricompariva sempre la mattina dopo. Pareva quasi emergere dal deserto, sbucare dal nulla come una specie di spettro. Degno di se stesso, probabilmente, ma non per questo meno irritante.

– Ehi, tu!

Si trattenne dall’imprecare, rendendosi conto che, nel corso delle sue riflessioni più o meno utili, la barriera di sicurezza che aveva eretto intorno a sé si era incrinata, permettendo a chissà qualche razza di feccia di varcare quella linea invisibile. Lo percepiva.

Si voltò di scatto e il mantello oscillò, lasciando ai suoi occhi celesti il tempo di scintillare come gemme nella luce dei due soli, prima di essere ringhiottiti dal buio.

Il suo sguardo si scontrò brutalmente con un visore a T, non diverso da quelli con cui era stata in grado di tenere testa in passato, ma, del resto, anche quella voce suonava pericolosamente famigliare.

Un angolo della sua bocca si tese in un sorriso privo di gioia.

– Salve – disse, optando per un approccio meno espansivo del gettarlo a terra come un birillo. Le ci vollero due secondi di troppo per ricordarsi quanto fosse difficile abbattere un guerriero di beskar e che un possibile attacco sarebbe, con buona probabilità, finito con la sua decaduta o, peggio, con la fuga.

Diamine, forse era veramente arrugginita.

Il mandaloriano le si avvicinò con fare minatorio, impugnando un enorme blaster Carabina, modello EE-3, di quelli capaci di stendere un Acklay con due colpi bene assestati. A suo parere, comunque, fin troppo grosso per avere una vera mobilità: quel coso era sicuramente pensato più per intimidire l’indifeso popolo di Tatooine che per un reale combattimento diretto.

– Ho bisogno di farle qualche domanda – sibilò il cacciatore, lo stesso tono che avrebbe usato un clone irritato, cosa che indolcì, giusto un poco, quel suo sorriso arido.

Ora aveva anche qualcos’altro su cui indagare: quel tizio suonava come un personaggio parecchio interessante. In un modo o nell’altro si ripromise di ficcarlo in agenda.

– Mh, sì – fece lei, storcendo appena le labbra in una smorfia furbetta – Però io avrei un paio di impegni da sbrigare e, mi scusi, ma sarei veramente di fretta.

Non riuscì a identificare la possibile espressione del tale dietro all’elmo, ma le piacque figurarsela leggermente sorpresa.

– Togruta, eh? – borbottò poi lui, senza dar segno di aver sentito la replica di un secondo prima. Fece un meccanico cenno della testa verso i suoi montral, che, a tradimento, ricreavano due allungamenti sotto al cappuccio.

– Sei perspicace – commentò lei, ironica, incrociando le braccia sul petto – Non credevo che voi mandaloriani riusciste a vederci qualcosa attraverso quel secchio in testa – forse si era spinta troppo oltre, ma d’altronde la sua era un vita passata senza peli sulla lingua.

Per qualche bizzarra ragione, il cacciatore rimase al gioco.

– Sì, beh – brontolò – Sempre meglio degli assaltatori.

Un lampo. Rex che rideva, nulla di più. Eppure, senza che lei potesse prevederlo, senza che potesse controllarlo, quell’unico ricordo, vivido e sgargiante come il profumo di un fiore, le fece male.

Ahsoka si sentì mancare.

Quella voce le faceva male.

– Devo andare – mormorò, di punto in bianco. La vista le si annebbiò; qualcosa, attraverso il tempo, la colpì con violenza. Uno schiaffo che parve provenire direttamente dal deserto, un palmo bollente emerso dalla polvere.

Il mandaloriano scattò prima che lei potesse accorgersene. Le afferrò il braccio prima che potesse scappare e strinse il guanto duro contro la pelle nuda, facendole sfuggire un gemito di dolore.

Pensieri incoerenti schizzarono di colore la pagina nera del suo autocontrollo.

Doveva seguire il vecchio…

Doveva fuggire da lì…

Doveva…

Non si rese neanche conto di cosa stesse accadendo e il candore del laser si era abbattuto sull’armatura di beskar. L’impatto esplose in scintille, rilasciando un fastidioso sibilo prolungato, il metallo che si arrossava nel punto d’impatto.

Il cacciatore arretrò, allarmato, e la mente di lei non poté fare a meno di figurarsi il volto di Rex, dietro a quel casco, dietro a quella maschera immobile, priva d’emozione.

Si voltò, sconvolta, e fuggì verso il deserto.

Il mandaloriano gridò qualcosa di indefinito, che lei non riuscì a cogliere nella cacofonia dei suoi ricordi confusi. Un raggio laser, rosso come una spada, le sfiorò il mantello mentre correva, bruciacchiandolo appena.

Ahsoka non smise di correre.

   
 
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