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Autore: Felpie    12/01/2021    1 recensioni
Dorcas Meadowes è stata tante cose per Sirius Black: un'amica, una confidente ed un'amante.
Sirius, però, riesce a malapena ad arrivare a dire dieci cose che ama di lei, ma si sforza di farlo mentre tutto il mondo intorno a lui sembra andare in pezzi e mentre si ritrova da solo a combattere contro tutto.
Dal testo: "... Spengo la sigaretta e mi accovaccio sulle ginocchia, toccando la pietra fredda; non dovrei essere qui, sono ancora un ricercato latitante, ma dovevo passare a salutarti, almeno una volta.
Sei stata la mia complice, la mia migliore amica, la mia amante. Sei stata tutto ciò che volevo dalla vita senza nemmeno saperlo..."
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dorcas Meadowes, Sirius Black | Coppie: Dorcas/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Ciao Dorcas.

Remus mi ha detto di pensare a te. Di pensare a dieci cose che amo amavo di te.
Ed io sono scoppiato a ridere, pensando che fosse una cosa sciocca e, conoscendoti, se ti avessero chiesto la stessa cosa di me avresti riso ancora più forte.
Eppure ora sono qui a pensare sul serio a dieci cose che ti rendevano unica. Dieci cose di una persona che è entrata nella mia vita a passo di danza e ci è rimasta aggrappata sempre, anche quando io non me lo meritavo.

La prima cosa a cui penso, se mi dicono “Dorcas Meadowes” sono senza dubbio i tuoi occhi. Come mi hai detto tu una volta gli occhi sono lo specchio dell’anima; me lo hai detto riferito a James e alla sua bontà fuori dal comune, ma io lo penso di te, forse ancora di più.
Il 1° Settembre 1971 è il giorno del nostro primo incontro: mi ricordo di te fin da quando il Cappello Parlante si era seduto comodamente sulla tua testa ed era stato per cinque minuti buoni in silenzio.
 


Non ho mai sentito il nome della bambina seduta di fronte a tutto il castello, ma mi sembra una tipa in gamba: guarda di fronte a sé e attende con pazienta di sapere a quale tavolo si deve andare a sedere.
Quella bambina ha i capelli neri e lucenti, la pelle chiara, come se fosse di porcellana, e gli occhi verdi, di un verde così brillante come non ne ho mai visti. Degli occhi da cui traspare curiosità, sicurezza, ma anche un po’ di meraviglia infantile per quel gigantesco castello.
E quando il Cappello urla “Grifondoro”, sento un brivido corrermi lungo la schiena: voglio parlare con te. Ti siedi di fronte a me, accanto a Lily che ti fa subito un grande sorriso e poi rivolgi a me uno sguardo un po’ altezzoso, prima di allungarmi la mano e dichiarare “Sono Dorcas”.
E mentre ti stringo la mano piccola e fredda qualcosa mi dice che non sei proprio come le altre.
 


La seconda cosa a cui penso e che ho amato di te sono le tue labbra. Te lo posso dire, tu sicuramente sei l’unica che non mi considererebbe un pervertito o un maniaco, se ti confessassi una cosa del genere. Perché anche tu avevi, nelle tue parole, sempre una nota maliziosa, ma così sottile come non ho mai sentito in nessun altro.
 


“E così domani esci con quel tipo di Tassorosso” esclamo, stravaccato sul divano della nostra Sala Comune; ci siamo solo noi, gli altri sono andati tutti a dormire in modo da svegliarsi presto ed andare ad Hogsmeade di buon mattino, ma io e te siamo animali più notturni.
“E tu con la tipa del quarto anno.” ridacchi.
“Entrambi ci divertiremo, insomma.” commento, prima di girare lo sguardo e domandare “Tu un bacio lo hai mai dato?”
Spero che tu non senta l’imbarazzo nella mia voce, mi prenderesti in giro. Sei l’unica che riesce a prendermi in giro e la cosa mi infastidisce tantissimo, ma ti dà anche un qualcosa in più rispetto a tutti gli altri.
“No. E tu?”
“Nemmeno io.” sussurro.
“Però questa cosa del primo bacio come qualcosa di esaltante e eclatante non la capisco sinceramente” commenti ed io mi giro a guardarti, stupito “Voglio dire, quello speciale dovrebbe essere l’ultimo, no? Il bacio alla persona con cui passerai tutta la vita.”
“Hai proprio ragione, Meadowes” concordo, mettendomi seduto più composto “Sarebbe meglio togliersi il pensiero una volta per tutte e non stare sempre lì a pensare continuamente ad una sciocchezza del genere. A volte vorrei farlo e levarmi il problema.”
“Sì, anche io. Almeno uno la smette di pensarci.”
Scende per un attimo il silenzio tra noi, mentre entrambi ci guardiamo, ed è in quel momento che a me viene l’idea folle, una cosa che non avrei mai pensato con nessun’altra che non fossi tu.
“Senti, ma…”
“Vuoi baciarmi?” mi anticipi ed io ho paura di aver sgranato gli occhi.
“Così tutti e due ci leviamo il problema.” aggiungo rapidamente, come a giustificarmi.
“Sì può fare.”
Rimaniamo fermi tutti e due per un attimo, il tempo che io registrassi le tue parole come affermative e che capissi come fare, ma poi mi avvicino lentamente, portando il mio viso verso il tuo, e dopo un attimo le mie labbra sfiorano le tue. La prima cosa a cui penso è che hai le labbra morbide e che hai un buon sapore.
Mi metti una mano tra i capelli e avvicini il corpo al mio, mentre io allaccio le mie mani intorno ai tuoi fianchi; mi infili la lingua nella bocca ed io provo a fare lo stesso. Sento le guance scaldarsi, ma è una sensazione piacevole quella che provo.
Ci stacchiamo dopo poco, guardandoci negli occhi, e sei tu la prima a sorridere “Ora almeno ci siamo entrambi tolti il problema.”
“Sì, infatti.” annuisco, prima di sogghignare “Baci bene, Meadowes.”
“Anche tu non sei male, Black.”
 


Avevi ragione, il bacio più speciale che io abbia mai ricevuto è stato l’ultimo ma, guarda un po’, la persona che me l’ha dato è anche quella che mi ha dato il primo. Questo non l’avevamo considerato.

La terza cosa a cui penso sentendo il tuo nome sono le sigarette, alle centinaia e centinaia di sigarette che abbiamo fumato di nascosto, smezzando pacchetti prima e con tu che me le rubavi tutte poi, fin dalla prima volta che me ne hai offerta una. Secondo me anche lì stavi, a passo di danza, cercando qualcuno a cui scroccare tutte le sigarette e quando mi hai offerto la prima Marlboro sapevi che te l’avrei restituita con gli interessi.
 


Fa freddo nel cortile della scuola ed è vuoto, tutti impegnati nello studio pomeridiano o davanti al fuoco a scaldarsi, ma io non mi muovo: voglio rimanere lì, nel gelo di Novembre, stretto nel mio mantello. Il clima rigido invernale è arrivato con più di un mese di anticipo e il grigio del cielo si accosta bene a quello del mio umore; James non mi parla da una settimana, per Remus è come se fossi morto – o forse lo spera – e Peter è l’unico che mi riserva qualche timido sorriso ogni tanto.
“È l’acqua fredda che tonifica il corpo, non il clima.”
La tua voce mi coglie alla sprovvista, facendomi sussultare, e dopo poco ti avvicini, anche tu stretta nel mantello, la sciarpa rosso – oro al collo e un cappello rosso bordeaux calcato sui capelli scuri, sedendoti sul muretto accanto a me.
“Che cosa ci fai qui fuori?”
“Che cosa ci fai tu qui fuori?” ribatti, guardandomi con quei tuoi occhi verde smeraldo.
“Sto bene.”
“Che sciocchezza.” rispondi, frugandoti le tasche fino a trovare un pacchetto di sigarette e mettertene una tra le labbra; io ti guardo stupito.
“Potrebbero vederti.”
“Chi è che sta qui fuori con questo freddo?”
Le nocche ti sono diventate subito rosse e probabilmente ti accorgi che ti sto guardando le mani perché mi allunghi la sigaretta.
“Vuoi?”
“Non ho mai fumato.”
“Sirius Black non ha mai provato una sigaretta?” ridacchi stupita.
“Bisogna rimediare” dichiaro, forse per non sembrare un bambino di fronte a te. Mi sento spesso un bambino di fronte a te “Dammene una.”
Mi passi il pacchetto e mi infilo una sigaretta tra le labbra; me la accendi con la tua e do la mia prima boccata di fumo. Mi verrebbe da tossire, ma resisto per non darti questa soddisfazione – perché so che, con quello sguardo furbetto, stai solo aspettando questo.
“Oggi è il mio compleanno.” commento, guardando la sigaretta; so che hai sgranato gli occhi, ti conosco, ma non dici nulla.
“Che è successo con gli altri Malandrini?” dichiari a bruciapelo ed io me lo immaginavo che prima o poi saresti finita lì: a te non piace girare troppo intorno alle cose.
Scrollo le spalle “Abbiamo litigato.”
“Le parole non dette sono quelle che fanno più male, Sirius”
“E tu che ne sai?”
“Lo vedo. Ti vedo”
Ti alzi in piedi, spegni la sigaretta e la fai sparire con un colpo di bacchetta.
“Fate pace. La Sala Comune non è la stessa senza di voi”
 


Fumavi in modo particolare. Non te l’ho mai detto, ma ti guardavo spesso, mentre con la sigaretta tra le dita avvicinavi lentamente il filtro alla bocca; tu, in genere, guardavi l’orizzonte o qualsiasi cosa non fossi io, mentre con l’altra mano giocavi con l’accendino, accendendo e spegnendo la fiammella.

Poi c’è il tuo corpo. No, scherzo, poi c’è la tua risata. Merlino, la tua risata.
Era qualcosa di inebriante, coinvolgente e che ti entrava nelle ossa.
 


Fa caldo e sono tutti in Sala Comune a festeggiare la fine della scuola, tranne noi che ci siamo nascosti nella Stanza delle Necessità per bere una Burrobirra che ho preso da Madama Rosmerta l’ultima volta; la stanza è vuota e noi siamo seduti per terra, la schiena appoggiata al muro.
“Che farai quest’estate?”
“Cercherò di non buttar via totalmente la mia vita?” rispondo, dando un sorso dalla bottiglia.
“Cambieranno le cose, prima o poi.”
“Quando?”
“Non lo so. Prima che tu perda la tua meravigliosa chioma di cui vai tanto fiero.”
“Staresti cercando di dire che sono bellissimo?” ghigno.
“Io sono bellissima, tu hai solo una meravigliosa chioma.”
“Solo?”
“Solo.”
E scoppi a ridere così all’improvviso che mi cogli alla sprovvista, mentre rimango a guardarti sollevare il naso e chiudere leggermente gli occhi. Appoggi la bottiglia di Burrobirra e mi sfiori la mano con la tua, prima di posare la tua testa sulla mia spalla. Ti guardo con la coda dell’occhio e mi soffermo un po’ troppo sulle tue labbra piene: ne ho baciate, di bocche, dal nostro bacio, ma nessuna era morbida come la tua.
“Ho sentito delle voci, prima, su di te.”
“Sì?”
“Dicevano che eri un gran maestro a letto. È vero?”
“Sono voci, Meadowes, non sono vere per definizione.”
“Lo hai mai fatto?” mi chiedi all’improvviso, staccandoti da me, ed io sono un attimo confuso perché sei sfacciata e irriverente, è vero, ma non pensavo così tanto.
“Cosa?” fingo di non capire.
“Sesso”
“No. E tu?”
“Nemmeno io.” rispondi e sembri aspettare qualcosa.
“Senti ma…” inizio, ma tu mi interrompi un attimo dopo.
“Ci sto”
“Non sai nemmeno quello che volevo dirti.” ridacchio.
“Era ciò che pensavo anche io.”
Se sgranassi gli occhi probabilmente tu rideresti di nuovo – di me – quindi ci rinuncio, sorrido e mi avvicino lentamente per baciarti; sei tu la prima a toccarmi e dalla sorpresa mi immobilizzo un attimo, ma poi ti invito a continuare, sfiorandoti a mia volta.
“Non avere paura, Sirius. Ti faccio vedere io come si fa.”
Mi stai prendendo in giro, come sempre, tu e la tua dannata sicurezza che sembra non vacillare mai, mentre io pendo dalle tue labbra e mi sento solo non appena le tue mani si allontanano un attimo da me.
Nessuno dei due sta capendo molto della situazione, ma ad entrambi piace e non vogliamo fermarci.
 


Sei scoppiata a ridere quando l’amplesso è finito e ti sei sdraiata accanto a me, appoggiando la testa sul mio petto, non so se te lo ricordi. Ed io, in quel momento, ho capito che ero davvero fottuto.

Poi penso al tuo coraggio. Penso al fatto che eri leale e coraggiosa come mai nessun altro Grifondoro lo è stato al mondo. E che Silente se n’era accorto prima di chiunque.
 


Sei la prima persona che vedo quando io e James entriamo nella stanza; non faccio caso a nessun altro, eppure siete già in una ventina e avete tutti gli occhi puntati su noi due. Io guardo te che, vestita di nero, mi sorridi in un angolo.
Non ascolto una parola di quello che Silente dice per tutta la riunione – che bravo che sono, vero, la prima riunione dell’Ordine della Fenice ed io non ho ascoltato nemmeno una parola, forse è per questo che quel pazzo di Moody sembra avercela con me – perché non ho fatto altro che guardare te, per tutto il tempo.
E le prime parole che pronuncio in tutta la sera – se non si considera il mio nome borbottato a mezza voce quando mi è stato chiesto – sono per te, che mi stai aspettando fuori, sotto la pioggia, a fumare una sigaretta. A volte credo che fumeresti sigarette anche nel bel mezzo di un uragano.
Ho abbandonato malamente James dentro a parlare con Bones e Caradoc e sono corso fuori perché sapevo esattamente che ti avrei trovato così.
“Che cosa ci fai tu qui?” ti chiedo e tu mi mostri con fare ovvio l’oggetto che stringi tra le dita e sorridi furbescamente.
“Secondo te? Ti facevo più sveglio, Sir.”
“Intendevo qui. Qui all’Ordine.”
“Oh. Suppongo la stessa cosa che ci fai tu.”
Espiri una boccata di fumo, che si espande nel buio della sera.
“Da quanto?”
“Da qualche mese.”
“Quanti?”
“Ha sul serio importanza, Sirius? Che fosse Novembre, Gennaio oppure Giugno?”
No, non ce l’ha.
“Perché non me lo hai detto?”
“Società segreta. Hai presente?” commenti, spegnendo la sigaretta contro il muro “Sono felice che ci siate anche tu e James. Era difficile, prima”
Da sola.
Annuisco, perché non so cosa rispondere “Ci sarà da lavorare.”
“Ci sarà da combattere. E ci sarà da vivere.” dichiari, posizionandoti davanti a me; mi guardi con i tuoi occhi verde smeraldo e aggiungi “O almeno, per quel che ce ne rimane, godiamocela ‘sta cazzo di vita.”
Ti guardo orgoglioso, mentre James esce anche lui, dicendoci che dobbiamo tornare ad Hogwarts, e tu mi fai un sorrisetto e mi stringi la mano per Smaterializzarti insieme a me.
 


E con il coraggio, c’era anche la tua serietà.
 


La scuola è finita, i tempi sono bui ed io mi sono trasferito in un minuscolo appartamento nella Londra Babbana, in cui il caos regna sovrano ed in cui sono più le volte in cui ci sei tu o Remus o James e Lily o Peter e Mary o chiunque altro piuttosto che le volte in cui io sto lì da solo.
Sei con me anche questa sera e abbiamo appena finito di fare sesso sul divano; che cosa siamo non lo so, l’unica volta che ho provato a chiedertelo sei scoppiata a ridere e mi hai baciato per farmi stare zitto. So che di noi non sa niente nessuno, tranne James che mi lancia delle occhiatine maliziose e Lily che è la tua migliore amica e ti capisce con un solo sguardo.
“Stasera ho il turno con Lux.” mi racconti, infilandoti la mia maglietta.
“Io con Emmeline, ma solo una ricognizione. Passi domani?” ti domando; è il nostro gioco, se così si può chiamare: se uno dei due ha la ronda di notte, il giorno dopo porta all’altro caffè e ciambelle e lo aspetta in cucina per fare colazione insieme. È il nostro modo per dire “sono ancora vivo” e “sono qui con te”. E ascoltare i tuoi passi di danza lungo le scale del condominio in cui vivo è il mio modo per sapere che, anche questa volta, sei sopravvissuta e posso smettere di avere paura almeno per qualche ora.
“Certo. Oggi sono entrata da un fornaio e ho visto un signore vestito in giacca e cravatta a cui sono caduti delle sterline per terra: aveva i pantaloni così stretti che non si è piegato e li ha lasciati lì. Mi ha fatto ridere. Credo che domani ti porterò qualcosa da quel forno.”
“Non dovresti ridere su una cosa del genere.”
“Se uno non ride di questi tempi è morto prima ancora di scendere in battaglia.”
E hai perfettamente ragione.
“Vorrei capitare con te, una volta. Mi sono stancato di Remus che mi lancia occhiatacce ogni volta che accendo una sigaretta.”
“Io non vorrei capitare con te.”
“Mi credi così scarso?”
“Mi distrarrei.” ribatti, cogliendomi come al solito di sorpresa: non mi aspettavo che avresti detto una cosa così seria “Non sarei concentrata e sarei troppo presa ad avere paura per te.”
“Tu non devi avere paura per me.”
“Certo, ora sì che non ce l’ho.” mi prendi in giro, mentre ti alzi per raccogliere i pantaloni e gli stivaletti “Caffè o cappuccino domani?”
 


Posso non pensare al caffè, se mi dicono il tuo nome? Il caffè nero e senza zucchero, come piaceva a te, è l’unico modo in cui ora riesco a berlo, ogni minima traccia di latte o miele mi sembra così dolce e stucchevole che mi domando perché ti rispondevo sempre “cappuccino” quando mi ponevi quella domanda.
 


Il giornale del 19 Gennaio 1981 non lo compro: so già che qualcosa non va quando entro in casa, di ritorno dalla ronda notturna avuta insieme a Remus, perché non c’è il profumo di caffè ad aspettarmi, né tu comodamente – e comunque elegantemente – seduta sul tavolo con i piedi sulla sedia, che mi sorridi furbescamente, con in mano una ciambella piena di zucchero. Non c’è traccia di te, né del tuo caffè scuro del bar sotto casa, né dello zucchero. E nemmeno delle ciambelle, se è per questo.
Non sei stata qui questa mattina e questo può voler dire solo una cosa: ti è successo qualcosa. Qualcosa di brutto per la precisione, molto brutto, o, sono sicuro, mi sarebbe arrivato un tuo gufo; anche in fin di vita, sotto morfina, legata ad un letto di ospedale, mi avresti fatto sapere che sei viva. Ma non l’hai fatto e questo può voler dire solo una cosa.
Una cosa che però non riesco nemmeno a pensare, mentre stringo la maniglia del mio appartamento, cercando di impedire alla stanza di girare.
 


È il 18 Gennaio del 1996 oggi, Remus mi ha chiesto di pensare a queste dieci cose quindici anni fa ed io gli sto obbedendo solo ora. E non ridere, almeno l’ho fatto. O forse stai ridendo proprio per questo?

Occhi, labbra, sigarette, risata, coraggio, serietà e caffè.
Non sono arrivato a dieci, non sono riuscito ad arrivare a dieci cose che amavo di te, nemmeno a quindici anni dalla tua scomparsa. Ma gli occhi contano per due e le sigarette per centinaia, visto quante me ne hai scroccate.

Se vuoi ci aggiungo anche la tua capacità di stare da sola: tu sapevi stare da sola come nessun altro. Io non lo so fare, o forse non lo so fare più, perché in questo momento mi manchi disperatamente. Tu invece eri bravissima a farlo e a volte mi facevi sentire così di troppo che non capivo mai se dovessi andarmene; poi però mi abbracciavi, appoggiavi la testa sul mio petto, ed io restavo a stringerti tra le mie braccia.
Sono qui ora davanti alla tua tomba e vorrei un tuo abbraccio, uno di quelli che era capace di scaldarmi fin dentro le ossa.

Guardo la lapide su cui è inciso il tuo nome, la tua data di nascita e la tua data di morte. A queste cose Lily ci ha fatto aggiungere anche il simbolo dei doni della morte e la scritta “Combattente”. Aveva ragione.
La tua tomba è semplice, proprio come te, e c’è solo una rosa bianca di troppo, ma questa te l’ho portata io quindi non conta: la semplicità elegante che avevi è rimasta letteralmente scolpita nella pieta.
Lily e James se ne sono andati dieci mesi dopo di te, ma immagino che tu queste cose già le sai: forse siete tutti insieme, dovunque vi troviate.

Ti sento ridere, rimproverarmi del fatto che sto fumando in un cimitero e che non è carino fumare in un dannato cimitero. E sì, io ribatterò che ai morti non dà fastidio se mi faccio un’altra sigaretta. Sono morti.

E aggiungo anche un’ultima cosa, la decima cosa che amavo di te. Il tuo avere sempre ragione.
Era la cosa che più mi mandava ai matti ma era anche la mia certezza più grande: se tu dicevi una cosa, quella era.
Spengo la sigaretta e mi accovaccio sulle ginocchia, toccando la pietra fredda; non dovrei essere qui, sono ancora un ricercato latitante, ma dovevo passare a salutarti, almeno una volta.

Sei stata la mia complice, la mia migliore amica, la mia amante. Sei stata tutto ciò che volevo dalla vita senza nemmeno saperlo – e senza tantomeno averlo chiesto. Sei stata il mio primo bacio, la mia prima scopata, la mia confidente.
Avrei voluto confidarmi con te un’ultima volta, avrei dovuto dirti che mi ero irrimediabilmente innamorato e quindi fregato con le mie stesse mani.

Un ti amo strozzato non riesce ad uscire dalle mie labbra.


 
Le parole non dette sono quelle che fanno più male, Sirius.


 
Maledizione a te, Meadowes, hai ragione anche da lassù.






Felpie's Corner
Oh, guarda, un po' di angst.
Dopo parecchi mesi dietro alla Nuova Generazione ho deciso di tornare un po' alla Old Generation, giusto per ricordarmi che li amo alla follia, e come farlo meglio se non con il mio personaggio preferito e con un po' di angst?
Di Dorcas non si sa quasi niente: la data di morte è il 18 Gennaio 1981 e l'ho trovata su Internet, mentre il fatto che è una Grifondoro e che ha la stessa età di Sirius è una mia licenza poetica. Così come il fatto che sia entrata nell'Ordine della Fenice prima di James e Sirius: mi piace immaginarla così. In quel ricordo siamo intorno a Marzo del loro ultimo anno al castello per la precisione (nemmeno sulla nascita dell'Ordine ci sono date precise, quindi ho improvvisato).
Mi piace immaginare Dorcas così, come una ragazza tenace, coraggiosa, irriverente, spavalda e con la risata sempre sulle labbra. E come la perfetta metà di Sirius, ovviamente.
Spero che la storia vi sia piaciuta.
A presto,
Felpie
   
 
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