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Autore: MadameZophie    12/01/2021    2 recensioni
🗒 ❛ 𝐇𝐀𝐈𝐊𝐘𝐔𝐔 𝐅𝐀𝐍𝐅𝐈𝐂𝐓𝐈𝐎𝐍 ༉‧₊˚✧
𑁍┊Supernatural!AU ; Demon&Hunters!AU
𑁍┊Kagehina, Kuroken, Akakuro, Iwaoi
-Tratto dal Capitolo 1-
❝ Kuroo si lasciò sfuggire una risata, meno sguaiata di quella che avevano già udito, più amara. «Ovviamente grazie ad Hinata. E' la sua stessa energia a spingerlo a cercare l'erede di Karasuno, è la sua natura a spingerlo inevitabilmente verso Kageyama Tobio. Ed è la sua testardaggine ad averlo tenuto lontano sino ad ora, ad averlo spinto ad accettare il dolore di opporsi alla normalità delle cose per permetterti di vivere la tua vita senza il peso dell'eredità che sarebbe gravato sulle tue spalle se lo avessi accettato come famiglio». Un groppo si formò al centro della gola di Kageyama, doloroso, mentre ricordava i dettagli del viso del ragazzino dai capelli aranciati. ❞
Genere: Angst, Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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♦ Zona di Zia Zophie ♦

Non sono io ad aver cominciato un nuovo progetto, assolutamente no, vi state sbagliando, pffft.
Non sono io ad aver iniziato a scrivere una roba totalmente a caso anche se dovrei continuare la traduzione, pffft. No, d'accordo, mi riservo di ricominciare a tradurre Hunting Season probabilmente dopo aver dato l'esame di venerdì, si può dire che abbia scritto questa cosa per scaricare un po' di stress. 
In realtà questo primo capitolo era una one shot che ho presentato ad un contest, ma ha avuto successo e mi hanno chiesto di continuarla, quindi eccoci qui <3
Spero che possa piacervi, fatemelo sapere e soprattutto correggetemi se ci sono incongruenze <3
Io e l'abitudine di rileggere ogni tanto non andiamo troppo d'accordo(?)


Hinata era genuinamente preoccupato e non faceva assolutamente nulla per nasconderlo


Tobio Kageyama era un soggetto tremendamente abitudinario, odiava i cambi di programma improvvisi, almeno quanto coloro che li causavano, e specialmente al mattino amava seguire rigidamente e costantemente la stessa routine che si portava avanti dai tempi del liceo. Lo aiutava ad intraprendere la giornata in maniera più rilassata, il che, considerando con quanta facilità tendesse ad irritarsi, era decisamente un bene. 
Era dunque comprensibile l'istintiva irritazione che sopraggiunse quel mattino, quando anziché la propria silenziosa e ordinata cucina, trovò ad attenderlo un bizzarro ospite.

Un gatto, seduto proprio all'interno della suddetta cucina. Un gatto dal pelo lungo e biondo, più scuro verso le radici, dallo sguardo stanco ed annoiato. Kageyama non sapeva minimamente da dove potesse provenire, era certo che i loro scorbutici vicini non avessero gatti e sperava vivamente che Oikawa non avesse avuto la brillante idea di portare a casa una dannata palla di pelo senza neanche degnarsi di avvertirlo. Eppure il felino era lì e continuava a fissarlo con i suoi grandi occhi gialli, seduto sul tavolo della cucina, la coda vaporosa sporgeva oltre il bordo del tavolo.

C'era qualcosa di sbagliato in quel gatto, così silenzioso e assolutamente non guardingo, c'era qualcosa di sbagliato in tutta quella situazione, in realtà. Perché un gatto si trovava nella loro dannata cucina?
Poi lo raggiunse una realizzazione, repentina e stordente: il felino non poteva trovarsi lì. Nessuno poteva accedere alla casa all'infuori dei loro proprietari e di coloro che venivano invitati ad entrare, Oikawa era un insopportabile idiota, ma ci sapeva dannatamente fare con le rune e i sigilli. Tobio era certo che la sera prima, al loro ritorno da lavoro, l'incanto protettivo che avvolgeva la struttura fosse ancora attivo.

Solo una spiegazione poteva essere data alla presenza dell'animale: demoni. Quella fottuta palla di pelo era un essere che proveniva direttamente dal ventre del reame dei morti. 
E per aver superato senza apparenti danni le difese che avvolgevano la casa, doveva anche essere un demone di rango piuttosto alto, o in alternativa un parassita. Effettivamente, era raro che i demoni più potenti non assumessero forma umana, la più simile alle loro reali sembianze, ma soprattutto era insolito che Kageyama non fosse riuscito a percepirlo prima. 
Era un cacciatore, per tutti gli dei, si allenava da quando era bambino a scovare la puzza di quegli esseri infernali.

Il suo filo dei pensieri venne interrotto solamente da un leggero scampanellio, appena percettibile, e dal suono ovattato di passi sul parquet lucido. Con estrema nonchalance il gatto, o demone che fosse, era balzato giù dal tavolino, muovendosi con sicurezza verso il salone d'ingresso; Kageyama si limitò a seguirlo, compiendo movimenti lenti e guardinghi. Era improbabile che la creatura non sapesse che in quella casa vivessero dei cacciatori di demoni, dunque o si trattava di un essere del tutto stupido o, molto più probabilmente, di qualcuno davvero sicuro di sé. La terza opzione preferì non esplicitarla chiaramente, ma nel suo inconscio sapeva di potersi trovare di fronte ad un demone abbastanza potente da non reputarli una minaccia.

Non era un tipo particolarmente timoroso, Kageyama, anzi, la spericolatezza era un suo tratto distintivo, assieme al suo ego alle volte un po' eccessivo. Anche in quel momento, nonostante la tensione, era adrenalina quella che gli scorreva nelle vene, quella che lo portò ad afferrare dall'appendiabiti all'ingresso la sua giacca e la sua balestra. Era una fortuna che nella sua meticolosità preparasse sempre la sera il necessario per la caccia. 
Si ritrovò poi a deglutire quando, di fronte al circolare sigillo rosso che si intrecciava sul legno laccato della porta, il gatto si limitò a sollevare una zampa, poggiandola alla superficie verticale.

A quel contatto il legno parve quasi liquefarsi, ondeggiando appena sotto il tocco e consentendo all'animale di attraversarlo come se fosse uno specchio d'acqua. Inutile dire che quando fu il turno di Kageyama di avvicinarsi alla porta, quest'ultima era tornata perfettamente normale e il cacciatore fu costretto ad aprire tutti i chiavistelli, perdendo preziosi istanti, prima di aprirla. 
Fortunatamente il demone non si era teletrasportato altrove, lo attendeva semplicemente a metà del piccolo vialetto in ciottolato che conduceva alla strada, placidamente seduto come se volesse che Kageyama lo seguisse.
L'idea che potesse trattarsi di una trappola sorvolò la sua mente solo per un istante, prima che venisse distratto dal gatto, che aveva nel frattempo ripreso a camminare.

Hinata era genuinamente preoccupato e non faceva assolutamente nulla per nasconderlo

Hinata era genuinamente preoccupato e non faceva assolutamente nulla per nasconderlo. Seduto sopra un muretto, con i gomiti che puntellavano le cosce e la testa poggiata su una mano, osservava con discreta insistenza la casa situata appena due traverse più in là. 
Kenma vi si era addentrato, su sua rimpiantissima richiesta, la notte precedente e da allora non era più tornato; Shouyo sapeva perfettamente che il suo migliore amico poteva largamente cavarsela, anche contro dei cacciatori di demoni, ma ciò non lo aiutava a tranquillizzarsi.

«Andiamo, Chibi-chan, se continui a struggerti così ti andrà in fumo il cervello» fu la voce di Kuroo a distrarlo dai suoi pensieri autocommiseratori, dalla consapevolezza di aver messo in pericolo una delle persone a lui più care. Il ragazzo dai capelli corvini era pigramente poggiato ad un lampione, il capo appena reclinato indietro e le labbra arricciate in un ghigno divertito. 
Hinata trovò davvero difficile ignorare il tono derisorio nella voce dell'altro. Gonfiò le guance rosate, distogliendo impuzzonito lo sguardo, poi rispose: «Non sei simpatico, Kuroo. Come fai ad essere così tranquillo sapendo che Kenma potrebbe essere in pericolo?».

In risposta ottenne solamente la risata da iena di Kuroo, a cui avrebbe volentieri risposto con una affatto infantile pernacchia, se solo una mano non si fosse poi poco delicatamente poggiata sui suoi capelli, scompigliandoli. «Tranquillo, Hinata, non è successo nulla a Kenma» la voce di Akaashi lo raggiunse proprio mentre Shouyo si voltava per inquadrare lui e Bokuto, appena arrivati. Quando la notte prima avevano deciso di attendere al punto di ritrovo il ritorno di Kenma, i due avevano preferito ritornare al loro rifugio per riposare. Almeno qualcuno del loro gruppo doveva farlo, specialmente nel gettonato caso in cui fossero sorti dei problemi.

Dovette trascorrere solo il tempo di un altro lungo sospirato istante, prima che una familiare figura soffice e pelosa facesse capolino dal cortile della villa dei cacciatori. Hinata era già pronto a correre in direzione del gatto, indeciso tra lo strangolarlo in un abbraccio per allietare la propria preoccupazione e lo strangolarlo e basta per averlo fatto disperare. Fortunatamente per il felino, non ebbe tempo di fare né l'uno né l'altro, perché si immobilizzò sul posto notando la figura che seguiva Kenma. 
Fino a quel momento aveva sempre osservato da lontano Kageyama Tobio, chiedendosi se sarebbero mai potuti andare d'accordo o assaporando sulle labbra il suo nome, come se fosse un prezioso tesoro; era sempre stato uno spettacolo da ammirare da lontano, vedere ma non toccare, per non rischiare di velocizzare troppo i tempi.

Se il destino fino a quel momento non aveva fatto nulla per farli incontrare, Hinata non aveva di certo fatto alcunché per contrastarlo, evitando il cacciatore come la luna si nasconde al sole. Eppure in quel momento il cacciatore di demoni era vicino, molto più vicino di quanto non fosse mai stato, e il primo istinto di Hinata fu quello di compiere un paio di incerti passi indietro, prima di correre a ripararsi dietro la figura muscolosa di Bokuto. Se fosse per timore o per imbarazzo, non era certo, non ne era sicuro neanche lui a dire il vero.

Kenma colmò con assoluta nonchalance la distanza che lo separava dal gruppo di amici, strusciandosi pigramente alle gambe di Kuroo che in risposta sospirò, prima di abbassarsi per prenderlo in braccio. Cercare di nascondere gli evidenti rapporti con il gatto dopo la scenata di Hinata era pressoché inutile, dunque Tetsurou si limitò a restituire ad un sospettoso Kageyama uno sguardo sardonico e divertito.

«Chi siete voi?» fu una sorpresa per tutti il fatto che fu Kageyama ad interrompere per primo il silenzio, rimanendo ad una discreta distanza da loro per evitare di esser preso di sorpresa e continuando a fissarli con occhi guardinghi ed attenti. 
Ancora una volta Kuroo si fece portavoce del gruppo, voltando il capo verso Hinata e sghignazzando: «Oya, Oya, Oya, Chibi-chan, questo sembra proprio essere il tuo momento».

L'istinto di Kageyama continuava ad urlargli di allontanarsi, di non cercare rogna con quello strano quartetto di sconosciuti, di tornare quantomeno ad avvertire Oikawa ed Iwaizumi per averli come alleati di fronte alla prospettiva di un possibile...

L'istinto di Kageyama continuava ad urlargli di allontanarsi, di non cercare rogna con quello strano quartetto di sconosciuti, di tornare quantomeno ad avvertire Oikawa ed Iwaizumi per averli come alleati di fronte alla prospettiva di un possibile scontro. 
Eppure allo stesso tempo qualcosa lo calamitava in quel posto, gli impediva anche solo di compiere un passo indietro, verso la casa. Quando l'uomo dai capelli corvini pronunciò infine quella frase, per diversi istanti Tobio rimase immobile, confuso, seguendo la linea dello sguardo dello sconosciuto solo per posare gli occhi su una figura che al momento gli risultava appena visibile.

Era lo stesso ragazzino che era corso loro incontro poco prima, preso da chissà quale impeto di energia, solo per poi tornare indietro con la coda tra le gambe, per chissà poi quale motivo. Si prese qualche secondo per osservarlo, o meglio, per indagare i pochi dettagli che riusciva ad intravedere oltre la figura del ragazzo dietro cui si era nascosto. 
Doveva essere più basso di lui di almeno una ventina di centimetri, a voler essere abbondanti, ed anche il fisico sembrava piuttosto magro e mingherlino. Di tanto in tanto un paio di occhi color ambra facevano capolino, fissi su di lui, enormi come quelli di un dannato cerbiatto. 
E con essi si intravedevano anche fiammanti ciocche di capelli aranciati e spettinati.

Nonostante l'invito del corvino, ad ogni modo, il ragazzino mingherlino non sembrò prendere abbastanza coraggio da lasciare il suo nascondiglio, così calò tra di loro un silenzio carico di tensione. O almeno, così lo percepiva Kageyama, che non poté trattenersi dal tornare a scrutare il demoniaco gatto che sino a quel momento aveva inseguito. 
Il ragazzo con i capelli corvini sembrava troppo a suo agio per non sapere perfettamente con chi avesse a che fare, che fosse anch'egli un demone? Che lo fossero tutti e cinque?

Cinque demoni erano riusciti a muoversi nel quartiere in cui abitavano i migliori cacciatori di demoni di Yokohama senza farsi notare se non volontariamente? Impossibile, anche i demoni superiori avevano difficoltà a nascondere la propria presenza, per via dell'energia oscura che si irradiava dai loro corpi, quelli inferiori a malapena riuscivano a mantenere un'apparenza umana o animale credibile. 
Non erano estranei a casi di umani che si erano alleati con demoni per ottenere potere o denaro, i demoni da contratto negli ultimi anni erano incredibilmente cresciuti in numero, seguendo il crescente ed avido desiderio degli uomini, ma ancora una volta Kageyama era particolarmente dubbioso in merito. I demoni da contratto spesso si rifugiavano all'interno di oggetti, o dello stesso uomo con cui stringevano il patto, non assumevano di certo forma animale, o ancor peggio, umana. La loro fragilità era la loro prima debolezza, dopotutto.

«Akaashi» fu una voce melodiosa, ma bassa, di poco superiore ad un sussurro, a far distogliere nuovamente lo sguardo al cacciatore. Il ragazzino dai capelli aranciati si era appena sporto per afferrare la manica della giacca di un altro ragazzo dai capelli neri che sino a quel momento era rimasto in quieto silenzio, osservando senza apparenti reazioni il ciclo degli avvenimenti. 
Akaashi, o almeno quello che Kageyama presunse essere tale, si limitò a sospirare pesantemente, avanzando di un paio di passi prima di rivolgersi al ragazzo che sorreggeva il gatto: «Kuroo, sappiamo entrambi che sino a quando non si sentirà sicuro, Hinata si rifiuterà di farlo». Tobio sapeva che in teoria non avrebbe potuto sentire quelle parole, si ritrovò per una volta a ringraziare Oikawa e le sue dannate rune, quei piccoli simboletti in grado di conferire persino ad un normale essere umano capacità inumane.

Almeno conosceva tre dei loro nomi, Hinata, Kuroo e Akaashi, era già un punto di partenza, anche se era perfettamente intenzionato ad ottenere proprio da loro ulteriori informazioni, magari dopo averli ammanettati e portati alla base più vicina dell'Organizzazione dei Cacciatori. Ma il gruppo sembrava avere intenzioni del tutto diverse: l'uomo che doveva chiamarsi Kuroo aveva infatti annuito, palesemente non troppo convinto, alle parole di Akaashi e si era voltato per colmare la distanza che lo divideva dall'uomo dai capelli argentei e dal ragazzino, Hinata. 
E fu nuovamente Kuroo a rivolgergli i loro ossequi: «Che peccato, Kageyama-san, suppongo che ci riincontreremo in altre occasioni».

Non doveva stupirsi del fatto che sapessero il suo nome, sarebbe stato stupido credere il contrario visti i precedenti, ma nulla gli impedì di percepire un brivido di inquietudine lungo la schiena, anche se ciò non minò minimamente l'espressione dura e irritata che si mantenne sul suo volto. Prima che tuttavia potesse fare qualcosa per fermarli, qualcuno lo precedette, anticipato solamente da un fischio appena percettibile. In mezzo al quintetto di demoni, o presunti tali, venne gettata una pietra: piatta e grigiastra, un intreccio di rune nordiche era inciso sulla parte superiore e riluceva di una luce violacea, mentre la parte inferiore era ricoperta di muschio.

Kageyama riconobbe alcuni simboli come sigilli di protezione, ma non riuscì ad identificare il nome di quell'incanto; doveva essere alta magia runica, roba che non si studiava durante un semplice corso di studi per diventare cacciatore. 
E Tobio conosceva un solo maestro runico che vivesse nelle immediate vicinanze e fosse in grado di usare incanti così complessi.
«Come sei cattivo, Tobio-chan. Esci di casa tutto solo e neanche ci avverti, pensavamo ti fosse successo qualcosa» la voce divertita e melliflua di Oikawa giunse solamente a confermare le sue ipotesi, assieme al borbottare irritato di Iwaizumi. Se da una parte Kageyama non riusciva a sopportare gli atteggiamenti altezzosi del suo indesiderato coinquilino, dall'altra non poteva che essere (nascostamente) sollevato dall'averlo al proprio fianco in un momento simile.

«Grande Re...» Kageyama udì nuovamente Hinata sussurrare quello che sembrava uno strano soprannome. Per un attimo aveva creduto che si riferisse al vecchio nomignolo che i suoi compagni di liceo gli avevano affibbiato per la sua prepotenza, "il Re del Campo d'allenamento", ma il ragazzino dai capelli arancioni stava fissando Tooru. 
Che lo conoscesse? A giudicare dall'indifferenza del Maestro runico, il sentimento non doveva essere ricambiato.

Una pacca sulla spalla riportò Kageyama alla realtà, il cacciatore voltò appena il capo per inquadrare il viso duro e algido di Iwaizumi al suo fianco, intento a scrutare i cinque uomini ora intrappolati dal sigillo di Oikawa, apparentemente affatto contenti della situazione. 
Insomma, era comprensibile, così come era comprensibile l'ansia che per pochi secondi vide aleggiare nei loro volti. Solitamente l'Organizzazione aveva precisi protocolli per il trattamento degli esseri umani legati per contratto ad un demone, molti di loro non conoscevano con precisione neanche ciò in cui si erano immischiati, ma quei ragazzi sembravano fin troppo consapevoli di cosa stessero facendo, o di chi stessero affrontando.
Kageyama non li avrebbe lasciati andare fino a quando non avesse ottenuto da loro anche l'ultima misera e futile informazione.

Da quando erano tornati alla base, i tre cacciatori non avevano fatto grandi scoperte sui prigionieri appena catturati, solo piccole rivelazioni che avevano solo incrementato i numerosi dubbi sulla questione: dei quattro ragazzi, solo due erano ri...

Da quando erano tornati alla base, i tre cacciatori non avevano fatto grandi scoperte sui prigionieri appena catturati, solo piccole rivelazioni che avevano solo incrementato i numerosi dubbi sulla questione: dei quattro ragazzi, solo due erano risultati totalmente umani, gli altri avevano presentato delle irregolarità nelle reazioni alle armi anti-demoni, subendo solo in maniera parziale i loro effetti, che solitamente erano sufficienti ad indurre i demoni più coriacei alla sottomissione per il dolore. Erano stati per questo condotti nei sotterranei della base, all'interno di celle dalle sbarre d'argento, ammanettati e avvolti dall'aroma degli incensi purificatori, per stordirli e tenerli tranquilli.
Come da supposizione, anche il gatto aveva manifestato gli stessi atteggiamenti irregolari ed era stato per questo a sua volta spedito in cella.

Avevano scelto, dunque, di interrogare i due esseri umani, sperando di poter ottenere da loro qualcosa in più che li aiutasse a giungere al fondo della questione.

Dal primo interrogatorio, durato un buon paio d'ore, non avevano ricavato che un nome, Bokuto Koutaro, appartenente apparentemente allo stesso sospettato dai capelli argentei, e vaghe informazioni in merito alla sua città di provenienza, che a suo dire era Tokyo. 
Sempre secondo la sua testimonianza, inoltre, Akaashi Keiji, uno dei ragazzi imprigionati nelle celle, era un suo amico di infanzia, per cui avevano supposto che dov'esse anch'egli provenire dalla capitale.

Il secondo interrogatorio era iniziato da appena un'ora, e già Oikawa aveva il desiderio cocente di lanciare qualcosa all'uomo di fronte a lui: Tetsurou Kuroo, questo era il nome dell'uomo dai capelli corvini, non si era minimamente scomposto dal suo arrivo, mantenendo in viso quel sorrisetto da iena e continuando a fissarli come a prendersi gioco di loro. 
Non aveva dato nessuna informazione, né su di sé, né sui suoi compagni, aveva continuato a scrollare le spalle come se la cosa non lo concernesse e le poche volte che aveva spiccicato parola era stato per ripetere, divertito: «Non sono io a dover rispondere alle vostre domande, Iwaizumi Hajime, Oikawa Tooru e Kageyama Tobio».

Curiosamente, ad ogni modo, Kuroo si mostrava particolarmente più velenoso nelle sue risposte se era Tobio a porle, come se per qualche ragione nutrisse risentimento nei suoi confronti. 
Strano, visto che Kageyama non ricordava di aver mai incontrato prima né l'uomo, né i suoi strani compagni di viaggio, o qualsiasi cosa fossero.

D'improvviso, ad ogni modo, la situazione degenerò: con un rombo, la base dell'Organizzazione tremò sin dalle sue fondamenta, un'aroma dolciastro e pesante si diffuse nell'aria, quasi opprimente. Kuroo parve venir colpito da una scarica elettrica, per numerosi secondi venne scosso dalle convulsioni, accartocciandosi su sé stesso per il dolore, mentre i tre cacciatori e le due muscolose guardie che sorvegliavano la porta cercavano di comprendere cosa fosse successo. Un quarto cacciatore spalancò d'improvviso la porta, entrando nella sala degli interrogatori alla ricerca di Oikawa.

«Matsukawa, che diavolo è successo?» il Maestro delle Rune di Yokohama non si preoccupò degli onorifici nel rivolgersi al compagno di caccia, attendendo pochi secondi che questo riprendesse fiato. 
«Non lo sappiamo, ma sappiamo che qualunque cosa sia ha avuto origine nei sotterranei. Dall'ingresso delle prigioni provengono ondate di energia distruttiva, non possiamo accedervi e i prigionieri stanno impazzendo laggiù» fu tutto ciò che seppe rispondere Matsukawa, prima che Oikawa trattenesse a denti stretti un'imprecazione. Non poteva essere una coincidenza l'arrivo di quei quattro strani individui, i loro atteggiamenti incomprensibili ed ora quello.

«D'accordo, raduna tutti e fai evacuare l'edificio, tra pochi minuti scenderò nei sotterranei e cercherò di sigillare qualsiasi cosa voglia usci-»
«Non ci riuscirai» la voce di Kuroo, ora seria e severa, interruppe Tooru prima che potesse concludere «l'unico a poter impedire che questo edificio crolli è Kageyama Tobio».

«D'accordo, raduna tutti e fai evacuare l'edificio, tra pochi minuti scenderò nei sotterranei e cercherò di sigillare qualsiasi cosa voglia usci-»«Non ci riuscirai» la voce di Kuroo, ora seria e severa, interruppe Tooru prima che potesse concluder...

Dire che Kageyama non si aspettasse minimamente quel tipo di risposta da Kuroo era dire poco. L'uomo aveva nascostamente così tanta stima di lui? Eppure durante l'interrogatorio era parso l'esatto contrario, a dire il vero. 
Lo stesso dubbio doveva aver attanagliato Oikawa, che assottigliando lo sguardo afferrò per il bavero della maglia il prigioniero: «spiegati meglio». Un ringhio, il suo, cui Kuroo rispose a propria volta con un sospiro irritato.

«Sedetevi e ditemi quanto sapete in merito alle quattro famiglie fondatrici» fu il suo ordine, mentre tornava a sistemarsi sulla dura e scomoda sedia. 
Iwaizumi aveva seguito Matsukawa per aiutare nelle operazioni di evacuazione e ciò lasciò solamente Oikawa e Kageyama a rapportarsi con la domanda. Fu il primo dei due a replicare: «Sono le quattro famiglie che hanno dato vita all'Organizzazione, i Nekoma e i Fukurodani di Tokyo, i Karasuno di Yokohama e gli Inarizaki a Hyogo. Sono stati i primi cacciatori di demoni in assoluto, le armi anti-demoni sono state create da loro ed imbevute del loro sangue sacro».

Kuroo si limitò a storcere il naso, infastidito, prima di correggere: «Non era propriamente il loro sangue, era quello dei loro famigli» si limitò ad ignorare i loro sguardi confusi, procedendo «Bakeneko di Nekoma, Tatarimokke di Fukurodani, Kitsune di Inarizaki e Yatagarasu di Karasuno. Sono creature divine, donate dagli dei ai capi delle quattro famiglie per poter sconfiggere la piaga dei demoni, ma vennero sigillate dopo la morte dei fondatori, troppo il timore che non potessero essere controllate». Un'idea fiorì a quelle parole nella mente di Kageyama, ma rimase in silenzio, attendendo che Kuroo proseguisse con la sua spiegazione.

«Vennero sigillati in comuni esseri umani. In corpi di esseri umani, in verità, in cadaveri di bambini che grazie al loro potere ripresero la vita, ma vennero anche eternamente condannati. Mai destinati a trovare la pace, costretti a reincarnarsi alla ricerca degli eredi dei loro originali signori-».
Stavolta fu il turno di Oikawa di interromperlo: «Non abbiamo tempo per delle vecchie leggende, Kuroo, arriva al sodo della questione».

«Kenma Kozume, Akaashi Keiji, Miya Atsumu e Hinata Shouyo» riprese parola il corvino «questi sono i nomi che vennero dati ai quattro bambini che custodivano i famigli dei quattro signori. Questi sono i nomi che ancora oggi portano» e finalmente il punto della questione divenne evidente, assieme alla consapevolezza che l'uomo dovesse essere del tutto folle. 
Insomma, non credeva davvero che quei ragazzi fossero delle strane creature divine, giusto?
Era solo una dannata leggenda.

Anche se avevano avuto strane reazioni di fronte alle armi anti-demone e non avevano l'odore di demone addosso, eppure non erano neppure umani. 
«Io, Kuroo Tetsurou, sono l'erede della famiglia Nekoma, signore del Bakeneko. Potrete trovare lo stesso tatuaggio che ho sul braccio addosso a Kenma, il gatto che avete rinchiuso nei sotterranei. Bokuto Koutaro è l'erede della famiglia Fukurodani, signore del Tatarimokke Akaashi Keiji, a propria volta imprigionato nelle vostre celle».

Kageyama trattenne il fiato, senza neanche sapere il perché, quando Kuroo tacque per qualche secondo, come se fosse riluttante a dare loro quell'ultima informazione, l'ultimo pezzo per completare il puzzle. «Ed infine Kageyama Tobio, erede della famiglia Karasuno, signore di Yatagarasu» fu l'ammissione del corvino, mentre sollevava lo sguardo giallo per farlo incontrare con quello dei cacciatori. 
Tanto Oikawa quanto Kageyama non sembravano aver interamente compreso e interiorizzato il significato di quelle parole, ma il Maestro delle Rune riuscì a sfuggire al silenzio: «Come fate ad esserne certi? Non ci sono notizie sulle linee di sangue delle famiglie fondatrici da generazioni».

Kuroo si lasciò sfuggire una risata, meno sguaiata di quella che avevano già udito, più amara. «Ovviamente grazie ad Hinata. E' la sua stessa energia a spingerlo a cercare l'erede di Karasuno, è la sua natura a spingerlo inevitabilmente verso Kageyama Tobio. Ed è la sua testardaggine ad averlo tenuto lontano sino ad ora, ad averlo spinto ad accettare il dolore di opporsi alla normalità delle cose per permetterti di vivere la tua vita senza il peso dell'eredità che sarebbe gravato sulle tue spalle se lo avessi accettato come famiglio». Un groppo si formò al centro della gola di Kageyama, doloroso, mentre ricordava i dettagli del viso del ragazzino dai capelli aranciati.

Poi lo sguardo duro di Kuroo si posò su di lui, gelido: «Adesso che è indebolito, i sigilli che ha posto sulla sua energia sono crollati, c'è il rischio che diventi totalmente folle e non possa più riprendersi, a meno che tu non scenda là sotto e lo accetti come famiglio. La scelta spetta a te, Kageyama Tobio, come spetta a te decidere se credermi». 
E la scelta venne compiuta, prima ancora che Kageyama potesse pensarci davvero, prima ancora che potesse udire le domande dubbiose di Oikawa, o potesse farsi divorare lo stomaco dal dubbio. Poteva anche solo considerarsi una faccenda su cui temporeggiare, o di una scelta che richiedesse tempo? No, assolutamente no. 


Hinata era genuinamente preoccupato e non faceva assolutamente nulla per nasconderlo

   
 
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