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Autore: Kaiyoko Hyorin    13/01/2021    4 recensioni
Quando Kat si sveglia in mezzo a un boschetto rigoglioso, preda della nausea e di un forte mal di testa, non ha idea di ciò che l'aspetta.
Come questa ce ne sono altre di storie, imprese memorabili capitate per fortuna o per volere del destino a persone apparentemente ordinarie. Eppure ve ne propongo un'altra, sperando possiate trovarla una lettura piacevole.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lo Hobbit'
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“Til the end of my life,
there's a promise I will keep high.”
[ Fallen Timbers, Wind Rose ]




Kat si issò sulla roccia con un ultimo sforzo, quindi si voltò, alla ricerca della sua compagna.
Tauriel era già più avanti, esplorando il sentiero che s'insinuava fra le prime rovine di Collecorvo e s'inerpicava ancor più in alto, verso la vetta.
Dietro di loro, verso il basso, il paesaggio si apriva nella vallata sottostante e, finalmente, la ragazza riuscì a scorgere di nuovo la Montagna Solitaria e le porte del Regno dei Nani, ora sbarrate da un alto muro di massicci blocchi di pietra.
Soffermando i suoi occhi grigi su ciò che era divenuta Erebor, ella emulò un sospiro che era dovuto solo in parte alla fatica fatta per salire sin lì. Una parte di lei avrebbe voluto essere dall'altro lato di quel muro insieme ai suoi compagni ed amici, al fianco di un nano in particolare... ma non si poteva aver tutto dalla vita, questo Katla lo aveva appreso fin troppo bene durante la sua breve esistenza di ragazza orfana. Dall’altra invece stava iniziando a chiedersi se tutti i suoi sforzi alla fine sarebbero valsi la pena. In fondo, non sapeva nemmeno se ne sarebbe uscita viva...
– Il sole è già alto.
La voce dell'elfa la riportò bruscamente al presente, interrompendo il filo dei suoi pensieri e facendola voltare di nuovo a cercarla. Tauriel le si fermò accanto in quel momento, ricambiando il suo sguardo da poco più in basso, e allora Kat annuì.
– Ci abbiamo messo più tempo del previsto – concordò, corrucciandosi e tornando a riflettere sul da farsi.
Era salita fin lì con lo scopo d’esplorare ogni possibile via per Collecorvo, per poterle illustrare quella sera e discutere della strategia che aveva in mente con Re Thranduil. Il Sindarin, venendo a conoscenza delle sue intenzioni, aveva comandato a Tauriel di accompagnarla con la scusante di affiancarla in quell'esplorazione preventiva e di riferire poi quanto scoperto, ma in realtà Kat aveva intuito perfettamente come il vero scopo della presenza di lei fosse quello di sorvegliarla ed assicurarsi delle sue intenzioni. Non che la giovane donna biasimasse il Re degli Elfi Silvani per la sua scarsa fiducia nei suoi confronti, lei avrebbe agito allo stesso modo se si fosse trovata nei suoi panni e avesse dovuto far affidamento su una ragazzina dai misteriosi poteri magici.
– Credi che l'uomo chiamato Bard abbia avuto successo?
La domanda inattesa del Capitano della Guardia degli Elfi le fece inarcare un sopracciglio, prendendola in contropiede. Non si erano scambiate convenevoli, né si erano parlate molto durante tutta la mattina, ma dopo un istante la ragazza tornò meccanicamente a guardare verso i piedi della montagna che immensa si stagliava fra terra e cielo.
– Non lo credo affatto – le rispose con semplicità ed un pizzico d’amarezza che non poté trattenere.
Tauriel di rimando la fissò, come in attesa di qualcos'altro, e sotto quel suo sguardo indagatorio e limpido Kat si ritrovò preda di un insolito disagio, tale da farle spezzare il silenzio che era tornato fra loro.
– Proseguiamo: il sole è già alto – affermò, saltando giù dal suo appoggio senza guardarla.
I muscoli le facevano male per lo sforzo, ma non si lasciò sfuggire un lamento mentre saliva per Collecorvo cercando di mantenere ancora una volta il passo rapido e leggero dell'elfa. Quando finalmente si fermarono per una sosta in un tratto pianeggiante costellato di blocchi di pietre e cespugli, nel farsi scivolare a terra la giovane si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
Poco dopo Tauriel le allungò una porzione di lembas elfico e presero a mangiare in silenzio, ma Kat non si sentiva infastidita o messa sotto pressione in alcun modo dalla mancanza di dialogo. In realtà, da quando s'era destata quel primo mattino, s'era sentita come avvolta in una bolla d’apatia e tale emozione non aveva ancora dato segni di cedimento.
Certo, era ancora determinata a portare a termine ciò che s'era prefissa, ma dentro di lei il suo cuore s'era come fermato, fattosi piccolo e silenzioso per sfuggire alle emozioni che, forse troppo intense, l'avrebbero altrimenti travolto. Katla stessa non aveva ancora capito cosa le stesse succedendo, sentendosi soltanto spaesata da sé stessa, dopo tutte quelle settimane colme di tristezza, ansie, struggimento e sensi di colpa.
D'una cosa però si sentiva sollevata, ovvero dal fatto che l'elfa al suo fianco si era rivelata una compagnia silenziosa e distaccata. Tauriel era tutta pragmatismo e doveri, almeno all'esterno, e ciò le aveva permesso di trovare pace e concentrarsi in quella loro missione esplorativa. Qualunque cosa, pur di non indagare il vuoto che si sentiva dentro.
– Se non si giungerà ad un accordo, il mio Re non esiterà a muovere guerra ai tuoi amici.
Come non detto.
La voce del Capitano della Guardia Elfica che infrangeva il silenzio la prese di sorpresa, non essendo certo un fatto atteso. Voltando meccanicamente il capo verso di lei, Kat si ritrovò a sbattere un paio di volte le palpebre, spaesata, prima di cogliere il significato della frase altrui e, a quel punto, deviare lo sguardo verso la montagna, ancora una volta.
– È probabile – le rispose, senza fare una piega.
– E ti sta bene?
Precise e letali, quelle poche semplici parole la trafissero in pieno petto, irrigidendole le spalle e facendola corrucciare in volto.
– No, certo che non mi sta bene – bofonchiò, infastidita tanto dall'argomento quanto dall'improvviso interesse dell’altra – ma non posso farci niente.
– Credevo che, dopo quanto accaduto a Pontelagolungo, fossi più determinata a farti ascoltare.
Altra frecciatina ben piazzata, altro sussulto delle esili spalle della ragazza.
– Ci ho provato – ribatté lei, senza alcuna variazione nel tono di voce – ma quando un Nano si mette in testa una cosa, non è facile fargli cambiare idea, credimi.
– Quindi hai preferito rinunciare.
Soltanto a quel punto Kat cedette e si voltò di nuovo a guardare la sua scorta, puntandole addosso un'occhiata tagliente. Per contro, come s'era aspettata, Tauriel non ebbe alcuna reazione ma si limitò a ricambiarla con la stessa espressione seria e distaccata che era solita sfoggiare.
– Non ho rinunciato! – negò, ma la veemenza con cui lo fece cadde nel vuoto, giacché non riuscì più ad aggiungere altro.
Innervositasi per quel confronto non richiesto, Katla allora si alzò da terra, andando a spolverarsi i pantaloni con un paio di rapide manate. Quindi si concesse un sorso d'acqua dalla borraccia che le pendeva al fianco, prima di riporla appesa in cintura e drizzare le spalle in quella grigia giornata invernale, il tutto senza guardare la sua interlocutrice.
– Faccio un giro di ricognizione, tornerò qui fra qualche minuto – le annunciò, gettandole una nuova occhiata.
Quindi Kat si avviò, cercando di lasciarsi alle spalle il fastidio natole nell'animo in reazione alle affermazioni che le erano state appena rivolte. Che assurdità: lei non si era arresa! Era lì, no? Stava facendo tutto quello proprio per aiutare i figli di Durin, non certo per sé stessa. Se così non fosse, sarebbe già ripartita alla volta di altre terre, come i boschi di Lotlorien, la città di Minas Tirith o il Regno di Rohan... dentro di sé avrebbe tanto voluto veder quei luoghi coi propri occhi, invece di restarsene lì, in quello che ben presto sarebbe divenuto teatro d’una battaglia campale.
Chiunque, se avesse saputo ciò che sapeva lei, avrebbe detto che il suo era un suicidio bello e buono. Eppure eccola lì, a mettere in atto l'unica idea che le era venuta in mente nel corso delle settimane per raggiungere il suo folle obiettivo ed evitare la morte a Thorin ed ai suoi familiari. 
Non li avrebbe lasciati morire senza fare niente, nemmeno quell'ingrato di Thorin.
Soprattutto quell'ingrato di Thorin.
Quell'ingrato, arrogante, prepotente, caparbio, orgoglioso ed avventato Thorin.
Quello stupido, impulsivo, incosciente, coraggioso, leale, forte e gentile Thorin.
Il singhiozzo che le salì all'improvviso in gola la fece fermare di scatto per tentare di soffocarlo, ma come si premette le mani sulla bocca altri singulti seguirono il primo e le lacrime le colmarono rapide gli occhi chiari fissi nel vuoto, scivolandole sulle guance arrossate una dopo l'altra al pari di un fiume in piena.
Pianse da sola, giacché l'amore è un sentimento controverso ed irrazionale, e lei si lasciò andare in pezzi sotto il suo assalto. Per la prima volta si chiese perché avessero scelto lei, perché i Valar, il destino o qualunque altra entità fosse all'opera, non avessero scelto qualcun altro cui stravolgere la vita.
Perché, comunque fosse finita, quella storia avrebbe avuto per lei un unico epilogo possibile.
Era da quando aveva udito la sua canzone preferita all'interno della propria mente a Pontelagolungo, talmente nitida e presente da non poter essere un semplice ricordo o un'allucinazione del momento, che aveva iniziato a pensarci, ed ora non poteva più negarne le implicazioni. In qualche oscuro ed inspiegabile modo era ancora legata al suo mondo ed era stata stupida a pensare, anche solo per un istante, il contrario. Era e sarebbe sempre stata un'estranea nell'universo di Arda e, prima o poi, avrebbe dovuto tornare alla realtà a cui apparteneva. E, quando questo fosse accaduto, avrebbe perso tutto ciò che le era divenuto caro in quegli ultimi, frenetici, fantastici mesi. 
Avrebbe perso lui.
E quella era l'unica cosa che, stava finalmente iniziando a realizzarlo appieno, non sapeva come affrontare.


Bilbo se ne stava seduto in disparte, non troppo lontano dalle antiche armerie dei nani. In sottofondo poteva sentire i suoi compagni di viaggio che armeggiavano con i cimeli del loro popolo e si preparavano alla guerra. Una guerra che Thorin era sicuro di poter vincere, a quanto sembrava, giacché poche ore prima aveva cacciato via Bard in malo modo quando questi era venuto presso le porte di Erebor a rivendicare la promessa che il figlio di Thrain aveva fatto alla gente di Pontelagolungo.
Il conflitto interiore che lo stava divorando, unito al timore nato dalle reazioni che le azioni di Thorin avrebbero scatenato, lo tenne piegato in avanti, poggiato coi gomiti alle ginocchia e gli occhi fissi dinanzi a sé, ad osservare il vuoto. Stava giocherellando con l'unica cosa che gli era rimasta del suo bagaglio: una ghianda grande la metà del suo pugno, proveniente dal lussureggiante e pacifico giardino di Beorn. Quello era il suo tesoro, il suo premio, l'unica cosa che voleva davvero riportare nella Contea... ma oramai non era più sicuro di riuscire a tornare incolume a quella che era la sua amata, piccola, grande Casa Baggins.
Era così sovrappensiero che non si accorse del passo pesante di Thorin sino a ché quello non fece udire la propria voce proprio dietro di lui.
– Mastro Baggins!
Bilbo sussultò meccanicamente e di scatto balzò in piedi, come se fosse stato appena colto in flagrante a far qualcosa di illecito. Per riflesso, nascose persino il suo piccolo tesoro dietro di sé, ma il suo gesto non passò inosservato e sul volto del nano di fronte a lui nacque un cipiglio severo e dubbioso.
– Cos'hai lì? Cosa nascondi? – gli domandò, sospettoso.
Quindi, un attimo dopo, fece un passo avanti e lo hobbit per riflesso fece un passo indietro, sentendosi terribilmente a disagio di fronte a quel Thorin che negli ultimi tempi non riusciva più a riconoscere.
– Niente – ribatté, ma la sua voce gli uscì più simile ad uno squittio e il Re sotto la Montagna lo squadrò senza remore, trapassandolo coi suoi occhi di diamante.
– Mostrami – lo esortò, calmo e controllato, in un tono che non ammetteva contraddizione alcuna.
Così Bilbo, seppur un poco riluttante, alla fine cedette e sollevò il piccolo seme fra loro, reggendolo nel palmo della mano. Come lo vide, Thorin perse qualunque aria corrucciata o diffidente e persino l'aura minacciosa che per un istante lo aveva avvolto in tutta la sua persona venne rischiarata da un'espressione di pura e semplice sorpresa. Quando tornò ad incrociarne gli occhi chiarissimi, lo hobbit si ritrovò a parlare senza neanche rendersene pienamente conto, dandogli una spiegazione che non gli era stata richiesta.
– L'ho presa nel giardino di Beorn – si giustificò, facendo spallucce – ..avevo intenzione di piantarla nel mio giardino, una volta tornato a casa.
– Un ben misero premio, per un'impresa tanto importante – commentò con tono confidenziale e bonario Thorin in risposta.
Bilbo però scosse il capo.
– È vero, ora è piccola – ammise, abbozzando un sorrisetto a metà – ma un giorno crescerà. E allora, sedendomi fuori a fumare la pipa, guardandola ricorderò. I momenti belli... quelli brutti... tutto quanto.
Fu a quel punto che il sorriso che abbellì l'espressione già rischiarata del nano lo colpì, sorprendendolo quasi più di quanto era stato per l'altro poco prima, giacché non rammentava nemmeno l'ultima volta che aveva visto il capo della Compagnia con un'espressione simile. E allora Bilbo realizzò che quello che aveva davanti era il Thorin che aveva conosciuto all'inizio di tutta quella storia, quello che si era battuto per i suoi compagni e familiari in prima linea ed a cui aveva offerto la sua più sincera e profonda amicizia.
Quello era il Thorin in cui aveva riposto la sua fiducia e per cui aveva dato la propria parola.
Spiazzato da quell'intima rivelazione, quasi non riuscì a reagire alla stretta salda e benevola che gli calò sulla spalla, né ebbe modo di spezzare il silenzio carico di significato che era calato fra loro, pregno di una complicità tanto inaspettata quanto fugace. Sì, perché questo durò solo una manciata di secondi, prima che il nano facesse scivolare la mano da lui e sollevasse l'altra, nell'atto di reggere quella che agli occhi dello hobbit parve una casacca scintillante.
– Ho un dono per te, amico mio.. – gli disse, porgendogli l'oggetto – è stata forgiata dai più valenti maestri del nostro popolo. Ti proteggerà meglio di qualunque armatura esistente nella Terra di Mezzo.
Sbalordito, Bilbo la prese in consegna con mani tremanti e, rigirandosela innanzi, ammirò quella che si rivelò essere una lucente cotta di maglia. Era leggera, di un metallo che lo hobbit non aveva mai visto nella sua breve, pacata esistenza.
E doveva essere anche molto preziosa.
– Thorin, è.. è davvero bella, ma io.. – incespicò un po', tornando ad osservare il nano di fronte a sé con nuovo imbarazzo e scegliendo d’essere totalmente sincero – ..io non posso accettarla: non sono un guerriero, non sarei altro che un peso in battaglia.
Eppure, quando tentò di restituirgliela, l'erede di Durin scosse il capo in segno di diniego e insistette.
– Voglio che l'abbia tu, in segno della nostra amicizia – gli disse, con ancora quel sorriso di affetto e comprensione a delineargli il volto barbuto, prima che un'ombra tornasse a calargli sugli occhi – I veri amici sono difficili da trovare.
Bilbo rimase quasi scottato da quelle ultime parole e non riuscì a far a meno d’inarcare un sopracciglio, mentre il dissenso e la preoccupazione per il nano che aveva di fronte tornavano a farsi strada in lui. Stava per chiedergli di chi parlasse quando Thorin, facendo un nuovo passo avanti, lo sovrastò con la sua ombra, tanto minaccioso e mutevole d'animo da far trasalire il piccolo mezz'uomo e farlo indietreggiare di rimando.
– Sono stato tradito dai miei stessi familiari – gli rivelò cupo e amaro, mentre i suoi occhi mandavano lampi nella penombra dei corridoi e delle sale dietro di lui – ..uno di loro ha l'Arkengemma.
Ammutolito, lo hobbit sgranò a malapena gli occhi blu di sorpresa. Eppure, mentre boccheggiava nel vano tentativo di dir qualcosa che lo riportasse alla ragione, di contraddirlo e fargli aprire gli occhi sulla realtà dei fatti, si ritrovò a ripensare alle poche parole che Balin gli aveva rivolto quello stesso mattino sulla vera natura della Malattia del Drago e cambiò idea. Non voleva esser la causa dell'aggravarsi della condizione del loro compagno e condottiero, non dopo aver appena osservato come una parte del vero Thorin Scudodiquercia albergasse ancora nell'animo del nano che troneggiava dinanzi a lui.
Scelse dunque un altro approccio.
– Thorin – esordì, e la sua espressione era tornata sotto il suo pieno controllo, seria e tesa, nell'affrontare l'amico – ..non è necessario far scoppiare una guerra. Perché non diamo agli Uomini quanto chiedono? Hai dato la tua parola.. abbiamo, in effetti. C'ero anche io, ricordi? Ho garantito per te.
– Me lo ricordo – ribadì, nuovamente comprensivo, il Re sotto la Montagna, tornando a guardarlo come poc'anzi – e ti sarò sempre grato per questo. Ma non intendo cedere una sola moneta dell'oro dei Nani a chi viene a reclamarne il possesso in nome di una promessa estorta con la forza.
E, troncando la conversazione e negandogli ogni possibilità di replica, Thorin gli diede le spalle e tornò da dov'era venuto, vestito della sua armatura in metallo brunito e con il capo adorno della pesante, squadrata corona che era stata dei suoi avi. Bilbo non poté far altro che osservarne, attonito, il mantello ondeggiargli dietro la schiena ad ogni passo mentre si allontanava, e una volta rimasto solo, impiegò diversi minuti per capacitarsi della conversazione appena avvenuta.
Si sentì così combattuto e confuso che si ritrovò a voltarsi su sé stesso ed a fare qualche passo avanti ed indietro, non sapendo nemmeno quale direzione prendere, figurarsi venire a capo dei propri pensieri.
Fu soltanto quando un refolo di vento freddo si insinuò sino a lui, facendolo voltare nella direzione da cui era provenuto, che il mezz'uomo sollevò lo sguardo verso le ampie finestre che davano sull'esterno della montagna, intravedendo uno spicchio di cielo già tinto dei colori del crepuscolo.
Forse non era ancora troppo tardi, dopotutto.
Forse c'era ancora una speranza di far tornare in sé Thorin.
In uno dei suoi rari slanci di ferrea determinazione, Bilbo prese la sua decisione e si avviò lesto, con quel suo passo silenzioso e rapido come quello di un topolino, verso le porte di Erebor con un unico pensiero: trovare Katla.
Se c'era ancora qualcuno in grado di far tornare il lume della ragione all'erede di Durin, quella era lei.


Erano tutti riuniti nella tenda del Re degli Elfi, i drappi abbassati e tenuti socchiusi per tentare di arginare all'esterno il freddo della notte. Dal cielo cadeva un sottile nevischio, troppo fine per definirsi una vera nevicata, ma abbastanza freddo da attecchire sulle rovine e gli speroni rocciosi più esposti.
Katla, dopo aver illustrato il suo piano con l'aiuto d'una mappa appena tracciata dalle mani esperte di Tauriel, tornò a sollevare lo sguardo grigio-verde su Thranduil. Il Re, seduto sul suo scranno a gambe elegantemente accavallate, si alzò in quel preciso momento e i suoi occhi d'un azzurro slavato la trapassarono con precisa indifferenza.
– Rozzo – commentò con il consueto pizzico di superbia che gli apparteneva – ma, suppongo, non potrei aspettarmi di più da una mente tanto semplice. Il tuo piano, ammesso che quanto sei qui ad affermare avvenga davvero, è quello di affrontare un numero imprecisato di nemici dividendo le forze del mio esercito, per cercare di colpirne il comandante...
– È così – confermò Kat, cercando di celare la reale tensione che le serrava lo stomaco in una morsa.
Era fin troppo consapevole dell'importanza del momento che stava vivendo: se non avesse convinto Thranduil a mandare a Collecorvo una squadra dei suoi guerrieri, il piano sarebbe fallito e Fili, Kili e Thorin sarebbero morti lassù.
– E dimmi, di quanti dovrei privarmi? – le chiese di nuovo, in una pacata provocazione – Quanti saranno i nostri nemici?
La ragazza a quelle domande serrò le labbra, abbassando lo sguardo sulla mappa sulla cui superficie erano stati tracciati segni ed annotazioni dalla delicata ed esperta mano del Capitano della Guardia Elfica.
– Non so dirlo – mormorò, cupamente, avvertendo il peso sulle proprie spalle farsi più gravoso.
– Secondo le mie stime, quelle rovine possono nascondere fino a duecento nemici – intervenne Tauriel, andandole in aiuto.
Sorpresa, Kat sollevò lo sguardo su di lei, di nuovo silenziosa a fronteggiare seria ed impassibile l'attenzione del suo Re. Thranduil però, nonostante l'intervento del suo Capitano, non dimostrò alcuna sorpresa ma tornò ben presto ad abbassare lo sguardo su di lei. L'armatura elfica che portava riluceva dorata al bagliore dei bracieri e, con il capo adorno d'una corona modellata ad immagine e somiglianza di un intrico di rami sinuosi e coperti di foglie scarlatte, aveva un'aria ancor più suggestiva della prima volta che l'aveva incontrato presso Reame Boscoso.
– Stando a quanto affermi, un esercito che raccoglie gran parte delle forze del Nord sta marciando contro questa montagna. Dimmi, in che modo potrei mai privarmi di uno solo dei miei soldati, sapendo ciò che dovremo affrontare?
Kat a quella domanda serrò i pugni lungo i fianchi; se l'aspettava.
– Lo so che il mio piano sembra folle, ma è l'unico modo per aver ragione del nemico nel più breve tempo possibile. Senza un comandante che impartisce gli ordini, le forze del nemico si ritroveranno senza una guida. Sarà la confusione, il mezzo che li condurrà alla sconfitta – abbozzò un mezzo sorriso – ..e poi, non saremo soli a combattere.
Gli occhi di Thranduil si assottigliarono.
– Cosa intendi dire?
– Altri verranno in nostro aiuto, per affrontare il nemico comune.
– E chi? – intervenne per la prima volta Legolas, facendo un passo avanti per affiancare Tauriel al tavolo.
Kat indugiò. Non sapeva se rivelare dell'imminente arrivo di Dain Piediferro sarebbe stata una mossa arguta, giacché questo avrebbe potuto influire sulla dinamica delle trattative fra gli Uomini del Lago ed i Nani all'interno della Montagna Solitaria. Scoccando un'occhiata a Bard, rimasto silenzioso ad ascoltare quanto detto sino a quel momento, ci mise un istante solo per prendere la propria decisione.
– I Nani dei Colli Ferrosi stanno giungendo da Est – affermò – Dain, cugino di Thorin, li comanda e giungeranno qui in tempo per unirsi alla battaglia.
– Come lo sai? – intervenne l'Ammazzadrago, tradendo una nota di sorpresa.
– Non avete notato il via-vai di Corvi Imperiali dalla Montagna? – ribatté, in domanda retorica – Ho solo collegato gli indizi e pensato come Thorin. Ha sicuramente mandato a chiamare rinforzi dal momento in cui si è visto assediato.
– Non siamo giunti per assediarlo – controbatté cupamente l'Uomo del Lago, suscitando un nuovo mezzo sorriso da parte di lei.
– Eppure ciò che state facendo non è molto diverso da un assedio.
Quel confronto si sarebbe protratto ancora se il Re degli Elfi Silvani non lo avesse interrotto, riportando l'attenzione sull'argomento principale di quella riunione.
– Ti ho promesso supporto e manterrò la mia parola – affermò austero il Sovrano – ma soltanto finché lo riterrò commisurato al prezzo che pagherà il mio popolo. Quando quest'ultimo si rivelasse troppo alto, non esiterò ad ordinare ai miei la ritirata ed a lasciare queste infauste terre.
Katla annuì, per nulla sorpresa di quanto appena proferito dal Re.
– Non posso e non voglio chiedervi più di questo, Maestà – gli disse, inchinandosi.
Le gemme di Lasgalen erano ancora sul tavolo, il sacchetto socchiuso a far trapelare il riverbero delle pietre preziose al suo interno, candido come la più pura luce stellare. Una volta conclusasi quella storia, avrebbe fatto in modo che Thranduil avesse il resto delle gemme, a prescindere da come sarebbe andata a finire.
Ripresero dunque a parlare della tattica di benvenuto che avrebbero riservato agli Orchi ed ai Warg quando fosse giunto il momento, ma quando venne il turno d'includere gli Uomini allo schieramento, Bard si fece avanti con voce dura.
– Io non permetterò che i miei muoiano in questa guerra.
Il silenzio che seguì calò pesante come il drappo di un sudario e tutti i presenti si voltarono a guardare il chiattaiolo. Fra tutti, fu proprio Katla ad infrangere l'atmosfera, riducendola in pezzi con un'unica impulsiva esclamazione contrariata.
– Non puoi tirarti indietro! È necessario che tutti scendano in battaglia, se vogliamo avere qualche speranza di vittoria!
– Non ho condotto i miei uomini fin qui per combattere contro un'armata simile, ma per poter procurarci ciò che ci occorre per rifarci una vita. Questa non è la nostra guerra.
– Mi duole contraddirti, Uomo del Lago, – proruppe una voce estranea al gruppo lì riunito, una voce profonda ed arrochita dall'età – ma temo proprio che lo diventerà presto.
– Gandalf!
Lo stregone si stagliò sotto il drappo d'ingresso alla tenda del Re degli Elfi, facendo un passo avanti, accompagnato dal suo bastone che batteva il terreno ad ogni suo passo. Le ampie falde del cappello a punta erano intrise d'umidità, come il pesante mantello che gli pendeva intorno all'alta figura.
Kat, talmente presa dalla discussione con Bard da non aver notato il precedente accostarsi al Re degli Elfi di una delle sentinelle poste di guarda all'esterno della tenda, si ritrovò a spalancare gli occhi dallo stupore ed a perdere il respiro, per la contentezza ed il sollievo, appena ne riconobbe il volto solcato di rughe di preoccupazione. Rughe che, appena egli la vide, si distesero, seppur non del tutto.
– Si muovono in massa per affermare il loro dominio su tutta la regione. In questi mesi si sono raccolti presso il Monte Guerrinferno e discendono dal Nord con un'armata di Orchi, Mannari e Pipistrelli – continuò lo stregone, rivolto all'erede di Girion – Dove pensi che volgeranno la loro marcia dopo aver conquistato la Montagna e l'oro custodito al suo interno? No, devono essere fermati qui, o non ci sarà alcuna speranza per i popoli liberi di queste terre.
Malgrado la sorpresa iniziale, sul volto di Bard già contratto dalla tensione calò l'ombra d'una nuova consapevolezza e non trovò nulla da ribattere per contestare la verità portatagli dall'Istar. Eppure, il silenzio non durò a lungo.
– Mithrandir, – lo accolse Thranduil – finalmente. Iniziavo a chiedermi se avresti fatto la tua comparsa, dopo quanto hai messo in moto.
L'allusione all'impresa che il Grigio aveva affidato alla Compagnia di Thorin colse nel segno, ma egli non vi si soffermò, giacché non pareva esservi altro da dire. Invece, dopo un saluto piuttosto spiccio, si fece avanti guardandosi intorno con un'aria quasi stupita.
– Sono giunto più in fretta che ho potuto, ma vedo che vi stavate già preparando al peggio – e nel dirlo i suoi occhi si posarono sulla mappa e le gemme, prima di sollevarlo infine su Katla – ..è merito tuo, immagino. Ma cosa fai qui, giovane Katla? Perché non sei con il resto della Compagnia?
Sentendosi preda di un nuovo disagio per le domande dello stregone, una sensazione che non riuscì a motivare, la ragazza si strinse nelle spalle.
– Thorin mi ha congedata non appena mi sono riunita a loro – gli rispose, cercando di farla breve – ti spiegherò ogni cosa dopo. Tu, come mai hai tardato tanto?
Lo stregone la osservò di rimando increspando le folte sopracciglia al di sotto della falda del cappello, come se stesse ancora decidendo cosa risponderle, ma alla fine lasciò il posto ad un sorriso di circostanza.
– Oh, niente che riguardi ciò che sta accadendo qui – le rispose, prima di aggiungere, vago – ..cose da stregoni.
Katla lasciò perdere, giacché in fondo credeva di ricordare dov'era andato Gandalf e quali fossero gli affari da stregone a cui alludeva, e non era sua intenzione attardarsi su certi argomenti, non in quel momento e non a discapito di questioni ben più urgenti.
– Come intendi procedere domani, Bard? – gli domandò senza preamboli lei, tornando a tali questioni – Tornerai a parlare con Thorin?
– All'alba, con il supporto di Re Thranduil e del suo popolo, tornerò ai suoi cancelli – ribatté quello con rinnovato ardore e determinazione – Di fronte a un tale dispiegamento di forze non potrà che acconsentire alla nostra richiesta. Non potrebbe vincere una battaglia contro un tale esercito.
– Ma questo non lo fermerà! – la voce di Bilbo tornò a spezzare il discorso e tutti i presenti si voltarono verso il drappo lasciato aperto e la figuretta dello hobbit che, riparata dal suo mantello, si stagliava sotto quel diffuso nevischiare. Il suo respiro gli usciva dalla bocca socchiusa in piccole volute di candido fiato.
Tauriel e Legolas si mossero all'unisono, mettendo mano alle loro armi senza tuttavia sfoderarle, giacché erano stati presi alla sprovvista dalla comparsa del mezz'uomo. Neanche loro lo avevano sentito arrivare, a differenza di quando era stato Gandalf a farsi avanti, e questo doveva averli sconcertati alquanto.
– I nani non si arrenderanno, combatteranno sino alla morte per difendere ciò che è loro – continuò il piccolo intruso, facendosi avanti di un passo con ambo le mani sollevate in segno di pace.
Quando la luce gli rischiarò il volto, Kat avvertì il sollievo impossessarsi di lei.
– Bilbo!
Finalmente, ecco l'ultimo elemento del puzzle, il tassello mancante: lo hobbit.
Il solo vederlo le infuse una nuova ondata di coraggioso ottimismo e quasi scoppiò a ridere nel rendersene conto, non sapendo lei stessa come faceva il mezz’uomo ad infonderle tanta forza d'animo con la sua sola presenza.
– Bilbo Baggins – lo accolse con la stessa contentezza Gandalf, andandogli incontro.
Ad un cenno del loro Re, i due elfi si rilassarono e la guardia all'esterno permise al nuovo arrivato di passare. Non appena sotto la tenda, ormai divenuta decisamente affollata per il suo scopo, Kat si ritrovò ad accostarsi all'amico mentre lo stregone gli batteva una mano sulla spalla con evidente compiacimento.
– Se non vado errato – esordì di punto in bianco Thranduil, spostandosi di nuovo verso il suo scranno e tornando a prendervi posto con grazia e regalità, fissando Bilbo con sguardo penetrante – costui è il mezz'uomo che ha rubato le chiavi delle mie segrete sotto il naso delle mie guardie.
Il silenzio imbarazzato che seguì non durò comunque molto, giacché il diretto interessato non si sottrasse a tale responsabilità e fece un passetto avanti, chinando il capo in una riverenza.
– Sì... – ammise, palesemente colto in fallo – ..mi dispiace.
Le sue scuse ed il disagio che tradiva per esser l'autore di un tale smacco per il popolo degli Elfi Silvani fecero sorridere Katla e persino Bard, che tradì un fremito dell'angolo destro delle labbra, al ché la ragazza non riuscì più a trattenersi.
– Sono contenta che tu sia qui, Bilbo! – affermò radiosa – Finalmente potremo dare una svolta alle trattative!
Ma il giovane hobbit la guardò con evidente confusione.
– Cosa vuoi dire?
Avrebbe dovuto essere sufficiente l'espressione sul volto dell'amico perché Kat capisse che qualcosa non quadrava, ma la sua sicurezza per ciò che doveva accadere era tale da farle dimenticare quante altre volte in passato la storia era cambiata sotto i suoi occhi, senza che lei potesse far niente per evitarlo.
– L'Arkengemma – gli rispose, come se fosse ovvio, sempre sorridendo – l'hai portata, no?
– N-no... no, perché avrei...?
Quella negazione balbettante, pregna di stupore e contrarietà insieme, nei modi sempre educati tipici dello hobbit della Contea, incrinò la sicurezza della ragazza, i cui muscoli facciali si congelarono.
– Ma... – Kat tentò ancora, confusa tanto quanto il mezz'uomo – ...ma avevi detto di sapere dell'Arkengemma. Perché saresti venuto fin qui, altrimenti?
– Sono venuto a cercare te.. per parlarti... – le rivelò candidamente lui, guardandosi intorno brevemente in maniera decisamente imbarazzata, prima di continuare – C'è ancora speranza per Thorin, Kat. Sei l'unica ormai a cui darebbe ascolto. Per favore, prova a parlargli un'ultima volta..
Ma Katla, completamente spiazzata, non riuscì ad ascoltarne le parole, sovrastate dall'improvviso brusio che le si era levato nella mente. Un brusio che crebbe d’intensità fino a spazzare via ogni altra percezione, finendo per lasciarla in preda ad un attacco di vertigini e non facendole sentire una sola parola su quanto i nani possano essere testardi e rumorosi, gentili, coraggiosi e leali fin troppo.
Poi tutto ciò cessò e la giovane donna tornò in sé quando una mano delicata ed al contempo concreta le si posò su una spalla. La mano di Tauriel.
Incrociandone gli occhi verdi, la sorpresa si mescolò alla disperazione e Kat ritornò alla realtà.
– Perché non ce l'hai? – domandò a Bilbo, quasi di getto, interrompendolo e tornando a squadrarlo con espressione tesa – Avevi detto che sapevi dove fosse l'Arkengemma.
– B-be', sì.. sì, in effetti l'ho detto – balbettò Bilbo, preso in contropiede, ricambiando il suo sguardo con evidente disagio – ma non intendevo sottintendere di averla con me, o che potessi in qualche modo prenderla.
– Bilbo, – Kat dovette frenarsi dall'afferrarlo per il colletto della camicia – dov'è la Pietra del Re?
– Ce.. ce l'ha il drago.
La risposta inattesa dello hobbit la immobilizzò, contraendole ogni muscolo delle spalle e facendole al contempo spalancare gli occhi grigio-verdi.
– Cosa vuol dire “ce l'ha il drago”?
Gli elfi, l'uomo e lo stregone presenti si guardarono fra loro a quelle parole, ma la ragazza era troppo presa dall'argomento per accorgersene e il povero Bilbo sembrava volersi fare sempre più piccolo ad ogni parola che lasciava la sua bocca.
– Smaug, il drago... sono abbastanza sicuro che l'avesse con sé, quando si è sollevato in volo verso Pontelagolungo – affermò il mezz'uomo, deviando lo sguardo da lei per donare un'occhiata anche agli altri presenti nella tenda, forse in cerca di un qualche sostegno; eppure tutti lo fissavano, chi più e chi meno, con il medesimo sbalordimento ed il povero hobbit si ritrovò a doversi fare forza da solo. Così Bilbo, facendosi coraggio, drizzò le spalle e gonfiò il suo piccolo torace vestito dei suoi consunti abiti da viaggio, prima di proseguire con educata pacatezza – Quando sono sceso nelle sale del tesoro ed ho affrontato la Bestia, egli sapeva che ero venuto per l'Arkengemma. Mi ha detto che me l'avrebbe quasi lasciata prendere, fosse anche soltanto per vedere Thorin soffrire, ma ovviamente così non è stato. Mentre mi inseguiva lui… lui se l’è mangiata. In un sol boccone, mentre tentava di farmi fare la stessa fine, ha finito per inghiottire la pietra.
La ragazza, preda di un'agitazione ed un'ansia nuove ed impetuose, non riuscì più a contenersi e, voltandosi di scatto, prese a misurare a grandi passi la lunghezza del riparo al di sotto della tenda reale sfregandosi al contempo il volto con ambo le mani.
No, non poteva crederci.
La stava prendendo in giro, non poteva essere andata così.
– Temo che il mezz'uomo dica il vero – la placida voce di Legolas infranse il silenzio – la notte in cui Smaug è morto ho visto qualcosa di lucente simile ad un cristallo cadere dal cielo e scomparire nelle acque del lago.
Kat gli riservò un'occhiata in tralice, cercando di capire quanto il dire del Principe del Reame Boscoso fosse attendibile, quindi riprese a camminare su e giù sul terreno battuto.
Come aveva fatto, quella storia, a finire così? Come avrebbero fatto loro, adesso?
– Quindi, la Pietra del Re è perduta nelle profondità del Lago Lungo... – commentò pensieroso Gandalf, il tono basso ed arrochito tipico d'una delle sue rare riflessioni a voce alta.
– Perché era così importante per te, Katla?
Solo la domanda diretta di Tauriel la riscosse, inducendola a fermarsi per voltarsi di nuovo ad affrontare gli astanti. La fredda fermezza sul volto dell'Elfa Silvana la indusse a serrare le labbra in una smorfia di tensione, riprendendo il controllo delle proprie emozioni, prima di risponderle.
– Ho pensato che sarebbe stata utile alla causa degli Uomini del Lago – confessò, scoccando un'occhiata all'erede di Girion e rivolgendoglisi direttamente – Avreste potuto barattarla con quanto vi spetta dell'oro dei Nani di Erebor.
– Una sola gemma, in cambio di una tale somma in oro?
Lei annuì con un cenno del capo, incupendosi in volto, mentre Bilbo si inseriva nel discorso, dandole man forte.
– In effetti, Thorin tiene a quella pietra più che a qualunque altra...
– L'Arkengemma è chiamata la Pietra del Re non a caso – confermò a sua volta lo stregone grigio con cipiglio serio – sarebbe stato davvero un buon piano.
– Non c'è un altro modo? – chiese Bard.
– Qualcos'altro da poter scambiare? – si aggiunse ancora una volta Legolas.
– E se.. se usaste un'altra pietra? Qualcosa di molto somigliante? – intervenne di nuovo lo hobbit.
– No, Thorin non si lascerebbe ingannare facilmente – commentò cupamente Katla, lo sguardo fisso a terra mentre rifletteva a braccia conserte; poi, l'istante seguente, colta da un'illuminazione, tornò a sollevarlo sull'Istar – A meno che... Gandalf, sapresti riprodurre gli stessi giochi di luce dell'Arkengemma?
Lo stregone, preso alla sprovvista, tardò un istante a risponderle, ma un guizzo gli attraversò le iridi grigie.
– Forse... a cosa stavi pensando?


continua...




~ LEGENDA ~

Grassetto = titoli.
Corsivo = evocativo (flashback, canzoni, citazioni, parole in altra lingua o toni dal timbro particolare).
MAIUSCOLO = toni alti.
[1, 2, 3..] = si tratta di annotazioni e/o traduzioni che aiutano il lettore a comprendere al meglio il testo. Basta sostarvi sopra con il mouse perché compaia la nota cui fanno riferimento.
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