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Autore: Artemys22    13/01/2021    0 recensioni
La storia di una persona nata l' 1 Ottobre 1989 raccontata attraverso i suoi incontri con tutti i membri dell'Umbrella Academy.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella mattina, aveva deciso, sarebbe stata vecchia. Perché voleva prendere un autobus e lasciare che la strada dissestata lo facesse sobbalzare quando i suoi pensieri si facevano troppo profondi mentre guardava la vita da dietro il vetro. E, se si fosse vestita da vecchietta, avrebbe sicuramente trovato un posto a sedere nell'immediato.
Era stato così, in effetti, ma sotto la pelle rugosa e i capelli bianchi aveva il cuore di una giovane adolescente, e subito volle scendere quando vide una massa di persone e telecamere dietro un angolo. Scese subito, ma non riuscì ad addentrarsi nella calca a sufficienza per capire cosa fosse successo.

《Faccia attenzione, signora,》borbottò un uomo passandole accanto e con un palmo la spinse delicatamente da parte. Decise che avrebbe fregato un giornale il giorno dopo e svoltò l'angolo. Poco più in là, la Milton Avenue era deserta. V'erano solo due file di macchine parcheggiate e, proprio dall'altra parte della strada, una manica di ragazzini della sua età. Cioè, della sua età reale, non apparente.
Erano cinque e indossavano tutti una divisa. Tra di essi scorse l'unica ragazzina; l'orlo della gonna schizzava in su e in giù, di qua e di là mentre correva in testa al gruppo e afferrava quello alto e biondo trascinandolo con lei verso un negozio di ciambelle.

"Ah, il Griddy's."

Poi, poco dietro il gruppo, vide il quinto. Non si affrettava per raggiungere gli altri, ma si guardava insistentemente le scarpe. Rabbrividì quando per un istante il pensiero che tutto quel rosso che lo ricopriva potesse essere sangue le fulminò la mente.

Ben aveva sempre detestato andare in missione. O meglio, gli piaceva il brivido del rischio e la complicità che c'era, che doveva esserci con i suoi fratelli. Eppure ogni volta ne usciva stanco e impiastricciato di sangue.

《Devo farlo per forza?》

Gli altri dovevano costringerlo di volta in volta. A lui non piaceva uccidere le persone, soprattutto se dopo doveva ritrovarsi due ore sotto la doccia per levarsi il liquido viscoso e appiccicoso dai capelli e la mamma che doveva buttare via la camicia bianca tutte le sante volte perché il sangue, quello mica viene via dai vestiti bianchi.
E ora non provava più nemmeno il brivido. Quando doveva prepararsi, indossare la tuta prima e la maschera poi, quando giungeva sul luogo della missione e sua sorella gli faceva un cenno d'intesa con un sorriso prima di entrare in azione e lui si sentiva di dover ricambiare... Era solo un'ansia crescente, poi il vuoto. L'unico aspetto positivo, se davvero poteva trovarsi un aspetto positivo in quella vita che sembrava andare a scatafascio, era che da quando avevano perso un membro della squadra il Padre li mandava in missione un po' meno del solito.
Ma comunque.

《Accidenti, amico! Sei ridotto proprio male!》

Ben si sorprese nel sentirsi chiamare. Battè le palpebre per ritornare dai suoi pensieri e concentrarsi sul mondo reale. Si guardò in torno un paio di volte per accertarsene ma non c'erano dubbi: non c'era nessuno nei paraggi perciò chiunque fosse si rivolgeva proprio a lui. Si sorprese ancora di più di essere stato apostrofato in quel modo e lo credette profondamente strano quando vide la vecchia signora che lo squadrava dall'altro lato della strada.

《Stai bene, ragazzo?》 chiese ancora e Ben si ricordò in quel momento di essere ancora sporco di sangue dalla testa ai piedi.

《Non è niente》si affrettò a dire quando vide che la signora stava attraversando la strada, ben lontano dalle più consone strisce pedonali, per avvicinarglisi.

A G ormai non importava più del fatto che sembrasse vecchia, e volle avvicinarsi al ragazzino spinta dalla curiosità. Perché sembrava l'unico ad essere stato colpito da un'armata in una partita di paintball? Ma sgusciando a fatica fra le macchine parcheggiate capì che l'odore intenso e pungente che emanava non era affatto quello della vernice.

《Come ti chiami?》 chiese educatamente, ma poi si diede della stupida, perché ormai aveva indossato i panni di una nonnina e non poteva cambiare volto così, davanti ad uno sconosciuto. Si chiese subito dopo cosa l'avesse spinta a chiedergli il suo nome dal nulla, senza neanche pensarci su. Istinto?

《Ehm... Ben》 bisbigliò lui con riguardo ma visibilmente a disagio. Il suo sguardo rimase inchiodato all'asfalto e non volò agli altri ragazzi che ridacchiavano ormai infondo alla via; così l'anziana si sentì libera di continuare ad osservare la sua postura chiusa più da vicino. Notò il familiare simbolo di un ombrello sulla sua divisa.

"Tanto non saprà mai chi sono."

E con questo pensiero gli porse un'altra domanda scomoda:

《Tutto bene? Mi sembri sconvolto...》

A quelle parole, Ben non seppe esattamente come rispondere. Certo che sembrava sconvolto, infondo era pieno di sangue; però alla vecchia signora sembrò non importare, o forse non credeva che fosse sangue. Ma Ben non stava bene da molto tempo ormai, così come gli altri suoi fratelli e le sue sorelle, e non fece in tempo a mordersi la lingua per non parlare che aveva già riempito i polmoni di aria e mosso le labbra.

《Un po'... Vede, mio fratello è andato via》disse. Appena realizzò le parole, appena si rese conto di averlo finalmente detto ad alta voce per la prima volta, sentì un peso calargli dal petto e svanire fra le viscere. 
Nessuno di loro all'Accademia ne parlava mai.

《È andato... tipo in campeggio?》

《No, è scappato di casa. Tempo fa.》

Nessuno voleva ammettere che c'era l'effettiva possibilità che non avrebbe mai fatto ritorno. Tutti però, infondo, lo pensavano.

《Posso... Posso chiederti da quanto?》

A quella domanda Ben corrugò un poco la fronte sorpreso, perché gli anziani sono gentili e comprensivi, ma non chiedono mai il permesso. Sospirò lo stesso, con l'intenzione di risponderle per educazione, anche se non era del tutto convinto di volerne parlare.

《Due anni》disse con sguardo basso.

G aveva sempre desiderato un fratello. O forse era meglio una sorella. Qualunque fosse stato, a lei sarebbe andato bene; ma non ci aveva mai pensato troppo, perché lei non aveva né fratelli né sorelle, diversamente dal ragazzo davanti a lei. Per la prima volta pensò a cosa volesse dire perdere una persona cara, qualcuno di così vicino come un fratello. Ci pensò, ma sentì solo un vuoto immaginario mordicchiarle la nuca e quello che doveva essere il lutto pizzicarle le narici.

《Lo pensi spesso, non è vero?》

《Io... ci provo.》

Ben si passò velocemente una mano fra i capelli: a spettinarli con irrequietezza, a tirarli troppo forte. Calò il braccio ma quasi subito riportò la mano al volto. Si mosse veloce, di scatto, con una tale urgenza da non riuscire a frenare in tempo il palmo sul suo naso; e si fece male ma non emise un suono.

《Ci provo, in ogni momento, perché... è come se svanisse.》

Non la sua immagine. Quella no, perché Reginald Hargreeves aveva preso la speranza di tutti e l'aveva appesa al muro di casa, sopra il caminetto. Svanivano i ricordi che aveva del fratello. Sbiadiva la sua voce: il suono di come rideva da bambino e di come si arrabbiava con tutti. Sbiadiva il suo odore dai vestiti, rimasti chiusi nell'armadio, e dal ricordo di quando si trovavano schiacciati uno sull'altro dietro una porta prima di spalancarla e sabotare una rapina. Sarebbe pian piano svanito anche il ricordo del suo ultimo giorno, pensava; il rumore del coltello piantato nel tavolo e le urla del padre.

《Lento e inesorabile... Come un sogno》 sussurrò la vecchia; che di vecchio, rifletté Ben quando la guardò meglio, non aveva proprio niente se non la pelle raggrinzita. Aveva un tono troppo coinvolto, un'aria troppo ingenua e degli occhi... troppo brillanti, troppo verdi, troppo tutto. Avrebbe giurato di stare guardando l'espressione di una quindicenne come lui, persa nell'adolescenza e in cerca di un appiglio sicuro dentro e fuori di sé... Ma cancellò il pensiero ancora prima di finirlo perché lui le cose strane sapeva bene cos'erano, sapeva dove potesse giacere il limite fra improbabile e impossibile. E quella davanti a lui era solo un'anziana signora gentile e irrequieta.
Lei intanto alternava il peso da un piede all'altro, indecisa sul da farsi. Poi pensò che se fosse capitato a lei, avrebbe tanto desiderato sentirsi capita. Avrebbe tanto desiderato qualcuno con cui condividere le insicurezze e i dolori e le piccole vittorie della sua vita insolita e solitaria. Non sapeva bene nemmeno lei stessa chi fosse, di sicuro non avrebbe potuto saperlo quel dolce ragazzo sconosciuto.

"Non saprà mai chi sono."

Con un mezzo passo di lato costrinse lo spazio fra loro ad azzerarsi e le fece un immenso ed inaspettato piacere quando, dopo l'irrigidimento iniziale, sentì il ragazzo ricambiare l'abbraccio con modestia. Lui tirò su col naso una sola volta e approfittò della posizione per strisciare via una lacrima sulla sua guancia senza farsi notare, poi allontanò la signora.

《Mi dispiace tanto,》 gli disse.

《Forse dovresti andare,》 fece dopo un imbarazzante momento di silenzio indicando il negozio di ciambelle infondo alla strada. 《Gli altri ragazzi si staranno chiedendo dove sei finito.》

Probabilmente, pensò Ben; ma era altrettanto plausibile che stessero cercando di tenere impegnati i loro pensieri tuffando i denti in una ciambella. Si ricredette però quando scorse la testa di Klaus fare capolino da dietro il muro: guardò più volte da entrambi i lati prima di notarlo e mettere su un broncio confuso.

《Già.》

Il lato altruista che lo contraddistingueva aveva preso all'improvviso il sopravvento avvolgendolo in un sottile strato di imbarazzo e apprensione, e stava per chiedere all'anziana se avesse avuto bisogno di qualcosa, finché era disponibile, quando la vide scivolare nuovamente fra due macchine parcheggiate troppo vicine e di nuovo in mezzo alla strada senza controllare. Lei non si girò a guardarlo, ma sventolò una mano in aria.

《Addio, piccolo Ben!》

"Piccolo...?", ma scosse la testa e la salutò a sua volta per poi riprendere i suoi passi; Klaus da lontano lo richiamava sventolando un braccio in movimenti talmente ampi che Ben si chiese come facesse ogni volta a non slogarsi la spalla. Si allarmò quando d'un tratto sentì il suono squillante di un clacson dall'altra strada e la sua innata premura lo spinse ad attraversare e a svoltare l'angolo in fretta e furia per controllare che la signora anziana stesse bene. Ma quando ebbe una visuale abbastanza buona da potersi fermare vide che la vecchia non c'era. Sulla scena c'erano solo un'auto che ripartiva e un ragazzo lentigginoso, che avrà avuto la sua età, lo scrutava con occhi verdi e sorridenti.
Non lo sfiorò nemmeno il pensiero di essere ancora rosso e appiccicoso di sangue secco e non fece caso alla guancia di lui sporca di strisce dello stesso sangue quando fece dietrofront dirigendosi dai suoi fratelli sul retro del negozio di ciambelle.




NOTA

Eccoci qui al primo incontro con i membri del famoso club! Confesso che inizialmente non avevo idea di come gestire i pronomi del mio personaggio. Come si è (spero) capito non è né maschio né femmina. In un certo senso è entrambi; può essere quello che vuole, letteralmente. Sapevo che in inglese è usato they per rivolgersi corretamente alle persone non-binary, ma in italiano non ne avevo proprio idea e, anche dopo aver trovato le informazioni necessarie, mi suonava grammaticalmente strano. Perciò, senza oviamente voler recare alcuna offesa a chicchessia, alla fine ho pensato banalmente di usare lei quando veste panni femminili e lui quando veste panni maschili. Sinceramente, trovavo inoltre che in questo modo la scrittura (e penso anche la lettura) risultasse molto più fluida. Spero si capisca che gestire G soto questo punto di vista è un pelo complicato; spero lo stesso di rendere sufficientemente bene la sua natura senza che nessuno me ne voglia a male. Accolgo comunque critiche e commenti, purché adeguati all'uso di questa piataforma :)

Chiarito questo aspetto, ci sono tantissime cose che vorrei dire in merito a questa prima one-shot... Ma finirei erroneamente col fare ciò che non dovrei fare io, ma chi legge: analizzare. Per quanto ci tenga al fatto che in quello che scrivo traspaiano pensieri e sensazioni che partono da me in primo luogo, preferisco comunque lasciare che ognuno veda e senta a modo suo.
 

   
 
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