Libri > L'Attraversaspecchi
Ricorda la storia  |      
Autore: cilea    13/01/2021    3 recensioni
“Da dove viene quel libro, Odin?”
“Abbassa la voce. Non voglio che gli altri lo vedano.”
Artémis si lancia un’occhiata furtiva alle spalle e si siede vicino al fratello steso sul tappeto.
“L’ho preso in città.” le rivela lui.
“In città? Ma Dio ha detto che non dobbiamo prendere nulla quando andiamo lì.”
“Che male c'è? Al mercato tutti quanti prendono oggetti e cibo dalle bancarelle...”
Artémis sta per replicare ma si zittisce. Hélène sfreccia alle sue spalle; Pollux e Zeus, abbarbicati sulla sua crinolina su ruote, la sospingono a zig-zag lungo il corridoio, ridendo sguaiatamente.
Artémis abbassa ancora di più la voce.
“Che cos'hai dato in cambio del libro?”
Mentre le urla del guardiano ("Fottuti ragazzini!") echeggiano in lontananza, le sopracciglia di Odin sembrano compiere un immenso sforzo per inarcarsi sulla sua fronte nivea.
“In... cambio?”
Artémis fissa il libro e questo si chiude bruscamente davanti a Odin facendolo trasalire e rischiando di pizzicargli un dito.
“Non hai dato nulla in cambio? Odin, ma questo... è furto."
Genere: Malinconico, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Da dove viene quel libro, Odin?”
“Abbassa la voce. Non voglio che gli altri lo vedano.”
Artémis si lancia un’occhiata furtiva alle spalle e si siede vicino al fratello steso sul tappeto.
“L’ho preso in città.” le rivela lui.
“In città? Ma Dio ha detto che non dobbiamo prendere nulla quando andiamo lì.”
“Che male c'è? Al mercato tutti quanti prendono oggetti e cibo dalle bancarelle...”
Artémis sta per replicare ma si zittisce. Hélène sfreccia alle sue spalle; Pollux e Zeus, abbarbicati sulla sua crinolina su ruote, la sospingono a zig-zag lungo il corridoio, ridendo sguaiatamente.
Artémis abbassa ancora di più la voce.
“Che cos'hai dato in cambio del libro?”
Mentre le urla del portinaio ("Fottuti ragazzini!") echeggiano in lontananza, le sopracciglia di Odin sembrano compiere un immenso sforzo per inarcarsi sulla sua fronte nivea.
“In... cambio?”
Artémis fissa il libro e questo si chiude bruscamente davanti a Odin facendolo trasalire e rischiando di pizzicargli un dito.
“Non hai dato nulla in cambio? Odin, ma questo... è furto."

-L’ALTRO LIBRO-



“Ah! Rieccoti qua, razza di furfante! Sei tornato per rubare qualcos’altro?”
Odin trasale bruscamente sulla soglia del negozio.
Da sotto le palpebre pesanti, gli occhi dello spirito osservano il vecchio commerciante raggiungerlo a grandi falcate, mentre lo ascolta rivolgergli aggressivi epiteti nella vecchia lingua di cui il bambino riconosce a stento poche parole.
Vorrebbe scappare via, ma non può farlo: a tenerlo immobile sulla soglia del negozio è qualcosa che trascende la sua volontà.
Una voce al suo fianco prende la parola.
“Odin mi ha detto di aver preso questo libro senza pagare. È qui per scusarsi, renderglielo e assicurarle che la cosa non si ripeterà più.”
Mortificato, Odin stringe così forte il libro al petto, da sentire il proprio cuore pulsare ad un ritmo ancor più serrato contro la copertina e le sue trenta pagine di racconti e illustrazioni.
Lentamente, volge l’attenzione verso la persona che ha parlato, e ne intravede la sagoma minuta da dietro la tendina di lunghi capelli che gli scendono sul viso come una cascata di latte.
La persona sta ricambiando la sua occhiata di sottecchi da dietro gli occhiali da vista; la luce del sole, alto alle sue spalle, getta in ombra il resto dei suoi tratti.
Al fianco di Odin c’è Dio.
Lo spirito indugia nel suo sguardo, ma la luce del neon appeso al soffitto dell'ingresso proietta sui vetri delle lenti dei riflessi che rendono complesso interpretare il suo stato d'animo.
Preso senza permesso, dice lei!” sbraita il libraio, furioso, “Come se la guerra non bastasse a mandarci sul lastrico! È lei ad essere responsabile delle azioni di questo… questo-!”
Le iridi incolore di Odin, da Dio si spostano nuovamente sul babeliano, che rabbrividisce.
-moccioso.” lo sente concludere fra le labbra.
Odin non sapeva di stare facendo qualcosa di sbagliato quando ha preso quel libro; attorno a lui percepisce la diffidenza crescere e farsi strada nei pensieri del libraio e della piccola folla di curiosi che si è fermata ad osservare la scena a poca distanza dall’esercizio.
La mente di Odin intercetta e ingloba quei pensieri formulati nella vecchia lingua, li traduce in sensazioni corporee ostili che cominciano a corrergli sottopelle e lungo la spina dorsale come millepiedi.
Una goccia di sudore scivola lungo la sua pelle lattescente.
“Non si è reso conto di stare facendo qualcosa di sbagliato.” prosegue Dio “Le assicuro che non aveva cattive intenzioni, e abbiamo spiegato lui qual è stato il suo errore. Riceverà un giusto castigo, glielo assicuro.”
Nell’udire quelle parole, Odin viene scosso da un tremito.
Dio lo castigherà…
Si ingobbisce ancora di più e sente la bocca farsi secca.
“Odin, chiedi scusa al signore e restituiscigli il libro.”
La fronte del giovane spirito ha una contrazione; sente il suo corpo prepararsi ad eseguire l’ordine.
È un ordine di Dio, e lui non può sottrarsi. C’è scritto sull’altro suo Libro, quello che detesta, quello orribile fatto di carne, simile in tutto e per tutto a quello dei fratelli e delle sorelle.
Ricorda di aver desiderato che fosse quello che sta stringendo fra le braccia ora, il suo Libro, e non l’altro a cui è legato indissolubilmente, e che fra le pagine reca già per iscritto ciò che sarà della sua esistenza.
Lo spirito trattiene a fatica il volume illustrato contro il proprio petto.
Le parole, in seguito all’ordine, fanno capolino dalle sue labbra.
Deve chiedere scusa.
Si vergogna di pensarlo, ma vorrebbe disubbidire all’ordine di Dio.
“Mi... dis-p-pi…ac-e.”
“Più forte, Odin. Il signore non ti sente.”
Il babeliano incrocia le braccia al petto e lo guarda torvo da sotto le sopracciglia cespugliose.
Odin sente che l’uomo non è solo arrabbiato, ma anche a disagio di fronte a Dio e a quel suo strano figlio bianco come la neve e sfuggente come la spuma del mare.
“Non… n-non volevo… rubare.”
Il libraio tende con impazienza la mano davanti al viso di Odin oramai imperlato di sudore; nervoso, resta in attesa che gli venga riconsegnato il maltolto.


Non vede l’ora di toglierselo dai piedi, è palese, lo considera strano e inquietante come tutti i suoi fratelli.
Odin sente tutt’a un tratto di odiarlo.
Dio ha spiegato tante volte a lui e agli altri che quella gente è stanca, spaventata e diffidente, soprattutto da quando la guerra ha avuto inizio, e che lui e i suoi fratelli dovranno sforzarsi di rendersi utili a quelli che definiscono i Senza-Poteri, anche a quelli ostili. Ma a Odin non è mai interessato averci a che fare, e gli è sempre venuto complesso instaurare rapporti con chiunque non facesse parte della sua famiglia…
Quell’uomo non ha neanche ascoltato le sue scuse, pensa. Vuole solo indietro quel libro per gettarlo fra gli altri volumi e tornarsene a spazzare il pavimento sperando, come ogni giorno, di incappare in qualche buon affare.
Il babeliano non attribuisce alcun valore affettivo a quel libro illustrato.
Odin sente, invece, che in quel libro di racconti per bambini è racchiuso qualcosa di più, e che in esso potrebbe nascondersi la risposta ai dubbi e alla perenne insoddisfazione che lo accompagnano.
Se solo avesse avuto più tempo per sfogliarlo e riuscire a tradurre qualcosa di più del titolo…
“Restituisci il libro, Odin. Dobbiamo andare.”
Non è mai accaduto che Dio debba ripetere un ordine, ma quel giorno succede.
La fronte del bambino si corruga di più; una parte di lui non vuole ubbidire, l’altra è tenuta in ostaggio dai pensieri del libraio e dei babeliani, e non riesce a chiuderli fuori dalla propria mente.
Non si esercita mai abbastanza per far sì che ciò avvenga.
Le sue braccia tremanti, nel frattempo, si aprono e liberano il volume, le dita lo accolgono per poi tenderlo verso il libraio impaziente.
L’ennesimo pensiero non suo gli attraversa la mente come una freccia.
Mocciosi anormali!
Ha già sentito quelle parole rivolte a lui e ai suoi fratelli, e prima ancora di rendersene conto, i suoi polmoni hanno già inalato l’aria polverosa del locale, e il nodo alla gola si è già sciolto.
“Non siamo anormali.”
“Odin!”
“Smetti di pensare quelle cose della mia famiglia!” esclama lo spirito, arrabbiato, sentendo all’improvviso occhi e naso pizzicargli.
Le sue parole fanno sobbalzare il babeliano ed il suo assistente, rimasto fermo al bancone ad osservare la scena a bocca aperta.
Odin li detesta sempre di più. Vorrebbe che sparissero dalla sua vista!
Improvvisamente, i volti dei due uomini si contraggono in una smorfia, come se uno spillone invisibile si stesse conficcando nelle loro tempie; dal naso dell'assistente un rigagnolo di sangue cola lungo le labbra e il mento, sporcandogli la tunica.
Solo lui e Dio sanno che tutto ciò è causato da quelli che il giovane spirito definisce ‘i suoi artigli’.
Il libraio si ingobbisce ed emette un sommesso gemito di dolore, portandosi una mano alla fronte e poggiandosi al bancone vicino.
Odin sta per distogliere lo sguardo, ma Dio sussurra qualcosa nella lingua che solo lui e i suoi fratelli comprendono; ora è impossibilitato a muovere la testa ed è costretto a continuare a fissarli intensamente senza più battere le palpebre.
Dio vuole che impari seduta stante a controllare gli artigli. Pensa che quella sia la sua occasione.
Il viso di Odin gronda sudore; persino le sue guance sempre candide, ora, sono chiazzate di rosa.
Il ronzio dei pensieri ed il cicaleccio della gente intorno a lui si fa sempre più insostenibile.
Lo spirito strizza gli occhi e tenta di concentrarsi sull’ordine che Dio gli ha impartito, ma gli è ancora più difficile controllarsi quando è preda di emozioni mai provate prima.
Cosa deve fare?
Come può uscire da quella situazione senza arrecare danni a chi gli sta intorno?
Una voce si fa strada nella sua testa, sovrasta tutte le altre; è piatta, misurata, ricorda un po’ quella di Dio, ma più infantile.
È la voce di Artémis.
Di quello che il ricordo della sorella gli sussurra, lui comprende ogni parola.

Come la spuma dell’oceano, Odin.

Ma certo... Artémis gliel'ha spiegato tante volte.
Si trovano entrambi sulla spiaggia, uno di fianco all’altro, e le onde dell’oceano si sdraiano sinuose sulla riva, solleticando loro le caviglie.
Odin ascolta sua sorella, che cerca di aiutarlo con i suoi esercizi di concentrazione...

Guarda la spuma dell’oceano, Odin. Guarda che cosa fa.

Le labbra di Odin si muovono senza produrre alcun suono; ripete a se stesso...

Sei l’oceano.

Artémis non avrebbe potuto scegliere paragone più calzante.
Odin si sente proprio come l’oceano: di natura scostante, talvolta placido e pigro, altre energico e incontenibile, dannoso ma anche benevolo nella sua imprevedibilità.

L’oceano richiama a sé la spuma.

Una creatura mostruosa fatta di cattivi pensieri sta per abbattersi dentro di lui con la furia di uno tsunami, e se non la trattiene a sé, perderà definitivamente il controllo e farà del male a chi è intorno a lui.
E Dio ne sarà scontento.

L’oceano richiama a sé...

Se lo ripete più e più volte e ben presto qualcosa di sorprendente avviene.
Il formicolio lungo il suo corpo si arresta, e le voci e i pensieri di chi gli sta intorno vanno affievolendosi, scompaiono con un risucchio fuori dalla sua testa.
Il silenzio sopraggiunge. Odin lo accoglie come una ventata d'aria fresca.

La spuma si ritira dalla battigia.

La sua ira verso i due senza-poteri si riassorbe di conseguenza, ora che ha isolato la propria mente da chi gli sta intorno; non gli sopraggiungono più stimoli avversi da ogni parte, e la sua collera evapora all’interno del suo corpo esile.
Emette un sospiro e torna ad abbassare le ciglia candide sulle iridi opalescenti.
Può di nuovo muoversi. Ha eseguito l’ordine.
Il libraio ed il commesso non contorcono più le facce dal dolore; ora si fissano come per trovare una spiegazione, sconcertati.
Odin scorge la mano di Dio calare su di lui e d’istinto incassa la testa fra le spalle come una tartaruga.
Dio lo castigherà per non essersi controllato come si deve al momento opportuno.
Dio è…
Il bambino percepisce una leggera pressione sul capo.
I muscoli delle sue spalle si distendono.
Dio è soddisfatto.
Lo spirito non ha tempo di reagire; sente il libro illustrato scivolargli via dalle dita.
“Era ora!” si lamenta il libraio; le sue dita rugose hanno appena strappato via il libro dalle mani di Odin che, tremanti, restano sospese a mezz’aria a sostenerne solo il ricordo.
Odin soffoca un gemito e scuote la testa.
“Non portarmelo via!”
Le parole, pregne di dispiacere e delusione, gli escono di bocca in quello che si rivela essere niente più di un misero pigolio.
Il libraio storce le labbra e non capisce ciò che dice, ma istintivamente allontana di più il libro da lui.
Il giovane spirito stringe i denti e i pugni.
Si volta con una velocità sorprendente e getta le sue braccia attorno alla vita di Dio, mentre i capelli bianchi gli scivolano di nuovo sul viso, celando le sue lacrime di frustrazione.
Oltre ai suoi singhiozzi e al brusio proveniente dal mercato vicino, per un minuto non si sente altro rumore all’interno della libreria.
“Quanto vuole per quel libro?”
Odin spalanca gli occhi.
Da principio pensa che qualcun altro si sia fatto avanti per comprare il suo libro, e il panico sta per assalirlo di nuovo, ma poi si rende conto che è stato Dio a parlare.
“Che cos’ha da offrirmi?” sente chiedere dal libraio, che sembra solo in quel momento notare i bei vestiti di seta del bambino.
Dio allontana Odin che ancora gli cinge la vita, tuffa le mani nelle tasche, rovista, trova oggetti che sfilano davanti agli occhi meravigliati dello spirito: fazzoletti di stoffa, dello spago, un pastello di cera mordicchiato, un foglietto di carta con disegnati sopra dei ghepardi, un sassolino dalla forma strana, i vecchi occhiali di sua sorella Artémis, e poi…
“Ho questa. La prenda. È di valore. Ha delle parti in oro.”
Odin osserva di sottecchi ciò che viene teso al libraio.
Quest’ultimo strappa scocciato l’oggetto a Dio e lo prende tra le grandi dita nodose, lo esamina con aria critica, ma alla fine nel suo sguardo balena una scintilla di interesse e infila l’oggetto in tasca, limitandosi a scuotere le spalle ossute sotto la tunica.
“E va bene. Prendete quel libro e andatevene.” brontola, e dopo aver riconsegnato con gesto freddo il volume a Odin, dà loro le spalle e svanisce dietro agli scaffali, parlottando fra sé.
Odin guarda Dio lasciare il negozio in silenzio e gli si accoda.
Cos’ha barattato in cambio del suo libro illustrato?

Quel giorno l’oceano è calmo e piatto, di una sfumatura acquamarina che rivaleggia col cielo limpido.
Odin segue Dio in silenzio lungo la spiaggia, lascia della distanza tra loro sulla strada che conduce all’accademia, la loro casa.
Supera un castello di sabbia sorprendentemente curato e scorge attorno ad esso numerose orme sulla sabbia che si diramano in ogni direzione, segno che i fratelli e le sorelle sono scesi in mattinata per giocare.
Una brezza calda gli solleva le trecce ed allontana i capelli dal suo viso immacolato.
Dio si ferma, i suoi piedi nudi affondando nella sabbia calda.
“Non avevi mai gridato contro nessuno prima d’ora, Odin. Neanche contro i tuoi fratelli.” Gli fa notare “E non avevi mai pianto e fatto i capricci in quel modo. È la prima volta che mostri le tue emozioni così apertamente.”
Odin non capisce se Dio sia deluso o soddisfatto.
“Per di più, non hai fatto perdere conoscenza a nessuno. Se fossi più costante nei tuoi esercizi e ti impegnassi così ogni giorno, miglioreresti in breve tempo e tutto sarebbe più semplice, lo capisci?”
“Ci sono riuscito solo perché dovevo eseguire un tuo ordine, Dio.”
Se non ci fosse stato Dio le cose sarebbero andate in modo diverso, pensa il bambino, e sarebbe stato un disastro.
“Il mio ordine è stato di controllarti. Come tu ci sia riuscito, non te l’ho suggerito io. È venuto da te, Odin. L’hai fatto da solo.”
Lo spirito alza il viso e spalanca gli occhi, sorpreso.
È vero. Non ci aveva pensato.
“Prendi quel libro come un incentivo a migliorare. Non avrai altri regali ber un bel po’.”
“Mi castigherai, Dio?”
“Già. L’ho detto, berciò subbongo di doverlo fare.” risponde questi, e Odin lo guarda rovistare nelle tasche e trovare un fazzoletto di stoffa pulito con cui si soffia rumorosamente il naso “I tuoi fratelli… Dobo cena avranno a turno la tua fetta di dolce ber qualche settimana.”
A Odin piace il dolce, ma non si cruccia più di tanto per quel castigo.
Non riesce a togliersi dalla testa che Dio abbia donato qualcosa a quel babeliano in cambio del libro; qualcosa a cui teneva molto, magari.
“Sei arrabbiato, Dio?”
Dio china la testa e si guarda i piedi, pensoso. Si soffia di nuovo il naso.
“Sì, un po’. Quella penna era un ricordo... Ci tenevo. Quel vecchio libraio non l’apprezzerà mai come l’apprezzavo io.” Tira ancora una volta su col naso e rimette in tasca il fazzoletto.
Una penna. Ecco cos’aveva dato Dio in cambio del suo libro.
Odin sa bene quanta importanza dà Dio a quegli oggetti, e subito si sente triste e ancora più mortificato, perché ha ottenuto quel piccolo tesoro che stringe fra le braccia, mentre Dio ha perso una cosa a lui molto cara pur di donarglielo.
“Odin, dimentica quella penna. Se sei felice, va bene così. Ne è valsa la pena.”
“Felice..." Non può mentire a Dio. “Lo sono...?”
Dio si volta a guardarlo. Assume un’aria perplessa e gli si fa più vicino, lo studia da dietro le lenti degli occhiali come se fosse un animale che non ha mai visto prima.
Odin aggiunge pensoso…
“So che desideravo continuare a guardare le figure. Sono quelle a sembrarmi felici.”
Odin non sa come spiegarsi. Rinuncia spesso a dare spiegazioni su come si sente e su come ciò che lo circonda lo fa sentire; non sa spiegarlo a se stesso, perciò è alquanto improbabile che riesca a spiegarlo ad altri. Rischia solo di fare grandi pasticci con le parole, e sentirsi apostrofare con epiteti come 'tonto' o 'cervello di pollo', o di venire guardato dagli altri fratelli come quella mattina l’aveva guardato il vecchio libraio.
Tutt'a un tratto sente il bisogno di assicurarsi che i personaggi e quei bei disegni accattivanti e colorati siano ancora tutti al loro posto.
Apre il libro davanti a Dio, lo sfoglia febbrilmente, e nel ritrovarli sente il cuore scaldarsi e fargli male allo stesso tempo.
Dio continua a studiarlo con attenzione; le sue ginocchia affondano di qualche centimetro nella sabbia.
“Possibile? Per quel libro hai mostrato una sfera emozionale più ampia del solito e reazioni molto intense. Possibile che ora tu non sia felice di averlo tutto per te?”
Odin continua a fissare il libro da sotto le palpebre pesanti che gli conferiscono sempre un’espressione apatica.
“Non sei felice, qui, Odin?”
“Lo sono fino a quando non penso che devo fare ciò che è scritto, e sul mio Libro c’è scritto che presto dovrò separarmi da Artémis e dagli altri e andarmene…”
“Di questo ne abbiamo già parlato, Odin.”
Assorto, lo spirito annuisce e indica le illustrazioni colorate.
“Dio, perché non c’è questa felicità nel mio Libro?”

Quando alza gli occhi, nota che lo sguardo di Dio si è fatto più intenso.
Ancora una volta, lo spirito non sa interpretare l’occhiata che gli viene lanciata.
Dio sembra dapprima indispettito, poi stranito e confuso, infine meravigliato. Lo guarda chiudersi in un meditabondo silenzio, sfregarsi il naso sempre più arrossato con un nuovo fazzoletto, mentre sospira e si scompiglia i capelli già indisciplinati per natura.
Berché deve essere sembre duddo gosì gomplicato, con de, Odin? I duoi fradelli …” si soffia di nuovo il naso “I tuoi- I tuoi fratelli non dicono cose simili, e non mi danno tutti questi grattacapi.” dice.
“Mi dispiace, Dio...”
Un gabbiano a poca distanza dalla riva si lancia verso la superficie dell’acqua, la penetra e ne riemerge con un pesce nel becco, tornando a levarsi alto nel cielo azzurro di mezzogiorno.
“Sei qualcosa di sorprendente, Odin.”
Dio tende la mano verso il bambino e gli scosta le lunghe ciocche di capelli bianchi dal volto, con gesto tenero e materno.
“Ascoltami. Parli del tuo Libro come se fosse il tuo più grande nemico, ma la realtà è che l’inizio del tuo Libro è solo un po’ diverso rispetto a quello di Farouk. Tutto qua.” gli spiega, picchiettando un dito sulla copertina del libro per bambini, dove spicca a lettere dorate il nome del protagonista “Ma questa non è necessariamente una brutta cosa. Anche il tuo Libro potrebbe sorprenderti.”
“Sorprendermi? E come?”
“Questo io non posso saperlo. Tocca a te deciderlo.”
“A… me?”
“Il Libro è solo l’inizio della tua storia, Odin. Tocca soltanto a te scriverne la fine.”
Odin scorge sul volto di Dio un impercettibile sorriso.
“Capirai tutto quando sarai più grande, e avrai fatto tutto ciò che è scritto.”
Dio si rimette in piedi e si spolvera l’abito dalla sabbia.
“Ricordati le mie parole, Odin.”
In silenzio, lo spirito guarda Dio risalire i gradini e allontanarsi.
Il vento caldo e soffocante del primo pomeriggio li supera entrambi, si arrampica lungo la scalinata, si abbatte, sfilacciandosi, contro la statua in pietra del soldato al centro del piazzale d’ingresso dell’accademia e si disperde lungo il viale di alberi di mimosa scompigliando con giocosità le loro cime.
Presto Dio sparisce dal suo campo visivo e Odin torna a sedersi sul gradino di cemento.

Il Libro è solo l’inizio della tua storia, Odin. Tocca soltanto a te scriverne la fine.

“Quando sarò più grande…” si ripete “Tocca a me...”
E come?
Non ha compreso appieno quelle parole, ma si ripromette di custodirle gelosamente.
Nel frattempo, torna al libro illustrato.
Lo apre, fa scorrere le pagine fra le dita, giunge all’ultima: lì si conclude la storia del principe Farouk.
Due figure alte e slanciate, vestite di diamanti, si stagliano su di un altare di fiori colorati; le loro mani ambrate sono strette le une alle altre, impreziosite da disegni, anelli d'oro e gemme. Entrambi i personaggi sorridono.
Rapito da quell'immagine così intima e dolce, Odin sposta lo sguardo sul testo, ma non capisce una parola.
Chiude il libro e prova una profonda invidia per il raggiante Farouk, che ha già il suo finale, qualunque esso sia.

FINE.

Grazie a chiunque sia giunto sino alla fine della lettura! Spero che questa breve fanfiction vi sia piaciuta. Perdonate eventuali errori, sono piuttosto arrugginita! Non fatevi problemi a segnalarmeli, e a farmi conoscere la vostra opinione <3
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > L'Attraversaspecchi / Vai alla pagina dell'autore: cilea