Capitolo
12 –
Semblance of a truce -
“D’accordo,
ci siamo!”
Io
e Natalie uscimmo dalla cucina per portare a tavola gli ultimi due
vassoi, uno
contenente Takoyaki e l’altro della tempura.
I
Mukami si erano già raccolti intorno al tavolo, ma non vi
era traccia dei
Sakamaki.
A
capotavola sedeva Ruki, così mi accomodai dalla parte
opposta, cercando di
evitare il suo sguardo, ancora troppo in imbarazzo per rivolgergli la
parola.
Natalie
si accomodò al mio fianco e, involontariamente, si
trovò Kou alla sua sinistra.
Le
sorrideva malizioso.
Schiaffeggiai
la mano di Yuma e feci un cenno a Natalie, così che
schiaffeggiasse a sua volta
quella di Kou.
I
due ci fissarono contrariati.
“Non
siate maleducati, stiamo aspettando una mia amica.”
Yuma
imprecò sottovoce, mentre Kou alzava le mani in segno di
resa e tornava al suo
posto.
Mi
domandai se Ayato avesse avuto il coraggio di invitare Yuki, tuttavia
avrei
atteso ancora qualche minuto.
Si
limitò a salutare Natalie con un cenno del capo, ignorando
bellamente i Mukami,
ma seppi che stava facendo del suo meglio per mantenere la calma e
assecondare
il mio desiderio di cenare tutti assieme.
Fortunatamente,
ad interrompere quell’imbarazzante silenzio, fu la voce di
Ayato.
Riuscii
a scorgere Yuki alle sue spalle e le andai incontro per salutarla.
“Grazie
per l’invito.”, mi disse lei, dopo esserci
scambiate un abbraccio.
Natalie la salutò con la mano.
Le
rivolsi un sorriso furbesco.
“Giuro
che non c’entro nulla.”
Tornai
a sedere e anche Yuki si accomodò accanto ad Ayato.
Ruki
rimbrottò il Sakamaki per non aver lasciato neppure una
polpetta di polipo a
noi altri, mentre Azusa tentava di rubare almeno un gamberetto dai
fratelli.
Natalie
mormorò “uomini”,
prima di scuotere
il capo e servirsi l’unico pasto intatto, ovvero quello delle
verdure fritte.
Yuki
la imitò, mentre io mi rivolgevo ai due Mukami, che si
litigavano i gamberetti.
I
due parvero ricordare solo in quel momento la presenza di Azusa e, con
aria
colpevole, gli donarono gli ultimi gamberetti rimasti.
Sistemata
una questione, passai alla successiva.
“Ayato
non essere ingordo.”
“Su,
lascia il vassoio di Takoyaki, ne hai mangiati abbastanza.”
“Questa
è casa mia, perché dovrei condividere-”
I
suoi occhi verdi ricaddero sulla figura di Yuki, che mangiava in
silenzio le
sue verdure.
Non
terminò la frase e, sbuffando, mollò il vassoio
al centro del tavolo.
Ruki
assaggiò quindi le polpette fritte e della verdura.
“Non
hai toccato cibo, baka.”
Sorrisi
riconoscente a Yuma, mentre addentavo il pesce.
Allungai
una mano verso il suo piatto, per riempirlo con qualcosa, ma lui mi
bloccò il
polso.
“Non
ho appetito.”, sentenziò in modo burbero.
“Allora
perché sei qui?”
L’albino
mi fissò di rimando, sforzandosi di tirar fuori le parole.
“Perché
sapevo ti avrebbe fatto piacere.”
Se
Ruki rendeva piuttosto chiaro l’interesse che aveva nei miei
confronti, Subaru
faticava a parlarne apertamente, ma cercava di dimostrarlo con i gesti,
ed era
sempre una sorpresa scoprire quanto si impegnasse a rendermi felice,
nel suo
piccolo.
Ignoravo
se, ad una tale distanza, riuscisse ad origliare la conversazione, ma
non era un
mistero che Subaru avesse un debole per me, ed io fossi particolarmente
legata a lui.
Schioccò
la lingua e si alzò da tavola.
“Subaru-”,
sussurrai, ma lui era già svanito nel nulla.
Non
potevo ignorare il fatto che entrambi suscitassero in me un qualche
effetto:
non mi erano indifferenti, ma al momento non potevo giudicare
razionalmente
chi, fra i due, sentissi più vicino.
Forse
avrei potuto pensare con più lucidità, se lui
non fosse morto.
Ma
se lui non fosse morto, non mi
sarei
trovata in questa situazione.
Tra
tutti, avrei scelto sempre e solo lui.
Un
nodo in gola mi impedì di mandar giù un altro
boccone.
Azusa
e Yuma sembravano mangiare indisturbati, completamente assorti dal
cibo, mentre
Yuki ed Ayato chiacchieravano tranquillamente.
Rimasi
a bocca aperta quando lui le offrì un Takoyaki, un sorriso
genuino affiorò
sulle mie labbra.
Tuttavia,
anche se la mia amica conosceva la vera identità del rosso,
come avrebbero
potuto stare insieme?
Lei
era una semplice adolescente, che prima o poi sarebbe cresciuta, ed
invecchiata, proprio come me e Natalie.
Mi
sorpresi nello scoprire che era merito di Kou, se lei stava ridendo,
doveva
averle detto qualcosa di divertente, e nuovamente la mia bocca
minacciò di
spalancarsi: quando avevano smesso di battibeccare ed erano entrati
così tanto
in sintonia?
Forse sei invidiosa perché loro
sono felici e tu no?
Suggerì
una vocina maligna nella mia testa.
La
scacciai immediatamente, non poteva essere così.
Ricordai
che mancava un vampiro all’appello: Kanato non aveva messo
piede nella sala da
pranzo, probabilmente era il più restio a mangiare assieme
ai Mukami.
Mi
alzai da tavola, nessuno parve notarlo, eccetto Ruki forse, ed andai in
cucina
per prendere il vassoio con i biscotti, che pianificavo di portare come
dessert.
Ne
tolsi alcuni per metterli da parte e portai a tavola il vassoio.
E,
seppur voleva essere un appellativo amichevole, mi rammentò
di quando ero stata
rapita, del piano di Karl Heinz, dello scontro coi
Cacciatori…
Mi
costrinsi a sorridere lievemente, poi recuperai i biscotti messi da
parte e mi
avviai nella stanza di Kanato, sperando di passare inosservata.
Reiji
chiuse la chiamata e ripose il telefono nella tasca.
Shu
gli lanciò un’occhiata di sbieco.
“Pensi
di poterti fidare di lei?”
Il
fratello incrociò le braccia al petto.
“Quale
altra scelta abbiamo?”
Effettivamente,
non avevano nessun’altra pista da seguire, dopo
l’incontro con Karl Heinz.
“Credi
a ciò che ha detto nostro padre?”,
domandò quindi il vampiro dagli occhi
azzurri.
“Di
lui non mi fido affatto, ma sembrava sinceramente stupito quando ho
nominato la
vampira che ti ha aggredito.”
Shu
annuì e tornò ad osservare fuori dal finestrino.
Shu
sollevò lo sguardo, interessato.
In
realtà, poteva immaginare il discorso in cui suo fratello
voleva addentrarsi,
ma quella questione andava risolta una volta per tutte, non era giusto
che
Mitsuko si occupasse di quella faccenda al posto di Reiji.
Per
quanto fosse severa ed avesse alte aspettative nei loro confronti, per
lui
chiudeva sempre un occhio, soprattutto quando sgattaiolava via da villa
Sakamaki per andare a giocare nel villaggio di Yuma.
Reiji
ruppe quel silenzio che si era creato: probabilmente ammetterlo gli
costava
fatica.
“Tu potevi frequentare degli insulsi umani,
mentre io non facevo altro che studiare tutto il giorno.”
Reiji
gli rivolse un sorriso amaro.
“Immagino
di si, ma non è questo il punto. Un
giorno…”
Il
vampiro con gli occhiali sospirò e tentò una
seconda volta.
“Così
un giorno…”
Niente.
Le
parole continuavano a morirgli in gola: fino a quel momento non si era
fatto
scrupoli a convivere con quel segreto, ma dopo aver ottenuto un
briciolo di
complicità –e fiducia–
dal fratello,
non poteva confessare di avergli strappato via l’unico
migliore amico che
avesse mai avuto.
Per
un breve istante le sue iridi magenta si spalancarono, ma poi
capì.
“Mitsuko
te ne ha parlato.”
“Dovresti
ringraziarla, è il motivo per cui non ti ho staccato la
testa. Non ancora.”
Reiji
sollevò un sopracciglio.
“Vuoi
forse sfidarmi a duello?”, lo prese in giro.
“Preferisci
venire direttamente alle mani? Credevo che nostra madre ci avesse
educato
meglio.”
“Con
te ci è riuscita
–, puntualizzò Shu –
e sono certo ne sarebbe orgogliosa.”
“Grazie.”,
mormorò serio.
Poi
i due scesero dalla limousine.