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Autore: Nephertiti    15/01/2021    1 recensioni
*SEQUEL DI GIRL OF LIFE*
Molte cose sono cambiate dalla prima volta in cui Mitsuko ha messo piede in villa Sakamaki.
E adesso può affermare di essere parte della famiglia.
Ma con il suo diciottesimo compleanno alle porte, il destino sembra avere in serbo altri piani per lei.
***
Estratto da un capitolo:
“All’improvviso, a qualche chilometro di distanza, notai una figura in mezzo alla strada e, man mano che ci avvicinavamo, realizzai si trattasse di un uomo.
Mi resi conto che non accennava a muoversi, mentre il maggiordomo, al mio fianco, sembrava ignorare la sua presenza.
Urlai a George di frenare e questo, colto di sorpresa, affondò il piede nel freno: la limousine ruotò su sé stessa, facendomi sbattere contro il finestrino.
Un’auto dietro di noi ci tamponò.
Quando sollevai lo sguardo, ancora dolorante per il colpo, dell’uomo non v’era traccia.
Tuttavia, ciò che mi era rimasto impresso, prima che quella sagoma svanisse nel nulla, erano stati i suoi lunghi capelli bianchi.
***
Per poter leggere questa storia avrete bisogno di conoscere “Girl of Light” e “Girl of Life”, quindi correte a recuperare!
La fan fiction prende alcuni spunti dal videogioco, ma la trama sarà ben diversa.
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ruki Mukami, Shuu Sakamaki, Sorpresa, Subaru Sakamaki
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Capitolo 12 – Semblance of a truce -

 

 

 

 

 

 

 

“D’accordo, ci siamo!”
Io e Natalie uscimmo dalla cucina per portare a tavola gli ultimi due vassoi, uno contenente Takoyaki e l’altro della tempura.
I Mukami si erano già raccolti intorno al tavolo, ma non vi era traccia dei Sakamaki.
A capotavola sedeva Ruki, così mi accomodai dalla parte opposta, cercando di evitare il suo sguardo, ancora troppo in imbarazzo per rivolgergli la parola.
Natalie si accomodò al mio fianco e, involontariamente, si trovò Kou alla sua sinistra.
Le sorrideva malizioso.

Azusa, seduto di fronte a me, rimase fermo a contemplare il vassoio ricolmo di gamberetti fritti, con un’espressione trasognata, ma Yuma e Kou ci si avventarono prima che riuscisse anche solo ad annusarli.
Schiaffeggiai la mano di Yuma e feci un cenno a Natalie, così che schiaffeggiasse a sua volta quella di Kou.
I due ci fissarono contrariati.

“Non siate maleducati, stiamo aspettando una mia amica.”
Yuma imprecò sottovoce, mentre Kou alzava le mani in segno di resa e tornava al suo posto.
Mi domandai se Ayato avesse avuto il coraggio di invitare Yuki, tuttavia avrei atteso ancora qualche minuto.

Una figura si materializzò nella sala da pranzo, mi sorpresi nello scorgere Subaru camminare a passo deciso verso di noi e prendere posto al mio fianco.
Si limitò a salutare Natalie con un cenno del capo, ignorando bellamente i Mukami, ma seppi che stava facendo del suo meglio per mantenere la calma e assecondare il mio desiderio di cenare tutti assieme.

Notai lo sguardo pieno d’astio che rivolse a Ruki, mentre lui rimaneva indifferente alla sua occhiataccia, e continuava a fissare me, probabilmente in cerca di qualche reazione.
Fortunatamente, ad interrompere quell’imbarazzante silenzio, fu la voce di Ayato.

“Non avrete iniziato senza di me?”, proruppe.
Riuscii a scorgere Yuki alle sue spalle e le andai incontro per salutarla.
“Grazie per l’invito.”, mi disse lei, dopo esserci scambiate un abbraccio.
Natalie la salutò con la mano.

“Natalie e Kou vicini?”, domandò sommessamente.
Le rivolsi un sorriso furbesco.
“Giuro che non c’entro nulla.”
Tornai a sedere e anche Yuki si accomodò accanto ad Ayato.

Per fortuna, accanto al rosso, sedeva Azusa, che era il più mansueto fra i Mukami e non c’era pericolo che i due potessero bisticciare.

“Possiamo cominciare!”, annunciai e me ne pentii amaramente.

Fu il caos: Ayato si gettò sul vassoio dei Takoyaki, mentre Kou e Yuma svuotavano quello contenente la tempura.
Ruki rimbrottò il Sakamaki per non aver lasciato neppure una polpetta di polipo a noi altri, mentre Azusa tentava di rubare almeno un gamberetto dai fratelli.

Io, Natalie e Yuki ci guardammo esasperate.
Natalie mormorò “uomini”, prima di scuotere il capo e servirsi l’unico pasto intatto, ovvero quello delle verdure fritte.
Yuki la imitò, mentre io mi rivolgevo ai due Mukami, che si litigavano i gamberetti.

“Avete intenzione di lasciare qualcosa a vostro fratello o no?”, domandai con tono infervorato.
I due parvero ricordare solo in quel momento la presenza di Azusa e, con aria colpevole, gli donarono gli ultimi gamberetti rimasti.
Sistemata una questione, passai alla successiva.
“Ayato non essere ingordo.”

Il rosso aveva la bocca piena di Takoyaki e borbottò un “che c’è?” a malapena comprensibile.
“Su, lascia il vassoio di Takoyaki, ne hai mangiati abbastanza.”
“Questa è casa mia, perché dovrei condividere-”
I suoi occhi verdi ricaddero sulla figura di Yuki, che mangiava in silenzio le sue verdure.
Non terminò la frase e, sbuffando, mollò il vassoio al centro del tavolo.
Ruki assaggiò quindi le polpette fritte e della verdura.

Dei gamberetti scivolarono nel mio piatto.
“Non hai toccato cibo, baka.”
Sorrisi riconoscente a Yuma, mentre addentavo il pesce.

Poi mi tornò in mente il vampiro che sedeva al mio fianco: anche Subaru non aveva mangiato nulla.
Allungai una mano verso il suo piatto, per riempirlo con qualcosa, ma lui mi bloccò il polso.
“Non ho appetito.”, sentenziò in modo burbero.
“Allora perché sei qui?”
L’albino mi fissò di rimando, sforzandosi di tirar fuori le parole.
“Perché sapevo ti avrebbe fatto piacere.”

Rimasi con un gamberetto sospeso a mezz’aria.
Se Ruki rendeva piuttosto chiaro l’interesse che aveva nei miei confronti, Subaru faticava a parlarne apertamente, ma cercava di dimostrarlo con i gesti, ed era sempre una sorpresa scoprire quanto si impegnasse a rendermi felice, nel suo piccolo.

Involontariamente, il mio sguardo corse al maggiore dei Mukami, che ovviamente ci stava osservando.
Ignoravo se, ad una tale distanza, riuscisse ad origliare la conversazione, ma non era un mistero che Subaru avesse un debole per me, ed io fossi particolarmente legata a lui.

Quando l’albino comprese cosa, o meglio chi, stavo guardando, i suoi occhi si adombrarono.
Schioccò la lingua e si alzò da tavola.
“Subaru-”, sussurrai, ma lui era già svanito nel nulla.

Quella situazione mi metteva a disagio: non volevo ferire i sentimenti di nessuno, eppure non ero riuscita ad evitare che i due vampiri si affezionassero a me più di quanto avrei voluto.
Non potevo ignorare il fatto che entrambi suscitassero in me un qualche effetto: non mi erano indifferenti, ma al momento non potevo giudicare razionalmente chi, fra i due, sentissi più vicino.

Oltretutto, sentivo ancora la sua mancanza, e quel vuoto mi tormentava notte e giorno.
Forse avrei potuto pensare con più lucidità, se lui non fosse morto.
Ma se lui non fosse morto, non mi sarei trovata in questa situazione.
Tra tutti, avrei scelto sempre e solo lui.
Un nodo in gola mi impedì di mandar giù un altro boccone.

Cercai di distrarmi, controllando quello che accadeva intorno a me.
Azusa e Yuma sembravano mangiare indisturbati, completamente assorti dal cibo, mentre Yuki ed Ayato chiacchieravano tranquillamente.
Rimasi a bocca aperta quando lui le offrì un Takoyaki, un sorriso genuino affiorò sulle mie labbra.
Tuttavia, anche se la mia amica conosceva la vera identità del rosso, come avrebbero potuto stare insieme?
Lei era una semplice adolescente, che prima o poi sarebbe cresciuta, ed invecchiata, proprio come me e Natalie.

A proposito di Natalie, la sentii ridacchiare di gusto, e così mi voltai per guardarla.
Mi sorpresi nello scoprire che era merito di Kou, se lei stava ridendo, doveva averle detto qualcosa di divertente, e nuovamente la mia bocca minacciò di spalancarsi: quando avevano smesso di battibeccare ed erano entrati così tanto in sintonia?

Forse non avrei dovuto lasciare le mie due amiche affezionarsi tanto ai vampiri, non avrebbe potuto funzionare tra loro.
Ma non mi ero preoccupata di questo dettaglio quando lui era ancora in vita. 


Forse sei invidiosa perché loro sono felici e tu no?

Suggerì una vocina maligna nella mia testa.
La scacciai immediatamente, non poteva essere così.  

Ricordai che mancava un vampiro all’appello: Kanato non aveva messo piede nella sala da pranzo, probabilmente era il più restio a mangiare assieme ai Mukami.
Mi alzai da tavola, nessuno parve notarlo, eccetto Ruki forse, ed andai in cucina per prendere il vassoio con i biscotti, che pianificavo di portare come dessert.
Ne tolsi alcuni per metterli da parte e portai a tavola il vassoio.

“Oggi hai superato te stessa M-neko-chan.”, sussultai, era tempo che Kou non mi chiamava così.
E, seppur voleva essere un appellativo amichevole, mi rammentò di quando ero stata rapita, del piano di Karl Heinz, dello scontro coi Cacciatori…
Mi costrinsi a sorridere lievemente, poi recuperai i biscotti messi da parte e mi avviai nella stanza di Kanato, sperando di passare inosservata.

***

La limousine nera sfrecciava nelle strade ormai buie, fuori Tokyo, dove i grattacieli erano sempre più sporadici, e lasciavano il posto a distese verdi.

“D’accordo ci incontreremo lì.”
Reiji chiuse la chiamata e ripose il telefono nella tasca.
Shu gli lanciò un’occhiata di sbieco.
“Pensi di poterti fidare di lei?”
Il fratello incrociò le braccia al petto.
“Quale altra scelta abbiamo?”
Effettivamente, non avevano nessun’altra pista da seguire, dopo l’incontro con Karl Heinz.
“Credi a ciò che ha detto nostro padre?”, domandò quindi il vampiro dagli occhi azzurri.
“Di lui non mi fido affatto, ma sembrava sinceramente stupito quando ho nominato la vampira che ti ha aggredito.”
Shu annuì e tornò ad osservare fuori dal finestrino.

“Dovrei… - Reiji si schiarì la voce, per richiamare l’attenzione del fratello, – dovrei parlarti di una cosa.”
Shu sollevò lo sguardo, interessato.
In realtà, poteva immaginare il discorso in cui suo fratello voleva addentrarsi, ma quella questione andava risolta una volta per tutte, non era giusto che Mitsuko si occupasse di quella faccenda al posto di Reiji.

“Quando eravamo bambini, nostra madre si aspettava un certo comportamento, da parte nostra, e che avessimo una certa istruzione. Dovevamo essere i migliori, tra i figli di Karl Heinz. Per questo cercavo sempre di fare del mio meglio per compiacerla. –, iniziò col dire Reiji. – Ma in qualche modo, nonostante mi impegnassi ad essere il figlio perfetto che desiderava, tu restavi il suo preferito. E senza neppure impegnarti più di tanto… Su questo concorderai con me.”

Shu annuì: non poteva negare l’evidenza, suo madre aveva sempre avuto un debole per lui.
Per quanto fosse severa ed avesse alte aspettative nei loro confronti, per lui chiudeva sempre un occhio, soprattutto quando sgattaiolava via da villa Sakamaki per andare a giocare nel villaggio di Yuma.

“Ti odiavo per questo.”
Reiji ruppe quel silenzio che si era creato: probabilmente ammetterlo gli costava fatica.
“Tu potevi frequentare degli insulsi umani, mentre io non facevo altro che studiare tutto il giorno.”

“Forse avresti dovuto prendere esempio da me.”, lo canzonò il fratello.
Reiji gli rivolse un sorriso amaro.
“Immagino di si, ma non è questo il punto. Un giorno…”
Il vampiro con gli occhiali sospirò e tentò una seconda volta.
“Così un giorno…”
Niente.
Le parole continuavano a morirgli in gola: fino a quel momento non si era fatto scrupoli a convivere con quel segreto,  ma dopo aver ottenuto un briciolo di complicità –e fiducia– dal fratello, non poteva confessare di avergli strappato via l’unico migliore amico che avesse mai avuto.

“Un giorno hai distrutto il villaggio di Edgar.”, completò la frase Shu, lasciando l’altro sbalordito.
Per un breve istante le sue iridi magenta si spalancarono, ma poi capì.
“Mitsuko te ne ha parlato.”
“Dovresti ringraziarla, è il motivo per cui non ti ho staccato la testa. Non ancora.”

Reiji sollevò un sopracciglio.
“Vuoi forse sfidarmi a duello?”, lo prese in giro.

La vettura rallentò nei pressi di un bosco, che pullulava di alberi alti più di dieci metri.

“Impugnare una spada non è nel mio stile.”, commentò Shu con un mezzo sorriso.
“Preferisci venire direttamente alle mani? Credevo che nostra madre ci avesse educato meglio.”
“Con te ci è riuscita –, puntualizzò Shu – e sono certo ne sarebbe orgogliosa.”

Non c’era sarcasmo nelle sue parole, e pensare che sua madre sarebbe stata fiera di lui, donò a Reiji quella gratificante sensazione che non aveva mai provato da bambino.
“Grazie.”, mormorò serio.
Poi i due scesero dalla limousine.

 

 

 

   
 
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