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Autore: Alyeska707    15/01/2021    5 recensioni
una vecchia palazzina
arte, musica, agape ed eros, sentimenti e nostalgie
qual è il prezzo del successo?
dove conduce l'amore?
ma esiste davvero, la purezza?
♒︎
─ dal testo: ❝ Piccola. Stretta. Letteralmente a pezzi. Duncan aveva affittato una topaia, non una casa. Però era la sua topaia, ed era a pezzi esattamente come lui: un bordello, il disordine, una grezza anti-eleganza… ma non è affascinante, la distruzione? Agli occhi del punk, eccome: la distruzione era il suo riflesso specchiato.❞
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Gwen, Heather, Trent | Coppie: Alejandro/Heather, Duncan/Courtney, Duncan/Gwen, Trent/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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CAPITOLO 5
 
Dopo il caffè con Heather, Trent non tornò a casa. Invece girò senza metà per la città, lo sguardo perso, le mani fredde per l’ansia.
Se lui non avesse più incontrato Gwen, lei non avrebbe mai potuto lasciarlo… Ma come avrebbe potuto non incontrare più Gwen? Affrontare la realtà non sarebbe stato meglio, però! Agh. La testa di Trent era affollata da domande tormentate a cui non sapeva dare risposte. Sperava che passeggiare lo avrebbe calmato, distratto; di solito funziona così, no? Alzi lo sguardo al sole e pensi “Oh, che bello! E che male agli occhi!”, ti concentri sulla strada e il clacson di qualche macchina ti porta mormorare “Ma che…?”, poi noti un cagnolino per strada e “Che cucciolo! Come si chiama?”, ma no: Trent non si accorse di nulla durante quella camminata, da quanto era sommerso dai suoi pensieri, completamente in ostaggio del tormento, del suo peggior incubo.

Dopo qualche ora, comprendendo che non avrebbe potuto andarsene in giro così per tutto il giorno, si recò al negozio di musica. Non era ancora il momento del suo turno; poco male, avrebbe iniziato a lavorare in anticipo: voleva soltanto distrarsi, soltanto riuscirci, soltanto… Anche Duncan era già lì. Quando notò il chitarrista, gli rivolse un disinteressato: «Oh, ciao amico.»
Trent non rispose, ma istintivamente i suoi pugni si saldarono. Rivolse la parola al punk solo per chiedere: «Chef? Scott?»
Duncan rispose con un’alzata di spalle. «Li vedi? Io no.»
La sua arroganza riuscì, se possibile, ad irritare Trent ancor più di prima. La sola vista del punk lo faceva andare fuori di testa: si credeva tanto migliore di lui? Più furbo? Più virile forse, per i buchi dei piercing a riempirgli la faccia, come a formare un percorso alla "unisci i puntini"? E invece non era niente, tranne che il peggio! Il peggio che il chitarrista potesse immaginare... Trent non riusciva a schivare il pensiero di lui e Gwen, a perché Gwen…
«Tutto bene, amico? Lo sai che sembri un serial killer oggi? Svegliato dalla parte sbagliata del letto?» Duncan sogghignò e, sapendosi provocatorio, aggiunse: «Oppure ore piccole con la tua bella?»
Trent non ci vide più. Diede un calcio alla chitarra che Duncan stava accordando – per strimpellarla un po’, divertirsi… ovviamente non per assolvere al suo impiego – e spinse anche lui, facendolo vacillare.
«Pensi che sia un coglione, per caso?!» gli gridò contro. Solitamente era così pacato Trent, equilibrato in ogni cosa, gentile… ma no: quel Duncan gli faceva perdere le staffe, caricava in lui un desiderio immane di spaccargli la faccia, perché era esattamente questo il trattamento che avrebbe meritato.
Duncan si voltò un attimo per notare che fine avesse fatto lo strumento colpito dall’altro: tragica. «Io penso che tu sia pazzo, amico.»
«Noi non siamo amici!» sbottò Trent. Si prese la testa tra le mani. «Sei arrivato da qualche giorno e guarda che cosa hai fatto!»
Il punk si sentì confuso. «Che cosa ho fatto io?» Inarcò le sopracciglia. «Guarda che quella chitarra l’hai uccisa tu.»
Trent non lo stava più neanche ascoltando: le immagini che visualizzava nella sua testa avevano aquistato volume, non poteva più ignorarle... continuavano a bussare, a schernirlo, a farlo sentire così miserabile... Ma no, non era questo il momento per dimostrarsi deboli. Così, riunendo tutto il proprio risentimento, Trent riuscì ad imporsi di mettere da parte il dolore e lasciare che il peso della rabbia lo schiacciasse. Gridò: «Almeno ti sei divertito con lei, eh? Ti ha soddisfatto scopartela?»
«Senti, io non so cosa ti abbia raccontato Courtney ieri sera, ma ti assicuro di non aver mai fatto nulla contro la sua volontà, se è questo il tuo problema, anzi…» Gli venne da ridere. «è sempre così contenta dei nostri incontri che…»
«Sto parlando di Gwen!»
Duncan riuscì solo a mormorare un: «Oh» Era talmente ovvio che si stesse riferendo a lei… Che avrebbe dovuto importargli di Courtney? Ma perché Duncan non c’era arrivato subito, allora, a quel soggetto? Forse perché dava per scontato che Trent non potesse sapere nulla… Infondo l’unica coinvolta nella storia era Gwen, e non aveva intenzione di dire al suo ragazzo la reale dinamica dei fatti, quindi…
«Che ti ha detto Gwen?» gli chiese Duncan. Contro il tono agitato di Trent, il punk non si scompose.
«Cosa mi ha detto Gwen? Niente! Che cosa dovrebbe dirmi? I dettagli della vostra nottata?! Vi ho sentiti parlare, stamattina!»
Oh. Adesso sì che era tutto chiaro: la serratura rotta. Duncan aveva chiamato il ferramenta proprio dopo l’uscita di Gwen dal suo appartamento, quella mattina. Adesso la porta si chiudeva bene… ma prima…
«E che avresti sentito? Tra noi non è successo nulla.»
«NULLA?» Trent lo gridò a voce ancora più alta. «Tu hai rovinato la nostra relazione facendoti la mia ragazza, e ora definisci la faccenda come nulla, no? Ma sì! Tanto non te ne frega niente di lei, no? Era solo sesso perché ti sentivi annoiato, no?!» Trent colpì Duncan con un pugno in volto. Il punk non se l’aspettava: sbatté la testa contro il mobile dov’erano impilati i vinili facendo cadere tutti i dischi.
«Sei schizzato?! Non ho fatto niente con Gwen, ho detto!» Bloccò il braccio di Trent prima che potesse colpirlo di nuovo e gli spaccò un vinile in testa. «Lo vuoi capire?!»
Per tutta risposta Trent raggiunse la chitarra calciata poco prima; l’afferrò per il manico e colpì Duncan sul fianco, facendolo piegare in due dal dolore. Era certo che quel bastardo con la cresta verde si stesse prendendo gioco di lui! Avrebbe continuato a dirgli “Io non ho sfiorato Gwen nemmeno con un dito!” e, una volta convintolo, sarebbe tornato a casa, avrebbe chiamato la ragazza, e avrebbero ricominciato ad amoreggiare ad appena una parete di distanza da lui! Davanti all’immagine di loro, il ragazzo si sentì ancora più fuori di sé.
Presto gli strumenti iniziarono a volare, insieme alle botte dei due; il naso di Trent cominciò a sanguinare a seguito di un pugno particolarmente forte di Duncan, analogamente si tinse di rosso anche il labbro del punk, tagliato per l’impatto con un anello di Trent.

«CHE DIAVOLO STATE FACENDO QUI?!»

I due si girarono all’unisono: Gwen era davanti alla porta con gli occhi spalancati, a guardarli con le labbra socchiuse, senza parole. Il negozio era un disastro: una chitarra sbattuta per terra con tutte le corde rotte, i pezzi di vinili sul pavimento, casse e vari amplificatori acustici distrutti… 
«È quello che dovrei chiedere io!» sbottò Trent. Mollò la presa sulla maglia di Duncan e incrociò le braccia, alternando occhiate agli altri due.
Gli occhi di Gwen si chiusero a fessure, rivolti verso Duncan: «Quali balle gli hai raccontato?»
«Io?!» Per quanto gli facesse narcisisticamente piacere sentire tante attenzioni addosso, non poteva evitare di pensare al motivo per cui tutti cercassero di spingere la colpa su di lui. «È il tuo fidanzatino ad essersi fatto qualche film di troppo! È convinto che tu l’abbia tradito con me!»
L’espressione di Gwen si corrugò subito in preoccupazione. Si avvicinò precipitosamente a Trent e gli prese il viso tra le mani per costringerlo a guardarla.
«Trent, non è affatto vero! Io amo te, perché non lo vuoi capire?! Non è successo niente con lui!»
Le sue parole non contribuirono a rilassare il fidanzato. «Ti ho sentita stamattina, è inutile che inventi scuse… » Gwen deglutì a vuoto, colpevole. «”Ti lascio la maglietta sul divano?”» Trent proseguì imitando la voce più acuta della ragazza. «Ma pensi che io sia nato ieri, Gwen?»
«Non è come pensi! È tutta la mattina che ti cerco per parlarti di questo!»
«Di questo? Ah sì?» li interruppe Duncan, ricordando come la ragazza non avesse intenzione di raccontare la puntale verità al fidanzato. Questo gli procurò le occhiatacce di entrambi. Prevedibile.
«Io ero solo tanto arrabbiata e ubriaca! Sono andata da lui perché non mi è venuto in mente nessun altro posto dove andare, non perché volessi vederlo, o per tradirti! Non è successo niente, mi ha solo prestato una maglietta perché io ero fradicia per lo scherzo di ieri sera! Te lo giuro, Trent!»
Il vostro scherzo, l’avrebbe volentieri apostrofata Trent, ma deglutì la frase.
Poco lontano da loro, intanto, Duncan si era imbalsamato sulle parole di Gwen: “Sono andata da lui perché non mi è venuto in mente nessun altro posto dove andare, non perché volessi vederlo”… Che stronzata. Se solo le avesse ricordato come si era comportata durante la notte, come avesse risposto al suo bacio con foga… Andiamo, era soltanto per via di Duncan che adesso potevano entrambi negare di aver avuto un rapporto; certo Gwen era ubriaca, certo probabilmente pensava di condividere quel momento intimo con Trent, data la mente annebbiata e la luce appena soffusa della stanza, ma mica era parsa dispiaciuta dei gesti del punk, anzi!
«Devi credermi, Trent!»
Il chitarrista sospirò. «Gwen… tu lo sai che ti amo, sei la persona che amo di più al mondo, ma come faccio a…» Gwen premette le labbra contro le sue in un disperato tentativo di convincerlo della sua versione dei fatti. Era sincera, Gwen. Lei teneva a Trent incredibilmente, nonostante a volte la facesse innervosire, nonostante i loro caratteri diversi… Trent era così gentile e premuroso, il ragazzo più buono che lei avesse mai conosciuto: lo amava per questo. Lo amava per come riuscisse sempre a tranquillizzarla, per il modo in cui sapeva bilanciare la personalità introversa di lei, per l’intensità con la quale credeva nelle sue capacità… Gwen voleva Trent, ne era sicura: era il suo equilibrio. E dato che anche Trent amava Gwen, dopo un primo momento di esitazione, non riuscì a trattenersi dal ricambiare quel bacio. In quel momento si sentì punto dalla sua colpa: il bacio con Heather. Improvvisamente capì nel torto e soffocò la vergogna per la scenata di gelosia incollandosi alle labbra della ragazza.
Duncan si voltò pensando “Che schifo” e scrisse un messaggio a Courtney per chiederle se quella sera avrebbe gradito compagnia; domanda retorica, più che altro. La risposta già la sapeva.
Poi arrivò Chef e, notando il casino del suo negozio, licenziò istantaneamente entrambi, portando Duncan alla conquista di un nuovo record personale: l’impegno lavorativo durato meno nel corso della sua vita.
 

Tornati nel loro appartamento, Trent e Gwen fecero l’amore. Al ragazzo era tanto mancata, quella loro complicità… allo stesso tempo però, ogni volta che chiudeva gli occhi e sentiva il contatto con le labbra di Gwen, quelle si trasfiguravano nella bocca di Heather: lo riportavano al bacio inaspettato della mattina, alle sue parole “Ri-bel-la-ti, Trent”, e non capiva perché ci stesse ancora pensando, lì sul letto con la ragazza che amava.
Dall’altra parte, Gwen cercava nella loro intimità quella determinazione sfrontata che lampeggiava, coperta da un'ombra, nella sua mente; una determinazione che lei sentiva di avere conosciuto, ma che a Trent non era mai appartenuta: i suoi movimenti erano dolci, la accarezzava con cura, i baci leggeri, delicati… Eppure Gwen sentiva una mancanza di gesti e sensazioni che era sicura di aver provato, ma in che modo, se non erano nelle fibre di Trent? Solo quando il suo ragazzo alzò il volto per guardarla negli occhi sussurrando: «Lo sai che ti amo tantissimo?» Gwen realizzò quali occhi corrispondessero all’ideale di passione incisa nella sua testa: occhi non verdi, ma azzurri. Quelli di Duncan. E tutti i ricordi della notte precedente - la lingua di lui nella sua bocca e sul suo collo, le mani curiose e avide, possessive, il modo in cui la stava lentamente portando ad impazzire - le vennero sbattuti davanti da un Karma che, evidentemente, si divertiva a comportarsi sadicamente con lei. Così si ritrovò a vacillare rispondendo, mentre accarezzava il volto sudato di Trent: «Sì… A-Anch’io…»

Duncan trascorse il pomeriggio non facendo assolutamente nulla. Quando tornò nel suo appartamento, dopo aver camminato un po’ per il quartiere a) per smaltire la rabbia per il chitarrista fallito e b) per non essere costretto a raggiungere casa insieme ai piccioncini, si buttò sul letto. Fumò una, due, tre sigarette. Giocherellò col suo coltello tascabile, incidendo questa volta il retro del comodino. L’inziale progetto dell’ennesimo teschio si vide mutato dopo appena qualche linea: si delineò un volto femminile dai tratti fini, delle belle labbra, occhi grandi e quella sua espressione fissa da non mi capirai mai fino in fondo. Gwen avrebbe detto “L’ispirazione è improvvisa”, e allora bene, l’avrebbe detto anche Duncan: quel disegno non era stato tracciato perché il punk stesse pensando a lei, né perché la trovasse poi così tanto particolare, così tanto “Non mi avrai mai, Duncan” e “Non sono andata da lui perché volessi vederlo”… Il suo volto era emerso soltanto perché un’improvvisa ispirazione, forza divina incontrollabile, aveva deciso che così sarebbe dovuto essere. E chi era il punk per opporsi all’onnipotenza?
Nessuno e chiunque.
 
 


Angolo dell’autrice inutile per, come sempre:
1. Farvi l’interrogatorio, fidati lettori e stimati critici: vi è piaciuto? Che vi aspettate adesso? Per chi tifate?
2. Ricordarvi che per me leggere le vostre impressioni è sempre un immenso piacere ♥ (mi impegno per fare al meglio il mio “mestiere”, ma si sa che l’autrice è di parte)
3. Sottolineare che tristemente la sessione è ancora in pieno svolgimento e quindi, se non dovessi trovare altre notti insonni (in realtà non così improbabile) come quella in cui ho scritto questo capitolo [il mio angolino finale lo scrivo sempre all’ultimo lol, lo so che ora è pieno giorno], dovrete aspettare un pochino per leggere la continuazione :) … però sono anche una persona estremamente volubile, quindi scrivetemi recensioni commoventi e potrei aggiornare persino domani lanciando i libri da studiare giù dalla finestra (sì, sto scherzando……. circa)
Comunque amici, tanto per sdrammatizzare i conflitti improvvisati della storiella uscita dalla mia sadica mente, ho una nuova intrigante teoria (che non riguarda niente di quanto ho scritto): e se i produttori avessero voluto, nel personaggio di Trent in TDA, creare una sorta di parodia attualizzata del nostro vecchio amico Dante (sì, è proprio lui il tipo che mi tiene incollata intere giornate alla scrivania)? Ovviamente sto ipotizzando una grandissima balla, però pensate: è fissato con una donna: Gwen is the new Beatrice ; è fissato con un numero: NOVE … e la ragazza in questione è sempre incazzata con lui ^^” cioè, che spessore non darebbe allo show? Ah e non dimentichiamo che entrambi non fanno che collezionare figure di m…aiunagioia ! A volte mi sorprendo da sola per i miei improvvisi scatti di inutile intelligenza sprecata, lol.
nella speranza che il capitolo vi sia piaciuto,
ciaociao! A presto!

 
   
 
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