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Autore: Ellenw    15/01/2021    1 recensioni
La fiction è ambientata nel Mu, dove L e Light, o meglio le loro anime, si ritrovano dopo la morte e dopo aver superato il Rito di Espiazione, e anche se le loro anime sono destinate ad andare in due direzioni diverse, non riescono a stare l'uno senza l'altro.
E nonostante le tenebre, trovano la luce.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: L, Light/Raito | Coppie: L/Light
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ho capito ormai che il tempo, in questa dimensione, scorre in maniera totalmente diversa dal mondo reale. Da un lato, il mio corpo, o quello che resta di esso, sembra non aver mutato in nulla il suo aspetto, ossia l’aspetto che avevo nel momento in cui sono morto, dall’altro, la mia mente sembra invecchiata di cent’anni.
Terminato il mio discorso con quella sorta di cerbero che assume le sembianze di chiunque poiché non ha un aspetto vero e proprio, mi sono ritrovato da un momento all’altro in un luogo che mai avrei potuto dimenticare: la Wammy’s House, l’orfanotrofio in cui ho passato gli anni più belli della mia infanzia. Avevo capito subito che si trattasse della prima prova del rito di espiazione: ovviamente era chiaro a quel punto, che nulla fosse lontanamente reale. Prova di questa teoria è il fatto che, nonostante i bambini e il personale della Wammy’s House sembrassero assolutamente reali, nessuno sapeva chi fossi, esattamente come aveva detto il custode.
Durante la mia vita, anche dopo aver iniziato la carriera di detective, ho fatto spesso visita a quel luogo a cui ero molto legato, e tutti lì mi riconoscevano come L, pur non sapendo il mio vero nome. Dunque, per superare la prova dovevo convincere una persona qualunque della mia esistenza, anche se il significato di quella prova mi sfuggiva.
Alla fine riuscii a farmi venire in mente un’idea: mi recai nella stanza dove studiavano e risolvevano casi le due persone che avevo previsto diventassero i miei successori, prima ancora di iniziare le indagini sul caso Kira. Near e Mello erano lì, e appena entrai il primo accennò appena uno sguardo su di me, il secondo mi squadrò dalla testa ai piedi in modo sfacciato. Mi chiesero chi fossi, e io risposi che ero L, il detective più abile al mondo, e che loro mi avrebbero succeduto nel mio incarico. Ovviamente nessuno di loro mi credette all’inizio, in quanto in quell’universo facente parte del Rito di Espiazione, L non era mai esistito.
Dopo una lunga conversazione in cui illustrai i casi di omicidi seriali più complessi che mi fosse mai capitato di risolvere e li misi alla prova loro stessi, le loro certezze sulla mia inesistenza vacillarono. Nessuno di loro riuscì a risolvere inizialmente i casi proposti, ma con i miei suggerimenti arrivammo alla soluzione. Inoltre, come prova inconfutabile della mia esistenza, dissi loro fatti che solo L poteva conoscere: alcuni riguardavano le caratteristiche del carattere di entrambi, molto diversi fra loro ma egualmente al di sopra della media, altri riguardanti la Wammy’s House, tra cui la vera identità di Watari, il fondatore dell’orfanotrofio, che solo chi fosse cresciuto lì poteva conoscere.
Vidi sui loro volti prima la sorpresa, poi lo stupore, e infine l’ammirazione. Nel momento stesso in cui mi resi conto di esser riuscito nella mia impresa, un sorriso di nostalgia comparse sul mio viso, lo scenario davanti a me svanì all’improvviso e mi ritrovai nuovamente nel labirinto mutante.
Ed eccomi qui, nello stesso viale fiorito, con le stesse alte pareti e tante stradine collaterali intorno a me, esattamente come all’inizio. L’unica cosa diversa dall’inizio è che, anziché essere circondato da fragoline di bosco, ora di fronte a me vi era un arbusto di mirtilli grandi e color viola intenso, che stuzzicarono subito la mia acquolina in bocca. Dopotutto, dopo tanto sforzo mentale mi servivano zuccheri. Con un gesto lento afferro un mirtillo tra i due polpastrelli e me lo porto alla bocca, il suo sapore dolce e succoso mi esplode in bocca. Se solo avessi avuto anche un po’ di gelato...
“Vedo che hai superato la prima prova, Lawliet”
La voce è la mia voce, ma so benissimo che in realtà a parlare è di nuovo il custode, infatti, nel voltarmi, lo vedo. Ha sempre il mio aspetto, solo leggermente trasparente, come se fosse un fantasma. Ovviamente sa il mio nome perché ha detto di essere onnisciente, come una specie di divinità.
“Conosci ogni cosa di me?”
“Si, posso vedere la vita di ogni anima semplicemente guardandola. Ma ora è meglio che riservi la tua concentrazione e i tuoi dubbi per superare la seconda prova; in questo caso dovrai scegliere di ottenere il perdono di una persona la cui vita è stata rovinata a causa tua.”
Non faccio a tempo a ribattere che improvvisamente mi ritrovo in quella che sembra una stanza d’albergo, una delle tante in cui ho soggiornato durante i miei viaggi per risolvere casi in giro per il mondo. Non ho mai prestato molta attenzione ai dettagli architettonici e all’arredamento, infatti non saprei dire quando e in che circostanza mi sono trovato qui, anche se il luogo mi sembra familiare. La stanza è molto piccola, circa una ventina di metri quadrati, con al centro un letto e sulle pareti laterali un armadio e una scrivania, più un televisore appeso al muro. Di fronte a me una portafinestra dà su un piccolo terrazzo, al di fuori si vedono dei grattaceli, sembrerebbe lo skyline di Los Angeles, ma non ho il tempo di accertarmene perché mi accorgo che sul tavolo di fronte a me ci sono delle fotografie.
Mi avvicino e con stupore mi accorgo che si tratta di cinque fotografie ritraenti delle persone: probabilmente sono le persone la cui vita è stata rovinata a causa mia, come diceva prima il custode. Le foto in questione ritraggono tre indiziati per omicidio che io stesso avevo smascherato e fatto arrestare, uno dei quali è stato condannato a morte, mentre le altre due fotografie ritraggono Watari e, con mio grande stupore, Misa Amane, la teen idol accusata di essere il secondo Kira. La vista di quella foto mi provoca un senso di rabbia e di frustrazione. E così, secondo questa logica, la vita di Misa Amane sarebbe stata rovinata da me, eppure io sarei sicuro di affermare il contrario.
Afferro tra le mani la foto di Watari e sento una stretta al cuore: se non fosse stato al mio fianco durante il caso Kira, sarebbe ancora in vita. Ma quell’uomo scelse di seguirmi in lungo e in largo per non lasciarmi alla mia solitudine e per molti anni è stato la mia ancora di salvezza. Anche se dentro mi sento spezzato, sono sicuro che, come sempre, nulla trapela dal mio viso.
Ad un certo punto sento aprirsi la porta della stanza, mi volto di scatto e di fronte a me trovo Quillish Wammy, o Watari, con la sua aria tranquilla, i baffi bianchi, gli occhiali e il suo vecchio cappello nero. Mi sorride, ed è la prima volta che un’illusione di questo aldilà mi sembra tanto reale.
“Ryuzaki, non pensavo di trovarti qui”
“Ciao, Watari”
Lo osservo, ha in mano una ventiquattrore nera dove solitamente portava con se i documenti più importanti, indossa un cappotto lungo e dei pantaloni marroni. È esattamente come lo ricordo la sera prima della mia morte, quando gli bastò guardarmi per leggere nel mio sguardo la rassegnazione di stare per morire. Non so esattamente come fare per superare questa prova. Forse, devo solo dirgli che mi dispiace, in fondo niente di tutto questo è reale.
“Watari, devo chiederti scusa”
Inclina la testa da un lato e mi osserva curioso. “E perché mai?”
Mi schiarisco la voce e abbasso lo sguardo, non sono mai stato bravo, anzi non ho mai nemmeno provato, ad esprimere i miei sentimenti per qualcuno ad alta voce. In realtà, potrei contare sulle dita di una mano le persone per cui ho veramente provato qualcosa nella mia vita, l’empatia non è mai stata il mio forte. Ho sempre utilizzato il cervello per calcoli e strategie, i rapporti interpersonali non hanno mai avuto particolare rilevanza per me.
“Sono sempre stato egoista, mi seguivi ovunque ed io davo la tua presenza per scontata, mai ho espresso la mia gratitudine per avermi salvato da una triste infanzia da orfanello e avermi reso il detective migliore al mondo. Se non fosse stato per te, non sarei quello che sono, o meglio, quello che ero.”
“Ryuzaki, sai che per me è come se tu fossi mio figlio, starti accanto è una mia scelta e un piacere per me, ma non capisco perché parli al passato”
Ignoro la sua frase e proseguo il discorso che si forma nella mia testa.
“Inoltre, sin dall’inizio del caso Kira hai scelto di rischiare la tua vita e di perseguire il mio ideale di giustizia anche se non te ne ho mai attribuito il merito. Sei una persona di buon cuore, generosa e hai un animo nobile, Watari. Ti chiedo scusa, non avrei mai voluto che tu morissi a causa mia”
“Non ti ho mai sentito parlare tanto, e poi, non sono ancora morto” sorride “ma, penso che ogni padre morirebbe per il proprio figlio, non credi anche tu?”
Non accenno a rispondergli perché lentamente i suoi piedi iniziano a svanire e pian piano il corpo di Watari diventa un turbinio di piume che volano oltre la tenda della finestra, uscendo dalla stanza e spargendosi nel cielo arancione della città. Fino all’ultimo istante lui mi osserva come ha sempre fatto, con l’amore negli occhi di chi è fiero di te fino alla fine.
Chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo. È incredibile quanto sia effimera la vita umana: anche se mi fa uno strano effetto pensarlo, ora che sono morto nulla sembra avere più importanza. Tutti i criminali, Kira, il Death Note, gli Shinigami, la polizia, il quartier generale, tutto sembra molto lontano ed irreale. Come se tutto quello che ho fatto nella mia breve vita fosse insignificante. In effetti sembra molto più reale questo aldilà senza tempo che non gli ultimi 26 anni di vita.
Apro gli occhi e, come immaginavo, mi ritrovo nel labirinto fiorito e infinito che ormai è diventato come una seconda casa: ho tentato cosi cocciutamente di venire a capo di questo labirinto che quasi mi viene da ridere. E poi, chi l’avrebbe mai detto che la mia anima potesse avere questo aspetto. Tutti questi fiori e frutti e questo verde che contrasta con l’azzurro del cielo riflettono probabilmente un’armonia che nemmeno io sapevo di possedere, sicuramente dall’esterno appaio come una figura goffa e strana, e questo aspetto ha sempre allontanato le persone comuni, che ricordo mi osservavano come fossi uno scherzo della natura. Le uniche persone con cui ho mai avuto affinità sono state Watari e Light, anche se su due piani completamente diversi.
Light. Kira. Per una frazione di secondo penso a quale aspetto avrà il luogo che riflette la sua anima, anche se forse passeranno anni prima che lui morirà, avendo sconfitto me, il principale ostacolo al suo progetto di giustizia malata.
Mi guardo intorno, questa volta sono di nuovo in un vicolo cieco e di fronte a me un vialetto termina contro una parete piena di margherite gialle e nere, rose e piccoli frutti neri che sembrano more. Solo ora ci penso, il custode è comparso la prima volta solo dopo che ho assaggiato le fragole, e la seconda volta quando ho assaggiato i mirtilli. Probabilmente la chiave per far sì che appaia quella sorta di guardiano è proprio nei frutti che io ho assaggiato, come in una specie di giardino dell’Eden.
Senza pensarci troppo avanzo di qualche passo, prendo una manciata di more e me le metto in bocca, questa volta il sapore ha un retrogusto amaro, che mi lascia una sensazione poco gradevole sul palato. Come avevo previsto, il custode mi appare davanti come se fosse un fantasma.
“Vedo che hai capito come farmi apparire, bene. Hai superato le prime due prove con facilità, ma ti avverto che l’ultima prova solitamente è la più difficile da affrontare”
“Farò quello che devo fare, di che si tratta?”
“L’ultima prova varia da persona a persona, ma in genere mette alla prove le paure, o le porte aperte con il passato dell’individuo che la affronta. Se supererai la prova, non tornerai più in questo luogo ma ti sveglierai nel Mu.”
“E il Mu, cos’è?”
“IL Mu è una dimensione in cui vanno tutte le anime che hanno superato il Rito di Espiazione, ossia le tre prove, come stai facendo tu. È un luogo senza tempo, uno specchio della Terra, del mondo reale, in cui però ogni anima può vedere solamente le persone che hanno fatto parte della tua vita passata. Riuscirai a vederle ma avranno l’aspetto che avevano al momento della loro morte, esattamente come te.”
Interessante, chi l’avrebbe mai detto che l’aldilà potesse essere tanto complicato.
“Quindi potrò anche interagire con loro?”
“Si, se riesci a vedere loro e loro vedono te potrete anche parlarvi. Ma attenzione, alcune anime, definite Inetti, vengono evitate ed esulate dalle anime dei Redenti, ossia quelli che hanno purificato completamente la loro anima, in quanto esse sono portatrici di peccato. Le anime Inette erano persone che, nonostante abbiano superato il Rito di Espiazione, devono completare il processo di purificazione nel Mu.”
Anticipò la mia seconda domanda semplicemente osservandomi.
“No, non è il tuo caso, Lawliet. Tra le anime Inette vi sono assassini, o stupratori, o persone che si sono macchiate in vita di peccati molto gravi. Se passerai l’ultima prova potrai accedere al Mu come anima Redenta, e allora avrai raggiunto la pace”
Restai un attimo in silenzio ad analizzare tutte le sue parole, per essere sicuro di aver compreso ogni cosa, ma avevo ancora un dubbio da chiarire.
“Ho un’ultima domanda: come saprò distinguere le anime Inette dalle altre?”
“Oh, vedrai, te ne accorgerai se ti capiterà la sfortuna di avvicinarti a una di loro. In ogni caso, la maggior parte delle anime Inette, con qualche eccezione, trova il modo per purificarsi nel Mu e di redimersi. Chi non ci riesce, finirà nel mondo degli Shinigami, ma non ti serve sapere questo.”
Shinigami? Ora è tutto chiaro, ecco da dove provengono quelle creature.
Non faccio a tempo a dire altro che, come l’ultima volta, il custode scompare. Al suo posto lo scenario cambia repentinamente e all’improvviso mi ritrovo in un posto totalmente diverso, ma che conosco molto bene.
Mi guardo intorno, e mi accorgo di trovarmi su un grattacelo, in una delle terrazze ai piani alti, di fronte a me un’enorme antenna parabolica, e oltre la ringhiera che recinta la terrazza vedo la Tokyo grigia che vidi l’ultimo giorno della mia esistenza sulla Terra. Sono al quartier generale. C’è sempre il temporale che imperversa fortissimo sopra la mia testa, sento la pioggia che cade ma non sento né il freddo né il bagnato sulla mia pelle, a prova che tutto questo è solo una mia immaginazione. Che tutto questo, forse, sta avvenendo dentro la mia testa.
Ma se questa è l’ultima prova, allora a rigor di logica dovrebbe coincidere in qualche modo con quello che è avvenuto quel giorno. E appena raggiungo questa conclusione mi volto di scatto, e so già quello che vedrò prima ancora di voltarmi.
Davanti a me sorride beffardo, Kira.
È a pochi metri da me, e so perfettamente che quello che sta accadendo è solo una prova, un’illusione, ma non riesco ad evitare che un brivido di gelo mi percorra la spina dorsale.
È immobile, indossa la stessa camicia bianca che indossava quel giorno e i pantaloni di un marrone chiaro, i capelli castani gli ricadono sul viso e sulle spalle e gocciolano a terra. Nei suoi occhi, esattamente come quel giorno, vedo solo vuoto. Cosa dovrei fare per superare questa prova? Il guardiano non ha minimamente accennato in quello che consiste.
“Ciao, Kira” sussurro.
“Ciao, L” un mezzo sorriso compare sulle sue labbra.
Quando mi sono rivolto a lui come Kira, non ha negato come avrebbe sicuramente fatto nella realtà ma anzi, mi ha sorriso come se fosse fiero si essere chiamato così da me. E va bene, starò al gioco e forse terminata questa prova potrò accedere alla pace eterna o al Mu, o come diavolo si chiami.
“Vedi L, tu sei l’unico vero ostacolo alla mia ascesa come giustiziere del mondo, per questo ora ti ucciderò”
È alquanto strano trovarmi qui e dover rispondere a questo Kira fasullo, ma devo capire come fare per superare la prova.
“E come intendi farlo, Light?”
“Pensavo che fosse ovvio, non ti tratterò diversamente dagli altri, anche se tu senz’altro meriteresti una morte meno banale, L Lawliet”
Ho un sussulto: conosce il mio vero nome, ma non importa come lo sappia, questa è solo una prova. È tutto nella mia mente.
Nel dire queste parole con il braccio sinistro solleva un lembo della camicia, e da un lato dei pantaloni estrae il quaderno nero che conosco tanto bene.
Il Death Note. Forse è questo lo scopo della prova, devo impedirgli di scrivere il mio nome sul Death Note. Anzi, è quasi sicuramente questo il modo per superare il Rito di espiazione, il custode ha parlato di rancore e di porte aperte con il passato, e chi se non Kira può suscitare tanto odio in me?.
Ma soprattutto, come lo fermo?
Non smette di osservarmi un secondo mentre estrae dalla tasca una stilografica nera, apre il quaderno ed inizia a scrivere.
L..
“Fermo!” urlo. Si arresta e mi osserva soddisfatto.
“Non vorrai metterti in ginocchio e supplicarmi, vero? Ti sarà rimasto un briciolo di orgoglio anche nella morte” mi schernisce beffardo.
Non so cosa rispondere né cosa fare, la sua voce mi irrita esageratamente.
Lui abbassa lo sguardo soddisfatto della mia reazione e riprende a muovere la penna con le lunghe dita affusolate
L..a..w..
Potrei dirgli che rinuncio a dargli la caccia, che collaborerò con lui o che mi arrendo, ma qualcosa mi dice che il significato di questa prova è un altro, che non sia questo lo scopo del Rito. Osservo il ventenne di fronte a me intento a scrivere il mio nome come quello di tanti altri su un banale quaderno. È un assassino, eppure..
l..i..e..
Lo scorrere lento della penna sulla carta mi richiama alla realtà, mi separa solo una lettera al fallimento della prova. Kira è un assassino, è sempre stato cosciente di quello che faceva, nonostante lui stesso una volta provò a convincermi del contrario. Giustiziare i criminali ripulendo il mondo dalla violenza è il suo fine ultimo.
Un ragazzo con una tale aspirazione e volontà deve per forza essere infantile e con complessi di megalomania, ma, chi lo sa, forse anche io stesso, se avessi trovato quel quaderno, sarei potuto arrivare ad uccidere.
Serro le labbra, no, questo non è possibile.
Ci deve essere un modo per liberarsi da questa prova, che non poteva essere articolata in modo migliore per farmi affrontare tutto l’odio, la rabbia e la frustrazione che ho dentro.
Ma certo, l’odio è la chiave! Forse ho capito.
“Non farlo!” urlo, e lui si arresta con la penna sospesa a mezz’aria.
“Perché non dovrei farlo?” dice guardandomi con aria di sfida.
“Perché io..”
Chiudo gli occhi, e capisco di essere quasi riuscito a terminare la prova, devo solo credere veramente a quello che sto per dire, e liberare il passato che mi tormenta ancora. Al centro del mio cuore inizia a formarsi un calore nuovo che piano piano si irradia al resto del corpo, una sensazione piacevole che non conosco ma a cui vorrei solo abbandonarmi.
“Io..io ti perdono, Light” sussurro.
Apro gli occhi piano piano, e sento che il mio corpo, o quello che dovrebbe esserlo, diventa via via più leggero, trascinandomi verso l’alto.
Di fronte a me, il quaderno della morte prende fuoco all’istante e Kira con esso. Lo guardo bruciare sotto la pioggia in pochi secondi e lui non stacca mai il suo sguardo dai miei occhi. Alla fine, quando di lui resta solo il volto, ho l’impressione che mi sorrida, libero e sincero.
Poi, di colpo, tutto diventa di un bianco accecante.
  
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