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Autore: BreathE    15/01/2021    3 recensioni
Valanyar è stata portata nella Terra di Mezzo da Gandalf per aiutarlo con il futuro della Compagnia dell’Anello e distruggere Sauron, ma aver letto un libro e vivere una vera avventura sono due cose completamente diverse.
Riuscirà a portare a termine il compito che le è stato affidato, oppure cadrà mutando per sempre il destino dei nostri eroi preferiti?
Tra cambiamenti di copione improvvisati e il mondo degli uomini che la crede un ragazzo, Valanyar cercherà di proteggere a tutti i costi la sua nuova famiglia mentre lotterà per il suo posto nel nuovo mondo.
*
Ragazza dei giorni nostri finisce nell’universo del Signore degli Anelli. Niente di più scontato.
PARING: Legolas/ Nuovo Personaggio
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Faramir, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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▌ Capitolo 2  ▌   
 
 
 




 
« [...] Se dicono: Chi se ne importa se un'altra luce si spegne?
In un cielo di milioni di stelle, quella tremola, tremola
Chi se ne importa se il tempo di qualcuno è giunto alla fine?
Se un momento è tutto ciò che siamo. Siamo più veloci, più veloci
Chi se ne importa se un'altra luce si spegne?

Beh, a me importa […] »
 
__One More Light ; Linkin Park
 





 
La Contea anno 2981 della Terza Era, 39 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
La prima volta che vidi Frodo stavo andando a trovare Bilbo, era un giorno di fine estate e l’aria era calda e torrida, con quasi nessuno a giro poiché nella calde giornate d’estate, gli Hobbit amavano riposare al fresco all’interno delle loro case.
« Signore potrei unirmi a  lei? » domandò una voce dal basso, costringendomi a fermare Bucefalo in mezzo alla strada e a guardare in basso, molto in basso.
Ai piedi del cavallo vi era un Hobbit, sarà stato non più alto di un metro, aveva un cespuglio di capelli ricci e neri e due enormi occhi blu.
« Allora posso? » insistette di nuovo guardandosi alle spalle con timore crescente « La prego » aggiunse con un tono di voce supplichevole.
Sbuffai divertita, abbassandomi per porgergli una mano, e tirarlo su con me. Il giovane Hobbit, risultò così leggero, che Bucefalo neppure se ne accorse. Riprendemmo il nostro viaggio con semplicità, lasciandoci alle spalle solo le grida di un contadino arrabbiato.
« Lei è il cavaliere che viene spesso assieme allo stregone non è vero? » mi domandò l’hobbit inclinando la testa verso l’alto, così da scorgere il mio viso.
« E’ corretto » risposi « Il mio nome è Valanyar »
« E come siete diventato amico di mio cugino? » domandò il giovane confermando i miei sospetti.
« Bilbo ed io ci siamo conosciuti alla fine della sua avventura, ma all’inizio della mia »
« Deve confondersi mio signore. Gli hobbit non sono creature idonee alle avventure » rispose Frodo divertito « Anche se vi sono strane voci attorno mio cugino, dicerie su un drago » mormorò quasi sovrappensiero portandosi la mano sotto il mento con aria seria.
« Tutte le storie nascondono un fondo di verità Frodo » dissi fermandomi all’incrocio verso casa Baggins.
« Vieni con me ? » domandai invitandolo a seguirmi, ma lasciandogli la possibilità di scegliere.
« Oh no grazie molte però per la sua cortesia mio signore, mi saluti il signor Bilbo! » aggiunse mentre lo aiutavo a scendere. Lo seguii con lo sguardo fino a quando non scomparse nella direzione opposta rispetto a casa Baggins.
« Oh Valanyar sei arrivata! Il tea è quasi pronto » mi salutò una voce che riconobbi come quella di Bilbo, che affacciato sulla soglia, mi aveva scorto in fondo alla discesa.
« Chi vi era con te? » domandò non appena lo raggiunsi, smontando da cavallo e lasciandolo libero di pascolare nel giardino del mezzuomo.
« Un certo Frodo Baggins, credo sia tuo cugino » dissi seguendolo all’interno della sua abitazione fingendo ignoranza.
« Oh sì povero ragazzo, ha perso i genitori qualche anno fa in un incidente in barca. Avevo persino pensato di adottarlo io stesso ma … Sono certo stia meglio con i parenti di sua madre » rispose scrollando le spalle.
« Tu credi mio caro Bilbo? Mi è sembrato piuttosto solo … Forse dovresti parlarci qualche volta » dissi sperando che abboccasse all’amo.
« Oh beh, forse … Qualche volta … » rispose l’hobbit mentre mi anticipava nella sala da pranzo, e io potei aprirmi in un sorriso felino.
 
 

Rohan anno 2982 della Terza Era , 40 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
Accertatami che il destino di Aragorn e Arwen si fosse compiuto, costrinsi presto il ramingo a ripartire assieme a me e a  Haldir. Era giunto il momento di andare a Mirkwood per scoprire di cosa avesse bisogno Re Thandruil.
Nella sua missiva era stato vago, e aveva richiesto la mia presenza solo se “vi era ancora tempo prima della mia missione”,  lasciandomi presagire che sapeva più di quanto non avrebbe dovuto.
« Dopo una consulenza con Haldir e i gemelli, ho compreso,di doverti le mie scuse » si aprì un giorno Aragorn, mentre smontavamo il nostro piccolo accampamento, pronti a riprender e il viaggio, con l’elfo in esplorazione di qualche miglio.
Eravamo sempre nelle terre degli uomini, ma la cautela non era sicuramente mai troppa.
« Di cosa stai parlando? » domandai confusa, voltandomi a guardare l’uomo.
« Ero arrabbiato con te, per il tuo comportamento » iniziò passandosi una mano tra i capelli « Per quel giorno ai confini di Gondor » specificò senza aver bisogno di aggiungere altro, poiché non era difficile immaginare per cosa fosse stato arrabbiato.
« E come mai non lo sei più? » domandai invece.
« Haldir mi ha fatto vedere l’evento sotto un’altra prospettiva, ricordandomi che non dovrei mai permettere alle mie paure di offuscare il mio giudizio.
 Quando mi domandò perché pensassi tu lo avessi fatto, io mi limitai a rispondere “perché era furiosa”, lui dissentì, dicendo che sicuramente lo eri stata. Ma ciò che aveva mosso le tue mani, non era stata la furia, ma la pietà …
“Vivere con un incubo ricorrente” mi disse Haldir “ Renderebbe la vita di chiunque miserabile, ma sapere che quell’incubo è ancora fuori dalla porta, la rende invivibile”  »  vi fu una lunga pausa che non interruppi, dove Aragorn finì di sellare il suo cavallo, stringendo il sottopancia prima di voltarsi e prendere la mia mano nelle sue.
« Hai concesso loro un po’ di pace, a discapito della tua, mi vergogno, per averti giudicata » disse infine baciando l’interno del mio palmo sussurrandomi: « Dìhena-enni mello-nim [ Perdonami amica mia ] ».
« Ui, gwandor [ Sempre, fratello ] » risposi prima di abbracciarlo con tutta la forza che avevo nelle braccia, sentendomi come a casa.
 


Mirkwood anno 2982 della Terza Era, 40 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
Ci volle qualche mese per raggiungere la nostra destinazione, ma i giorni passarono lieti e veloci, permettendo all’amicizia tra Haldir e Aragorn di crescere con semplicità.
« Siamo tra i loro confini » mormorò sottovoce Haldir, e io annuii certa che lui doveva distinguere un sentiero, dove per me vi erano solo alberi oscuri e terrificanti.
« Una volta questa foresta, era meravigliosa » disse l’elfo guardandosi attorno quasi con dolore « ma ora gli alberi piangono, una malattia li affligge. Un male fuggito da Mordor si aggira tra i loro rami » continuò mettendoci in guardia.
« Lasciamo i cavalli » disse con mio enorme disappunto.
« Sapranno ritrovarci » mi assicurò Aragorn  con un mezzo sorriso.
« Il tuo Bucefalo soprattutto, sono certo che sarebbe disposto ad invecchiare ai confini di questo bosco, piuttosto che lasciarti cavalcare qualcun altro » commentò divertito l’uomo, mentre io regalavo una mela al mio cavallo, sussurrandogli rassicurazioni in elfico e spiegandogli che sarei dovuta andare avanti da sola.
« Come mai, chiami tutti i tuoi cavalli allo stesso modo? » domandò l’elfo per stemperare la tensione, quando riprendemmo la nostra marcia, mentre io mi guardavo attorno sospettosa.
« Oh beh oltre al fatto che sia sicuramente più comodo. Bucefalo è il figlio, del figlio, del mio primo cavallo, che Gandalf comprò per me a Brea. Era mal nutrito, e non aveva mai avuto un nome suo. Elrond lo definì “un animale comune” ma quella stessa bestia, conquistò l’affetto di una cavalla selvaggia nelle terre ad Est .
Hanno avuto un solo puledro, identico al padre, grigio con la criniera nera, e come il padre, si fece montare solo da me, come un passaggio del testimone » spiegai ripensando con affetto al mio primo cavallo.
I suoi eredi, erano cresciuti più possenti e forti di lui, soprattutto grazie alle cure elfiche, ma questo non lo avrebbe mai reso meno  speciale.
« E lo strano nome ? » domandò sempre Haldir oramai quasi incuriosito.
« Da dove vengo, era il nome del cavallo di un potente Re » dissi incerta che sapessero il significato della parola imperatore « la leggenda narra, che il cavallo non permise mai al suo padrone di montare nessun altro animale. E in cambio, lo accompagnò in ogni battaglia, portandolo sempre alla vittoria » spiegai ricordando vagamente la vicenda.
Quella parte della mia vita, era così lontana che ogni ricordo era annebbiato, facevo fatica a ricordare dei semplici nomi, e i volti delle persone che dovevo aver amato in quella vita, erano oramai svaniti.
Un fruscio sopra di noi ci mise in allerta, costringendo Haldir ad incoccare la sua prima freccia, mentre Aragorn sfoderava la sua spada, ed io lo imitai con le mie lame.
« Sono sopra di noi » mormorò Haldir in un lieve sussurro, mentre sentivo una goccia di sudore, passarmi fredda lungo tutta la spina dorsale.
Una freccia soffiò ad un centimetro del mio orecchio, conficcandosi precisa tra i piedi di Aragorn.
« Dialint [Fermatevi ] » ordinò una voce dalle fronde « Man cared ardh ned taur Thandruill ?[ Cosa vi porta nel regno di Re Thandruill ? ] »
« E’ stato il Re a richiedere la mia presenza » dissi rinfoderando le lame in segno di pace e spostando i miei occhi tra le fronde, senza però riuscire a cogliere alcunché.
« Sono certa che mi avesse promesso un’accoglienza migliore » aggiunsi sbuffando quando mi rispose soltanto il silenzio, guadagnandomi un’occhiataccia da Haldir che nonostante avesse abbassato l’arco, non lo aveva riposto.
Tre elfi scesero dagli alberi con un agile salto, apparendo dinanzi a noi come se fossero sempre stati lì.
« Per cosa Re Thandruil potrebbe aver richiesto la vostra consulenza? E per quale motivo una donna umana, utilizza i nostri costumi, ma la sua arma porta lo stemma di Imladris ? » inquisì l’elfo al centro, con il cappuccio ancora calato su metà del volto.
« Lei è Valacen,figlia adottiva di Re Elrond. » intercedette Haldir rinfoderando  arco e freccia, ma portandosi mezzo passo dinanzi a me, a protezione, mentre Aragorn lo specchiò portandosi alla mia destra.
« Non credevo che colei che avuto il potere divino di vedere » disse pronunciando il mio nome come fosse una lista di ingredienti  « fosse una comune umana »
« E io non credevo che l’accoglienza di Bosco Atro lasciasse tanto a desiderare, ma non si può ottenere tutto » sbuffai stufa, incrociando le braccia mentre in un battito di palpebre, Haldir mi si parò completamente davanti, facendomi da scudo con il suo corpo, quando due lame identiche mi vennero puntate contro.
« La vostra insolenza è incettabile » dissero assieme gli elfi dal viso scoperto, che mi guardavano come se avessi sputato sulle tombe dei loro padri.
La figura centrale, quella ancora immobile, fece cenno ai guerrieri di abbassare le spade.
« Mi chiedo se i signori di Lòrien, siano consapevoli che uno dei suoi guerrieri sarebbe disposto a morire per proteggere qualcuno che non appartiene neppure al loro popolo »
« Sangue elfico è stato versato per molto meno, sarei onorato di dare la mia vita per la sicurezza di coloro che amo » ribatté Haldir senza perdere un colpo, guardando la figura incappucciata come se la sua, fosse stata una frecciata diretta al suo interlocutore. Ma se così era stato, io non l’avevo compresa.
Il mio elfo preferito, doveva aver detto qualcosa di giusto, perché il suo interlocutore decise infine di togliersi il cappuccio, rivelando la sua identità.
« Porca miseria » mormorai non appena riconobbi l’elfo dinanzi a me, mentre Haldir s abbassava in un inchino per il principe di Mirkwood.
 
Dovevo ammettere, che non era a quel modo che mi ero immaginata il mio primo incontro con Legolas.
Nelle mie giornate migliori, il nostro primo incontro era costellato di ammirazione reciproca ed io che cercavo di non rimanere incantata a fissarlo troppo a lungo. E in quelle peggiori, il principe di Mirkwood mi vedeva come una umana qualunque , degna di ben poche attenzioni.
Ma mai avrei creduto che sarebbe stato quasi odio a prima vista.
« Non sei stata molto educata » mi sussurrò Aragorn mentre io distoglievo finalmente il mio sguardo dall’elfo principe, dopo averlo fissato per tutta la strada verso il cuore di Mirkwood.
« Scusami? Quello ti ha tirato una freccia in mezzo alle gambe » gli ricordai incredula, venendo ricambiata solo da uno sguardo divertito .
« Sai perfettamente, che non è certo stata una svista, nessuno eccelle più del principe di Mirkwood nel tiro con l’arco »
« Bah » mi limitai a commentare, lanciando una nuova occhiataccia verso l’elfo finendo nuovamente per fissarlo, in ammirazione. Era, come tutti gli elfi, esageratamente bello. Ma era differente dagli elfi di Gran Burrone o Haldir, i suoi lineamenti erano più affilati, simili a quelli di un felino e i suoi modi erano freddi e calcolati, non prudenti e delicati come quelli di Elrond. Si vedeva che era abituato a combattere giornalmente e non a stare seduto nella sicurezza delle sue terre, i suoi occhi che sfrecciavano veloci da un angolo all’altro degli alberi, senza mai perdere il filo della sua conversazione con Haldir.
« Siamo arrivati » disse Aragorn interrompendo il mio ciclo di pensieri, portandomi a guardare dinanzi a me. E quello che vidi mi lasciò completamente a bocca aperta, come la prima volta che vidi Gran Burrone:
« Porca miseria» sussurrai.
La magnificenza del palazzo dinanzi a me era quasi ridicola, la costruzione era sviluppata come se l’albero stesso avesse mutato la sua vera natura per farne una residenza degna di un Re, e le fronde più alte, quelle che erano ricoperte da foglie, apparivano quasi d’oro tanto erano luminose e piene di vita. Era evidente che qui, il male di Mordor ancora non li aveva raggiunti, permettendogli di esprimere tutto il loro splendore.
« Spero che ti asterrai da un vocabolario simile dinanzi al Re » commentò Legolas alla mia sinistra, guardandomi come aveva fatto Haldir tanti anni prima.
Come se fossi un insetto sotto il suo stivale.
Feci per aprire bocca per mandarlo a quel paese, ma Aragorn e Haldir posarono contemporaneamente il palmo della loro mano sopra le mie labbra, zittandomi in anticipo. Sorprendendomi non poco, considerando che Haldir era ancora estremamente refrattario al contatto fisico.
« Traditori » li accusai quando mi lasciarono andare, per poi seguirli offesa.
 
La sala del trono, era imponente, ed incredibilmente pomposa rispetto a ciò che ero abituata.
Perché dinanzi a me vi era un enorme trono formato da un albero di ciliegio in fiore, con un magnifico elfo seduto sopra vestito di abiti suntuosi, e una corona di rami in testa.
Il Re di Mirkwood assomigliava molto al figlio, ma là dove Legolas appariva irraggiungibile, Thandruill, appariva terrificante.
« Vorrei parlare in privato con Valacen » disse infine il Re, facendomi inviare uno sguardo di puro terrore verso Aragorn che urlava “Non puoi lasciarmi qui da sola!” che venne bellamente ignorato, mentre l’umano mi salutava con una pacca sulle spalle, seguito dal mio elfo preferito.
“Traditori” pensai nuovamente sconvolta da tanta slealtà nei miei confronti.
« Anche tu figlio mio » aggiunse Thandruill.
Notai lo sguardo di completo stupore negli occhi del principe, e onestamente, servì tutta la mia forza di volontà per non sogghignare dinanzi il suo sguardo di disappunto.
« Ho il sospetto, che tu sia riuscita in qualche modo a suscitare le antipatie di mio figlio » commentò il Re con un sorriso quasi divertito quando fummo completamente soli.
« Beh è un’antipatia reciproca »
« Spero che la vicenda non offuscherà il tuo giudizio. Ho delle domande per te, in merito al suo futuro » disse accavallando le gambe.
Non mi ero mai resa conto fino a quel momento, del fatto che Elrond nonostante fosse un Re non mi aveva mai fatto sentire inferiore volontariamente. Non come ora stava facendo il Re di Mirkwood, guardandomi dall’alto della sua posizione, dove invece Elrond mi avrebbe invitato ad unirmi a lui per un tea.
Aveva sicuramente due idee di grandezze reali, molto differenti.
« Io non rivelo la strada che i figli percorreranno, ad ogni padre mio signore. Altrimenti nessun destino verrebbe mai a compiersi » risposi infine.
« Capisco, ma gradirei sapere per quale motivo vedo un’oscura ombra, avvicinarsi su di lui, un terrore crescente si sta formando nel mio cuore Valacen e ti prego di dirmi, se mio figlio è vicino alla fine dei suoi giorni » mormorò in un sussurro quasi percepibile per le mie orecchie umane.
Lì capii che nonostante tutta quella fanfare, Thandruil era onestamente terrorizzato. Perché che cosa sarebbe restato al Re, se il suo unico legame con la Terra di Mezzo si fosse spento in modo cruento, come aveva fatto sua moglie?
« L’ombra che percepisce mio Re, ingoierà l’intera Arda » dissi facendo qualche passo avanti, ai piedi delle scale « L’unico anello tornerà alla luce, e la caccia del suo signore sarà spietata » dissi rivelandolo per la prima volta, notando lo sguardo di Thandruil trasformarsi, in curiosità e paura.
« Vostro figlio mio signore, rappresenterà la razza degli elfi nella più pericolosa delle imprese, sarà valoroso e porterà un enorme aiuto alla Terra di Mezzo. Accompagnerà il portatore lì dove potrà e combatterà fino alla fine per tutti noi »
« E perirà nell’impresa? » domandò Thandruill senza incrociare il mio sguardo.
« Non nelle mie previsioni mio signore, egli tornerà da lei, per raccontargli delle sue imprese » dissi sperando di non star facendo un errore a rivelare tanto al Re.
Il silenzio riempì la stanza per vari minuti fino a quando il Re non si alzò dal suo trono, raggiungendomi in fondo alle scale. Mi scrutò a lungo, come se cercasse qualcosa nei miei occhi … Sincerità probabilmente, e dovette trovarla, perché mi dedicò un lieve inchino in un ringraziamento silenzioso.
« Le tue parole portano gioia nel mio Valacen » disse Thandruill « In cambio, ho anche io  delle informazioni per te » continuò il Re invitandomi a seguirlo dietro le scalinate che conducevano al trono, dove risedeva uno specchio d’acqua pura, perfettamente trasparente.
« Avvicinati » mormorò Thandruil suggerendomi di inginocchiarmi dinanzi la pozza d’acqua.
Feci come mi disse, nonostante mi sentissi piuttosto ridicola, e quando mi invitò a sporgermi per osservarvi il mio riflesso, non vi trovai niente di strano.
Se non i miei capelli piuttosto indecorosi, legati sgraziatamente alla base della nuca.
« Cosa vedi? » domandò il Re, e io mi voltai a guardarlo interrogativa perché non sapevo se si aspettasse che io vedessi Mufasa o simili, ma c’era solo il mio riflesso.
« Mio signore non c’è niente »
« Guarda meglio, scava nei tuoi occhi » sussurrò indicandomi il mio sguardo nella superficie riflessa, e non appena lo feci, lo specchio d’acqua formò un cerchio perfetto, come se qualcuno vi avesse fatto cadere un sasso, e quando ritornò ferma, il mio viso era più grande, e poi ancora, e di nuovo, fino a quando il mio iride non aveva preso l’intera pozza e lo vidi.
Il cerchio che rappresentava il contorno del mio occhio, era in realtà come una clessidra vista dall’alto:
i miei occhi da marroni, non stavano cambiando colore, ma lo stavano perdendo, lentamente, un chicco di sabbia dopo l’altro, svenendo nel nulla, lasciando solo il nulla dietro di loro.
« Cosa? » mormorai, osservando una parte del pigmento nel mio occhio, vacillare, fino a cadere lasciando un punto vuoto, che appariva bianco.
« Gli occhi sono lo specchio di una persona.
Da essi puoi capire quanto ella abbia realmente vissuto. I tuoi, segnano il tempo in modo particolarmente esplicito » concluse il Re toccando la superficie dell’acqua, e facendola così tornare, ad un semplice pozza.
Mi alzai seguendolo, più confusa che mai.
« La sabbia nei tuoi occhi, indica il tempo a tua disposizione » disse il Re.
« Il mio tempo per cosa? » domandai toccandomi le palpebre, quasi cercassi qualcosa di differente, sotto la pelle.
« Non ho certezze solo ipotesi purtroppo. Credo che sia il tempo che ti è stato concesso dai Valar per completare il tuo destino » disse il Re aggrottando leggermente le sopracciglia.
« Mi scusi mio signore ma, come fa lei a sapere queste cose? Neppure Galadriel aveva avuto nessuna risposta » dissi confusa.
« Ho conosciuto qualcun altro come te » disse in sussurro il Re, voltandosi a guardare fuori dalla finestra.
« Arrivò in Arda, con un anticipo di migliaia di anni, gli fu donata una viti elfica e i suoi occhi, rimasero perfettamente nocciola per molti secoli »
« Cosa è successo? Quale era la sua missione? » domandai allucinata. Vi era stato qualcun altro, oltre me? E chi lo aveva evocato? Come?
« Non ne ho la certezza, ma credo che il suo destino fosse salvare la linea dei Dùrin » disse con una breve pausa « Ma come ben sai, fallì. Scomparve davanti ai miei occhi uccisa dal dolore, con il suo amore tra le braccia oramai 40 anni fa » concluse il Re con il volto contrito, perso in un ricordo che aveva cercato di seppellire inutilmente.
« Mi dispiace » dissi incerta se allungare o meno una mano in conforto all’elfo dinanzi a me, ma optai per non oltrepassare il limite. Thandruill non era Elrond.
«Ricorda sempre, la missione è stata affidata a te Valacen, e se tu non troverai il modo, nessuno potrà.¹ »
Guardai come lui fuori dalla finestra per molti minuti, senza realmente vedere il paesaggio dinanzi a me, con milioni di domande che avrebbero disturbato il mio sonno, per molte notti.
« Ho un dono per te Valacen » disse il Re catturando nuovamente la mia attenzione.
Mi voltai, notando solo in quel momento, che l’elfo non era più al mio fianco, ma si era avvicinato ad uno scrigno, da cui tirò fuori un ciondolo meraviglioso a forma di lacrima sorretto da una catenella d’oro. Fu solo quando si avvicinò per mostrarmelo che riconobbi il materiale della lacrima come Mithril e che quello dinanzi a me non era un ciondolo ornamentale, ma un ampolla piccolissima.
« Lui è Aian-tcuil ² , è stato custodito dal nostro popolo per molto tempo. Una sola goccia, permette di curare la più letale delle ferite » disse passandomi la catenella sopra la testa, lasciandola ricadere, senza sfiorarmi la pelle del collo.
« Sono certo che saprai utilizzarlo con saggezza » concluse il Re, mentre io ammiravo il meraviglioso dono piena di stupore. La catena era abbastanza lunga da arrivarmi a metà torace, così scostai leggermente il colletto della tunica lasciandocela scivolare dentro, sentendola più al sicuro a contatto con la pelle.
« Ti auguro un buon ritorno a casa » disse il Re riportando i miei occhi nei suoi e congedandomi così dalle sue stanze.
 


Casa Baggins anno 2987 della Terza Era, 45  anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
« Mastro Balin è riuscito nell’impresa Valanyar! » mi accolse Bilbo non appena mi aprì la porta, contagiandomi con il suo sorriso, mentre mi prendeva il soprabito.
« I vostri timori erano infondati, per fortuna è andato tutto bene! Che coincidenza il suo messaggero è giunto proprio una settimana fa » continuò mentre mi invitava ad entrare, accompagnandomi nella sala da pranzo. Lo lasciai parlottare felice, fino a quando non incrociò il mio sguardo mentre mi versava il tea, e comprese:
« Non è una coincidenza non è vero mia signora? » mormorò in un tono più pacato.
« No amico mio » dissi invitandolo a sedersi con me.
« Magari potremmo avvertirlo,fortificherebbe sicuramente la miniera, riuscirebbe a respingere ulteriori nemici » propose l’hobbit.
« Non è un nemico esterno dalla quale cercavo di metterlo in guardia » dissi  cercando di non rovinare l’ottimismo di Bilbo « I nani … Scaveranno troppo in profondità. Schiavi dell’avidità di una nuova vena di Mithril, risveglieranno una forza oscura che era rimasta assopita per molto tempo » spiegai certa che la novella non gli fosse nuova.
« Oh …  Beh allora c‘è poco da fare allora » mormorò triste ma consapevole della debolezza dei nani nei confronti dei tesori.
« Che mi dici del giovane Frodo? Come sta? » domandai cambiando argomento.
« Oh sta bene » rispose tamburellando con le dita sul tavolo « Ho saputo che i parenti di sua madre non se la passano benissimo, e io ho così tanto spazio, quindi stavo pensando … sì, beh, ecco …»
« Di adottarlo? »
« E’ un’idea sciocca non è vero? Perché dovrebbe volerlo » sbuffò con un finta risata.
« Penso stia a lui deciderlo,io credo, che ti si stia affezionando molto » risposi cercando di forzare un po’ la mano.
« Tu dici? Oh beh, potrei, sempre tentare … Suppongo » concluse infine l’hobbit prendendo una sorsata dal suo tea, mentre io facevo finta di non notare il lieve sorriso che gli incorniciò le labbra.
 


Casa Baggins anno 2989 della Terza Era, 47  anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
Gli anni passarono e arrivò il giorno che sicuramente attendevo di più:
 Il giorno in cui Frodo sarebbe entrato nella vita di Bilbo definitivamente.
Trovai Gandalf a metà strada, come quasi ogni volta, e giungemmo a casa Baggins che era metà Dicembre. La neve aveva ricoperto la contea di un soffice mantello bianco,  dal caminetto un invitante profumo di cioccolata calda si faceva strada dalla collinetta.
« Gandalf! Valanyar! » urlò un giovane hobbit dal giardino, impegnato nel fare quello che appariva come il pupazzo di neve di un troll .
« Buongiorno Frodo» lo salutai lieta del suo entusiasmiamo.
« Bilbo diceva che quest’anno sareste sicuramente passati, ma io non ci credevo.  Sai della novità Valanyar? Mi ha adottato! » disse tutto di un fiato mentre io e lo stregone scendevamo da cavallo.
« Mi sembri entusiasta » risposi scarruffandogli i capelli in testa.
Rispetto alla prima volta che lo avevo visto, era cresciuto di almeno altri dieci centimetri, ma restava comunque più basso di me di almeno mezzo metro.
« Questo farà di te il prossimo Baggins a vivere a casa Baggins, un compito gravoso » aggiunse Gandalf dando una lieve pacca sulla spalla al giovane hobbit, che gonfiò leggermente il petto dinanzi al futuro onore.
« Oh beh sarà un duro lavoro, ma qualcuno deve pur farlo » commento Bilbo sulla soglia di casa con una mano dentro la tasca del panciotto.
« Valanyar tu sapevi che le caverne della casa non traboccano di oro come sostenevano ? » mi disse Frodo facendo avvampare Bilbo.
« Che sciocchezza è questa ragazzo?>>
« Oh è una diceria che gira per tutta l contea ! »
« Entrate forza ! E tu ragazzo, raccontami tutto » disse Bilbo chiudendoci in fretta la porta alle spalle, ordinando a Frodo di qua e di là mentre anche lui si affrettava a scaldarci una fetta di torta di mele, da accompagnare alla cioccolata, per scaldarci.
 

 
Casa Baggins anno 3000 della Terza Era. 58 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
« Ho un problema amica mia, un problema non da poco » disse Bilbo mentre sbuffava un cerchio di fumo dalla sua pipa, ed io osservavo le folte chiome dell’albero sopra di noi.
« Mh? » mormorai solo invitandolo ad andare avanti.
Bilbo non era invecchiato, se non di un paio di anni dalla prima vola che lo avevo visto, oggettivamente  l’unico segno del tempo su di lui, era dato dai capelli oramai bianchi.
« Il mio giardiniere si sta facendo vecchio. E Frodo non ha il pollice verde » continuò con una lieve tosse « Cosa ne sarà dei miei alberi da frutto quando morirò? Ho 110 anni! Non sono certo pochi» continuò assaporando la sua pipa, mentre io prendevo tempo, degustando nuovamente il mio tea.
« Che ne pensi del giovane Samwise ? » chiesi osservando il giovane aiutare il padre con i fiori sotto la finestra di Bilbo « Lui ha sicuramente il pollice verde, e credevo ti fossi affezionato al ragazzo » dissi ricordandomi delle loro lezioni di lettura.
« Sam? » ripeté Bilbo assaporandone quasi il nome « E’ un’ottima idea, così potrebbe prendersene cura anche quando casa Baggins apparterrà solo a Frodo » disse con un tono di voce più basso incrociando poi il mio sguardo con un sorriso malizioso che ricambiai.
« Mastro Gamgee ! Senta un po’ ho una proposta per il più giovane dei suoi figli ! » disse Bilbo alzandosi e dirigendosi verso il giardiniere.
“E anche questa è fatta” pensai soddisfatta, finendo il mio tea e chiudendo gli occhi sotto i raggi del sole.
 


Casa Baggins anno 3001 della Terza Era, 59  anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
Il compleanno di Bilbo fu una festa sensazionale, vi erano hobbit da tutti gli angoli della contea, e nonostante le pessime occhiate da tutte le parti, io e Gandalf ci godemmo appieno la serata.
Soprattutto quando iniziarono tutti ad alzare troppo il gomito, così che si dimenticarono in fretta della nostra altezza e ci coinvolsero nelle più disparate danze.
« Perdonatemi mia signora posso farvi una domanda? » mi domandò quando la luna era oramai già alta, e il giovane Sam aveva già almeno sei boccali di birra in corpo.
« Ma certo mio caro Sam » dissi sorridendogli dolcemente.  Era l’unica persona, esclusi ovviamente gli elfi, ad aver capito fin da subito  che ero una ragazza.
« Come mai, avete degli occhi tanto curiosi? » domandò il giardiniere dopo un altro sorso, guardandomi a fatica negli occhi « Se non è osare troppo » aggiunse umile.
« Siamo amici mio buon Sam, non dovrai mai temere di parlarmi » dissi allungando una mano sul suo braccio, stringendoglielo delicatamente.
« Tu conosci l’elfico vero? »  dissi mentre l’hobbit annuiva.
« Quindi puoi immaginare dal significato del mio nome, che io non sia proprio una persona comune » continuai cercando di semplificare la cosa il più possibile « Devi sapere che sono molto vecchia, eppure sono comunque umana, ma i Valar mi hanno dato una missione, e in cambio mi hanno dato del tempo » tentai avvicinandomi all’hobbit da sopra il tavolo, quasi fosse un segreto che andava sussurrato .
« Se guardi attentamente, puoi persino riuscire a vedere il tempo scorrere all’interno delle mie iridi » mormorai osservando divertita il giovane che deglutiva nervosamente.
Il nostro momento fu presto interrotto da un drago di fuoco fatto partire da Merry e  Pipino.
 
Quando Bilbo scomparve dal palco, mi voltai verso il punto in cui sapevo sarebbe stato Gandalf, curiosa di ghermirne la reazione, ma era anche lui già svanito.
Così mi avventurai verso casa Baggins, venendo però rincorsa da Frodo:
« Valanyar vieni con noi alla locanda? » mi domandò il giovane hobbit, seguito dal fedele Sam.
« Vorrei caro, ma prima devo accertarmi che il nostro caro Bilbo sia arrivato a casa »
« Vengo con te allora » rispose immediatamente risoluto.
« Oh no non preoccuparti, dopotutto, è la tua serata. Sei un uomo oramai » dissi posandogli una mano sulla spalla, guardandolo fiera.
« Vai e goditi qualche altra pinta in mio nome assieme a Sam » conclusi invitandolo a sbrigarsi, mentre li salutavo con la mano.
Inspirai pesantemente, osservandolo andare via spensierato, sapendo, che sarebbe stata la sua ultima occasione di libertà.
“ Mi dispiace così tanto Frodo” pensai guardandolo scomparire.
Sospirai, incamminandomi verso la collina di casa Baggins attraversando le ombre degli alberi, giusto in tempo per vedere Bilbo allontanarsi da casa, cantando una canzone nanica sulle avventure della montagna solitaria.
La porta di casa era accostata, così entrai senza preoccupazione alcuna, salutando Gandalf con un sorriso mesto, prima di abbassare lo sguardo in terra.
 
«Io vedo la tua paura più profonda figlia di un altro mondo. »  Sussurrò una voce, quasi alla base della mia coscienza.
La voce aveva un che di soave, ma allo stesso tempo mi faceva male ogni qual volta che parlava. Ma non riuscii a trattenermi, avvicinandomi a quell’anello in terra, che appariva così innocuo, nonostante sapessi  che era l’arma più oscura e potente della Terra di Mezzo.
« Hai paura di non essere all’altezza, hai paura di deludere tutti coloro che ripongono così tanta fiducia in te non è vero? Ma tutto questo possiamo impedirlo, assieme. Puoi rendere tutti loro fieri, puoi salvarli dall’oscurità, basterà che tu allunghi la mano, basterà che tu mi raccolga e mi metta al dito … E tutto si risolverà … » mormorò soave la voce mentre nella mia mente, fioriva una visione dove tutti i miei cari erano felci:
Frodo, Sam, Bilbo, erano tutti riuniti nel palazzo di Gran Burrone, festeggiavamo con anche Aragorn ed Arwen ,mentre sedevo accanto ad Haldir ed Elrond che mi diceva quanto fosse fiero di me … Che li avevo salvati tutti ...
Fissai l’anello nello stesso modo in cui avevo osservato il fuoco ardere e bruciare i miei diari ogni anno. Il cuore mi batteva forte in petto, nemmeno stessi correndo da ore, il fiato era corto, e una goccia di sudore mi rigò la fronte.
Fin quando non capii, che il mio stesso corpo stava combattendo contro se stesso per non allungare quella mano,e un empia voce chiamava il mio nome come in una supplica … così feci quello che non credevo nemmeno possibile: distolsi lo sguardo incrociando quello di Gandalf.
Mantenni i suoi occhi nei miei, consapevole che doveva essere stato lui a chiamarmi, e non li distolsi, fino a quando la visione non si fece sempre più distante ed io mi allontanai di qualche passo, sentendomi come se potessi respirare aria fresca per la prima volta dopo decenni.
« Cosa hai sentito ? » domandò lo stregone posandomi entrambe le mani sulle spalle.
« Una voce oscura Gandalf mi ha parlato, ciò che non doveva essere dimenticato, è tornato » sussurrai guardando lo stregone e scorgendoci qualcosa, che non credevo avrei mai visto. Paura.
« Non è possibile » mormorò guardandomi, e poi osservando l’anello in terra.
« Dobbiamo averne la certezza » continuò mentre io annuivo, sapendo che in ogni caso eravamo costretti ad attendere il ritorno di Frodo, poiché nessuno di noi due al momento, aveva il coraggio neanche di avvicinarsi al piccolo oggetto d’oro, tutto furchè dimenticato dinanzi l’ingresso di casa Baggins.
 
Quando Frodo tornò dalla locanda era quasi l’alba e trovò me e lo stregone a sussurrare sottovoce dinanzi al fuoco, vagliando le nostre prossime mosse.
« Se ne è andato non è vero? Ha sempre detto che lo avrebbe fatto » mormorò il giovane Hobbit avvicinandosi a noi, mentre gli prendevo la mano, stringendola in un piccolo abbraccio e sperando potesse trovarci un po’ di conforto, anche se al momento non ne avevo neppure per me.
« Bilbo ti ha lasciato come suo unico erede » mormorai incontrando i suoi occhi, che si aprirono leggermente per lo stupore.
« Casa Baggins e tutto il suo contenuto. Fammi un favore ragazzo, raccoglilo » disse Gandalf porgendo al mezzuomo una busta da lettere vuota e chiudendola immediatamente con uno stemma in cera non appena l’anello vi scivolò all’interno.
« Nascondilo dove nessuno possa trovarlo » gli dissi mentre Frodo guardava confuso prima noi e poi la busta.
« Non aprirla mai » aggiunse Gandalf mentre il giovane hobbit annuiva.
Ci concedemmo qualche altro minuto per consolare Frodo sulla partenza di Bilbo, per poi andarcene  anche noi nella notte.
 Percependo  un alito caldo sul collo, come se qualcuno ci stesse già inseguendo.
 


Gondor anno 3003 della Terza Era, 61  anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
Con lo stregone Grigio, partii alla volta di Gondor, alla ricerca delle perdute pergamene di Isildur.
Sapevo cosa avremmo trovato, conoscevo la risposta alle domande di Gandalf ma qualcosa mi diceva che andare a Gondor con lui era la scelta giusta.
Giungemmo nel regno di Gondor con due anni di ritardo, poiché Radagast il Bruno, ci aveva avvertito di una strana ombra a Nord.
Seguendo le sue tracce, scoprimmo che gli uomini delle montagne erano in movimento,  in trattativa con dei Pirati viaggiavano in grande numero,  sotto gli ordini una mano bianca.
Quegli uomini si stavano preparando alla guerra, e io sapevo chi ne fosse il burattinaio ma come dirlo a Gandalf?
Ed era giusto avvertirlo?
Mi avrebbe creduto, se gli avessi detto che il suo più vecchio amico, aveva girato le spalle a tutto ciò in cui credevano, cedendo alla paura delle ombre di Mordor? Decisi di tenere per me il mio sapere, almeno per il momento.
Quando giungemmo finalmente dinanzi alle porte di Minas Tirith il mio cuore ritrovò un po’ di pace, sentendomi al sicuro circondata da quelle alte mura.
« Quali sono i tuoi affari qui Mithrandir? » ci domandò uno dei soldati dinanzi all’enorme porta che dava nella città.
« Devo consultare delle pergamene, le nuvole su Mordor sono sempre più nere e forse, all’interno della fortezza vi è un antico scritto che potrebbe tornarmi utile » rispose criptico lo stregone, mentre osservavo la guardia lanciare uno sguardo spaventato oltre le nostre spalle.
« E chi è il ragazzo che viaggia con te stregone? » aggiunse dopo un attimo, quasi si fosse destato da un brutto pensiero.
« Il mio accompagnatore di chiama Gwend. [Fanciulla] . E’ il mio apprendista » rispose il Grigio facendomi l’occhiolino. Era evidente che aveva parlato con Aragorn.
Non era certo la prima volta che venivo scambiata per un ragazzo, ed oramai vi avevo fatto l’abitudine.
Entrammo nella città sotto lo sguardo sospettoso della gente fino alla cittadella, ma non arrivammo fino all’albero dei Re, essendo l’archivio più in basso.
 
Passammo ore a leggere pergamene ammuffite e scritti sbiaditi, fin a quando io mi imposi una pausa, e salii nuovamente in superficie, andando incontro al mio cavallo, che mi aspettava fedele dinanzi il portone.
« Bravo il mio ragazzo » mormorai tirando fuori una mela dalla sacca che portava sulle spalle e dandogliela.
« Mi chiedevo di chi fosse » disse una voce alle mie spalle « La gente si lamentava, che c’era un cavallo elfico dinanzi alla porta della vecchia biblioteca»
« Bucefalo è ben addestrato, sono certo non abbia recato sconforto a nessuno » ribattei difendendo il mio destriero e mettendomi tra lui e il giovane sconosciuto.
« Perdonatemi non intendevo offendervi … ? » disse lasciando la frase in sospeso, in un chiaro tentativo di chiedermi il nome.
« Gwend » risposi con familiarità « Sono qui con Gandalf il Grigio » aggiunsi sperando che lo sconosciuto se ne andasse.
« Oh siete l’apprendista di Mithrandir? » domandò scatenando immediatamente la mia curiosità a causa della nota di rispetto nella voce del ragazzo.
« Perdonatemi non mi sono ancora presentato, io sono Faramir figlio di Denethor, Sovrintendente di Gondor » aggiunse con una punta di amarezza pronunciando il nome di suo padre, mentre mi faceva un breve inchino.
Dunque quel ragazzo era il fratello di Boromir, a giudicare dall’aspetto doveva avere circa vent’anni, eppure potevo già vedere la bontà nei suoi occhi e la gentilezza che lo avrebbero poi contraddistinto in futuro, nel suo sorriso.
« E’ un onore Faramir, figlio del sovrintendente » risposi ricambiando finalmente il suo sorriso,  alla quale lui parve quasi rimanerne abbagliato.
« Perdoni la mia audacia » disse passandosi una mano tra i capelli « Per caso siete un mezzelfo? » domandò prendendomi completamente alla sprovvista.
« Cosa? Come? No io sono completamente umano » risposi non comprendendo minimamente, certamente non avevo il portamento di un elfo, né l’eleganza. Senza contare che ero bassa per un uomo, figurarsi per un elfo, che erano tutti alti sui due metri abbondanti.
« E’ solo che, credo di non aver mai visto un uomo con un viso tanto bello, vi ho scambiato per una ragazza per un momento » confessò evidentemente imbarazzato, mentre percepivo io stessa il calore giungermi fino le guancie.
« Eh? Ah, grazie credo » risposi impacciata, chiedendomi cosa diamine stesse succedendo.
« Sapete vi è una leggenda che viaggia tra le terre degli uomini da prima che io nascessi » ripartì Faramir, distogliendomi dai miei pensieri.
« Parla di un ramingo giunto nelle terre di Rohan molti anni fa, che poi scomparve, solo per riapparire nei momenti di più grande bisogno. Pare che fosse un giovane uomo, dall’aspetto bello quanto quello di un elfo, ma pur sempre umano. Si dice che ogni tanto appaia, nei momenti di più grande difficoltà degli uomini, per ricordarci che un tempo eravamo una razza onorevole anche noi, senza niente da invidiare agli altri abitanti della Terra di Mezzo … E che un giorno, saremmo potuti tornare ad esserlo » mormorò quasi in un sussurro, come se stesse raccontando un sogno che troppe volte, gli era stato ridicolizzato.
« Cosa diamine sta succedendo qua? » domandò una voce alla mia sinistra dando voce hai miei pensieri.
Gandalf ci guardava incuriosito dalla porta spostando gli occhi, prima su di me, e poi sul giovane Faramir con sguardo sempre più divertito, quasi avesse compreso appieno al situazione.
« Faramir, mi stava raccontando di una leggenda locale » risposi con un leggero capogiro.
 Come ero finita in quella situazione esattamente?
E cosa avrebbero detto tutti quegli uomini, se avessero scoperto che io non ero un giovane uomo, ma semplicemente una donna?
Sicuramente a molti di loro, avrebbe fatto bene all’ego.
 

 
Casa Baggins anno 3006 della Terza Era, 64 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
« Frodo perché c’è un guerriero alla porta? » domandò un giovane Hobbit che riconobbi come Peregrino Tuc.
Era cresciuto dall’ultima volta che lo avevo visto, ma non abbastanza, era sempre un adolescente.
« Non sono un pericolo Mastro Tuc » lo salutai abbassandomi il cappuccio e sorridendo all’hobbit che apparve alle spalle del ragazzo.
« Valanyar! » salutò Frodo correndomi tra le mie braccia tese, stringendo il mezzuomo a me.
« Gandalf mi ha detto che probabilmente saresti arrivata dopo di lui, ha detto che avevi un piano » disse il moro a tono più basso, mentre mi invitava ad entrare, e prendeva con sé il mio mantello da viaggio.
« Come sta Padron Bilbo? » domandò Sam, che sbucò in quel momento dalla cucina, con una teiera calda in mano. Iniziavo a credere che gli hobbit fosse un po’ dei veggenti.
O io ero particolarmente puntuale e ogni volta giungevo alle quatto del pomeriggio per l’ora del tea³.
« Bene, è a Gran Burrone ospite degli elfi, temo che il suo viaggio si sia concluso ad Imladris » dissi guardandolo negli occhi, certo che avrebbe capito. Non avevo idea se i cugini Tuc erano già stati informati dell’anello del potere, quindi evitai di nominarlo.
« La sua volontà è forte, ma il suo corpo ha comunque una certa età. E’ una fortuna per me però, adesso le mie colazioni sono molto più interessanti » confidai agli hobbit strizzandogli un occhio e facendoli sorridere.
« Sono felice che stia bene » disse sincero Frodo « Allora, quale era la tua idea? »
« Oh, ho messo in giro una diceria mio caro, pare che tu sia finito sul lastrico e che a breve ti trasferirai, lasciandoti il nome Baggins alle spalle » dissi suscitando un aria sconvolta in Sam, mentre Frodo annuiva con fervore, pronto a tutto pur di essere d’aiuto.
“Gli hobbit, sono davvero creature straordinarie.” Pensai prendendo la mano del giovane Baggins nella mia, prima di iniziare ad elaborare assieme a lui, un piano più accurato.
 


Gran Burrone anno 3008 della Terza Era, 66  anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
Mi svegliai in preda al panico, con il sudore freddo e la pelle d’oca, l’urlo ancora in gola come se avesse realmente lasciato le mie labbra.
In quel momento Aragorn entrò nella  stanza, spalancando la porta senza cerimonie e lo sguardo che perlustrò veloce la stanza in cerca del pericolo, prima di cadere sulla mia figura ancora tremante nel letto.
Si avvicinò cauto, come se temesse di spaventarmi, sedendosi nel materasso e offrendomi le sue braccia a  conforto.
Mi ci lancia come se fossero l’ultimo appiglio a questo mondo che avesse ancora un senso.
« Vuoi raccontarmi cosa hai sognato? » mormorò con le sue labbra nei miei capelli, mentre mi accarezzava la schiena come fossi un cavallo selvatico che si sarebbe potuto rivoltare da un momento all’altro.
« Un bosco, gli urukai … un corno spezzato » mormorai con le lacrime che tornavano a riempirmi gli occhi « un uomo che chiamerai compagno.  Che muore, consapevole di aver deluso  tutti: il suo popolo, suo padre, suo fratello … il suo Re » mormorai allontanandomi un attimo per guardarlo negli occhi.
« Questo … E’ il futuro Valanyar non è vero? Non dovresti parlarmene lo sai » rispose lui spiazzato asciugandomi le guance dalle lacrime.
« No, questo non sarà il futuro, non se potrò impedirlo » dissi certa della mia decisione « Domani partirò per Gondor »
« Allora verrò con te »
« No Estel, tu percorrerai un'altra strada. Tua madre sta per lasciare queste terre, devi andare da lei » gli ricordai in un sussurro desiderando di poter andare con lui a salutare per l’ultima volta l’anziana donna, ma oramai avevo preso una decisione:
Era giunto il momento, di scoprire se potevo veramente fare la differenza.  Se vi era un modo, di salvare Boromir, Capitano di Gondor.
« Aragorn » lo richiamai quando fece per alzarsi e lasciarmi di nuovo con i miei pensieri « Verrà da te il Grigio Stregone, quando porterete a termine la missione e condurrai il prigioniero a Mirkwood, assicurati che gli venga negata l’ora d’aria, o fuggirà » dissi tentando un cambiamento ulteriore nel destino di Frodo. Sicuramente, avrebbe preferito di gran lunga una mappa, a Gollum come guida.
Il ramingò annuì, senza neppure chiedermi ulteriori spiegazioni prima di chiudere la porta alle proprie spalle.
 


Rohan anno 3008 della Terza Era, 66 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
Ero giunta nelle terre di Re Théoden da solo qualche giorno, con Bucefalo andavamo a passo lento ammirando il paesaggio attorno a noi.
Era primavera e i campi erano in fiore. Rohan appariva meravigliosa nella sua natura incontaminata, disturbata solo da qualche strada secondaria, che guidava mercanti e viaggiatori.
Poi man mano, che avanzavamo, notai che il cavallo teneva le orecchie all’indietro irritato, in ascolto di qualcosa che io non ero in grado di udire.
Quando finalmente fummo abbastanza vicini compresi la sua inquietudine e ci precipitammo al galoppo.
Un gruppo di uomini a cavallo stavano cercando di difendersi al meglio che potevano, attaccati da una decina di mannari.
I loro cavalli nitrivano spaventati, e nel frastuono udii le urla di una bambina terrorizzata, e la vidi poco distante dal gruppo di soldati, su un cavallo che un giovane cercava disperatamente di mantenere in riga senza buoni risultati.
Erano attaccati da due lati differenti: un mannaro sulla destra e due orchi sulla  sinistra.
Mi diressi per prima verso di loro e certa che Bucefalo non avrebbe rallentato la sua corsa, lo feci caricare sui due orchi che ci davano le spalle, mentre io incoccavo due frecce nel mio arco, mirando all’occhio della bestia e uccidendola in un solo colpo.
Gli zoccoli del cavallo, travolsero un orco, mentre un altro incontrò la lama del ragazzo che alzò lo sguardo guardandomi con gli occhi pieni di terrore. Anche lui non poteva avere che solo pochi anni in più della bambina.
« Portala in salvo ad Edoras » gli ordinai certa di ricordare vicina la capitale, mentre incitavo Bucefalo a ripartire, raggiungendo gli altri soldati di Rohan nella mischia mentre caricavo nuovamente il mio arco che fioccò altre tre frecce senza mai mancare i bersagli.
Ma troppi dei cavalieri avevano perso i loro cavalli a causa degli artigli dei lupi per poterli portare in una ritirata, così balzai giù da Bucefalo, accanto ad un uomo ferito e aiutandolo a salire a cavallo.
« Non ti fallirà, prendi il tuo compagno e andatevene! » gli urlai da sopra il rumore degli scontri, indicandogli un soldato poco più in là, che sanguinava in modo copioso da una gamba. « Andate! » dissi sguainando le mie lame e attirando così su di me l’attenzione del mannaro più vicino.
Attesi che il lupo balzasse, per scartarlo di lato e infilzando l’orco sulla sua groppa senza pietà, prima di rotolare su un fianco attaccando la bestia da sotto, colpendola nella pancia dove la sua pelle era meno spessa.
« Alla tua destra ! » urlai ad un soldato appena in tempo, per pararsi dalla sciabolata di un orco mentre io lo raggiungevo coprendolo a sinistra dal fendente di un orco.
Uccisi un altro mannaro da sola, prima che i cavalieri restanti riuscissero a caricare a dovere tre delle bestie con le loro lance, costringendo i lupi restanti alla fuga.
Gli orchi rimasti a piedi perirono sotto le nostre lame, abbandonati dai propri compagni.
« Non credevo che un solo uomo avrebbe potuto fare una simile differenza » commentò sfinito di fianco a me un giovane uomo che mi guardava con stupore, mentre trafiggeva con la lancia, un orco ferito a terra, mandandolo all’altro mondo.
« Non ho mai visto nessuno muoversi come te ragazzo » mi salutò quello che doveva essere il comandante della piccola guarnigione « Ma ti sono estremamente grato per il tuo aiuto, sembra assurdo, ma ero certo che fossimo spacciati prima del tuo arrivo »
Scrollai le spalle, pulendo le mie lame sulla casacca del cadavere più vicino, prima di esaminarlo più attentamente, osservando quella che doveva essere la rimanenza di una mano bianca.
« Ce ne sono molti ultimamente con quel marchio » commentò di nuovo il soldato sottovoce, quasi vi fossero orecchie nemiche in ascolto.
« Ed aumenteranno » commentai prima di aiutarli a controllare che tutti  gli orchi fossero morti, ammassando le loro carcasse in una pira, mentre un paio si occuparono di rattoppare al meglio i feriti e i restanti, di spostare più in là le cinque vittime.
« Torneremo a prenderli con altri cavalli » commentò il soldato « E’ solo un’ora di marcia da qui ad Edoras »
« Il mio cavallo farà ritorno a breve, riposate per qualche minuto e potremo portare i vostri morti con noi » dissi sedendomi su un masso poco lontano.
« Non esiste cavallo che tornerebbe da queste parti dopo aver avuto a che fare con i mannari » sbuffò il più giovane del gruppo, mentre dava fuoco ai cadaveri degli orchi.
Quasi a volergli dare torto a tutti i costi, si udì un nitrito alle nostre spalle, e un cavallo grigio, con la criniera nera apparve in cima alla collina trotterellarmi incontro.
« Grazie amico mio, ho un altro gravoso compito per te » dissi salutando il cavallo e lasciando che mi annusasse in cerca di una ferita. Quando la bestia fu soddisfatta, sbuffò, andandosi ad accovacciare accanto ai cadavere dei soldati.
« Bestia intelligente » commentò il comandante sorpreso osservando poi le rifiniture sulla sella di Bucefalo « E’ un cavallo elfico » mormorò poi con stupore, voltandosi nuovamente verso di me come se fossi nuovamente apparsa dal nulla per salvarli.
Impiegammo solo un’ora a raggiungere Edoras, poiché a metà strada incontrammo un altro gruppo di cavalieri, che era stato inviato ad aiutarci. Bucefalo fu tolto dall’impegno dei cadaveri, poiché i cavalieri di Rohan avevano portato con loro ulteriori due cavalcature, proprio con quello scopo.
Ogni cavaliere montò dietro qualcuno, tranne me, che mi riappropriai del mio cavallo, e accettai di buon grado di seguirli verso Edoras, desiderosa di un bagno e un pasto caldo.
 
« Posso conoscere il vostro nome signore? » domandò una voce giovanile, facendomi alzare la testa dal mio piatto di fagioli caldo, che mi era stato gentilmente allungato alla mensa dei soldati, in segno di ringraziamento per il mio aiuto di qualche ora prima.
« Vedo che stai bene » commentai notando che era lo stesso giovane che avevo salvato « Come sta la bambina? » dissi lanciando una veloce occhiata attorno, certa che però non si sarebbe certo trovata lì.
« Mia sorella è sana e salva, grazie a te »
«Il mio nome è Gwend » risposi prendendo un'altra cucchiaiata di cibo.
« So che non dovrei permettermi, ma vi è un comandante, che parla spesso di un Gwend che gli salvò la vita quando era solo un bambino Ma non potete essere lui vero? Questo comandante è un uomo adulto, e voi dimostrate pochi anni in più di me »
« Credo dunque, tu abbia la tua risposta » dissi alzandomi dalla mia posizione. « Ti consiglio di insegnare a tua sorella ad usare una spada se progettate di uscire spesso dalle mura di Edoras »
« Il mio nome è Éomer mio signore, e ripagherò il mio debito con voi in questa vita o nell’altra » mi disse guardandomi fissa negli occhi, con il fuoco di un vero soldato dietro di essi mentre mi tendeva il braccio.
« Verrò a riscattarlo dunque, Éomer, nipote di Re Théoden » risposi stringendogli la mano in una stretta e sigillando la promessa.
Uscii dalla mensa, lasciandomi gli uomini alle spalle, per ritrovarmi una giovane fanciulla davanti:
Ora sapevo che quella bambina dinanzi a me non era altro che Éowyn, nipote del Re di Rohan, ma negli anni sarebbe diventata un’eroina.
« Salve mio signore » disse facendo un breve inchino, sollevandosi la gonna delicatamente e abbassando lo sguardo « Volevo ringraziarla, per aver salvato la mia vita, e quella di mio fratello » disse incespicando un po’ con le parole, ma lasciando trapelare tutta la sua determinazione.
« E’ un dovere di tutti quelli che vivono in questi tempi bui mia signora, aiutare chi è in difficoltà » risposi inginocchiandomi davanti a lei, così da poterla guardare negli occhi.
« Quando un giorno arriverà il tuo turno, sono certo che farai la mia stessa scelta » dissi portandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio con un sorriso affettuoso.
« Ma io sono solo una fanciulla, non mi è permesso usare la spada. Quelle sono cose da uomini » mi rispose corrucciando leggermente le sopracciglia, come se stesse recitando una frase udita molte volte.
« Non devi rinunciare ai tuoi doveri di dama, puoi fare entrambe le cose. Sono certa che tuo fratello e tuo zio, preferirebbero saperti in grado di difenderti » le dissi mentre lei sembrò pensarci un attimo, osservando l’impugnatura delle mie spade come in ammirazione.
« E potrei anche io proteggere loro? » bisbigliò guardando oltre le mie spalle, come persa in un brutto ricordo.
« Sì Éowyn, avresti la forza di proteggere coloro che ami » le confermai dandole un buffetto sulla guancia prima di alzarmi « Sono stato convocato da tuo zio, mi accompagni? » domandai porgendole la mano.
La bambina la prese, annuendo con fervore e guidandomi verso il palazzo del Re di Rohan.
 
« Ho saputo che hai salvato i miei nipoti,e i miei soldati, te ne sono grato » disse una voce che rimbombò per tutta la sala non appena entrammo nel palazzo, facendo voltare di scatto Éowyn che corse tra le braccia dell’uomo.
« Passavo da quelle parti mio signore non avrei potuto far finta di non vedere » risposi inginocchiandomi in fretta su un ginocchio, certa che Arwen sarebbe stata lieta di vedermi sfruttare le sue lezioni di etichetta, mentre mi inchinavo per il Re di Rohan.
« Di questi tempi, in molti si limitano a guardare dall’altra parte , non è cosa da niente la tua. Dimmi il tuo nome ragazzo e verrai ampiamente ricompensato »
« Il mio nome è Gwend mio signore, e non voglio alcuna ricompensa, se non quella di passare inosservato per le vostre terre » dissi alzando gli occhi verso il Re, certa che mi avrebbe riconosciuta, dai miei anni passati con Aragorn a giro per le terre, che allora erano di suo padre.
« Gwend, il fratello del ramingo » sussurrò con stupore, percorrendo il mio viso con lo sguardo « Ero solo un ragazzo quando vidi tu e tuo fratello per la prima volta. Ora sono un vecchio e tu, sei sempre un ragazzo »
« Il tempo, passa in maniera diversa per me mio signore »
« Lo fa attraverso i tuoi occhi … » mormorò infatti, notando la differenza rispetto a qualche decennio prima.
« Sono diretto a Gondor Sire, se mi concedesse di passare attraverso la breccia di Rohan, mi risparmierei giorni di viaggio »
« Ma certo, preparerò anche una lettera di raccomandazione scritta di mio pugno, così non dovrai fermarti a dare spiegazioni a nessuno » aggiunse invitandomi ad alzarmi.
« Vi ringrazio Sire »
« Posso chiedere in cambio, qualche minuto del tuo tempo per aggiornarmi sui tuoi viaggi? »
I minuti divennero ore, e la compagnia del Re fu così piacevole, che non partii da Edoras prima di qualche giorno.
 


Gondor anno 3009 della Terza Era, 67  anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
« Accidenti ragazzo, Re Théoden in persona garantisce per il tuo passaggio » commentò la guardia alle porte di Minas Tirith, leggendo la missiva che mi era stata donata a Rohan « Cosa ti porta nella città dei Re? »
« Cerco il figlio del sovrintendente » dissi osservando la città bianca, era ancora meravigliosa.
« Il Capitano Boromir è all’accampamento vicino Osgiliath, sta progettando una riconquista del fiume » annunciò la guardia con un sorriso pieno di ammirazione.
« Mi riferivo a Faramir » dissi con un mezzo sorriso.
« Oh, Faramir non c’è, sire Denethor lo ha mandato in un’altra spedizione. Giuro che se non fosse il suo stesso figlio, scommetterei che vuole farlo uccidere » disse la guardia poi sbiancando leggermente, come se si fosse reso solo in quel momento di aver detto troppo.
« Il Capitano Boromir sta progettando una attacco mi avete detto? » domandai fingendo di non aver udito le ultime parole.
« Sì, ha richiamato a se gli uomini proprio ieri, sono certo che raggiungerlo sia una questione di mezza giornata»
« Perfetto allora, ti ringrazio » dissi infine allontana domi dalla guardia dopo essermi ripresa la mia missiva.
 
Al galoppo non impiegai più di cinque ore a raggiungere l’accampamento, fermandomi solo per concedere al cavallo delle brevi soste. La tenda del Capitano non fu difficile da identificare, e una volta ben calato il cappuccio sui miei occhi, lasciai Bucefalo all’abbeveratoio andando incontro ai soldati di guardia.
Domandai di Boromir e loro mi fecero un cenno stanco on la mano, senza neppure chiedermi delucidazioni, lasciandomi passare certi che uno della mia stazza, avrebbe rappresentato un pericolo piuttosto fallace per il loro valoroso signore.
« Tu sei l’apprendista dello stregone » disse il capitano di Gondor, alzando lo sguardo dalle sue carte, che rappresentavano la città di Osgiliath con le possibili tattiche di attacco da parte delle truppe di Gondor contro gli orchi.
« Mi conosci?  » domandai inclinando incuriosita la testa, solo gli uomini di Gondor mi conoscevano come un apprendista e non come un ramingo,  semplicemente perché viaggiavo con uno stregone. Senza contare, che gli uomini di Rohan, non avevano mai fatto troppe domande sui miei occhi, oramai sempre più bianchi, mentre quelli a Minas Tirith adoravano farmelo notare, quasi io non lo sapessi, o fosse per loro una malattia trasmissibile.
« Mio fratello Faramir ha preso con gioia la notizia di un apprendista di Mithrandir, lui è il pupillo dello stregone o qualcosa di simile » disse Boromir dando evidentemente poca importanza all’ammirazione che legava suo fratello a Gandalf « Non ha smesso di parlarne per mesi. Nemmeno fosse tornato il Re o qualche baggianata simile. » sbuffò piegando le labbra all’insù come se stesse raccontando una storiella per bambini.
« Non credi nel ritorno del Re mio signore? » domandai inclinando la testa di lato, con un sorriso di scherno, incrociando le braccia al petto.
« Non credo nei fantasmi. Gondor non ha bisogno di un Re che fugge o che non crede nella sua gente. Mio padre dovrebbe essere il Re »
« Vostro padre è il sovrintendente, non ha le qualità per essere il Re di Gondor »
« E chi sei tu per sapere cosa serve per essere il Re di Gondor? Mio padre c’era ieri quando gli orchi ci hanno invaso, c’è oggi quando riconquisteremo Osgiliath e ci sarà domani per difendere il suo popolo » ringhiò Boromir con rabbia, venendomi a pochi passi dal viso, sfruttando la sua altezza per troneggiare su di me, guardandomi dall’alto come se potesse inchiodarmi con il solo sguardo.
« Non lo vogliamo un Re » sputò con disprezzo l’ultima parola, come se fosse un boccone andato a male, che gli aveva invaso con il cattivo sapore tutta la bocca « E non ho certo bisogno, delle tue stregonerie » concluse dandomi un’ultima occhiata di superiorità, prima di cacciarmi dalla sua tenda, facendomi scortare dalle sue guardie.
“ Beh ho evidentemente toccato un tasto dolente” pensai “ Forse avrei dovuto tirare fuori la missiva di Re Théoden prima di aprire bocca”.
In ogni caso, di andarsene non se ne parlava sicuramente, quindi dovevo trovare un modo per parlare nuovamente con Boromir.
Girai intorno alla tenda del capitano con il cappuccio ancora ben calato sul viso, così che fossi visibile solo dal naso in giù.
Solitamente  miei abiti elfici avrebbero attirato molto di più l’attenzione ma oramai, erosi dal lungo viaggio, apparivano solo abiti da viaggiatore, sicuramente di fattura migliore, ma non così regali da far girare le teste quando passavi.
 
Attesi qualche ora, fino a quando non avvenne il cambio guardia, prima di presentarmi ai nuovi soldati, fingendo di essere arrivata in quel preciso istante, presentandomi come un messaggero di Re Théoden.
La guardia a sinistra si limitò a scostare la tenda, annunciandomi, senza neanche leggere la pergamena che gli porsi, riconoscendo lo stemma di Edoras.
« Un messaggio da parte di Re Théoden? E come mai desidera parlare con me e non con mio padre? » domandò la voce di Boromir dall’interno, che suonava solo incuriosita, non ostile. Segno che probabilmente si era lasciato la nostra discussione alle spalle.
« Beh era a te che voleva offrire il mio aiuto se solo mi avessi fatto parlare » dissi mantenendo un tono socievole, e cercando di mostrargli uno dei miei migliori sorrisi.
« Ti stai prendendo forse gioco di me ? » domandò il capitano.
Era seduto questa volta, e non appena mi riconobbe portò la mano alla spada che portava sul fianco « Credi che solo perché sei l’amichetto di qualche stregone esiterei a tagliarti la testa? » disse di nuovo con un tono di voce basso ma pieno di astio.
« Non ti offro l’aiuto dell’apprendista di uno stregone, ti offro l’aiuto del guerriero Gwend » dissi offrendogli la pergamena del Re di Rohan, dalla parte del sigillo, sperando che non me l’avrebbe stracciata in viso.
« Quel guerriero è solo una leggenda » disse Boromir, ma il suo tono di non voce non era più astioso come poco prima,anzi, ne trapelava il dubbio che divenne visibile anche nella sua espressione, non appena iniziò a leggere la lettera.
Il capitano lesse il foglio più volte, ogni volta rialzando lo sguardo su me, osservandomi dubbioso con la mascella tesa e uno sguardo infuocato.
« Quanti anni hai ragazzo? » domandò Boromir infine richiudendo la missiva « Non dimostri più di vent’anni, eppure Théoden sostiene che sei un grande guerriero che lo ha aiutato in numerose occasioni »
«Ne ho abbastanza » risposi senza sbilanciarmi, irritandolo ulteriormente.
« Senti onestamente? » iniziai cercando di non dire niente di cui poi mi sarei pentita « Sono qui solo perché devo parlare con tuo fratello, che non è qui, quindi fino al giorno in cui non torna io resterò qui. Il che ti porta due scelte: sfruttarmi oppure non farlo»
« Se sei davvero valoroso come questa missiva suggerisce, saresti un ottima aggiunta tra i nostri uomini, mentre se non lo sei, perirai tra le prime file » sentenziò Boromir annunciando così il mio fato.
Sarei restata i soldati di Boromir, a combattere gli orchi in prima fila … Aragorn mi avrebbe ucciso se fossi sopravvissuta.
« Splendido » risposi illuminandomi in un sorriso finto, prima di uscire dalla tenda lasciando il Capitano di Gondor alle sue carte.
 


Gondor anno 3012 della Terza Era, 70  anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo
 
Gli anni passarono veloci.
Un giorno si susseguiva a quello precedente con la stessa monotonia, se non fosse stato, che ogni volta che mi svegliavo sarebbe potuta essere l’ultima.
Boromir aveva mantenuto la sua promessa, mettendomi per ogni attacco nelle prime fila, facendomi combattere accanto a possenti soldati con scudi enormi, come se avesse un senso. Ma almeno mi aveva permesso di restare.
Senza contare, che in guerra le amicizie crescono forti e veloci quando si combatte in prima fila. E’ difficile non ritrovarsi l’uno accanto all’altro nei giorni di quiete, quando ci si era guardati le spalle a vicenda per intere giornate contro gli orchi …
La cosa che mi fece più piacere, della decisione di salvare Boromir dalla morte, fu che nonostante con me fosse stato un vero bastardo, per i suoi uomini era un vero e proprio eroe. E a buon vedere.
Boromir era coraggioso ma non scellerato, non mandava i suoi uomini alla morte con sconsideratezza, come fossimo pedine su una scacchiera, ma studiava per giorni le tattiche, prima di presentarle ai propri sottoposti, accogliendo critiche e seguendo consigli dai più anziani.
Durante le ritirate, era sempre l’ultimo ad andarsene, accertandosi che nessuno restasse indietro e il primo a svegliarsi quando giungeva l’alba, per recuperare i corpi dei soldati caduti, così da restituirli alle loro famiglie, scrivendo di proprio pugno, ogni singola lettere di condoglianze.
In poche parole, Boromir, figlio di Denethor, era un grande Capitano.
 
Quando finalmente Faramir giunse, Boromir era riuscito a conquistare la parte interna della città di Osgiliath, permettendo a Gondor di avere un ultima linea di difesa prima della capitale.
Il più giovane dei fratelli mi trovò che ero di guardia lungo le torri, con gli occhi puntati sull’altro lato del fiume, osservando i movimenti delle creature di Mordor.
« Quando mio fratello mi ha detto che ti eri unito ai nostri ranghi credevo di essere ufficialmente impazzito » disse una voce gentile alla mia sinistra
« Faramir » lo salutai sorpresa che si ricordasse di me « Ma mi dispiace deluderti, non mi sono unita all’esercito di Gondor, ti stavo aspettando »
« E nel frattempo hai ammazzato il tempo sotto le fila di mio fratello? » commentò divertito strappando anche a me una risata.
« Qualcosa del genere »
« Mithrandir mi ha suggerito che forse mi stavi cercando, ha detto che percepiva la tua presenza ad Osgiliath … Non sono mai tornato a casa tanto in fretta » commentò arrossendo leggermente, mentre io ero stata capace solo di concentrarmi su un nome.
« Hai incontrato Gandalf ? » domandai con il cuore in gola
« Lo stregone è in compagnia di un ramingo del Nord, stanno cercando un creatura di nome Gollum » disse incerto, come se l’informazione non avesse senso per lui.
Annuii incupendomi. Mancava sempre meno al giorno della partenza di Frodo dalla Contea, ed io era a Gondor, rischiando la vita ogni giorno, lontana dalla mia famiglia, come se non avessi obblighi più importanti.
« Avevi detto che mi aspettavi? » domandò il giovane distogliendomi dai miei pensieri.
« C’è una cosa che devo dirti, ma non saprei come iniziare » dissi riflettendo su quali sarebbero potute essere la parole giuste.
« Riguarda per caso il futuro ? »
« E tu come fai a  saperlo? » esclamai trovandomi presa completamente alla sprovvista, guardandolo esterrefatta.
« Mithrandir mi ha detto che hai un dono molto speciale, un tipo di chiaroveggenza » rispose semplicemente, appoggiandosi alla colonna accanto a me.
« Oh, alla faccia della segretezza » commentai ripensando a tutte le volte che lo stregone mi aveva detto di fare attenzione, con il mio segreto, di non rivelarlo con leggerezza e bla bla bla.
E lui che faceva? Lo spiattellava ai quattro venti.
« Ho fatto voto di segretezza » si sbrigò ad aggiungere Faramir per rassicurarmi « Solo io ne sono a conoscenza, vi giuro che non ho confidato niente neppure a mio fratello » continuò guardandomi negli occhi come se dovesse trasmettermi tutta la sua sincerità.
« Mi fido Faramir » lo tranquillizzai con un mezzo sorriso.
« Tra sei anni, inizierai ad avere dei sogni. Ti turberanno anche quando avrai gli occhi ben aperti e la premonizione nella visione ti nominerà Imladris. Se attenderai troppo, ne avrà una anche tuo fratello e ne parlerete con tuo padre. Lui manderà tuo fratello a Gran Burrone.
Non devi permettere che ciò accada.  Osgiliath verrà affidata a te, ma le difese crolleranno.
Gondor ha bisogno del suo Capitano » dissi posandogli una mano sulla spalla, cerando di mettere più enfasi possibile nelle mie parole, mentre Faramir mi guardava con un aria ferita.  
« Quindi mio padre ha sempre avuto ragione, sono un debole »
« Nel cammino della vita Faramir, scoprirai che vi sono doti ben più importanti della forza del proprio braccio. Boromir è un grande soldato porterà onore alla sua città, ma tu sei un grande uomo, porterai onore all’intera razza degli uomini se te ne darai la possibilità » dissi guardandolo negli occhi, sperando leggesse la mia sincerità e che trovasse quella fiducia che non aveva in sé stesso in me.
« Gwend scendi! Il Capitano vuole aggiornarci sull’attacco di domani! » urlò una voce da in fondo alle scale.
« Arrivo! » risposi al soldato.
« Domani Boromir attaccherà l’altro lato della città » confidò Faramir.
« E lo conquisterà. » confermai senza dubbi « Non credo noi che ci rivedremo Faramir, figlio del sovrintendente, ma spero farai tesoro delle mie parole » mi congedai dandogli un’ultima pacca sulla spalla, prima di scendere le strette scale della torretta, curiosa di ascoltare la prossima strategia del Capitano di Gondor.
 
 

La Contea anno 3015 della Terza Era, 73 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.

« E’ quasi tutto pronto mia signora, con i giovani Tuc, abbiamo organizzato il viaggio di padron Frodo fino a Brea. » disse Sam, facendomi aprire in un sorriso amorevole. A quanto pareva, gli hobbit avevano tutto sotto controllo.
« Ma mia signora, come mai Gandalf non si è più visto? » domandò il mezzuomo oramai adulto distogliendomi dai miei pensieri, che erano in realtà in linea   con i suoi.
« Temo sia andato a chiedere consiglio ad un amico, ma che al suo arrivo, abbia trovato un traditore » dissi non volendo mentire all’hobbit, che mi guardò preoccupato.
« Speravo che sarei riuscita a tornare prima dal mio viaggio a Gondor, oppure che Gandalf partisse dopo. Ma non ho fatto in tempo ad avvertirlo » sussurrai preoccupata.
« Ma parliamo di Gandalf mia signora! Sicuramente troverà un modo per tornare da noi, è un potente stregone dopotutto » disse Sam cercando subito di sollevarmi lo spirito, rubandomi un altro sorriso.
« Tornerà da noi molto prima, se andrò a dargli una mano » dissi facendogli l’occhiolino .
« Non te ne ho parlato per incupirti Samwise, l’ho fatto solo perché se per caso arrivaste a Brea, e non trovaste né me, né lo stregone vi è qualcun altro su cui potete far fede » dissi fermandolo nel nostro cammino e guardandolo dritto negli occhi per fargli capire, che si sarebbe dovuto ricordare le mi successive parole.
« Sarà un ramingo del Nord, non lo noterai, fino a quando non sarà lui stesso a rivelarsi. Porterà con sé una lettera scritta da Gandalf per Frodo » conclusi attendendo che l’hobbit dinanzi a me annuisse.
« Ma tu ci sarai, non è vero? » cercò comunque conferma il mezzuomo.
« Ti prometto, che farò tutto il possibile per esserci » confermai con un sorriso che speravo gli donasse la rassicurazione che cercava.
« Andate pure serena mia signora, vi prometto che padron Frodo potrà contare su di me » disse deciso Sam, riempiendomi d’orgoglio.
« Ne sono certa » dissi avvicinandomi infine a Bucefalo e montando in sella « Non affiderei la vita di Frodo, a nessun altro che non sia tu, mio caro Sam » conclusi sorridendo dinanzi al suo stupore. Ancora Sam non sapeva come la sua forza e il suo coraggio avrebbero plasmato il destino di Frodo e di tutti noi.
« Siate prudenti » lo salutai infine, prima di partire al galoppo alla ricerca di uno stregone.
 


Foresta di Fangorn anno 3018 della Terza Era, 76 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
Impiegai quasi tre anni a trovare Radagast, avevo quasi perso le speranze nel riuscire di poterlo fare da sola, quando finalmente in una fredda notte di Gennaio fu lui stesso ad apparire nel mio cammino.
« Oh Valanyar è cosa buona che tu giunga da me. Temo per Gandalf, ho percepito la sua presenza verso Isengard ma la dimora del Bianco è avvolta da un’oscura presenza » mormorò il Bruno avvicinandomi alle spalle, e facendomi quasi morire d’infarto.
« Saruman ci ha traditi Radagast, si è alleato con l’oscuro signore » dissi allo stregone sentendo il tempo che iniziava stringere.
Il vecchio dinanzi a me mi guardò orripilato , voltandosi poi a guardare in direzione di Isengard, anche se attorno a noi vi era solo l’oscura foresta.
« Quindi tutto è perduto, se anche il più saggio è caduto … » mormorò togliendosi il cappello e poggiandoselo sul petto, come in lutto.
« La speranza è tenue Radagast, ma pur sempre ella vive » dissi prendendo lo stregone per il gomito, invitandolo a scuotersi dal suo torpore.
« Dobbiamo aiutare Gandalf. Manda un messaggio al Re delle Aquile, chiedigli aiuto. Risponderà » spiegai mentre il Bruno annuiva, rimettendosi il cappello in capo.
« Ne invierò uno anche a Gandalf, per fargli sapere che aiuto è in arrivo » confermò mentre si immerse in una strana cantilena.
Due falene risposero alla chiamata dello stregone, che sussurrò loro in una lingua affrettata e sconosciuta che non conoscevo, ma da cui compresi comunque l’urgenza.
« Adesso io dovrò andare » dissi allo stregone « l’anello del potere è stato trovato e non deve finire nelle mani del nemico » gli spiegai frettolosamente mentre lui annuiva.
« Ma ho un ultimo piacere da chiederti Radagast »
« Cosa Valanyar? »
« Lascia la foresta, permetti agli alberi di risvegliarsi » sussurrai temendo di essere udita da quegli antichi esseri.
« Ma Valanyar, è pericoloso, sono pieni di rabbia, rancore, ferite così profonde che hanno consumato loro le radici » mormorò lo stregone spaventato.
« Lo so » dissi guardando le ombre attorno a noi « Ma anche loro fanno parte di questo mondo, è giusto che lottino per esso, qualunque fazione scelgano » spiegai allo stregone, che dopo qualche minuto di indecisione annuì, mordendosi nervosamente il labbro.
« E così sia, Gandalf ti tiene in considerazione, sarebbe da sciocchi non fare altrettanto »
Ci salutammo infine, augurandoci buona fortuna a vicenda, confidando solo nella speranza che un giorno forse, ci saremmo rivisti.
 


Gran Burrone anno 3018 della Terza Era, 76 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
« Mithrandir è giunto? » domandai mentre entravo nella città a perdifiato, mandando il cavallo nelle stalle e correndo incontro ad Arwen che annuì immediatamente.
« Era debole e ferito, ma mio padre si è presto occupato di lui » mi assicurò Arwen prendendomi tra le sue braccia e stringendomi forte, incurante dei miei vestiti sporchi e del cattivo odore.
« Sono passati anni da quando eri partita alla ricerca del Bruno Stregone, nessuno dei nostri emissari sapeva dove eri. Abbiamo temuto il peggio » mormorò nei miei capelli mentre io mi discostavo leggermente dalla dama per guardarla negli occhi.
« Scusami » le dissi sincera « Ma i cavalieri neri sono stati sguinzagliati, quattro viaggiavano alle mie spalle. Dovevo accertarmi che rimanessero concentrati su di me, così da lasciare il passo libero a Gandalf » spiegai alla principessa elfica che annuì comprensiva.
« E ci sei riuscita. Temo che le ferite di Gandalf, siano più nell’animo che nel corpo » disse una voce alle mie spalle che riconobbi immediatamente come quella del Re.
« Il tradimento di Saruman deve avergli fatto molto male » mormorai non osando immaginare come il vecchio stregone doveva sentirsi.
« Se Saruman il Bianco ci ha traditi, non ci rimane molta speranza » disse Elrond aggrottando la fronte, in un espressione di timore.
« L’anello presto giungerà a Gran Burrone » dissi facendo scappare un sospiro stupefatto ad Arwen « Ma non potrà restare certo qui a lungo, arriveranno rappresentanti di tutte le razze a chiedervi consiglio, ognuno di loro per motivi differenti, devi convincerli a restare mio Re. Devono sapere » conclusi sostenendo lo sguardo duro dell’elfo, che non sembrava affatto felice della futura incombenza.
« E tu? Mica vorrai ripartire? » mormorò lui stupendomi per la sua scelta di priorità, ma ritrovando in fretta la parola.
« Sì. Aragorn è solo con quattro Hobbit e cinque spettri sulle loro tracce. Devo trovarli prima che lo facciano loro » spiegai mentre quest’ultimo annuiva.
« Partirai domattina però, non prima di esserti riposata. E porterai con te Elland e Elrohir, la terra è vasta fino a  Brea » disse in un tono che non ammetteva repliche mentre si allontanava, probabilmente per ritornare al capezzale di Gandalf.
« Era molto preoccupato per te » mi confessò Arwen quando suo padre si fu allontanato a sufficienza « Lo eravamo tutti » aggiunse prendendomi per mano e accompagnandomi verso le mie stanze.
« Bilbo soprattutto, anche se in modo molto peculiare » aggiunse poi Arwen dopo qualche minuto di silenzio « continuava a lamentarsi che la colazione senza di te era talmente noiosa, che valeva la pena saltarla »
« Bilbo ha saltato la prima colazione?! » esclamai sconcertata
« Oh assolutamente no, neanche una volta. Creature curiose, gli hobbit » commentò Arwen, ricordandomi che lei non li aveva mai conosciuti, aveva avuto solo i miei racconti e quelli di suo padre.
« Ora vai a riposare, ho come l’impressione che il tuo viaggio sia solo iniziato » mi salutò appena giungemmo dinanzi alle mie spalle, stringendomi in un ultimo abbraccio.
« Non sai quanto è vero » bisbigliai in risposta stringendola a mia volta, prima di congedarmi.
 
 
 
 
 





 
La missione è stata affidata a te Valacen, e se tu non troverai il modo, nessuno potr๠= citazione del Signore degli Anelli, avvertimento fatto da Galadriel a Frodo.
 
Aiantcuil ² = Parola composta che significa “colui che (compie l’azione) di donare la vita”
 
l’ora del tea³ = nello Hobbit, quando Bilbo saluta i nani alla fine dell’avventura gli dice che l’ora del tea a Casa Baggins è alle quattro del pomeriggio.
 
 
NdA : Mi scuso per il ritardo, ma avrò cambiato i paragrafi riguardanti Gondor e Rohan almeno cinque volte trovandoli sempre insoddisfacenti.
Alla fine mi sono dovuta accontentare, lasciandoli come li vedete ora, sennò sarebbe passato un mese e non avrei ottenuto comunque niente ^^’’
 
Questo è l’ultimo capitolo con paragrafi e date, poiché dal prossimo, la storia si svolgerà lineare essendo finalmente arrivata al momento X.
Spero che la mia storia vi piaccia ! Alla prossima!
 
P.S = Avete capito chi era la “Valanyar” che aveva conosciuto Thandruill anni prima? ;)
   
 
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