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Autore: PrincessintheNorth    15/01/2021    2 recensioni
Nuova edizione della mia precedente fanfic "Family", migliorata ed ampliata!
Sono passati tre anni dalla caduta di Galbatorix.
Murtagh é andato via, a Nord, dove ha messo su famiglia.
Ma una chiamata da Eragon, suo fratello, lo farà tornare indietro ...
"- Cosa c’è?
Deglutì nervosamente. – Ho … ho bisogno di un favore. Cioè, in realtà non proprio, ma …
-O sai cosa dire o me ne vado.
- Devi tornare a Ilirea."
Se vi ho incuriositi passate a leggere!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Morzan, Murtagh, Nuovo Personaggio, Selena | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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DEREK
 
 
La battaglia non stava andando bene come avevo sperato.
Irritato, sollevai la spada e poi la abbassai, tranciando di netto la testa di un soldato nemico. Accanto a me, Maegor ruggì e sputò una vampa di fuoco, che però ebbe solo l’effetto di intimorire un manipolo di fanteria prima che questo ricominciasse a marciare, compatto, contro di noi.
Ovviamente mi aspettavo che Galbatorix non intendesse giocare pulito: considerando che aveva rapito e torturato mia figlia incinta, non potevo aspettarmi nulla di diverso. Sapevo che avrebbe dato alle sue armati capacità di resistenza superiori alla norma, oltre che all’immunità al dolore. Ma difese contro il fuoco dei draghi? Non esisteva al mondo una magia capace di creare una simile barriera, o almeno una che io conoscessi. Doveva aver sfruttato gli spiriti per farlo, non c’era altra spiegazione.
Ormai combattevamo senza sosta da tre ore, e ancora non si era capito chi stesse vincendo e chi no: e la cosa iniziava a darmi sui nervi. Dalla mia parte avevo gli elfi, i draghi, i soldati più leali che il mondo avesse mai visto e i Cavalieri: come poteva essere che ancora stessimo combattendo? Galbatorix non si era nemmeno fatto vedere, ma nonostante ciò il morale delle sue truppe non ne aveva risentito minimamente. Chissà che genere di diavolerie stava progettando.
Maegor ed io ci sollevammo in volo, raggiungendo Morzan, Murtagh ed Arya: Eragon era occupato a terra, a guidare un terzo dell’esercito contro il fianco destro dell’esercito nemico per spingerli verso il mare.
Ma dove diavolo sono i pirati?, ringhiai fra me e me. Le loro navi sarebbero già dovute essere in vista, maledizione! Cosa stavano aspettando, un bacino?
Morzan e Dracarys virarono verso est, in direzione di Saphira, per andare ad aiutare Eragon nell’impresa: dopotutto, una dragonessa immensa come lei avrebbe sicuramente dato un ottimo contributo.
Concedendomi un attimo di riposo, presi un respiro e decisi di pensare a qualunque cosa che non fosse l’odore di sangue e di morte: pensai a Miranda, nella Du Weldenvarden con la nostra April ed i nostri nipotini, che avevo salutato qualche ora prima. Pensai a mia madre, nonostante non ci fosse più da molto tempo, e a quanto aborriva la guerra; e pensai a Katherine ed al nipote che presto mi avrebbe dato, che aspettava la nostra vittoria per poter nascere in un mondo sicuro.
A distogliermi dal mio momento di quiete ci pensò Murtagh, che decise bene di illuminare a giorno la piana dando fuoco alla prima fila di macchine da guerra di Galbatorix e riuscendo nell’impresa in cui prima avevo fallito: il legno dei trabucchi e delle catapulte iniziò a scricchiolare e fumare, crollando sotto il fuoco rovente di Castigo. Forse era quello il trucco! Per riuscire a distruggere la barriera che proteggeva l’esercito nemico dal fuoco di drago bastava eroderla fino al punto di rottura.
Proviamo, Maegor ridacchiò, e poi si buttò in picchiata verso l’immensa distesa di soldati dai mantelli rossi. Spalancò le fauci e da esse eruppe un’impressionante fiammata di fuoco bianco dalle striature argentee, che però non ferì i soldati in maniera alcuna.
Murtagh!, lo chiamai. Raggiungimi! Ho capito come superare la barriera!
Da lui provenne un semplice cenno affermativo, e nel giro di due secondi Castigo cambiò direzione, procedendo a gran velocità verso di noi. Non sembrava lo stesso Cavaliere che aveva combattuto al mio fianco ad Ekholis, contro Grasvard: in quell’occasione era stato selvaggio, violento, ubriaco di sete di sangue, così sconsiderato che avevo passato la metà del tempo a fargli da balia ed evitare che mia figlia si ritrovasse vedova con una neonata a carico. Ma ora … ora sembrava un uomo completamente diverso. Da quando era iniziata la battaglia non era sceso dalla sella di Castigo neanche una volta, rimanendo accuratamente fuori dalla portata delle macchine nemiche e sfruttando il fuoco del suo drago e la magia per ottenere la propria vittoria. I suoi attacchi erano calcolati e letali, ed il suo comportamento calmo e razionale.
Non aveva la benché minima intenzione di rischiare la pelle, compresi: non voleva dare a Galbatorix la soddisfazione di vederlo morto e, soprattutto, voleva tornare a casa dalla sua famiglia, da Kate e dal bambino che gli stava per nascere.
Meno male che adesso ha un po’ di sale in zucca, sospirai sollevato.
Penso che sia sufficiente continuare a sputare fuoco, gli dissi. La barriera si eroderà, non può resistere per sempre.
Potrebbe funzionare, replicò. Con le catapulte è andata. Forse potenziandolo con la magia otterremo risultati migliori in meno tempo.
D’accordo.
Castigo e Maegor iniziarono immediatamente a sputare fuoco, liberando due potenti fiammate che a metà strada si avvilupparono insieme in un terribile torrente di fuoco rosso ed argentato: uno spettacolo meraviglioso, se non fosse stato così mortifero.
Come immaginavo, l’unione di fuoco e magia diede i suoi frutti: nel giro di un’ora, un altro quarto delle macchine da guerra era ridotto ad un cumulo di cenere.
Sul fronte est, tuttavia, Eragon e Morzan non stavano ottenendo grandi risultati: i soldati erano molto più protetti delle macchine da guerra contro il fuoco dei draghi, e dunque loro due erano dovuti scendere da Saphira e Dracarys per fronteggiare i nemici a terra. Avevano ottenuto sì e no una settantina di iarde.
Merda. Adesso tornerebbero utili i …
Non feci nemmeno in tempo a pensarlo, che il basso e potente muggito di un tamburo da guerra riecheggiò nell’alba.
Nel sentire quel suono, entrambi gli eserciti smisero di combattere: centinaia di migliaia di volti, umani ed elfi, si voltarono verso il mare, ombre di paura e speranza nei loro occhi.
Sagome scure si stagliavano all’orizzonte, ma si facevano più grandi e nitide ogni secondo che passava da quanto si muovevano velocemente: un gran sorriso mi si distese sul volto quando potei finalmente essere sicuro di quel che stavo vedendo.
Un’immensa flotta di navi correva verso di noi, cavalcando le onde: navi ornate da scure vele nere decorate con i più svariati simboli. C’erano teschi, scheletri, animali, donne, cuori; ma un solo stemma spiccava in quel mare di velieri, quello dell’ammiraglia.
Una corona insanguinata.
 I pirati, alla fine, erano arrivati.
 
 
MURTAGH
 
Quando vidi tutte le catapulte ridursi ad una ventina di cumuli di cenere, non riuscii a non sorridere. Mi stavo impegnando per rimanere il più possibile lucido e distaccato, per massimizzare le mie possibilità di vittoria, ma non aveva senso non festeggiare un successo. E distruggere tutte le macchine da guerra di Galbatorix lo era: probabilmente era il successo più grande che il nostro esercito aveva ottenuto da tre ore a questa parte.
Odiavo dover dare ragione a Kate, soprattutto riguardo a questioni militari, ma stavolta non potevo evitarlo: il “non fare l’idiota”, come lo chiamava lei (e che io definivo semplicemente divertirmi), mi aveva portato più benefici di quelli che credevo. Non mi era mai capitato di trovarmi in una battaglia e non avere mezzo graffio nemmeno dopo tre interminabili ore.
Beh, posso sempre evitare di dirglielo, commentai fra me e me. Non deve saperlo per forza …
Mago, Castigo mi avvisò, trascinandomi nella sua mente. All’improvviso, la mia visione fu dominata dal rosso, e attirata verso un minuscolo puntino a terra. Doveva essere lo stregone.
D’accordo.
Ritornai nella mia mente, senza perdere di vista l’obiettivo, e per buona misura usai un po’ di magia nera per penetrare nella sua coscienza ed ucciderlo sul colpo. Non potevo rischiare con i metodi tradizionali: se quello fosse stato in grado di usare la magia degli spiriti, molto probabilmente avrei avuto troppe difficoltà a contrattaccare.
Combattere in quella maniera era noioso, ma mi teneva in vita. E questo era l’importante.
Continuando a sorvolare il campo, tenendomi accuratamente fuori tiro, proseguii ad individuare ed uccidere i maghi e gli stregoni presenti fra le fila di Galbatorix. Se c’era una cosa che sapevo sulla magia degli spiriti era che i suoi effetti non permanevano dopo la morte della persona che aveva lanciato l’incantesimo, e dunque ad ogni stregone morto le difese dei soldati sarebbero crollate sempre di più. Non era il genere di combattimento a cui ero abituato, né mi sembrava molto onorevole uccidere gente chiaramente più debole di me a distanza, ma non me ne importava molto. Galbatorix era per caso stato onorevole quando aveva fatto ammalare mortalmente mia figlia di soli tre anni? O quando aveva rapito e torturato mia moglie? O quando mi aveva fatto prigioniero ed aveva obbligato me e Karen ad avere Evan, sfruttando l’amore che entrambi provavamo per le nostre famiglie?
Ora era il tempo della vendetta. E se per ottenerla dovevo ammazzare dei maghetti da quattro soldi, non mi sarei certo trattenuto.
Fu il ruggito di Maegor a distrarmi dai miei pensieri: voltandomi verso Derek, vidi i due allontanarsi verso il mare, che improvvisamente si era riempito di un’intera flotta di pirati.
Ecco, questa è una cosa che non mi sarei mai immaginato, pensai sorpreso. Sapevo che Kate aveva al suo servizio parecchi pirati e corsari, ma non mi aveva mai fornito dei numeri: aveva sempre preferito farmi sapere il meno possibile riguardo alle sue attività illecite, come il traffico di spezie e gli assalti ai mercantili dell’Impero e dei regni al di fuori dei confini di Alagaesia, per permettermi di dire sinceramente “io non ne sapevo niente” se, per caso, un giorno quegli affari fossero saltati. Vedere quell’enorme quantità di navi e bandiere, così tante da non riuscire a coglierne il numero esatto con una sola occhiata, mi fece sorridere. Sapevo di essermi innamorato di una donna straordinaria, ma lei non smetteva mai di sorprendermi. Morzan una volta l’aveva definita “un pugnale”: all’apparenza piccola ed innocua, ma proprio per questo molto più letale di una spada. Dopotutto, non sai mai quando ti puoi ritrovare una daga infilzata fra le costole se non quando è troppo tardi.
E Katherine era esattamente così. Luccicante come l’argento, e letale come una lama ben affilata.
Molto bene. Più gente che combatte. Questa storia finirà ancora prima.
Tornai al mio compito, ovvero eliminare gli stregoni e nel frattempo continuare a dare fuoco all’esercito nemico (dai vari incendi che Castigo riuscì a provocare ne dedussi che la barriera di Galbatorix stava cedendo).
Concentrato com’ero, tuttavia, non mi accorsi dei segnali di pericolo finché non fu troppo tardi.
Il cielo, nonostante stesse giungendo l’alba, si era fatto improvvisamente più scuro, e l’aria era densa di fumo e … qualcos’altro. Dal modo in cui crepitava sembrava magia nera, ma non era pura: era mischiata ad un altro tipo di magia, probabilmente quella degli spiriti.
LEVATI DA LI!
La voce di Morzan urlò nella mia testa così forte che istintivamente mi premetti le mani sulle orecchie.
Non avrei potuto fare una mossa più stupida.
Nel momento esatto in cui lo feci, qualcosa si scontrò contro il fianco di Castigo ad una velocità impossibile per un qualunque essere vivente, e con una violenza tale da sbalzarmi fuori dalla sella e strappare le cinghie che mi tenevano fermo su di essa. In meno di un secondo stavo precipitando nel vuoto, con l’aria ed il sangue che mi ruggivano nelle orecchie e la mente del tutto ottenebrata dal terrore e dal panico.
Dunque era finalmente giunta la mia ora. Sarebbe stato così che sarei morto, spiaccicato sul terreno come una cacca d’uccello. O una polpetta.
Polpette di Murtagh.
La mia coscienza fu in grado di formulare quell’unico pensiero, talmente stupido che iniziai a ridere come un idiota, nonostante il terreno si stesse avvicinando sempre di più. Probabilmente era un tentativo del mio cervello di distrarmi dalla consapevolezza che, nel giro di pochi attimi, sarei morto.
Katie, se è un maschio, ti prego, non chiamarlo come me. Non voglio che un altro bambino debba avere un nome così brutto.
Chiusi gli occhi e mi preparai per l’impatto col terreno … che non avvenne.
Al posto del sentire le mie ossa sbriciolarsi, come mi ero aspettato, percepii gli artigli di un drago chiudersi intorno al mio tronco, stringendomi in una morsa ferrea ma non letale. Giusto quello che bastava perché non scivolassi dalla sua presa e concludessi la mia caduta, diventando una polpetta.
La mia vista venne improvvisamente accecata da un bagliore verde e bianco: erano stati Fìrnen ed Arya a prendermi al volo.
Ovvio, feci fra me e me. Il punto in cui ero caduto era piuttosto vicino all’esercito degli elfi, che lei stava guidando, ed era l’unica, a parte Derek, a cavalcare un drago sufficientemente piccolo da poter riuscire ad acchiapparmi con precisione. Castigo era già troppo grosso.
La prossima volta guardati intorno!, Arya sbuffò. Castigo scivolò rapidamente sotto Fìrnen, che mollò improvvisamente la presa su di me. Per fortuna i due draghi avevano fatto bene i loro calcoli, perché atterrai giusto giusto sulla sella parzialmente distrutta. Un attimo prima o dopo, e sarei finito impalato su una delle punte dorsali. Ovvio, molto probabilmente non avrei più avuto figli dopo quella caduta, ma ehi! Ero vivo. Questo era l’importante. Un doloretto al cavallo era sopportabile.
Bene, feci prendendo un respiro. Ora che non ero morto, potevo tornare alla battaglia e capire che diavolo era successo.
Non mi ci volle molto per farlo.
L’esercito avversario era sorvolato da un’enorme massa di spesso, solido fumo nero che assomigliava vagamente ad una creatura alata: seduto su di essa c’era un uomo vestito di nero, che riuscii ad identificare grazie all’alta corona dorata che aveva in testa.
Solamente Galbatorix poteva essere così borioso da scendere in battaglia con un oggetto così pesante addosso.
Alla fine, dunque, aveva deciso di mostrare quella sua brutta faccia.
È stato lui a … colpirmi, Castigo ansimò. Devo … atterrare.
In quel momento mi resi conto, con orrore, delle sue condizioni: l’ala sinistra era praticamente accartocciata. Riusciva a tenerla aperta, giusto quel che bastava per mantenersi in aria, ma non del tutto. Molte delle sottili ossa cave erano rotte e sporgevano dalla membrana come spine acuminate, ed un grosso livido scuro andava espandendosi sul fianco sinistro, allargandosi sotto la pancia, dov’era più vulnerabile.
Nelle retrovie, dissi indicandogli le ultime fila del nostro esercito. Andiamo lì. Ti darò una sistemata.
Non … non so se riesco ad arrivarci.
Allora atterra dagli elfi. Sono più vicini. Pensi di farcela?
… sì.
Diedi un’occhiata a Galbatorix e a quella strana creatura che montava: era fermo sulla linea di scontro fra i due eserciti, e si guardava intorno, come se fosse alla ricerca di qualcosa.
DATTI UNA MOSSA!, mio padre urlò. Questa volta resistetti all’impulso di proteggere i miei timpani e tenni le mani sulla sella, reggendomi a Castigo. Gli sto impedendo di localizzarti, ma tu devi muoverti!
Con un sonoro tonfo, Castigo atterrò pesantemente fra gli elfi, che si erano opportunamente spostati per fargli spazio: prima ancora che potessi pensare ad un incantesimo per guarirlo, loro ci avevano già pensato, e si erano radunati intorno a lui, cantando sottovoce una melodia guaritrice.
Ma allora i mangialattughe sono utili a qualcosa!
Grazie al legame che condividevamo, la magia degli elfi aiutò anche me, ridandomi un po’ di forze e facendomi anche passare il male all’inguine.
Fantastico. Così, quando torno a casa da Katherine, potrò godermela quanto mi pare.
Riprendemmo il volo qualche minuto dopo, una volta che l’ala di Castigo tornò ad assomigliare ad un’ala: papà e Dracarys erano ancora impegnati nello scontro con Galbatorix, la cui strana cavalcatura sembrava aumentare di dimensioni ogni momento di più.
Vedi di non avvicinarti, Morzan ringhiò, come se avesse intuito il mio impulso di andare ad aiutarlo. È troppo pericoloso.
Siamo letteralmente in guerra! Tutto è pericoloso!
Fa quello che ti dico senza discutere, per una volta, Murtagh.
Ma sono invisibile! Ho un vantaggio!
Non costringermi ad immobilizzarti!
Il mostro di fumo di Galbatorix riuscì, per un brevissimo secondo, a superare le difese di Dracarys: nel momento in cui i suoi artigli (che, a dispetto dell’inconsistenza apparente del resto del corpo, erano lucidi e solidi) affondarono nel suo petto, non tanto da uccidere ma abbastanza da invalidarla, la mia certezza della nostra vittoria vacillò.
Morzan e Dracarys erano i Cavalieri più potenti ed esperti che avessimo: se persino loro potevano essere feriti, che speranze avevamo noialtri?
Merda!
Dracarys atterrò sul morbido terreno zuppo di sangue con un tonfo cento volte più rumoroso di quello di Castigo: con i pettorali squarciati, non era in grado di mantenersi in aria, almeno non finché le ferite fossero rimaste aperte.
Subito, Galbatorix si lanciò in picchiata per sfruttare quel momento di debolezza e darle il colpo di grazia, ma improvvisamente un’accecante luce bianca illuminò a giorno la piana di Teirm, scacciando via ogni ombra, inclusa la cavalcatura di Galbatorix.
Ma che diavolo …
Un coro di urla festanti si levò dal nostro esercito, così alto da risultare assordante. E subito dopo, quel coro venne seguito da un ruggito che mi fece accapponare la pelle.
«LA PRINCIPESSA DEL TRIDENTE!»
   
 
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