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Autore: Little Firestar84    16/01/2021    10 recensioni
“Come qual è il problema? Tuo figlio tiene in camera riviste porno, profilattici e libri sul sesso e non ti sembra un problema?”
“Veramente,” continuò lui in tutta tranquillità, sorseggiando il caffè come se avessero discusso del sole e non del fatto che il sangue del loro sangue pensava al sesso e non era più il loro adorabile bambino, e magari il sesso lo praticava pure. “Quella è tutta roba che gli ho dato io.”

Ryo, Kaori, la vita da adulti... alle prese con i figlio ormai adolescenti, i primi amori, crescere, e con i ricordi del passato.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Appena varcò la porta di casa, al ritorno da un caso in cui aveva assistito Ryo e che lo aveva tenuto lontano dai suoi cari per alcuni giorni, Mick fu colpito in pieno petto dallo straziante silenzio che aleggiava nell’aria; non c’era il chiacchiericcio insensato della sua neonata, né il suono dello stereo con la musica jazz che Kazue tanto amava o il televisore acceso.

Una luce, però, era accesa, nella sala, una lampada che illuminava con il suo tenue chiarore l’ambiente, rendendolo quasi magico.

Un sorriso furbo si dipinse sul volto dell’ancora affascinante americano, quando immaginò che la sua sposa avesse lasciato la loro bambina con gli amici per il fine settimana per poter stare finalmente soli, e rinnovare, tra le fresche lenzuola di seta, le loro promesse d’amore che si erano scambiati ormai da quasi due anni.

Tuttavia, con ogni passo che Mick Angel faceva, egli sentiva l’ansia salire, ed un curioso senso di oppressione, quasi terrore, si impadroniva del suo animo.

Quando vide le valige, ordinatamente impilate di fianco alla poltrona, capì che il suo istinto di sweeper aveva avuto ragione.

Kazue non aveva lasciato- a chi, poi- Amaya per poter stare un po’ sola con lui in intimità.

Lo aveva fatto perché, nel momento in cui lo avesse lasciato, non voleva testimoni, né qualcosa che le ricordasse il motivo per cui si erano scelti, tante e tante volte ancora.

“Quindi, è così.” Mick a fatica strinse i pugni, ancora doloranti dopo anni, e a denti stretti guardò il pavimento, rifiutandosi di incrociare lo sguardo di quella donna che stava rannicchiata sulla poltrona, a riccio. “E sentiamo, per quale motivo mi mandi fuori casa, eh? Non sarò la persona più facile con cui vivere, Kazue, ma ti sono sempre stato fedele, lo sai. E la cosa non mi è mai pesata.”

“Non sei tu ad andartene, Mick.” Lei sospirò, tra singhiozzi sommessi, asciugandosi con la manica le lacrime che le rigavano il bel volto. “Me ne vado io.”

Gli occhi e la bocca dell’uomo si spalancarono in un’espressione di sorpresa; tuttavia, lo aveva sempre saputo:  Kazue poteva benissimo fare meglio di lui, meritava molto meglio di un handicappato ex tossico e, sì, lo aveva capito già da tempo: lui era solo un rimpiazzo per quel grande amore ormai defunto da anni, e, chissà, forse anche per Ryo, che l’aveva un tempo desiderata nel corpo, ma mai nell’anima, mentre lei, sì, lo aveva amato davvero, rinunciando allo sweeper solamente quando aveva compreso che, ormai, nonostante la riluttanza dell’uomo, lui apparteneva a Kaori sola.

Per Mick, invece, era stato diverso: aveva amato la dedizione, il coraggio di quella donna, e la pace che lei gli donava. Eppure, non era bastato. Aveva capito da tempo che le cose non andavano come dovevano, ma pensava fosse un po’ di crisi del settimo anno giunta in anticipo; e comunque, avevano avuto Amaya, ed era certo che, se non fosse più stata certa dei suoi sentimenti, Kazue non avrebbe mai cercato quella nascita, anche se, forse, a desiderare una famiglia era stato più lui di lei...

“Kazue, ascolta, se ho fatto qualcosa di sbagliato, credo di…”

“Mi hanno chiamata al CDC di Washington.” gli disse, freddamente, stringendo i pugni in grembo. “Parto domani, inizio tra un paio di settimane ma prima voglio sistemarmi nel mio nuovo appartamento.”

Mick sentì la bile salirgli in gola, e venne assalito da un sentimento di puro odio e risentimento.

Aveva un nuovo lavoro.

Si era trovata una nuova casa.

Se ne sarebbe andata dall’altra parte del mondo, lasciando lui lì da solo e…

“Okay. Dovrò chiedere un po’ di cose a delle mie vecchie conoscenze ma credo che dovrei riuscire ad essere di nuovo in grado di viaggiare e…”

“Quella è casa mia, Mick,” gli rispose, piccata, alzandosi e standogli davanti. “Mia, non nostra.”

“Beh, vorrà dire che mi cercherò una casa mia, perché dubito che tu possa rinunciare a una tale allettante proposta di carriera,” le disse, velenoso e crudele e freddo. “Ma di certo io non rinuncerò ad Amaya.”

“Sono io a non volerlo, Mick.” Ammise, con gli occhi bassi. Lui fece un passo verso di lei ed alzò una mano come per accarezzarla, ma Kazue si scansò, abbracciandosi come per farsi coraggio. “Non te, io… non voglio fare la mamma e la moglie di famiglia, ora. Voglio, voglio solo essere Kazue.”

“E non ti è venuto in mente quando parlavamo di diventare genitori, che non volevi dei figli?” La accusò lui, freddo e glaciale. “Siamo stati insieme anni, e non ti è mai passato per la testa che non volevi sposarmi?”

“Ero giovane, Mick, molto più giovane di te.” Lo accusò. “Non sapevo cosa volesse dirti starti accanto. A cosa stavo rinunciando.”

“Ah, ecco il nocciolo del problema!” Mick rise, di gusto, accasciandosi sulla poltrona che lei aveva lasciato vacante e accendendosi una sigaretta. “Ti sei stufata di stare accanto ad un handicappato di mezza età! Scommetto però che se il tizio di mezza età fosse stato Saeba non te li saresti fatti tanti problemi, e avresti continuato a scaldargli il letto…”

“Sei crudele, Mick!” Lo accusò lei con grinta e coraggio.

“Forse,” Mick lasciò andare una boccata di fumo che raggiunse il soffitto. “Ma lasciatelo dire, dolcezza. Tanto gentile con me non lo sei stata nemmeno tu…”

 

“Grazie, non sapevo proprio come fare.” Seduto nel salotto di casa Saeba, Mick si allentò la cravatta, ed accettò di buon grado il liquore che il migliore amico ed ex socio gli offriva. Kaori era nella stanza di Hide, che aveva messo a letto con la piccola Amaya. La bambina aveva pianto a dirotto, un po’ per le coliche, un po’ per i primi denti che le stavano spuntando: nulla di che, stava accadendo anche al suo bambino, ma lei non era sola ad affrontare le notti insonni ed i problemi, lei aveva Ryo.

Mick… beh, Mick adesso aveva lei. O meglio, loro: perché, anche se ancora un po’ gli seccava vederlo gironzolare per casa sua e piagnucolare sulla spalla di Kaori, Ryo si era comunque visto ben disposto a supportare l’amico durante e dopo il divorzio.

La rossa le avrebbe come minimo spaccato la testa, alla cara Kazue: faceva tanto la buona crocerossina,  ma appena aveva potuto aveva spalancato le ali e mollato tutto e tutti. Non le rimproverava il desiderio di carriera, quanto l’aver unilateralmente deciso che voleva solo quello, quando avrebbe potuto benissimo continuare a fare la mamma, la moglie e il medico: Mick sarebbe tornato volentieri nel suo paese, sarebbe stato ben felice di fare il casalingo, stravedeva per la figlia ed era davvero molto portato come uomo di casa, non come Ryo.

“Senti, ma perché non la raggiungi tu? Magari…”

“No, non se ne parla.” Ma Mick scosse il capo alla domanda dell’amico. “Lei non vuole essere madre. Dice che l’ho convinta io, che mi ha accontentato perché sperava di salvare il matrimonio, ma che lei figli non ne ha mai voluti. No, credimi…” Sbuffò, lasciando ricadere il capo contro il poggiatesta. “Ormai non c’è nulla da salvare, ed io non ho intenzione di imporle Amaya così che poi si sfoghi con lei. Meglio che faccia la madre a distanza e part-time, credimi, colpa mia, avrei dovuto capirlo da solo che lei non era interessata, ma, sai… non volevo vedere e quindi mi sono rifiutato di arrendermi all’evidenza.”

Ryo si voltò, in silenzio, verso la camera del figlio, e sorrise, sentendosi colpevole come un cane: lui aveva tutto. Il suo amico… Amaya, che sapeva essere amata come la cosa più preziosa al mondo. Ma la domanda che attanagliava lo sweeper era: alla lunga, sarebbe bastato? Inoltre, non lo voleva ammettere, ma da quando Kazue se n’era andata, Mick, che aveva preso a trascorrere sempre più tempo a casa loro, aveva preso a osservare Kaori con uno strano sguardo, uno che, purtroppo, Ryo conosceva bene. Mick l’aveva guardata così prima di lasciarle un casto bacio sulla guancia, e salire sull’aereo dove avrebbe trovato la presunta morte. All’epoca, lui aveva lasciato andare Kaori, un po’ perché aveva capito che per lei esisteva solo il suo socio, un po’ perché non c’era gusto a non rubare la donna d’altri. E poi, era arrivata Kazue a scombussolargli la vita.

E adesso?

Adesso, lui era single, sarebbe potuto di nuovo tornare a caccia, e chissà, magari aveva di nuovo messo gli occhi addosso a Kaori, adesso che era impegnata, e che aveva visto che ottima madre fosse -non che ne avessero mai avuto alcun dubbio: lei aveva cresciuto praticamente tutti loro…

Kaori uscì dalla cameretta ed andò in cucina, dove prese due bicchieri d’acqua e delle aspirine- ci erano andato giù pesante quella sera- e li portò ai due uomini. Scompigliò i capelli di Mick, come fosse stato un bambino, e a Ryo, che ricevette un veloce bacio, si sciolse il cuore.

Non importava se Mick avesse mire su Kaori o meno.

Lei sarebbe stata sua, e lui suo, fino alla fine dei tempi, e niente e nessuno li avrebbe mai divisi.

 

“Sei sicuro che non disturbo?” Mick entrò nell’appartamento della coppia di sweeper con le braccia piene; da una parte aveva Amaya, che adesso aveva tre anni, imbacuccata con piumino, sciarpa, berretto, guanti e stivali (neanche avesse dovuto fare due chilometri, invece dei cinquanta metri scarsi che dividevano le case degli ex soci in linea d’aria), nell’altra un borsone pieno di regali, per cui Ryo lo guardò un po’ storto.

“Mick, bello, guarda che in Giappone solo le coppiette si fanno regali. Pensavo che dopo tutti questi anni lo sapessi…” Ryo sbuffò, scrollando le spalle, grato che Kaori avesse intuito questa possibilità e avesse preso dei pensierini per Mick e la figlia. “Bastava che portassi del vino, del liquore, o dei cioccolatini.”

“Beh, ho anche portato dei pasticcini…” l’ex sweeper ammise, arrossendo lievemente, mentre liberava da quel bozzo soffocante la figlia, che era più rossa di un peperone. “Però mi dispiaceva venire e non portare dei regali. Non è da buon padrino, e soprattutto da buon cattolico.”

“Ah! Questa è buona!” Ryo scoppiò a ridere, e gli diede una pacca sulla schiena così forte che l’americano vacillò e perse l’equilibrio. “Dubito che un buon cattolico farebbe lo sweeper!”

“Sì, beh, allora diciamo che mi dispiaceva intromettermi. Questo è il primo Natale che passi con la tua famiglia…” Mick gli mise leggermente il muso, mentre, allungando il collo, scorgeva gli ospiti presenti alla festa organizzata da Kaori; Mick li conosceva di nome, e perché Ryo, un po’ paranoico (e a ragione), quando Kaori aveva avuto la brillante idea di mandare un suo tampone ad una compagnia che si occupava di genealogia, aveva investigato sui “presunti” parenti che erano saltati fuori. La coppia aveva però tenuto strettamente divise le  due vite di Ryo, e Mick era il primo della loro sgangherata famiglia allargata ad incontrare i parenti biologici dell’ex socio: lo zio Tetsui, gemello del padre dello sweeper, sua moglie Kiyo, il loro figlio Takeshi (più giovane di Ryo di un mesetto) con la moglie Sakura ed i suoi due figli adolescenti, che si erano riuniti per festeggiare il tanto agognato arrivo di Shan, la bambina che Ryo e Kaori avevano cercato di avere per quasi due anni.

Gli occhi degli sweeper si incrociarono, e Ryo si trattenne dal dire qualcosa di sdolcinato, cose che non erano da lui, nonostante considerasse Mick una parte della sua famiglia come e più dei suoi ospiti.

Con Amaya che li teneva per mano, i due sweeper andarono in sala da pranzo, dove il chiacchiericcio era davvero molto forte, e Ryo sorrise a Mick, con una strana luce negli occhi che l’amico non comprese. Tuttavia, una volta che si trovarono davanti al tavolo, lo sweeper giapponese fissò, stupito, il fraterno amico, che aveva avuto una reazione ben diversa da quella che si era aspettato.

Niente avances moleste o altro. Niente baci rubati o tentativi di assalti. Non si comportava nemmeno da cretino allupato patentato come suo (loro) solito. Oh, no… Mick Angel fissava a bocca aperta la donna- anzi, le donne- sedute al tavolo che chiacchieravano con un sorriso sulle labbra. 

Vedeva doppio. Anzi, no, perché una donna- Kaori- era rossa coi capelli corti mossi, l’altra castana con una lunga chioma liscia. I visi, però, erano identici in tutto e per tutto.

“Che c’è Angel, il gatto ti ha mangiato la lingua?” Ryo gli domandò, un po’ maligno, dandogli una serie di leggere pacche sulla schiena come per risvegliarlo. “Oh, non ti avevo parlato della sorella di Kaori, Sayuri?” Lo aveva fatto di proposito, era curioso di vedere se Mick si sarebbe comportato con la sorella maggiore come faceva con la minore, se, come il buon Ryo, avrebbe avuto l’immediato desiderio di gettarsi in quelle forme generose per avere anche solo un sentore di quello che avrebbe potuto provare con la versione originale.

“Oh, Mick, sei arrivato!” Raggiante, Kaori lasciò il suo posto a tavolo e raggiunse l’amico, dandogli un bacio sulla guancia. “Buon Natale Mick e… ma stai bene?” La rossa sollevò un sopracciglio con fare interrogativo, toccando al contempo la fronte dell’amico di lunga data chiedendosi se avesse la febbre.

No, Mick era piuttosto freddino, in realtà. Quindi il motivo per cui non le stava saltando addosso o chiedendo ardenti baci focosi non era che fosse malato.

però, si disse, c’era qualcosa di strano, in lui. Aveva la bocca così aperta che sembrava che la mandibola si fosse slogata, e fissava un punto alle spalle di Kaori.

La rossa si voltò seguendo la sua linea visiva, e sorrise machiavellica, con uno sguardo da criminale di carriera alle prese con il suo più grande piano.

Mick era rimasto incantato alla vista della sorella di Kaori, la giornalista Sayuri; parlarono per tutta la sera, avvolti come in una nuvola tutta loro, e Sayuri, che col marito non aveva avuto figli ma che i bambini li adorava, si interessò alla piccola Amaya senza tuttavia essere invadente. Kaori guardava da lontano la scena con gli occhi lucidi, felice che la sua intuizione fosse andata a buon fine: sua sorella ed il suo migliore amico erano davvero una bella coppia, e sembravano ben affiatati. Ryo ogni tanto le lanciava un’occhiataccia inquisitoria, ben capendo dove la sua mente vagasse, ma lei si limitava a scrollare le spalle; lui usciva da un divorzio che, per quanto semplice, lo aveva lasciato col cuore a pezzi, lei da uno che era stato lungo e complicato. Entrambi lo sapevano, e sinceramente… fosse stato amore, bene, sarebbe stato perfetto, ma fosse anche solo un testare le acque e riabituarsi a frequentare l’altro sesso sarebbe andato bene lo stesso, perché, in fondo, gli avrebbe fatto bene comunque.

 

C’era qualcosa che preoccupava Ryo, un tarlo che lo opprimeva così tanto che nemmeno il sesso era riuscito a scacciare quel pensiero opprimente.

“Allora…” Kaori iniziò, disegnando arabeschi immaginifici sul petto nudo del suo uomo con un dito, sdraiata accanto a lui vestita solamente della camicia che gli aveva precedentemente strappato di dosso. “Devo preoccuparmi che la gravidanza mi abbia reso meno seducente ai tuoi occhi, signor Saeba? Perché l’ultima volta che ti ho visto così pensieroso post coito è stato dopo la prima volta che siamo finiti a letto insieme….”

Ryo si voltò verso di lei, con sguardo ,malandrino ed un sopracciglio alzato; mosse una mano, che andò, birichina, a giocare con uno dei seni della donna, soppesandolo e facendolo sobbalzare sul palmo ruvido. Paonazza, Kaori sussultò quando. ghignando, Ryo strinse il capezzolo tra due dita, facendo uscire due gocce di perlaceo liquido dalla florida punta a cui diede una veloce leccata con la punta della lingua come se fosse stato un cagnolino che faceva le feste alla sua padrona, e Kaori, incerta se fosse per l’atto stranamente erotico di Ryo che assaggiava il latte che il suo corpo produceva per loro figlia, o perché avesse sempre trovato conturbante la visione di quella criniera scura contro la sua pelle d’avorio, sussultò in preda ad una profonda eccitazione. Lo sweeper, ad occhi chiusi, inalò l’aroma del desiderio della sua donna, e soddisfatto se ne tornò a coricarsi nella sua metà del letto, con le braccia incrociate dietro al capo ed una gustosa erezione che svettava sotto alle coperte.

“Eh, no, socia, sei seducente come sempre, anzi, la gravidanza ti ha reso ancora più bella… ad allattare ti sono venute certe tette, e poi, sei diventata molto più gustosa!” Le disse, con tutta la calma del mondo.

Kaori sospirò, sentendosi sconfitta. Era inutile, Ryo era Ryo e se non faceva un po’ il porco per sdrammatizzare non era contento.

“Ryo… cosa c’è?” Gli chiese, perché se faceva il cretino voleva dire che un problema c’era, e non era lei.

Lo sweeper rimase in silenzio per quello che apparve un lunghissimo tempo, gli occhi fissi sul soffitto prima di riprendere a parlare. “Non ti preoccupa che Mick frequenti Sayuri? Voglio dire… non ti chiedi se sia… insomma… se esca con lei perché…”

“Perché mi somiglia? Dai, Ryo, Mick non è così veniale. E comunque, lui  ed io siamo amici, ha smesso di essere innamorato di me da tanto tempo.” Ridacchiò, riprendendo le dolci carezze. “E poi, con lei fa il gentiluomo, e tu e lui, lo fate solo quando siete seri…”

“Dici?” Non era del tutto convinto della sua affermazione. Lui, gentiluomo? Ma quando?

“Uh, uh.” Sensuale e maliziosa, Kaori si sdraiò su di lui, i loro corpi nudi che si strusciavano l’uno contro l’altro, madida pelle contro madida pelle, eccitandosi a vicenda. “Non ti ricordi quando siamo tornati dalla radura? Appena siamo entrati in casa io mi sono messa sulle punte e ho cercato di darti un bacio, ma tu mi hai presa per le spalle e tenuta a distanza, e guardandomi negli occhi mi hai sorriso timido e mi hai chiesto, Kaori, vorresti venire a cena con me domani sera? E poi… e poi hai iniziato a corteggiarmi, e mi portavi fiori, cioccolatini.. prendevamo la macchina e andavamo a fare gite fuoriporta, perché non volevi tenermi per mano davanti a tutti quelli che sapevano che siamo City Hunter.... Eri l’ultima persona da cui me lo aspettavo, e io non sapevo se essere stupita o frustrata perché non mi davi nemmeno un bacio…”

“Eh, ma tu eri diversa, mica potevo saltarti addosso come un maiale in calore come facevo con tutte le altre, poi rischiavo che pensassi di essere una delle tante, e tu invece sei stata la prima e volevo che fossi anche l’ultima…” Ammise, sornione, prendendo a giocherellare con quanta più pelle della sua donna che poteva, senza mai smettere di guardarla negli occhi.

“Sull’ultima poco ma sicuro, ma ho dei seri dubbi,” Kaori alzò un sopracciglio, con fare interrogativo. “Sul fatto di essere stata la tua prima amante, caro il mio stallone…”

“Beh, sì, non sei stata la prima donna con cui sono andato a letto, e forse nemmeno la prima di cui dicevo di essere innamorato…” Ammise lui, arrossendo lievemente mentre le prendeva la mano tra le sue e portandosela al cuore. “Ma sei stata la prima che ho amato prima qui, e poi....” Sogghignò, con la sua aria da maniaco patentato, mentre faceva scorrere la manina di Kaori sul suo corpo, molto più a sud, fino a che non giunse a sfiorare il setoso acciaio della sua eccitazione. “Qui.”

“Tu, Ryo Saeba, sei un cretino patentato…” gli disse. Eppure, mentre lo diceva, gli diede un bacio da capogiro.

 

“Allora, che novità ci sono?” Sayuri aveva telefonato a Kaori dicendole che sarebbe passata a trovarla quella mattina; ormai, al suo ritorno a New York, mancavano pochi giorni, e le sorelle approfittavano di ogni momento per stare insieme. Tuttavia, c’era qualcosa nell’atteggiamento della giornalista che preoccupava Kaori: non la guardava negli occhi, e si stringeva le dita. “Sayuri?”

“Mi hanno offerto di dirigere la filiale giapponese di News Weekly qui a Tokyo.” Ammise, a voce bassa. Kaori fece un fischio, impressionata; chiaramente, da editor e direttore, sarebbe stato un bel passo avanti per la sua carriera, per non parlare che cosa avrebbe significato nel grande schema delle cose…. Sayuri era giovanissima e donna, quante potevano vantare una simile posizione? Quanti uomini suoi coetanei avevano già raggiunto i suoi traguardi alla sua stessa età? Sarebbe stata una bella conquista per il movimento femminista.

“Non mi sembri molto felice…”

“Il fatto è che la mia vita ormai è a New York, e poi…” Sospirò. “Sai, mi sono sempre detta che non avrei mai fatto come nostra madre che aveva permesso a nostro padre di prendere le redini della loro storia, eppure con Kevin ho fatto la stessa cosa, e credo… forse sto facendo la stessa cosa, di nuovo.” Con Mick, senza bisogno di aggiungerlo; Kaori lo capiva anche da sola.

“Sorellina…” Kaori le disse, gentile e soave, stringendole la mano. “Dimenticati di Mick per un attimo: se lui non ci fosse e ti avessero offerto il lavoro, cosa avresti fatto?”

Lo avrebbe accettato, lo sapeva: non solo perché era un riconoscimento dei suoi obiettivi e delle sue indiscusse qualità, ma anche perché a Tokyo aveva la sua famiglia, la sorella e due adorabili nipoti.

Mick... beh, Mick era giusto un punto a favore in più. E poi, chissà. Forse Kaori aveva ragione, e per una volta faceva sul serio.

 

Due mesi dopo, mentre erano abbracciati a letto, nudi, lui le diede un dolce bacio sulla fronte, ammettendo imbarazzato di essere innamorato… e da quell’appartamento, Sayuri, non si mosse mai più.

(Almeno fino alla notte prima delle nozze, civili, che celebrarono nel parco; quella, lei la passò a casa della sorella, che, contrariamente a quanto tutti si aspettavano, non le fece da damigella, ma fece da testimone- a Mick.)

   
 
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