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Autore: moira78    17/01/2021    3 recensioni
Candy e Albert si conoscono da sempre e, da sempre, un filo invisibile li lega. Ma la strada che li porterà a venire a patti con i propri sentimenti e a conquistare la felicità sembra essere infinita e colma di ostacoli...
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Brighton, Archibald Cornwell, Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’amore vuol sentirsi dire le cose che sa già.
                                                                                   L’amore dev’essere un’eterna confessione.
                                                                                                                                  (Victor Hugo)
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Candy si guardò intorno. Albert non era ancora arrivato e lei non sapeva come dirgli che era in partenza cercando di non fargli capire il vero motivo. In realtà non sapeva neanche se parlargli di Terry e dei suoi dubbi, ma appena avrebbe menzionato New York si sarebbe scoperta. Inevitabilmente.

Non conosceva quasi nessuno ma era grata del fatto che i Lagan fossero rimasti in Florida a occuparsi dei loro alberghi: figurarsi se si sarebbero scomodati per un ricevimento di beneficienza! Aveva salutato la zia Elroy guadagnandosi un semplice cenno del capo e già le sembrava tanto.

"Eccolo!", esclamò Annie facendola trasalire. Ma, quando si voltò, la vide correre incontro ad Archie, che la salutò brevemente con un lungo bacio su una mano. L'etichetta imponeva che non potesse fare molto più di questo, anche se erano quasi sposati.

Lei avrebbe voluto gettarsi fra le braccia del suo amore, intrecciargli le mani dietro la nuca e magari avere un bacio vero...

"Buonasera, piccola Candy", la sua voce la colse di sorpresa e si sentì presa in castagna mentre pensava proprio a lui.

"A... Albert, buonasera!", ribatté temendo di andare a fuoco. Bell'inizio per una che non voleva scoprirsi più di tanto.

"Scusami per il ritardo ma sono uscito tardi da una riunione e...", alzò le spalle e Candy gli sorrise. E quella luce che guizzava nei suoi splendidi occhi, se l'era immaginata o era reale?

"Non fa niente, davvero. L'importante ora è che tu sia qui". Rimasero a guardarsi per qualche istante così intenso che Candy maledisse quelle parole così sibilline che le erano uscite.

Lui la sorprese perché divenne improvvisamente serio e fece qualcosa che non si aspettò: le prese le mani e piantò quegli occhi incredibili nei suoi, facendole diventare le gambe di gelatina: "Candy, io vorrei...".

"William, gli investitori ti stanno aspettando. Se ti interessa il progetto per questo nuovo ospedale devi affrettarti a stringere qualche mano e intrattenerli prima che venga servito il buffet", la voce della zia Elroy interruppe quel momento magico come una benedizione e una condanna allo stesso tempo.

Albert le riservò un'espressione contrita e le assicurò che avrebbero parlato successivamente, prenotandosi per un ballo. Il pensiero di Candy andò direttamente al corsetto e arrossì violentemente: forse avrebbe dovuto dare retta ad Annie. O forse no. Dio, le stava scoppiando la testa!

Senza pensarci accettò un flute di champagne che uno dei camerieri le stava offrendo e quando Archie le si avvicinò per salutarla la apostrofò con un: "Ehi, Candy, non sapevo che bevessi!".

"Nemmeno io", ribatté lei soffocando un singhiozzo. Ne aveva bevuti solo pochi sorsi e già le girava la testa. Sperava solo che la zia Elroy non se ne accorgesse o l'avrebbe diseredata assieme ad Albert, anche se non era lei la sua tutrice!

Cercò d'instaurare una conversazione con i suoi due amici, dicendosi dispiaciuta che non ci fosse Patty e ricordandosi solo dopo che la ragazza sarebbe stata sicuramente presente al prossimo matrimonio: "Mi sembri un po' con la testa fra le nuvole stasera, sai?", incalzò Archie. "È sempre per via dello champagne o ci sono altri motivi?".

Candy fu certa per un attimo che Annie gli avesse accennato al suo viaggio e tra loro cominciò una breve conversazione muta fatta di movimenti delle labbra e delle sopracciglia. Archie dovette notarlo, perché spostava lo sguardo da una all'altra come se stesse assistendo a una partita di tennis e sembrò pronto a fare una domanda.

In quel momento attaccò la musica e Annie ne approfittò per chiedergli di ballare. Dopotutto, lei non aveva fatto la spia, semplicemente il suo amico la conosceva molto bene.

La serata continuò a svolgersi in modo molto tranquillo e Albert la presentò come sua protetta a qualcuno dei suoi soci: quando lo faceva, poteva sentire la sua mano sfiorarla appena dietro alla schiena irradiando brividi come piccole scosse elettriche, rendendola desiderosa di un contatto maggiore. Cercando di non soffermarsi sui segnali che il cuore e il corpo le mandavano come disperati SOS, si limitò a fare degli inchini e a dirsi entusiasta per l'apertura di una nuova struttura medica, in quanto era infermiera. In quel momento incontrò la faccia contratta della zia Elroy e quasi se ne pentì, ma le parole di Albert le riempirono il cuore di gioia: "Candy è una ragazza straordinaria. La sua totale abnegazione verso il prossimo è motivo di grande orgoglio per me: sono stato io stesso suo paziente e posso assicurarvi che prende molto sul serio il suo lavoro".

"Oh, non ne dubito, signor William, dev'essere un onore essere assistiti da un'infermiera così affascinante!", dichiarò quello che gli era stato presentato come mister Campbell.

Candy arrossì e l'uomo proseguì: "Scherzi a parte, è davvero ammirevole che una signorina così ben educata come lei sia anche tanto altruista", concluse facendole un elegante baciamano. Lei ne fu lusingata e lo ringraziò di cuore.

Quando si allontanarono, Albert le mormorò all'orecchio facendole venire la pelle d'oca: "Se non fosse uno dei miei migliori investitori e avesse almeno 30 anni più di te, avrei potuto essere quasi geloso".

Lei si voltò di scatto per guardarlo e cercò nel suo volto sorridente una traccia di scherno. Eppure, in quell'espressione così dolce non leggeva forse anche una certa serietà?

"Bert, tu...?". Non poteva credere che fossero saltati così velocemente alla fase successiva. Ancora non avevano messo in chiaro niente e già parlava di gelosia! Possibile che lui... davvero...

"Balliamo?", le chiese senza rispondere a una domanda che neanche aveva posto.

Annuì, incapace di negargli quel valzer delizioso, mentre sentiva la sua mano posarsi sulla schiena e l'altra intrecciarsi alle dita della mano.
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Albert aveva appena superato un confine invisibile, dicendole tra il serio e il faceto che era geloso. Tuttavia voleva aspettare che fossero soli per parlarle con il cuore in mano e approfittò del valzer che aveva appena attaccato per stringerla un po' a sé.

Che fosse dannato se non trasalì quando la sua mano sinistra toccò la schiena di Candy: oltre la leggera stoffa del corpetto del vestito avvertì il calore della sua pelle e la linea netta della sua spina dorsale. Deglutì con la gola improvvisamente secca, rendendosi conto che non poteva più dissimulare l'attrazione che provava per lei.

Già quando era entrato e l'aveva vista era rimasto incantato: sapeva che era bella, ma la semplicità di quel vestito color verde brillante e i capelli finalmente sciolti sulle spalle andavano oltre ogni sua aspettativa. Per un attimo aveva pensato di trovarsi al cospetto di una ninfa dei boschi o della Dea della Natura in persona.

In più, lei lo stava fissando con quei due interrogativi smeraldi verdi che sembravano scavargli nell'anima: "Sai che più tardi suonerò la cornamusa?", disse di punto in bianco per stemperare la tensione.

Lei sembrò entusiasta: "Davvero? Sentirò di nuovo il suono delle lumache che strisciano?", chiese prima di scoppiare a ridere.

Lui la imitò, e il suo petto si riempì di una sensazione di pienezza e gioia che sembrava non dover avere mai fine, mentre la sua mano si beava del tocco sulla schiena di Candy e cercava inconsapevolmente i punti in cui la pelle era nuda.

Lei dovette accorgersene perché disse: "Ho... non ho voluto mettere il corsetto, mi dava fastidio. Spero di non averti messo in imbarazzo", sussurrò, arrossendo vistosamente, facendogli svolazzare le classiche farfalle nello stomaco e alimentando un lontano desiderio nascente.

"Tranquilla, piccola, nessun imbarazzo tra noi", poté solo rispondere.

Era ubriaco di Candy, voleva essere tutt'uno con lei, condividere con quella ragazzina divenuta donna ogni attimo della sua vita. Non era mai stato convinto, come in quel momento glorioso, di quello che doveva dirle. Se non lo amava avrebbe imparato e tutto sarebbe andato bene: era una certezza improvvisamente ineluttabile nel suo cuore.
Si chinò su di lei, desiderando baciarla ma sfiorandole appena il lobo dell'orecchio per sussurrarle ancora: "Andiamo in giardino, devo parlarti".

Avvertì il suo corpo vibrare mentre gli diceva un timido 'sì' e lo seguiva senza più fiatare.
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Candy si sentiva come se camminasse sospesa tra le nuvole, in una realtà onirica. La mano di Albert sulla schiena, le sue labbra morbide e la voce carezzevole nel suo orecchio e, poco prima, quella frase.

Stava succedendo tutto troppo velocemente e ormai era chiaro che Albert volesse parlarle proprio dell'argomento che lei voleva rimandare. Quando erano cambiate così tanto le cose tra loro? Non se n'era accorta o aveva semplicemente sorvolato quei pensieri? Ma, soprattutto, cosa avrebbe fatto ora? Avrebbe potuto semplicemente annullare l'incontro con Terry e lasciarsi trasportare dagli eventi, ma doveva a loro due la possibilità di rivedersi, non voleva lasciare alcuna zona d'ombra in quello che poteva essere il suo rapporto con Albert.

Lo champagne e la vicinanza del suo principe della collina, però, la stavano destabilizzando e l'unica cosa che capiva era che, contrariamente ai suoi piani, avrebbe dovuto rivelargli quasi tutto.

O forse si stava sbagliando di grosso? Il tragitto dalla casa al giardino fu interminabile, lui camminava piano come se stesse riordinando i pensieri e guardava a terra. Magari voleva parlarle di tutt'altro e lei era solo una povera illusa.

Stava impazzendo, non sapeva più cosa fosse meglio: ma ormai erano arrivati a una panchina nel bel mezzo del giardino delle rose dove tanti anni prima aveva scorto Anthony e, di qualunque cosa le volesse parlare, l'avrebbe fatto di lì a pochi istanti.

Tacque in trepidante attesa, scorgendo il suo viso illuminato solo dalla luce della luna e di una lanterna offuscata dalle fronde di un cespuglio. Si vedeva che stava cercando le parole e provò per lui un moto di tenerezza quando si accorse che si stava tormentando le mani: non lo aveva mai visto così indeciso. Improvvisamente, le sembrò molto più giovane della sua età, quasi suo coetaneo.

"Candy", esordì provocandole un brivido di aspettativa, "ti ricordi quando vivevamo alla Casa della Magnolia?".

"Sì", rispose chiudendo gli occhi, "abbiamo dovuto fare finta di essere fratelli e stavano per sfrattarci perché... pensavano...uh...". Si era appena infilata in un vicolo senza uscita, perfetto.

"Pensavano che fossimo una coppia clandestina", rise lui senza guardarla negli occhi, come se fosse imbarazzato. "Però... era una convivenza serena. Anche se non avevo memoria e i soldi erano pochi, mi sono goduto tutte le piccole cose di ogni giorno: cucinare, aspettarti quando tornavi dal lavoro... Tu eri felice?".

Candy sorrise a quei ricordi: "Certo, Albert, che domande sono? Il nostro è sempre stato un legame speciale. La verità è che, anche se eri tu il paziente, mi sono sentita sempre coccolata da te, come quando ti incontravo in giro per il mondo e tu mi aiutavi. In quel periodo non so se sono stata più io a prendermi cura di te, o tu di me", disse piano.

Le tornò in mente il periodo in cui lei e Terry si erano lasciati e fu sicura che anche Albert stesse ricordando la stessa cosa: scrutò il suo profilo con le mani intrecciate davanti alle labbra e avrebbe dato non sapeva cosa per leggere nei suoi pensieri.

"A volte vorrei tornare indietro nel tempo e vivere di nuovo con te".

Candy chiuse gli occhi, aveva la gola secca, e si sentì annegare e annaspare nel mare dei suoi stessi sentimenti contrastanti. Tentò disperatamente di riportare il discorso a una dimensione più amichevole e si arrovellò il cervello in cerca di qualcosa di sensato da dire: "Ci siamo divertiti molto, vero? Nonostante le difficoltà...", tentò, infine.

L'espressione di Albert divenne rigida, delusa e lo vide deglutire come se cercasse di trovare le parole: "Sì, è così", soffiò con aria assente e lei capì chiaramente che non era quella la piega che voleva far prendere alla sua frase. Poi rilassò le spalle e aggiunse: "Mi piacerebbe tanto vivere senza responsabilità, senza il peso del mio nome. A volte sogno di tornarmene in Africa o in giro per il mondo semplicemente come Albert il vagabondo".

Candy si rilassò a sua volta, grata di tornare su un terreno neutrale. "È comprensibile, tu sei uno spirito libero e non ti piace avere legami. Però questa è la tua famiglia e, perdonami se te lo dico, ma sei fortunato ad averne una", non poté fare a meno di aggiungere.

Lui si accigliò e le prese le mani, facendole venire la pelle d'oca: "Candy anche tu fai parte della famiglia Ardlay, non dimenticarlo mai!", le disse seriamente.

"Certo, certo, lo so... volevo solo dire che...".

Lui abbassò la testa, ora sembrava a disagio: "So cosa intendevi, Candy, scusami. Quello che volevo dire prima è...". Si alzò d'improvviso e lei si chiese se non fosse meglio interrompere la conversazione. Ma una parte di sé si sentiva così vicina ad accarezzare il sogno di un Albert innamorato di lei, che aveva dimenticato tutti i suoi buoni propositi.

" Albert, io...".

"Vorrei averti sempre al mio fianco durante i miei viaggi, Candy", concluse lui dandole le spalle. 

Candy smise di respirare per quasi un minuto intero, la testa cominciò a girarle e capì che doveva riprendere aria prima di svenire.

"A...Albert", articolò a fatica.

Lui si girò di nuovo nella sua direzione, improvvisamente nervoso. Gesticolava con fare esasperato e sembrava parlare più a se stesso o a un interlocutore invisibile che a lei: "Io ti ho adottata, sono il tuo tutore. Ti ho voluta sempre proteggere e non dovrei guardarti con occhi diversi: è sbagliato, è immorale, è... forse è addirittura contro natura, nonostante tu non sia la mia figlia naturale". Sedette di nuovo, prendendosi la testa fra le mani.

Lei gli toccò la spalla, senza trovare una singola parola da dirgli. Non sapeva se rimanere in silenzio fosse una buona idea, ma davvero non avrebbe saputo come replicare senza scoprirsi. Non aveva mai visto Albert così vulnerabile: lui, sempre così sereno, la roccia solida su cui appoggiarsi anche nelle situazioni più disperate ora le appariva schiacciato da un peso insopportabile.

Ma non poteva essere lei ad alleggerirlo. Non ora, non prima di essersi chiarita con Terence.

"Cosa vuoi dire, Albert?". Sapeva che era una domanda rischiosa, ma ormai le cose si erano spinte troppo oltre per rimandarla.

"Ho cercato di soffocare questo sentimento e forse... forse devo continuare a farlo, tu che ne dici, piccola Candy?", le domandò alla fine, posandole una mano sulla guancia.
Lei aprì la bocca per ribattere qualcosa di sensato e le uscì solo un: "non lo so" che fece mutare l'espressione di Albert in qualcosa di molto simile alla tristezza. In realtà non sapeva se lui volesse fuggire dai quei sentimenti.

Era così confusa e sconvolta dal fatto che Albert avesse deciso di aprirle il suo cuore proprio in quel momento, che per un attimo pensò di chiedergli cosa intendesse quando diceva di vederla con occhi diversi: sarebbe stata una domanda stupida? O una richiesta legittima? Oppure l'estremo tentativo di non vedere la realtà? Quella stessa realtà che da tempo si stava modificando e che lei aveva deliberatamente ignorato. La medesima realtà che le sembrava di aver visto riflessa negli occhi di Albert in più di un'occasione.

Ma Albert non aveva fantasmi del passato a creargli dubbi o zone d'ombra. O, almeno, era quello che mostrava.

Non voleva fargli del male e illuderlo, Albert meritava la verità.

Fu così che, mentre finalmente gli confessava le sue intenzioni, lo interruppe involontariamente nello stesso momento in cui lui forse cominciava ad articolare proprio quella frase che tanto agognava e paventava. Parlarono nello stesso, identico attimo:

"Candy, io ti...".

"Vado a incontrare Terry".

Anche l'aria sembrò fermarsi, congelando quel momento per un istante eterno.
   
 
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