LE
ALI DELLA FARFALLA
*
Capitolo 10 – Il muro
*
Marinette
osservava il cielo plumbeo, e l’umidità dell’aria le aveva bagnato leggermente
i capelli.
Continuava
a chiedersi se aveva fatto bene a dare il miraculous della coccinella ad
Adrien, non che non si fidasse di lui, questo era chiaro, ma magari suo padre
era riuscito ad aggirarlo in qualche maniera e a farselo consegnare.
Da
quanto appreso dal suo ragazzo, teneva in ostaggio Plagg, ed aveva sostituito
l’anello che era solito a portare, con un falso, solo per non destare sospetti
nella mora.
Osservava
l’orizzonte, in direzione della casa di Adrien, sia aspettava di sentire da un
momento all’altro un forte boato, o una luce accecante che si stagliava alta
fino allo spazio, o un terremoto, o un uragano, oppure, forse, aveva visto
troppi film catastrofici ultimante.
E
se sarebbe apparsa Bunnix?
Questo
forse, sarebbe stata la cosa peggiore, come avrebbe fatto a sistemare tutto
come la volta scorsa, se era spoglia dei suoi poteri?
Non
voleva riviere ancora quell’incubo, e peccato che le coccinelle magiche, non le
avessero cancellato la memoria e rimosso quel ricordo.
Ecco
forse era successo proprio questo, e non era stata una stupida firma su un
pacchetto regalo, a causare quasi la fine del mondo.
Si
portò le mani sui capelli e abbassò la testa, non le veniva nemmeno da
piangere, troppe emozioni, troppe responsabilità, e la consapevolezza di aver
fallito, di non essere stata in grado di assolvere il compito, per il quale,
Maestro Fu, aveva rinunciato in suo favore.
Si
chiedeva, se il vecchio, avesse scelto bene il suo successore e soprattutto se
fosse stato lucido e consapevole, che mettere tutto nelle mani di una sedicenne
e all’apparenza inesperta, non si fosse rivelata la cosa giusta.
“Ho
sbagliato tutto!” Grugnì battendo i pugni sulla fredda ringhiera metallica,
facendola vibrare leggermente.
“E
se Adrien morisse?” Stava per svenire per lo shock, forse avrebbe fatto prima a
puntargli una pistola alla testa, avrebbe sofferto meno e non se ne sarebbe
nemmeno accorto.
Ma
così, gli ha servito la sua fine, su di un piatto d’argento.
La
cosa più brutta per Marinette, fu quella di essere consapevole di avere le mani
legate, che non avrebbe potuto fare più niente per il suo Adrien, ora il
destino del mondo, dipendeva a da lui.
Sapeva
che avrebbe fatto la scelta giusta, o almeno lo sperava.
Sperava
di non essersi sbagliata sul suo conto.
Sperava
che con quel gesto di dimostrargli che in lui riponeva la più totale fiducia.
Sperava
che questo avrebbe rafforzato ancora di più il loro rapporto.
Sperava
che dopo fosse tutto finito.
Sperava, Marinette.
Quello
sguardo quando gli aveva affidato Tikki, non lo dimenticherà mai.
Avvilito,
affranto, abbattuto, addolorato e distrutto dal dolore dopo aver scoperto che
la persona che avrebbe dovuto proteggerlo da tutti i mali del mondo, era
proprio quello che stava combattendo da mesi, e in più ora la stava tradendo, l’aveva
privata della possibilità di aiutarlo, spogliandola dei suoi poteri.
Sospirò
ed entrò in casa.
*
Affondò
sul divano, dopo aver attraversato più volte la casa, e per ingannare l’attesa,
aveva provato a fare un dolce, la calmava sempre nei momenti più ansiosi.
Tirò
fuori una confezione già aperta di farina dalla credenza, e la gettò addossò al
muro con rabbia e con una forza tale, da farla esplodere.
Si
accasciò a terra in ginocchio ed iniziò a piangere.
“E’
tutto finito” Le disse una voce alle sue spalle.
Si
voltò di scatto, lui era lì, in piedi con la sua tuta in spandex nera, doveva
essere entrato dalla finestra aperta del soggiorno, perché non aveva sentito nessuno
bussare.
“C-chat
Noir” Sussurrò a mezze labbra andandogli incontro per abbracciarlo.
Ricambiò
stringendola forte, ne aveva bisogno, aveva bisogno di lei, l’unica persona in
grado di capirlo.
Si
impossessò delle sue labbra, le bramava, le desiderava con ardore.
Marinette
si accorse subito che qualcosa era cambiato in lui, non erano i soliti baci
pieni di passione, ma erano baci ricolmi di rabbia e risentimento.
Faceva
male.
Dove
Adrien volesse arrivare, lo capì molto presto, quando si gettarono sul divano e
lui iniziò a spogliarla e a toccarla, o per meglio dire, a graffiarla.
Marinette
non voleva questo, o meglio, lo avrebbe voluto, ma non così, non in quel modo.
“Mi
fai male” Gli sussurrò all’orecchio mentre lui si strusciava contro di lei.
Sembrava
non aver sentito quel lamento, quella supplica, forse alle sue orecchie sembrò
un invito a continuare.
La
ragazza sperava si rinsavisse in qualche maniera, che il non essere ricambiato,
lo facesse desistere dal suo scopo.
Nulla,
non servì a niente nemmeno quello.
Solo
quando Chat Noir, tentò di abbassarle le mutandine, Marinette gli diede una
spinta e lo gettò per terra.
Non
sapeva che dire o cosa fare, stava combinando l’ennesimo disastro, stava
mandando a puttane il suo rapporto con l’unica persona che era stato in grado
di capirlo.
“Scusa”
Riuscì a dire prima di sciogliere la trasformazione e rintanarsi in un angolo
come un gatto randagio, che era appena stato preso a bastonate.
Marinette
gli si avvicinò in modo calmo e premuroso e lo strinse forte a se, e fu in quel
momento che sentì il suo braccio nudo bagnarsi.
“Ho
paura a chiedertelo” Sospirò.
“E’
finita”.
“Questo
lo hai già detto”.
Adrien
si alzò e guardò la ragazza, era seminuda e con entrambe la braccia graffiate e
sanguinanti.
Avvilito
e colpevole di quello che era appena successo, le diede le spalle “Devo andare,
scusami”.
“Andare?
Dove?”. Chiese interrogativa, non sapeva cos’era successo, e ne aveva tutto il
sacrosanto diritto di sapere cos’era appena accaduto a casa sua, a sua madre, a
suo padre, insomma a tutto.
Voleva
una spiegazione e la pretendeva ora, non gli avrebbe dato la possibilità di
andarsene da lì.
“Questi
sono tuoi” Gli lanciò la scatolina contenente gli orecchini con non curanza,
che Marinette prese al volo, seguiti dai miraculous del pavone e della farfalla.
“Adrien!”
Esclamò alzandosi “Ti ordino di dirmi subito cos’è successo! Te lo chiedo come
guardiana dei miraculous e non come Marinette”.
“Hai
i miraculous, no? Cosa vuoi ancora?”
Marinette
spalancò la bocca, da quando aveva iniziato a parlarle così? E soprattutto perché?
Non
le stava dando la possibilità di aiutarlo, e questo la feriva.
In
quel momento aveva innalzato un muro alto e invalicabile, contenendo tutto il
suo dolore e la delusione, doveva riuscire a buttarlo giù in qualche maniera.
Lei
era pur sempre Lady Bug, lei non si arrende mai.
Si
avvicinò a lui e lo strinse da dietro, accarezzandogli il petto, fino ad
arrivare al suo cuore che batteva all’impazzata.
“Ti
amo” Gli disse, cercando un modo per farlo parlare.
“Come
puoi amare un mostro?” Le chiese spostandole le mani.
“Un
mostro?” Fece di rimando incredula a cosa aveva appena sentito.
“Guarda
cosa ti ho fatto” Le indicò i graffi e riferendosi ad averla quasi costretta a
fare una cosa che non voleva.
“Un
po’ di cotone e acqua ossigenata e passa tutto”.
“Magari
si potesse dire la stessa cosa per mia madre e mio padre”.
Marinette
deglutì “Me-me ne vuoi parlare?”.
Negò
con il capo.
“Senti,
Adrien. Io ci sarò sempre per te, e quando vorrai raccontarmi tutto, io sarò
qui ad ascoltarti”. Gli stampò un tenero bacio sulla fronte, e lui si sentì
morire, perché se fosse stata un’altra ragazza, lo avrebbe cacciato a calci nel
sedere, senza voler sentire ragioni, ma lei no, era perfetta, l’amica a cui
avresti potuto raccontare i tuoi segreti più oscuri, la fidanzata impeccabile,
insomma, lei era semplicemente Marinette. “E stanotte tu resti qui”.
Era
riuscita a capire che a villa Agreste, non avrebbe messo piede per un po’, non
sapeva se avesse un altro posto, un’altra proprietà dove andare, nel dubbio,
meglio averlo sotto lo stesso tetto, non gli aveva chiesto di farsi consegnare
l’anello, (nemmeno lo voleva), e se in un raptus avesse scatenato il suo
potere, dio solo sa cosa avrebbe potuto distruggere, e questo non lo poteva
permettere.
*
Marinette
aveva avvertito sua madre Sabine, che Adrien si sarebbe fermato a dormire da
lei, le aveva raccontato che aveva avuto un brutto litigio con il padre, non si
sa mai che fossero rincasati prima del previsto e trovarsi un’ospite inatteso
in casa, di sesso opposto, avrebbe potuto far fraintendere la situazione, anche
perché nessuno sapeva che lei e Adrien stavano insieme.
Sabine,
non avrebbe detto nulla a Tom, meglio non farlo viaggiare troppo con la
fantasia, e soprattutto, sapere un ragazzo a casa sua, con sua figlia, non lo
avrebbe fatto dormire la notte, e forse, avrebbe anticipato il ritorno a casa.
Aveva
accettato, a patto che dormisse nella stanza degli ospiti, ed è quello che
fece.
Adrien
rimase taciturno per tutta la serata, non volle toccare cibo, se lo avesse
fatto, sicuramente lo avrebbe rigurgitato subito, e non perché non credeva alle
abilità culinarie della sua ragazza, ma solo perché aveva lo stomaco ancora
pieno di rabbia e malinconia.
“I-io
vado a letto. S-se ti serve qualcosa, vienimi pure a chiamare. F-fa come se
fossi a casa tua” Balbettò prima di chiudersi in camera, chiedendosi se stava
facendo la cosa giusta a lasciarlo da solo, forse sarebbe stato meglio se
avessero dormito assieme.
*
Si
buttò sul letto e cercò di chiudere gli occhi, ma il non sapere cosa fosse
accaduto e soprattutto il suo essere
così silenzioso, non faceva ben sperare.
“Marinette,
fai quello che sente il tuo cuore, Adrien ha un disperato bisogno di te in
questo momento” Le disse dopo averla sentita rigirarsi nel letto per l’ennesima
volta.
Guardò
l’orologio, era quasi mezzanotte, si alzò per andare a bere un bicchiere
d’acqua, che come al solito, aveva dimenticato di portarlo in camera.
Lo
trovò in piedi di fronte la finestra, mentre sul suo volto era appena scomparsa
la luce di un paio di fanali, di un’auto che era passata di lì.
Sembrava
una figura inanimata.
“Non
riesci a dormire?” Le disse sentendola vicino.
“In
realtà sono scesa a prendere un bicchiere d’acqua, ho sete”. Rispose
dirigendosi verso il frigorifero.
“Ah!
Quindi non sei venuta a controllare se ero ancora qui” Disse sornione.
“No,
però…” Trangugiò dell’acqua “…è vero, non riesco a chiudere occhio”.
Non
accesero la luce, bastava la luna alta nel cielo ad illuminare i loro volti.
“Mi
dispiace, per prima, non so cosa mi sia preso” Si scusò per l’ennesima volta,
non voleva fare quello che aveva fatto, ma era accecato dall’odio e dalle
miriade di sensazioni che in quel momento lo stavano attraversando, che non si
era reso conto, che stava facendo del male all’unica persona che gli era sempre
stata vicino.
“Vieni”.
Lo prese per la mano, conducendolo in camera sua.
Marinette
lo abbracciò ed iniziò a baciarlo, sperando di potergli fare scaricare un po’
di tensione accumulata, e di liberare la mente dai fatti accaduti quel
pomeriggio.
Si
sdraiarono sul letto, continuando ad accarezzarsi e baciarsi, finchè non ne
ebbero abbastanza, si addormentarono mentre Adrien le accarezzava i capelli e
Marinette intrecciava le mani alle sue.
*
Continua
*
Angolo dell’autrice: Ciao a tutti e
buona domenica! Innanzitutto volevo ringraziarvi come sempre per leggere questa
mia storia, siete sempre in tanti anche ad inserirla tra i preferiti, le
seguite e le ricordate.
Grazie davvero!
Spero con questo
capitolo di non aver esagerato, ho provato più volte ad immaginarmi la scena, e
sempre andavo a parare lì.
Mi sono
immaginata che Adrien, dopo aver compiuto il gesto nel capitolo precedente,
doveva essere abbastanza frustrato e in qualche modo, sfogare questa rabbia,
purtroppo è capitata su Marinette, ma lei, è riuscita a capirlo, anche se
ancora in attesa di sapere da lui quanto è successo.
Vi aspetto nel
prossimo capitolo, e se vorrete, aspetto di sapere cosa ne pensate.
Un abbraccio.