Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: MadMary    18/01/2021    0 recensioni
Aceto Doppio era sempre stato affascinato dagli Strip Club, ma non si era mai osato.
Quella sera, però, si sentiva diverso: una forza non troppo sconosciuta lo stava spingendo ad entrare, a sperimentare. Doppio sentiva di aver bisogno di contatto umano, come se la sua vita dipendesse da quello.
Entrando nel locale capì di aver fatto la scelta giusta, quando posò gli occhi su di lei e la forza sovrannaturale lo spinse a prenderla.
Genere: Angst, Dark, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Diavolo, Doppio Aceto, Ghiaccio, Prosciutto, Risotto Nero
Note: Lemon | Avvertimenti: Non-con, Threesome, Violenza
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Sentì il corpo libero dalla morsa delle gambe massicce dell’uomo, che scese da lei e dal divano, rimanendo in piedi davanti alla ragazza, dandole la schiena, mentre lei respirava ancora affannosamente e, rimanendo distesa, osservava la scena col capo voltato verso gli sconosciuti.

-Gelato...- disse quasi sussurrando.

I due si avvicinarono a lui, con solo il tavolino a dividerli.

-Ma che cazzo combini? Se il capo lo venisse a sapere ti spellerebbe vivo.- commentò il moro, con una voce incredibilmente bassa e roca, scrutandolo con disapprovazione e ribrezzo il suo collega.

Ghiaccio voltò il capo, guardando a lato del salotto, sbuffando.

-Non so cosa abbiate visto, ma come al solito non avete capito un cazzo! La stavo solo minacciando e siccome non chiudeva quella cazzo di bocca e continuava a piangere, l’ho dovuta zittire.-

Celeste non poté credere a quelle parole, così false. Si fece forza con le braccia tremanti e rizzò il busto, sedendosi sul divano e portando le gambe nude al petto scoperto, mentre i pantaloni in pelle neri le scivolavano definitivamente dai piedi, cadendo sul pavimento freddo.

Il biondo piegò il capo di lato per osservarla e poi si lasciò scappare una risata.

-E per zittirla l’hai dovuta spogliare e buttare su un divano?- abbassò lo sguardo verso la sua coscia violacea –Ah certo, come dimenticare la tortura della coscia. Sei proprio una testa di cazzo, ti basta vedere un po’ di figa per perdere completamente il cervello.-

Il riccio voltò di scatto il capo, fulminandolo con gli occhi.

-Sai Gelato, non tutti possiamo farci scopare il culo quando ci pare, dico bene?-

Il viso del moro mutò ulteriormente, ricambiando lo sguardo assassino.

-Se non vuoi aspettare che sia Risotto a spaccarti quella faccia di merda che ti ritrovi, basta dirlo.- sputò.

Celeste sentì la stanza scaldarsi ed ebbe veramente paura per la seconda volta in quella giornata infernale.

Vide Ghiaccio scattare, scavalcando con un salto incredibilmente alto il tavolino e avvicinandosi con passo minaccioso verso i due, mentre puntava loro un dito, continuando ad inveire ininterrottamente.

-Vi fate vivi qui solo per dare ordini, stronzi?! Dove cazzo siete stati tutti questi giorni, eh?! Comodo arrivare e comandare come se fosse casa vostra, non è vero?! Non venitemi a parlare di cosa farebbe Risotto, non voi cazzo!-

Prima che l’uomo di statura più bassa e dai capelli biondi potesse rispondere agli insulti, Melone corse nella stanza.

-Ehi ehi ehi! Che succede qua?!-

Tutti si voltarono verso di lui e Ghiaccio indietreggiò di qualche passo, sbuffando.

-Andate a farvi fottere.- e, spostando malamente il compagno appena arrivato, uscì dall’abitazione sbattendosi il portone in legno alle spalle.

La ragazza tentò di asciugarsi il volto fradicio, sistemandosi frettolosamente il reggiseno e rimettendosi la maglia, mentre i tre rimasti nella stanza la fissavano.

-Gelato, Sorbetto... allora, sapete spiegarmi che cos’è successo mentre ero assente?- domandò l’uomo dai capelli lilla, volgendo lo sguardo verso loro e poggiando una mano sul fianco ossuto.

Il moro alzò le spalle, prima di rispondergli.

-Noi siamo semplicemente entrati in casa e abbiamo sentito del casino, così siamo venuti qua e abbiamo trovato Ghiaccio sopra l’ostaggio, con tre dita ficcate in bocca e dei vestiti per terra, mentre la teneva bloccata sul divano.-

Il compagno fra le sue braccia annuì, prima di proseguire al suo posto.

-Gli abbiamo chiesto che cosa stesse facendo e come al solito si è incazzato.-

Melone sospirò, guardando Celeste, che si era appena alzata dando loro le spalle per indossare nuovamente i propri pantaloni.

Non poté fare a meno di osservare le sue forme, finché non notò dei segni violacei su una delle sue gambe.

-Cara...- la chiamò con tono libidinoso, facendola voltare con un’espressione di disgusto stampata in volto -è stato lui a farti quei segni lì, tutti rossastri?-

La vide subito annuire, mentre rivolgeva gli occhi arrossati e gonfi verso il pavimento.

Si mise una mano in volto, sospirando pesantemente un’altra volta.

-Dobbiamo dirlo al capo prima che lo scopra lui da solo, finiremo comunque nei casini, come al solito ha fatto un macello quell’idiota.-

-Finiremo?!- abbaiò il biondo –Io e Sorbetto non abbiamo fatto proprio un cazzo! La colpa è di quel coglione ed è solo sua, che non provi a portarci dentro a questo casino!-

Il suo compagno annuì, con sguardo severo.

-Devo sbrigarmi ad informare Risotto, speriamo solo che il boss non la faccia prendere in questi giorni...- aggiunse ignorandoli e si passò una mano fra i capelli lisci e setosi, rivolgendo poi i occhi blu verso quelli azzurri della ragazza, ancora in piedi davanti al divano.

-Si può sapere che hai combinato per farlo arrabbiare così tanto, mia cara?- le chiese, sorridendole, mentre la approcciava con passo lascivo.

-Io.. Io non ho fatto nulla.- la voce le si bloccò in gola, mentre sentiva nuovamente gli occhi riempirsi di lacrime.

Melone le pose con troppa confidenza una mano sulla spalla, forzandola a sedersi, mentre prendeva posto accanto a lei e la continuava a fissare.

-Vai avanti.-

Fece un grande respiro, prima di deglutire.

-Ero qua, in salotto... poi è arrivato e io ho fatto per andarmene, ma lui si è messo a urlarmi contro, così gli ho mentito, dicendogli che volevo solo prepararmi un caffè...- sentiva quelle tre figure studiarla con attenzione –allora lui mi ha ordinato di portargliene una tazza e ho ubbidito, solo che mi ha costretta a sedermi accanto a lui per berlo e quando ho finito mi sono alzata, ma lui si è imbestialito.-

Melone annuì, invitandola a proseguire, mentre le massaggiava viscidamente la coscia dolorante.

-Mi ha presa per il polso e mi ha costretta sul divano, poi... poi mi ha tolto la maglietta e mi ha abbassato i pantaloni e...- la voce tremante le si strozzò nuovamente in gola, iniziando a lacrimare copiosamente.

-Non abbiamo tutto il giorno, avremmo anche da lavorare noi.- commentò acidamente Sorbetto.

-Scusate...- si giustificò con tono flebile, asciugandosi col dorso della mano il volto –allora ha iniziato a toccarmi e mi ha... penetrata con le dita e poi... poi me le ha costrette in bocca, insultandomi e dicendo che sono solo una troia, che vi provoco apposta e che in realtà mi piacerebbe essere...- si schiarì rumorosamente la gola -...avere dei rapporti con tutti voi...- concluse, coprendosi il viso con le mani e lasciandosi andare a dei forti singhiozzi.

Melone si alzò, grattandosi una tempia con un dito guantato.

-Non si può dire che tu non te la sia cercata rimanendo sola in una stanza con lui, certo però che mi sarei aspettato un po’ più di autocontrollo da parte sua, prima di ulteriori permessi dati dal boss...- sbuffò, infastidito –ora il capo ci farà un culo assurdo, questa non ci voleva.-

-Ma perché continui a usare il plurale, Melone?- contestò Gelato.

-Infatti, l’hai sentita, no? Ghiaccio ha fatto tutto da solo e lei non si farà certo problemi a dirlo a Risotto, vero?- le domandò Sorbetto, guardandola con degli occhi di ghiaccio e facendola annuire, ancora tremante.

-Beh non avete tutti i torti, infondo è lui che non si sa frenare davanti a una donna...- la guardò con occhi affamati, leccandosi il labbro e facendole contorcere le budella.

Non poteva fidarsi di nessuno.

A Lui non interessava della sua salute, ma unicamente di non essere punito dal suo capo, la cosa fu chiara dopo quegli ennesimi sguardi languidi.

-Appena arriverà dopo la sua missione gliene parlerò, voi due non preoccupatevi, mentre tu- la richiamò con uno schiocco delle dita, come se fosse un cane –vatti a dare una sciacquata, hai un viso indecente, così fai sembrare la cosa ancora più grave, forza vai.-

Celeste sentì le unghie rompere la pelle dei suoi palmi, mentre stringeva con odio i pugni, sperando scioccamente di poter aggredire quei mostri.

“Uomini schifosi, brutti bastardi, vermi ignobili!” pensò, alzandosi faticosamente dal divano, con ancora il corpo debole e dirigendosi verso il bagno.

Dopo che ebbe abbandonato la stanza, Melone si lasciò andare teatralmente sullo schienale del divano.

-Che situazione...- ridacchiò, grattandosi con una mano le sopracciglia.

Gelato gli sorrise meschinamente.

-Tanto sappiamo tutti come finirà con questa, al boss conviene darvi il via libera e basta, prima che finisca ancora peggio di come già andrà.-

Melone scoppiò a ridere sonoramente, prima di guardarlo dritto negli occhi.

-Esattamente.-

 

Sotto l’acqua bollente si sentì quasi protetta, quasi purificata dopo quella tremenda esperienza.

La gola le bruciava ancora dopo che le unghie dell’uomo l’avevano graffiata e la coscia urlò dal dolore, quando sbadatamente si scontrò contro un lato della doccia.

Il suo seno sinistro iniziò a mostrare delle striature simili a quelle sulla gamba, rendendole difficile lavarsi il corpo, nel tentativo di eliminare il ricordo di quel tocco rozzo sulla sua pelle pallida.

Si sedette sotto al getto caldo, rannicchiandosi su sé stessa, tornando a piangere col capo nascosto fra le braccia incrociate che tenevano strette al petto le ginocchia.

Desiderò ancora una volta la morte e per qualche istante le si bloccò il respiro.

Quando uscì dalla doccia, circa due ore dopo, in casa era rimasto solo Melone, intento a parlare con tono sostenuto a qualcuno, in una stanza che lei ancora non aveva ancora esplorato.

Sentì unicamente la sua voce vellutata fuoriuscire dai muri di quella camera e decise, spinta dalla curiosità, di origliare, poggiando delicatamente il proprio orecchio e la propria spalla sulla porta in legno.

-...e quindi Ghiaccio le ha preso una gamba e gliel’ha stretta, per questo adesso è piena di lividi lì.- sentì dire.

Realizzò che stava spiegando quello che era accaduto ore prima a Risotto.

Con uno scatto violento si distaccò dalla parete in legno, non volendo sentire e ricordare nuovamente quel triste evento e non volendo, soprattutto, farsi scoprire da loro e rischiare di finire nuovamente in una situazione pericolosa.

Fece per dirigersi verso la stanza da letto che le era stata concessa, quando la porta da cui proveniva la voce di Melone si aprì, facendo uscire l’uomo e anche una figura imponente, che copriva con la sua ombra il suo compagno.

-Donna.- tuonò il gigante.

Celeste rabbrividì sentendo Risotto chiamarla nuovamente in quel modo, voltandosi verso di lui lentamente, trovandolo a pochi centimetri da lei.

-Sì...?- domandò con un filo di voce, guardandolo con aria terrorizzata dal basso.

Il capo la scrutò mentre si stingeva l’asciugamano stinto al petto con le mani.

Notò subito il polso arrossato, dei segni di dita sulla parte alta di uno dei suoi seni e gli ovvi lividi sulla coscia.

-Chi è stato?- le chiese, non facendo nemmeno riferimento a cosa.

La ragazza distolse lo sguardo, mordendosi il labbro e deglutendo rumorosamente, non rispondendo nell’immediato.

-Rispondimi.-

-È stato Ghiaccio...- sussurrò, con voce rotta.

Lo sentì aspirare rumorosamente dal naso.

-Vedi di non finire mai più in situazioni simili coi miei uomini.- la ammonì, facendole scattare il volto verso di lui nuovamente –E cerca di non provocarli più, non accetterò che tu li metta nuovamente in pericolo provocandoli in questa maniera.-

Non riuscì a credere alle sue parole: la colpa era sua? Questo non poteva accettarlo.

Spinta da un moto di coraggio, provocato probabilmente dalla mancanza di rispetto che le stavano continuamente recando, finalmente scoppiò, lasciandosi andare a uno sfogo, dopo essersi tenuta dentro tutto l’odio di quei giorni.

-Provocarli?! Mi state prendendo in giro?! Che cazzo dovrei fare io, se mi ordinate di ballare per voi, eh?! Dovrei rifiutarmi, così potete staccarmi le unghie delle mani?! Voi avete dei cazzo di problemi, siete dei fottutissimi pazzi! Ti rendi conto di quello che stai dicendo?! Ti ascolti mentre parli o hai la merda nel cervello?! Spero che il vostro capo vi ammazzi tutti! Spero moriate tutti quanti, cazzo!-

L’uomo dai capelli bianchi non cambiò espressione, come suo solito, mentre Melone si lasciò sfuggire un sorrisetto, che coprì prontamente con il palmo di una mano, preparandosi a quello che sarebbe successo fra poco.

Prima che la ragazza potesse continuare il suo discorso liberatorio, si trovò di colpo inchiodata al muro, con una stretta al collo soffocante che la fece zittire sul momento e la schiena premuta dolorosamente contro le dure e sporgenti mattonelle della parete rovinata.

-Se aggiungi anche solo una parola, quello che ti ha fatto il mio uomo non sarà nulla in confronto a quello che ti farò io.- le sussurrò con voce bassa, guardandola fissa negli occhi.

La sentì provare a deglutire, mentre si portava le mani al collo e tentava inutilmente di liberarsi dalla presa.

Fece ancora più pressione, facendola tossire e annaspare per dell’aria, prima di lasciarla andare, guardandola accasciarsi al suolo e rimanere spoglia del suo asciugamano, scivolato dal suo corpo, esile e indifeso, ai piedi dell’uomo.

-Vi odio...- gracchiò con voce roca, fissando il pavimento che si bagnava delle sue lacrime –vi odio con tutta me stessa.-

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