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Autore: sacrogral    19/01/2021    3 recensioni
Storia breve e concitata.
Sto correndo, sto correndo come un forsennato, mi manca il respiro, mi cederanno le gambe. Rocce e poi rami, rami dappertutto, mi sbattono addosso, mi graffiano. Ho lei fra le braccia, è ancora incosciente, credo, devo far attenzione a lei. Ma non posso fermarmi, non ancora, non siamo lontani abbastanza. Mi si spaccano i polmoni, mi cederanno per forza le gambe, mi abbatterò a terra, non ce la faccio. E invece ce la faccio, ce la faccio ancora. Sento le sue mani annaspare adesso, si muove, non ho fiato per dirle qualcosa che la rassicuri, sento il mio nome, non rispondo. Corro alla cieca, non riconosco niente. Graffi ovunque, pantaloni strappati, giacca a brandelli. Vento in faccia. Devo solo allontanarmi, in fretta, in fretta. Non sento più le braccia. Non sento più le gambe. Ce la faccio, ce la faccio. Come diavolo ci siamo trovati qui?
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Jeanne Valois, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sto correndo, sto correndo come un forsennato, mi manca il respiro, mi cederanno le gambe. Rocce e poi rami, rami dappertutto, mi sbattono addosso, mi graffiano. Ho lei fra le braccia, è ancora incosciente, credo, devo far attenzione a lei. Ma non posso fermarmi, non ancora, non siamo lontani abbastanza. Mi si spaccano i polmoni, mi cederanno per forza le gambe, mi abbatterò a terra, non ce la faccio. E invece ce la faccio, ce la faccio ancora. Sento le sue mani annaspare adesso, si muove, non ho fiato per dirle qualcosa che la rassicuri, sento il mio nome, non rispondo. Corro alla cieca, non riconosco niente. Graffi ovunque, pantaloni strappati, giacca a brandelli. Vento in faccia. Devo solo allontanarmi, in fretta, in fretta. Non sento più le braccia. Non sento più le gambe. Ce la faccio, ce la faccio. Come diavolo ci siamo trovati qui?

Oscar ci ha detto di aspettare. Se dovremo intervenire, sparerà. Lo ha detto ai suoi soldati, che son qui, allertati e disciplinati. Lo ha detto anche a me, che son qui, preoccupato e indisciplinato. Non mi piace, non mi piace proprio. Mi appoggio a un albero, guardo a terra. Ho i sensi esasperati- sento le foglie che si muovono, sento un fru-fru fra le fratte, profumo di resina, brividi addosso, ma non di freddo. Perché non mi hai chiesto di venire con te? Non ti piace quello che stai per fare. E tu pensi che quella donna è la sorella di Rosalie, la stai trattando come un essere umano, lo so. Le hai portato l’anello di sua madre, in prigione. Non lo vedi mai, tutto il male, fino in fondo. Ed io mordo il freno, non mi fido, troppe ombre in questa storia, troppi retroscena, troppi intrighi… e tu, lì dentro, da sola. Tutto sbagliato.

D’improvviso, un fulmine nella testa. Mi hai chiamato. Ti ho sentita, sono sicuro. “Oscar ha bisogno di me” dico, non so a chi. Scatto. Mi accorgo appena che qualcuno tenta di trattenermi, mentre ci penso sono già lontano. Rami, rami dappertutto, poi rocce. Poi un ponte. Poi te.

Entro e ti cerco. Ti vedo a terra, che cerchi di fermare Nicholas de la Motte, che ti aggredisce, che ti toglie il respiro con quelle mani luride. Alzo il fucile.

Poi mi fermo.

Jeanne Valois è dietro di lui. Mi guarda, e mi strizza un occhio. Sorride. E poi pianta un pugnale nella schiena di suo marito.

Lui cade a terra. Io abbasso l’arma e vedo solo te, che ti muovi piano, ti muovi appena. Respiri? Certo che  respiri.

Jeanne Valois, china su di lui, mi guarda: “Tu sei André, giusto? Ti ha chiamato due volte”.

Mi cade il fucile. “Sì”, balbetto. Non capisco. È diversa da come la immaginavo. Rispetto a Rosalie, è come la notte con il giorno.

“Tu l’hai sentita” mi dice, quella donna sfolgorante di bellezza e di orrore, e sembra quasi un’accusa.  Nicholas de la Motte si lamenta piano, tu non riesci a alzarti, cerchi aria “Tu sei il suo cavaliere” e ridacchia.

È pazza. Non da ora, certo, ma adesso tocco con mano la sua pazzia. Mi muovo verso di te, piano, pianissimo. Non so cosa possa avere in mente. È un animale in trappola, ma è sempre pericolosa. Non le stacco gli occhi di dosso e mi sforzo di sorridere, come se mi fidassi, come se non fossimo qui.
“Lei ha fatto molto per me. Non voglio che muoia. Puoi prenderla, cavaliere innamorato”, e io mi avvicino ancora a te, che non ti muovi, che sei a terra; mi avvicino col sudore che mi si ghiaccia addosso e mentre guardo Jeanne Valois, che non voglio aggredire perché voglio solo prendere te, al resto penserà qualcun altro.

“Fai piano, e portami rispetto. Qui dentro è pieno di polvere da sparo e io ho il fuoco. Devo solo decidere quando usarlo”.

Madame, vi credo. Non sono un soldato, non ho nessuna intenzione di toccarvi” metto le mani ben in vista, le cammino a distanza. Ha ragione, qui dentro è pieno di polvere da sparo. E lei il fuoco ce l’ha, senza dubbio.

“No. Non sei un soldato. Sei un cavaliere. Forse sei un principe, come quelli delle favole” ride “Forse sei solo un sogno. Dimmi, principe dei sogni, li hai letti i miei libri?”

Ti sono accanto. Guardo Jeanne Valois, spiritata, mentre ti cerco il collo, per controllare il respiro. Lo sento, debole ma lo sento.

“Li ho letti tutti. Trovo, madame, che siano pieni di menzogne e fantasie rancorose. Ma trovo anche che siano scritti benissimo”

Spalanca gli occhi, mentre accarezza i capelli di Nicholas de la Motte, gemente, morente.

“Hai proprio ragione. Ma quando si nasce come me, nella miseria, e l’unica cosa che si vorrebbe è la ricchezza, non si fanno tante sottigliezze.

Menzogna e verità son lussi che si possono permettere solo i ricchi. Quelli come te”

“Vi sbagliate, non sono ricco, né nobile” ti sollevo “Ma ho conosciuto vostra sorella, che vi vuole molto bene ed è una fanciulla pura. È facile nascondere le proprie ambizioni sotto grandi ideali, madame. Forse troppo facile”

Non le stacco gli occhi di dosso. Fa paura la mancanza di scrupoli. Fa pietà il dolore. Per me, lei è un mostro. Come era un mostro Elena di Sparta.

Neanche io faccio sottigliezze.

“Né nobile, né ricco? E qual è il tuo capitale, cavaliere? I sogni, forse? Le belle parole? L’amore, magari?” ride ancora, fra un po’ perderà ogni controllo “La mia vita è stata tutta una lotta. E adesso sono famosa e amata, più amata della regina di Francia. Era quello che volevo? Dimmelo tu, ora che siam vicini alla morte! Dimmi se volevo davvero questo, toccare il fondo e essere stanca… così stanca… “

Mi allontano verso la porta, a passi brevi, ti ho fra le braccia, usciremo da qui, te lo giuro. Lasciarla parlare, devo lasciarla parlare.

“Non puoi neanche immaginare, tu, cosa ho fatto nella mia vita. Tu non conosci la sofferenza, non lo sia cos’è, l’essere divorati da un pensiero solo, e calpestare tutti e tutto pur di arrivare dove vuoi. Bruciare dentro, la solitudine, e notti confuse coi giorni di fuoco, volendo di più, sempre di più!” si alza, spalanca le braccia, distorce la bocca in un ghigno.  

Sono finalmente sulla porta. Ti sento respirare piano. E benché abbia una fretta del diavolo, malgrado voglia solo portarti fuori di qui, sento montare un’indignazione feroce, mi repelle il suo gusto per lo spettacolo e per il sangue, e mi fa orrore il suo autocelebrarsi.

“Tu non sai niente! Se quei cipressi potessero parlare chissà cosa direbbero!” grida, indicando la foresta.

“Fa’ un po’ quel che ti pare, Jeanne de la Motte!” penso, e le rispondo:

“Questo è facile, madame. Direbbero siamo abeti

La sua risata sembra riempire tutto lo spazio. È una risata folle, disgustosa, ma son già in fuga, mentre la sento urlare: “Corri, cavaliere innamorato, corri!” e poi più niente.


Sei leggera, sei leggera. Non pesi niente. Posso portarti dove vuoi, fino a Parigi, fino a casa. Sono un cavaliere innamorato, sono un principe. Muro, muro, ancora muro. Sono l’ultimo che ha fatto ridere Jeanne Valois. Aria, ecco l’aria. Siamo fuori. Ci siamo quasi, Oscar. Stringiti a me, riparati. Non siamo ancora abbastanza lontani da quel cimitero. Ma fra poco sì. Fra poco esploderà tutto, ma noi saremo distanti. Rami, rami in faccia. Bosco e boscaglia.  Fra un po’ vedremo i tuoi soldati, fra un po’ ti guarderò in viso. Solo un po’. Bagnerò un fazzoletto con dell’acqua, ti sarà utile. Ancora rami. Stringiti a me. Sono un cavaliere innamorato.
 
 
 
  
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