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Autore: sacrogral    19/01/2021    5 recensioni
In realtà, si era già pentito di quello sprazzo di generosità che lo aveva preso, giusto per compassione e bontà d’animo, ma visto che quella sera Oscar era impegnata a Versailles con le Guardie Reali e Rosalie sembrava così triste e sempre sull’orlo del pianto, lì per lì gli era sembrata una buona idea portarla a cena a Parigi. Lui stesso, pensava, si sarebbe distratto, dimenticando anche quella fitta di fastidio che lo prendeva sempre, quando Oscar era lontana, fitta che forse lo tormentava anche un po’ di più quando era invece vicina al nobile e impeccabile Girodelle- e siccome non gradiva pensare in questi termini, né a lei, né a se stesso, aveva pensato in maniera trasversale: “Porto Rosalie a prendere un po’ d’aria, le farà bene, magari vedendo posti nuovi accantonerà per un po’ i suoi desideri di vendetta, povera ragazza”.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Rosalie Lamorlière
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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In realtà, si era già pentito di quello sprazzo di generosità che lo aveva preso, giusto per compassione e bontà d’animo, ma visto che quella sera Oscar era impegnata a Versailles con le Guardie Reali e Rosalie sembrava così triste e sempre sull’orlo del pianto, lì per lì gli era sembrata una buona idea portarla a cena a Parigi. Lui stesso, pensava, si sarebbe distratto, dimenticando anche quella fitta di fastidio che lo prendeva sempre, quando Oscar era lontana, fitta che forse lo tormentava anche un po’ di più quando era invece vicina al nobile e impeccabile Girodelle- e siccome non gradiva pensare in questi termini, né a lei, né a se stesso, aveva pensato in maniera trasversale: “Porto Rosalie a prendere un po’ d’aria, le farà bene, magari vedendo posti nuovi accantonerà per un po’ i suoi desideri di vendetta, povera ragazza”.

Questo era stato il primo errore.

Il secondo era stato prendere due cavalli.

Monsieur André, cercate di non correre. Non saprei tornare da sola”

“Rosalie, siamo ancora nei pressi di Palazzo Jarjayes e stiamo andando al trotto”

Monsieur André, se il cavallo dovesse innervosirsi…”

“Rosalie, il mio cavallo si chiama Alexander, quello di Oscar Cesar, e quello a cui stai in groppa Ronzinante: ci sarà un motivo, non credi?”

Monsieur André, siete certo che le strade siano sicure?”

“Rosalie, vado spesso a Parigi, la sera. Mai avuto problemi”

“Ma di  questo passo” pensava “non ci arriveremo mai, o magari ci arriverò da solo, o tornerò da solo, visto che ho già voglia di strozzarla”, temendo solo la reazione di Oscar, nel caso avesse dovuto dirle che, ahimé, la sua pupilla era volata in cielo, fra i più, a raggiungere la cara signora che l’aveva allevata- povera donna, peraltro, aveva tutta la sua comprensione, e chissà, forse anche Jeanne Valois era stata calunniata, o almeno sarebbe stato necessario tener conto delle attenuanti.

Monsieur André, torneremo a casa presto, vero?”

“Come se non fossimo mai usciti, Rosalie”

Ma che mi è saltato in mente?

Mettendoci circa il doppio del tempo che André aveva previsto, finalmente si trovarono seduti al tavolo di una locanda che il giovane aveva scelto con cura, che fosse rispettabile ma anche vivace, e che Rosalie potesse considerare a una distanza dignitosa da casa, così da non tornare troppo tardi. Con quegli abiti da amazzone lei era graziosa, ma- si disse lui, rassegnato- non basta certo un vestito a fare la donna. Oscar, per prendere un esempio a caso, avrebbe portato con eleganza e carattere anche un sacco di tela. Inutile pensarci adesso. Ma il carattere è tutto.

“Ogni tanto ci veniamo, io e Oscar. Qui non c’è etichetta da rispettare, sentiti a tuo agio, e in fondo ci sei cresciuta, a Parigi. Ti consiglierei l’arrosto, è la specialità della Luna piena

“Sì, monsieur André. Ma non ho mai frequentato questi posti. Non vorrei che lo pensaste”

“Rosalie, cerco di pensare il meno possibile, fidati”

Sarà una serata lunga

L’oste, un uomo gioviale e corpulento, si avvicinò con aria bonaria.

“Giovanotto, vedo che stasera siete venuto con una bella ragazza. Il vostro amico non c’è?”

“No, era impegnato altrove, monsieur. Gli dirò che avete chiesto di lui” rispose André, con allegria un po’ forzata. “Che ne dite di portarci una caraffa di vino rosso, intanto? Ma che sia buono, mi rimetto a voi!”

“Scusi, monsieur André, potrei ordinare… cioè chiedere… anch’io una cosa?”

“Ma certo, Rosalie” disse lui, sovrappensiero.

“Vorrei una mistura che porta il nome di Imbuvable, se non è di troppo disturbo” cinguettò, facendo sobbalzare l’oste.

“Non la conosco” disse André, ingenuamente “Cos’è?”

“Oh, monsieur, vedete… quando mammina era ancora viva e io e Jeanne vivevamo nella miseria, mia sorella si dilettava nell’inventare miscugli che poi proponeva in giro e che tutti le chiedevano, perché hanno un sapore buonissimo. È tanto che non ne assaggio uno, e mi ricorda il tempo in cui…” e sembrò che gli occhi le si ingigantissero, e vedendoli pericolosamente acquosi, André, pur stupito che Jeanne Valois si dedicasse alle tisane e alle erbe- pensò-, si affrettò tuttavia a confermare:
“Ma certo! Portatele pure… questo infuso, questa cosa… questa mistura

“Ho capito bene?” chiese rassicurazione l’oste “Desiderate una caraffa di vino rosso e un Imbuvable?”

“Avete capito benissimo, grazie”

Ma guarda, l’oste la conosce, questa mistura. Alla fine stai a vedere che la vocazione di quella vipera era l’erboristeria. Quando lo dirò a Oscar, non ci crederà.

L’Imbuvable arrivò insieme al vino e servito non in tazza ma in un bicchiere, e aveva un aspetto mefitico.

André osservò, a bocca aperta, Rosalie che fece un sorrisino, batté le mani, prese il bicchiere col mignolino alzato, e se lo scolò tutto d’un fiato.

“Adesso sono meno nervosa” dichiarò, colorita in faccia.

“Mi fa piacere…” disse lui, confuso, bevendo il suo vino, che sputò con un colpo di tosse quando Rosalie, sbattendo d’improvviso il bicchiere vuoto sul tavolo, urlò: “Questa roba è la fine del mondo. Oste, ne voglio subito un altro!”

Qualcuno si voltò a guardarli.

“Cristo santo, Rosalie… ma cos’è questa mistura? Forse sarebbe il caso, anzi, non sarebbe il caso…”

E lei lo guardò con aria un po’ torbida.

“André, lo sai che ti ho sempre considerato molto bello? Così… aspetta, adesso  trovo la parola…” e avvicinò una mano al suo volto; preso dal panico, si ritrasse, proprio mentre giungeva l’oste: “Ho capito bene? Un altro?”

“No, aspettate un momento… ma cos’è questa miscela? Forse, dico forse…”

“Ma sì, buon uomo… un altro… per una povera fanciulla in compagnia di un giovanotto forte e in grado di proteggerla da ogni circostanza (risatina) e per ricordare i bei tempi andati (risatina) e  la povera madre defunta (risatina). Vero, André?”

Sentendosi trafitto dalla disapprovazione dell’oste, ma anche incapace di riordinare le idee abbastanza in fretta, a André non restò scelta se non confermare, e con questo perse il conto degli errori della serata.

“Ho trovato la parola!” si entusiasmò lei “Attraente! Che ne dici di attraente, André? Ti piace? (risatina)

“Ma… dici a me? Ti ringrazio… ecco, forse è meglio mangiare qualcosa, magari la tisana a stomaco vuoto può farti male…” annaspò lui, guardandosi a destra e a sinistra, e proprio in contemporanea all’oste che si avvicinava col secondo e altrettanto fetido  Imbuvable. Rosalie lo afferrò direttamente dal vassoio.

“Dite alla vostra amica, giovanotto, che con questa mistura non è questione di scatto, ma di resistenza” mormorò l’oste “ Insomma, almeno la beva lentamente, santiddìo!” e lui si sentì avvampare e cominciò a sudare freddo, e a pensare che Jeanne Valois avesse creato quell’intruglio partendo da ben altro che erbe, e magari mettendoci dentro un po’ del suo veleno.

Rosalie, nel frattempo, si stava tracannando la sua tisana a lunghi e rumorosi sorsi. Gli sembrò che facesse fatica a star seduta, e anche lui cominciava a provare un certo disagio a star fermo sulla sedia.

“Sai, André, mia sorella ne buttava giù tre o quattro di questi ogni sera. Diceva che l’aiutavano a dormire. Poi però usciva. André… lascia che ti tolga quel nastro dai capelli, è così… bacchettone (risatina)

André si trovò i capelli sul viso.

“Ma guarda… son così lunghi… e morbidi…”

“Rosalie, smettila di toccarmi i capelli. Non è… igienico. Anzi, lo sai che mi è passata la fame? Credo proprio che sia ora di rientrare…”

“André…” scattò la ragazza d’improvviso e imprevedibilmente “Io amo monsieur Oscar” gridò (e André, pallido e sudato, si accorse che ormai tutti gli sguardi puntavano su di loro) “Non sopporto quando lei corre dalla Regina… e la Regina qua, e la Regina là” e, balzando in piedi e rovesciando la sedia “Ma chi è, poi, questa Regina?”

Si alzarono voci divertite: “Brava!” “Hai ragione, bambina!” “Chi è, quell’austriaca?”

“Rosalie, per carità, siediti. Non alzare la voce. Non facciamoci notare” bisbigliò lui, sull’orlo della disperazione. Oscar gli aveva parlato giusto quel pomeriggio dei progressi della sua allieva, e di quanto fosse ormai pronta per essere presentata a Corte.
 
E Rosalie gli obbedì. Solo che si sedette su di lui, non sulla sedia.
 
Non riuscendo a spiccicarsela di dosso, nella mente di André cominciò a inanellarsi una serie di espressioni complesse e articolate, che in sintesi  mettevano in dubbio la virtù della povera madre defunta di Rosalie, nonché l’affidabilità e la virilità stessa del padre, e contemporaneamente lo assimilavano all’animale considerato il miglior amico dell’uomo. E poi a quello di cui l’uomo non butta via niente.
 
“Cosa pensi, André?” chiocciò lei.

“Pensavo… pensavo che potrei scrivere un racconto… ecco… su un brav’uomo, uno scienziato irreprensibile, che un giorno però, a causa di un esperimento sbagliato, beve una mistura e si trasforma… puoi smettere di toccarmi i capelli? ti ringrazio… dicevo, si trasforma nell’opposto di ciò che è… Rosalie, ti dispiace? detesto anche solo che mi si sfiori il collo… e quest’uomo compie azioni  deprecabili e riprovevoli, sotto l’effetto della mistura… che ne dici se torniamo a casa, e di corsa?”

“Io amo monsieur Oscar!” ribadì lei, e poi “André…  ma come sei intelligente… un racconto su uno scienziato… che bello… e come sei… attraente…”

Forse Rosalie, grazie alle scarse risorse della povera signora Lamorliere, non aveva ricevuto un’istruzione adeguata alle sue nobili origini, ma sicuramente- pensò André, ritrovandosi incastrato in un bacio pubblico e soffocante al sapore di Imbuvable e con le mani di lei affondate nei capelli così lunghi e morbidi- sicuramente c’erano delle discipline in cui doveva brillare per talento naturale. Al contrario della scherma o della storia antica, l’arte amatoria sembrava esserle particolarmente confacente, si disse, staccando a forza la ragazza, riluttante;  e allora lei ne approfittò per iniziare un pianto dirotto, che si attirò la compassione e la curiosità di un vasto auditorio.

“Cosa non farebbero alcuni giovani per compromettere una povera ragazza…” sentì dire ad un borghese di una certa età.

“Ai miei tempi, si regalavano rose” gli rispose un suo amico, mentre osservava condiscendente Rosalie che non cessava il suo pianto disperato.

André, che non aveva abitudine al turpiloquio, cominciò mentalmente a sacramentare come un turco, e gli riusciva benissimo.

“Io vi amo, Oscar!” gli disse infine lei, col naso rosso e gli occhi persi “Vi amo, vi amo!” urlò, e gli si buttò fra le braccia.

“Vi preparo una stanza, piccioncini?” domandò l’oste.

“Oh, sì” giubilò Rosalie. “Vi prego!”

“Non lo dite neppure per scherzo!” ringhiò André “Ditemi quanto vi devo… calmati Rosalie… ho capito, ho capito… sono Oscar e mi ami… va tutto bene…”

“Avete sentito? Anche Oscar mi ama! Ama me!” biascicava intanto Rosalie, rivolta a una serie di facce che promettevano niente di buono per lo spietato seduttore per il quale doveva essere stato scambiato; lei adesso allegrissima, mentre lui la trascinava fuori dalla locanda, col desiderio sempre più violento di scaricarla nella Senna.

E quando pensò di poter tirare un sospiro di sollievo, lei gli si accasciò fra le braccia e gli vomitò sugli stivali i resti verdognoli di un paio di Imbuvable, facendogli tirare ad alta voce la prima e non timida bestemmia della sua vita.
 

Nel silenzio di Palazzo Jarjayes, André si sentiva distrutto. Aveva quasi buttato sul letto una Rosalie che rinnovava, con forza fortunatamente decrescente, i suoi assalti e le sue dichiarazioni d’amore, e che si era addormentata di schianto, toccando il cuscino, dopo aver ripetuto: “Oscar, sono vostra! Fate di me la vostra sposa! Vi amo!”;  “Come no? La ami. Anch’io. E allora?” ruggiva lui, che non sapeva più se ridere o piangere.

Alzò la mano, quasi a volerla colpire, e nel buio la riabbassò, scuotendo la testa. “Colpa mia” si diceva “Tutto voluto e meritato. E meno male che è finita così, senza che nessuno ne sappia niente”.

Sulla porta, stirando i muscoli del collo, udì una voce familiare: “André… che stai combinando?”

“Oscar” sussultò “Passato del buon tempo a Versailles?”

“Ti ho chiesto come mai stai uscendo dalla camera di Rosalie. E piuttosto in disordine”

“Sì, ho capito…  Ecco, dunque… ho portato Rosalie a cena in una locanda, ma temo che il cibo non fosse dei migliori… non si è sentita bene. L’ho riaccompagnata a casa svenuta su Alexander, e adesso torno a piedi a Parigi, a riprendere Ronzinante. Non ho neppure cenato e mi sa che mi ci vorrà del tempo, domattina credo che sarò poco lucido, mi dispiace”

Lei alzò un sopracciglio.

“Sei in delle condizioni terribili. Sembri un selvaggio. E Rosalie non avrà mica fatto qualcosa di sconveniente?”

“Assolutamente no, Oscar”

“Vieni, ti accompagno. Cavalcheremo insieme su Cesar. Poi tu tornerai su Ronzinante. Almeno vi siete divertiti?”

“Da morire, Oscar, da morire”

Almeno l’idea di cavalcare con lei nella notte dava una nota positiva a quella serata d’inferno. Pure con gli stivali che emanavano uno strano odore. Sorrise.

“Prendi il mantello, fa piuttosto freddo. E poi- aggiunse, camminandole a fianco- potremmo approfittarne per bere insieme il bicchiere della staffa. Ma non alla Luna piena

“Perché no? Ci siam sempre trovati bene”

“No, no… il posto è piuttosto decaduto, fanno entrare chiunque” disse, ridendo fra sé “In realtà, si scoprono sempre cose interessanti, andando a Parigi. Per esempio, c’è una mistura che vorrei farti provare. Si chiama Imbuvable
 
 
  
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