Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
Segui la storia  |       
Autore: Juliet8198    20/01/2021    0 recensioni
Choson, 1503
La condizione di principe esiliato aveva portato Yoongi a fidarsi unicamente delle persone che vivano sotto al suo tetto. La cosa, però, in fondo non gli dispiaceva. Erano pochi quelli che tollerava e ancora meno quelli a cui concedeva confidenza. Eppure, per qualche motivo, quando Namjoon si presentò al suo cospetto con quella schiava dalle sembianze tanto inusuali, decise di andare contro i suoi stessi principi.
Il mondo di Diana era cambiato nel giro di istanti. Dall'essere così vicina a scoprire quel meraviglioso impero di cui suo padre le aveva tanto parlato, al ritrovarsi sola e in catene, venduta ad un padrone dall'attitudine fredda e scontrosa. Solo il suo intelletto e la sua conoscenza avrebbero potuto aiutarla nell'impervia strada verso la libertà, costellata di ostacoli, complotti e pericolosi intrecci politici.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Jung Hoseok/ J-Hope, Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Diana si ritrovò a sbattere freneticamente le palpebre sollevando lo sguardo sul capo chino dell'uomo davanti a lei. 

 

Aveva sicuramente sentito male. 

 

-Perdonami. Il mio comportamento di ieri sera è stato irrispettoso e... a dir poco riprovevole. 

 

Non aveva udito male. La giovane abbassò gli occhi sul pavimento con la testa popolata da domande. Perché si stava scusando? Era un principe. Un nobile, un reale. E lei era... solo una schiava. 

 

-Non dovete chiedere il mio perdono, mio signore. Sono una vostra proprietà adesso, avete il diritto legale di disporre di me come meglio desiderate. 

 

A quel punto, dopo le sue brillanti repliche della sera prima, sarebbe già dovuta essere in ginocchio con la frusta a strapparle la pelle della schiena. 

 

Era quello il destino di una schiava. Non aveva il diritto di replicare. Non aveva il diritto di dire "No".

 

Eppure l'aveva fatto. 

 

-No, tu...

 

Diana osservò con meticolosa attenzione il modo in cui il giovane signore portò l'altra mano sulla sua faccia e prese a strofinarsi viso e occhi, emanando uno sbuffo stanco. La sua voce sembrava ancora più rauca della notte passata. Crepitava nella sua gola come il fuoco in un camino, fiamme gentili che ammantavano i pezzi di legno e dipingevano l'ambiente di un arancio accogliente. 

 

Quando il principe finalmente sollevò il capo, Diana vide per l'ennesima volta la morte nel suo sguardo. Gli occhi scuri come il Tartaro sembravano offuscati da una nebbia diversa da quella che li aveva posseduti la sera prima, mentre la sua pelle pallida era spiegazzata come un lenzuolo usato e recava i segni di un sonno tormentato. 

 

-Tu non sei... una mia proprietà- affermò puntando le oscure pupille nelle sue. 

 

Diana voleva distogliere lo sguardo ma non ci riusciva. Gli occhi del suo interlocutore si erano assottigliati impercettibilmente, rendendo ancora più affilato il loro taglio affusolato e catturandola in una rete ineluttabile. 

 

Strinse involontariamente le mani a pugno. No. 

 

Non doveva fidarsi. 

 

Non poteva fidarsi. 

 

Lo aveva già fatto in passato, aveva già lasciato che il suo cuore si aprisse, che confidasse nella bontà umana. Non avrebbe commesso di nuovo lo stesso errore. 

 

-Ascoltami: in questa casa non esistono schiavi, non esistono nobili, non esistono... intoccabili.

 

La fiamma sempre più divampante nascosta nella voce del giovane si assottigliò brevemente al calare dell'ultima parola e Diana non poté fare a meno di domandarsi che cosa significasse ciò. Era a conoscenza del sistema di caste esistente in alcune culture orientali e sapeva che gli intoccabili erano il fondo della piramide sociale, una categoria umana relegata all'isolamento a causa di determinati lavori che svolgevano. 

 

C'era un intoccabile in quella casa? 

 

E se era così... chi era? 

 

-Ti ho acquistata, questo è vero... ma tu non sei una schiava. 

 

"Non fidarti."

 

Non doveva. Il discorso del giovane era miele per le orecchie ma Diana ormai sapeva che le parole avevano valore quanto le foglie al vento. Una volta che la corrente le trasportava via, se ne andavano per sempre, senza lasciare alcuna traccia dietro di sé. Chiunque sarebbe stato capace di promettere regni, ricchezze e potenza con la lingua, ma proferire il contrario il giorno seguente. La parola era fugace, senza peso.

 

-Vi ringrazio per la vostra benevolenza, mio signore. 

 

Diana chinò rigidamente il capo con la schiena dritta come un manico di scopa, mentre si stritolava le mani e stringeva la mandibola per pronunciare quelle parole ossequiose. Aveva già rischiato troppo sputando ad alta voce i suoi pensieri, da quel momento avrebbe dovuto mantenere molta più discrezione. 

 

Fingere, doveva fingere. 

 

-E un'altra cosa. 

 

Il tono caldo come il fuoco si fece più aspro, scoppiettando come le fiamme che spezzano il duro legno nelle loro fauci. 

 

-Non amo le persone che fingono ciò che non sono. Non amo chi usa intricati giri di parole o false forme di riverenza per mascherare le proprie intenzioni. 

 

Gli occhi della ragazza si spalancarono, manifestando maldestramente il panico che lampeggiava nella sua mente. Doveva calmarsi. Di certo il signore non poteva leggere nella sua mente. Non poteva sapere quello che lei pensava. 

 

-Preferisco chi si esprime apertamente, senza nascondere il suo vero pensiero. Perciò, da ora in poi, niente inutili formalismi e niente più maschere. Parla secondo il tuo desiderio, esprimi la tua opinione per quella che è. 

 

"Non fidarti." 

 

Era vero, non doveva, eppure... 

 

Neppure suo padre le aveva mai chiesto di esprimere la sua opinione. Essa poteva essere resa manifesta solo se richiesta e non poteva mai apertamente contraddire ciò che lui diceva. Non poteva dare voce ai suoi pensieri senza censure. 

 

Non poteva.

 

Doveva fingere. 

 

-Come desiderate- replicò a denti stretti mantenendo lo sguardo al pavimento. 

 

Tutto quel discorso non aveva senso. Perché scusarsi? Perché dirle che non era una schiava? Che aveva il diritto di pronunciare la propria opinione? 

 

Doveva essere un qualche mezzo per torcere la sua parola contro di lei. Certo, doveva essere senza dubbio così. 

 

Non importava quello che l'uomo diceva. Non avrebbe scordato tanto facilmente la spada puntata contro il suo petto e la minaccia manifesta nella sua voce. 

 

-Ah, prima che mi dimentichi. Da domani inizierai a studiare la nostra lingua. Jungkook ha imparato la lingua dell'impero anni fa, ma non ricorda quasi più niente, e Hoseok non conosce una parola. Sarebbe uno scomodo inconveniente se tu non riuscissi a comunicare con nessun altro in questa casa a parte me e Seukjin.- 

 

Diana si affrettò ad annuire con fare accondiscendente, ricordandosi troppo tardi della richiesta del signore e accorgendosene solo a causa dello sguardo contrariato che questo le rivolse. 

 

-Puoi andare adesso. 

 

Diana fece per aprire la bocca e pronunciare un ossequioso saluto ma si fermò. Richiuse le labbra e rimase per qualche istante in silenzio. 

 

-Grazie- disse semplicemente, prima di alzarsi e uscire dalla stanza. 

 

Non si sarebbe fidata... nonostante ciò, avrebbe accettato le sue scuse. Questo pensava mentre chiudeva dietro di sé la porta, lasciandosi alle spalle l'uomo rivestito di morte. 

 

Sollevando gli occhi, sobbalzò leggermente nell'incontrare la figura snella di Hoseok appoggiata alla parete di fronte, con lo sguardo ansiosamente appoggiato su di lei. Per qualche secondo, la studiò attentamente con la testa inclinata e un'espressione assorta sul viso. 

 

-Gwaenchanh-a?

 

Pronunciò la domanda con un filo di voce e un lieve sorriso cordiale sulle labbra. La giovane annuì appena mantenendo lo sguardo su quello dell'uomo, che piegò leggermente il capo in segno di saluto. 

 

Mentre prendeva a percorrere lo stretto corridoio, Diana percepì il giovane entrare nella stanza che si era appena lasciata alle spalle ma cercò di non darvi alcun peso. Piuttosto, avvicinandosi sempre di più alla cucina iniziò a udire di nuovo i brontolii allegri delle stoviglie. 

 

Un altro rumore però le fece voltare la testa. Proveniva dalla sua destra, oltre una porta scorrevole che sembrava condurre all'esterno piuttosto che in una stanza. Forse non era un'ottima idea lasciare che la curiosità prendesse le redini del suo corpo, eppure Diana si ritrovò a scostare di un dito la parete di legno, percependo immediatamente il freddo che iniziò a mordicchiarle fastidiosamente il naso. Oltre la fessura, poté intravedere una passerella quadrata che circondava un piccolo cortile interno, al cui centro vi era uno spiazzo erboso rinsecchito dal gelo. 

 

Ed ecco la fonte del rumore. 

 

La spada di Jungkook fendeva l'aria rilasciando un sibilo sinistro dietro di sé, prima di terminare il suo viaggio contro un fantoccio sorretto da un palo nel terreno. Ogni colpo sembrava inferto con una tale precisione che avrebbe potuto tagliare anche le pulci sui vestiti di quel bersaglio fasullo. Per qualche sconosciuto motivo, Diana si ritrovò a contemplare il viso concentrato del giovane che, nonostante la fronte grondante, non pareva serbare un briciolo di stanchezza. 

 

La ragazza era stupidamente ferma davanti alle nuvole di fumo che fuoriuscivano dalle sue labbra che, unite al cruccio concentrato delle sopracciglia, facevano assomigliare Jungkook ad uno di quei leggendari dragoni protettori dell'impero celeste. E mentre era lì, una domanda tornò nella sua testa, bussando affinché le fosse concessa attenzione dopo essere stata accantonata. 

 

Chi era l'intoccabile? 

 

 

 

-Mio signore, dobbiamo parlare. 

 

Yoongi si sfregò nuovamente le palpebre appesantite. 

 

-Fa che sia una cosa veloce, Hoseok. Non ho dormito molto e non mi dispiacerebbe poter rimediare il prima possibile. 

 

Il mal di testa lo stava uccidendo lentamente, come se il suo capo fosse stato posto sull'incudine di un fabbro che continuava a calare il suo pesante martello sulle sue tempie, violento e determinato a colpire finché il suo cranio non fosse esploso. 

 

Per qualche motivo, neppure la conversazione con la ragazza lo aveva fatto sentire meglio. Pensava che almeno si sarebbe sentito sollevato. Ma cosa si aspettava? 

 

Lei non si fidava di lui. Era palese. 

 

E come avrebbe potuto?

 

Non aveva importanza quali parole avesse pronunciato per farle cambiare idea. Non avrebbe cancellato il fatto che lui aveva pagato per possederla o che avesse approfittato della sua posizione per comportarsi come... come avrebbe fatto suo fratello. 

 

-Sarò breve. Che cosa è successo ieri sera? 

 

Yoongi strizzò gli occhi mentre un sapore amaro iniziò a diffondersi nella sua bocca. 

 

Che gusto avrebbe avuto il veleno? 

 

Talvolta si era fatto quella domanda. Nei giorni più bui. 

 

-Ieri sera- ripetè stancamente. 

 

-Ieri sera. Che cosa è successo con la ragazza?

 

Yoongi si morse il labbro, sperando che presto il dolore si tramutasse in una sufficiente distrazione. 

 

Era successo che lui si era comportato come un pazzo violento, come il sanguinario lussurioso che sedeva sul trono in quel momento. 

 

Al solo pensiero le sue interiora si rivoltarono, nonostante non avesse neppure toccato cibo dall'inizio della giornata.

 

-Perché me lo chiedi? 

 

-Avete fatto del male alla ragazza? 

 

Yoongi avrebbe voluto inginocchiarsi e lasciare che i suoi intestìni gli sconvolgessero il corpo con spasmi violenti. Avrebbe voluto sentire il bruciore acido del vomito salire sulla sua bocca. Forse avrebbe aiutato a purificare i suoi peccati. 

 

-Non sono affari tuoi. 

 

Mostro. 

 

Identico a suo fratello. 

 

-Yoongi. 

 

Il principe sollevò per la prima volta lo sguardo. Gli occhi di Hoseok fiammeggiavano come un incendio, pungenti frecce che gli trapassavano lo sterno. 

 

"Che cosa hai fatto?" urlavano nelle sue orecchie. 

 

-Io non ho deciso di servire un essere che si approfitta degli altri. Quel tipo di uomo non è lo stesso ragazzo che mi offrì di seguirlo. Non è l'uomo che guarda gli altri senza pregiudizi. Perciò vi prego di dirmi la verità, perché nel caso in cui mi sia sbagliato, nel caso vi abbia giudicato male per tutti questi anni, allora lascerò questa casa. 

 

Yoongi avrebbe voluto scoppiare a ridere. Avrebbe voluto anche scoppiare a piangere. 

 

Faceva male. Eppure era per quel preciso motivo che non poteva fare a meno di quell'irritante assistente al suo fianco. 

 

Nessuno gli parlava con così tanta franchezza come faceva lui. 

 

-Non... non le ho fatto niente. Ma ci sono andato... maledettamente vicino. 

 

Il giovane in piedi di fronte a lui aggrottò le sopracciglia in un cipiglio severo, ma la sua espressione non aveva la stessa aspra violenza di quando era entrato. 

 

-Che cosa è successo? 

 

Il signore abbassò nuovamente il capo, afferrandolo con entrambe le mani prima che potesse essere ridotto in frantumi da quel fabbro persistente. 

 

-Yonsan ci ucciderà tutti.

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Capitolo cortino... sorry, questo e il prossimo sono un po' di passaggio perciò non saranno dei gran capitoloni (in più ho avuto una settimana infernale perciò ho scritto il prossimo capitolo con mezza parte del cervello, preparatevi perché non sarà il massimo). 

 

A parte questo... Hobi. Hobi Hobi Hobi. Tenete gli occhi su di lui, mi raccomando. C'è un motivo per cui lui può permettersi di chiamare Yoongi per nome ma... ve lo svelerò solo più avanti 😏

 

E infine shoutout a moonlight_megan per avermi messo tra gli autori preferiti (ma che davvero? Qua ci sono troppe persone che mi esprimono il loro affetto, I can’t).

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS) / Vai alla pagina dell'autore: Juliet8198