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Autore: LadyHeather83    20/01/2021    2 recensioni
Seguito di BEST FRIENDS. Ma non è necessario averla letta.
Marinette ed Adrien sono una coppia a tutti gli effetti, ma c'è qualcosa che turba la mente della ragazza, in particolare il ricordo di Chat Blanc, questo influirà nel loro rapporto visto che Papillon non è ancora stato sconfitto?
E Papillon riuscirà a scoprire chi si cela dietro le maschere di LadyBug e Chat Noir?
Genere: Angst, Erotico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ensemble contre le monde'
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LE ALI DELLA FARFALLA

*

Capitolo 11 – Chiarimenti

*

I primi raggi solari, andarono a posarsi sul suo viso, facendole fare una smorfia di disappunto e costringendola a voltarsi dalla parte opposta.

Aprì leggermente un occhio per assicurarsi che Adrien fosse ancora in quel letto, lo trovò ancora addormentato che le rivolgeva la schiena.

Cercò di essere più silenziosa possibile, ma l’agilità di un gatto e la sua delicatezza nello scendere dalla scala, era una dote che non le apparteneva.

Trattenne anche il respiro, perché non voleva svegliare il suo ospite, dormiva ancora beatamente e un altro po’ di riposo gli avrebbe senz’altro giovato.

Ringraziò il cielo di non essersi rotta una caviglia, dopo lo scivolone che aveva rischiato di fare, per fortuna i suoi riflessi l’avevano aiutata ad attaccarsi alla ringhiera.

Volse uno sguardo al letto, Adrien non si era mosso di un millimetro, ma non poteva dire che non si fosse svegliato.

Maledetto bisogno fisiologico, e soprattutto lo stomaco stava brontolando, era dalla mattina del giorno precedente che non metteva niente sotto i denti.

Ora che si era un po’ rilassata, l’esile corpo chiedeva il suo nutrimento.

Volse uno sguardo fugace all’orologio da parete che aveva in soggiorno e in bella vista su un mobile, le lancette segnavano le otto e trentaquattro.

Per fortuna era sabato, e non c’era scuola, altrimenti sarebbe stata in ritardo, anzi, stati in ritardo.

Imburrò delle fette di pane, chiedendo mentalmente perdono ad Adrien per non averlo aspettato, ma sentiva che se non avesse buttato giù qualcosa nell’immediato, sarebbe svenuta, forse avrebbe battuto la testa sullo spigolo del tavolo, avrebbe perso i sensi o peggio sarebbe potuta morire e Adrien l’avrebbe trovata così, priva di vita sulla sua abitazione, e forse l’avrebbero accusato della sua morte.

“Anche noi abbiamo fame” A distoglierla da quei pensieri, arrivarono due esserini, uno nero ed uno rosso a svolazzare davanti ai suoi occhi.

Marinette sorridendo, porse ai due kwami un pezzo di pane appena sfornato.

“ahhhhhh, che buon profumo…ci vorrebbe del camembert” Sospirò Plagg.

“Di prima mattina tu mangi formaggio?”

“No formaggio, Camambert” Sottolineò, chiamarlo formaggio sarebbe stato irrispettoso e riduttivo “…del buono e succulento Camambert”. Sognò ad occhi aperti.

“In frigo dovrei avere qualcosa” Disse Marinette alzandosi.

“Non ti ha insegnato nessuno le buone maniere, Plagg?” Domandò Adrien comparendo sulle scale sbadigliando, indossando il pigiama a tema natalizio che Marinette aveva pescato nel cesto dei regali che custodiva gelosamente in camera sua.

“Io sono il signore della distruzione, esigo rispetto”.

“Ma stai zitto, egocentrico che non sei altro” Incalzò Tikki.

“Suvvia zuccherino, non c’è bisogno di rimproverarmi”.

Zuccherino!” Esclamarono entrambi gli umani guardandosi e scoppiando a ridere.

“Plagg!!!” Grugnì il kwami rosso visibilmente imbarazzato, che se non fosse già stato per quel colorito, lo sarebbe diventata.

Marinette passò del pane con della marmellata di fragole fatta in casa ad Adrien, dopo che aveva preso posto accanto a lei sulla tavola.

“Grazie” Fu un boccone amaro da buttare giù, nonostante fosse tutto talmente dolce e squisito.

“Adrien…”

“Lo so, dobbiamo parlare” La interruppe in tono rassegnato.

“Non voglio farti fretta, prenditi tutto il tempo che vuoi, ma…”

“Beh, mio padre non chiamerà la polizia per cercarmi, a meno che non lo faccia per costituirsi”.

La corvina tirò un sospiro di sollievo, Gabriel non era morto, anche se doveva ammettere che le era balenata in testa l’idea, che Chat Noir avesse usato il cataclisma contro di lui.

“Vuole costituirsi?” A Marinette cadde sulla tavola il coltello sporco di marmellata, imbrattando la tovaglia.

Adrien fece spallucce “Non lo so, e non m’importa”.

La mora gli mise una mano sopra la sua “Adrien, non dire così. Capisco che sei arrabbiato per quello che è successo, ma…”.

“Non c’è giustificazione per quello che ha fatto, si è comportato da egoista. E io non posso perdonarlo” Si alzò dalla tavola “…almeno, non ora!”. Si chiuse in bagno ed aprì l’acqua, ora aveva bisogno di una doccia rilassante, non era ancora pronto a raccontare alla sua ragazza quella brutta disavventura.

E l’immagine del corpo di sua madre che si sgretolava sotto il suo tocco, lo faceva ancora rabbrividire.

Per quanto si stesse auto convincendo che ormai Emilie, non c’era più da quasi due anni, gli aveva fatto uno strano effetto, come se fosse stato lui l’artefice della sua scomparsa, come se fosse morta per mano sua.

Gettò la testa sotto il getto bollente dell’acqua, sperando di poter bruciare nella sua mente quel ricordo.

*

“Ti va di fare due passi” Gli chiese dopo aver rassettato la casa, in giro c’erano ancora i suoi abiti, stoviglie sporche nel lavandino e soprattutto circa mezzo kilo di farina sparsa tra il pavimento e il muro, e sua madre fosse tornata e avesse visto la casa ridotta in quello stato pietoso, era sicura che non sarebbe uscita di lì per minimo una settimana.

Adrien sospirò, non ne aveva voglia, ma sicuramente lei aveva bisogno di una boccata d’aria fresca, ed avrebbe fatto di tutto per accontentarla, si sentiva ancora terribilmente in colpa per quello che aveva tentato di fare il giorno prima, che cosa gli fosse preso, rimaneva tutt’ora un mistero.

“Va bene” Annuì, anche se non sapeva come vestirsi, visto che non aveva portato praticamente nulla con sé, se n’era andato da casa sua di fretta e furia, senza pensare ad una meta precisa, senza pensare che non sarebbe rincasato per un pò.

Aveva bisogno di sbollire la rabbia, aveva bisogno di una persona fidata accantoe che avesse sempre una parola giusta al momento giusto, in poche parole aveva bisogno della sua lady, della sua Marinette.

Per questo, con la scusa di restituirle i miraculous del pavone e della farfalla, si era diretto verso casa sua, sapeva che non lo avrebbe lasciato vagare per le strade di Parigi da solo, e suo padre si immaginava la stessa cosa.

E Gabriel per esserne sicuro, si era diretto verso la pasticceria dei Dupain quella sera stessa, e fu là, che fermandosi sotto la finestra con la berlina grigia, vide suo figlio nel riflesso della vetrata.

Marinette non perse tempo e gli porse dei vestiti puliti, sempre pescati dal solito baule.

“Tu mi devi spiegare un po’ di cose signorinella”.

“Uffa…” Protestò battendo i piedi come una bambina piccola “…preferivi i vestiti di mio padre?”

Sorrise immaginandosi i vestiti di Tom, di quattro taglie minimo più grandi avvolgerlo come un tendone da circo, gli sarebbero mancati una parrucca riccioluta dei colori dell’arcobaleno e un naso rosso, poi sarebbe stato un pagliaccio perfetto. “No, grazie”. Ma niente escludeva che custodisse anche dei simili travestimenti in camera sua.

Una cosa comunque che si sarebbe trovata a spiegare invece ad Alya, molto presto, sarebbe stata quella di dirle del perché Adrien si era stabilito da lei.

Il biondo, rispondendo ad un messaggio di Nino, che gli chiedeva come mai non stesse giocando on line al loro videogioco preferito, aveva detto di essere a casa di Marinette perché aveva avuto un brutto litigio con il padre.

Sicuramente, lunedì, si sarebbero trovati i loro sguardi inquisitori puntati addosso come fucili davanti ad un plotone di esecuzione, anzi, Marinette si stava meravigliando, che Alya non fosse piombata a casa sua, o che la stesse tartassando di telefonate.

I due, presero i due sacchi dell’immondizia che erano stati lasciati apposti fuori dalla porta, e s’incamminarono verso una destinazione ignota, assieme a Tikki e Plagg, dentro la borsetta di Marinette.

*

Camminavano ormai fianco a fianco da quasi un quarto d’ora su e giù per quelle strade, arrivando davanti l’ingresso principale della loro scuola, ancora dieci minuti di cammino e sarebbero arrivati a Villa Agreste.

Adrien si fermò di colpo “Che dici, ci fermiamo al fast food dietro l’angolo?” Chiese.

Marinette fece spallucce assecondandolo, era mezzogiorno passato, e non erano certo bastate due fette di pane a placarle il vuoto nello stomaco.

L’odore di fritto e di carne alla brace le invase le narici, non era solita ingozzarsi di schifezze, e nemmeno i biondo, il quale doveva sottostare ad un alimentazione rigida e controllata, se voleva mantenere una forma perfetta e un fisico che avrebbe fatto svenire mezzo popolo femminile parigino, uno di questi, era Marinette.

Anche se la sua intenzione, non era quello di fare il modello per sempre, ma una volta laureato, avrebbe sicuramente preso in mano lui, la parte amministrativa della Casa di Moda, questa almeno era l’intenzione iniziale, ora il suo futuro lo vedeva annebbiato e non più nitido come prima.

Sperava solo di non stare male dopo aver mangiato quel sacchetto di patatine e quel doppio hamburger.

Lo finì a fatica e con una smorfia di disgusto.

“Si vede che non sei abituato a certi tipi di cibo”. Lo schernì Marinette, spiluccando una patatina fritta.

“Volevo sperimentare cose nuove”. L’ultimo morso fu il più difficile.

“Vuoi forse dirmi che non hai mai mangiato in questo posto?” Chiese sorpresa.

Lui scosse la testa affranto.

Quante cose gli aveva negato suo padre fino a quel momento.

“Quando pensi di ritornare a casa?” Chiese andando subito al sodo, non prediligeva certo troppo giri di parole, e vedendo che Adrien era abbastanza taciturno, sicuramente ne avrebbe approfittato per rimandare quella conversazione.

Ma se voleva stare meglio e se quello che cercava era il suo aiuto, avrebbe fatto bene a parlargli subito.

“Non so se ho voglia di tornarci, sapermi sotto lo stesso tetto con lui…mi fa rivoltare lo stomaco” Disgustato, gettò una patatina sul vassoio verde, in segno di disprezzo.

Marinette gli prese una mano “E’ tuo padre” Glielo disse in tono amorevole e come per fargli intendere che gli restava solo lui.

“Non immagini cosa ha fatto”.

“Se non me lo dici, non lo potrò mai sapere”.

“Ha tenuto mia madre sotto una teca di vetro per tutto questo tempo, nei sotterranei di casa nostra”.

Marinette si coprì la bocca per lo stupore, questo dettaglio era stato omesso.

“E io…” Strinse i pugni dalla rabbia mentre sentiva gli occhi pizzicare “…l’ho distrutta con il cataclisma” Tuonò volgendole un’occhiata triste e infuriata allo stesso tempo “…perché non volevo avesse un motivo per fare ancora del male”.

“Adrien” Sibilò prendendogli la mano “…non sai quanto mi dispiace, non è giusto che tu abbia passato tutto questo”.

No, non lo era.

Non era giusto che avesse perso sua madre così presto ed improvvisamente.

Non era giusto che suo padre, per riaverla, avesse causato tanto caos alla città.

Non era giusto che lui avesse perso sua madre una seconda volta.

Non era giusto che avesse perso anche suo padre.

Non era giusto che Marinette dovesse vivere anche le sue pene.

Non era giusto.

*

Si alzarono dalla loro postazione per spostarsi su una panchina al bordo della Senna, dove avrebbero potuto parlare lontano da occhi indiscreti.

“Non è giusto che ti faccia carico anche dei miei problemi, Marinette”. Adrien aveva appena gettato un sassolino dentro il fiume.

La ragazza gli sorrise amorevolmente e con una mano accompagnò il suo sguardo verso il suo “Siamo una coppia, ci aiutiamo a vicenda. Io e te contro il mondo, ricordi?”.

“Sono sincero, non so come andrà a finire”.

“Qualunque cosa accada, la supereremo insieme”.

*

continua

  
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