LE
ALI DELLA FARFALLA
*
Capitolo 11 – Chiarimenti
*
I
primi raggi solari, andarono a posarsi sul suo viso, facendole fare una smorfia
di disappunto e costringendola a voltarsi dalla parte opposta.
Aprì
leggermente un occhio per assicurarsi che Adrien fosse ancora in quel letto, lo
trovò ancora addormentato che le rivolgeva la schiena.
Cercò
di essere più silenziosa possibile, ma l’agilità di un gatto e la sua
delicatezza nello scendere dalla scala, era una dote che non le apparteneva.
Trattenne
anche il respiro, perché non voleva svegliare il suo ospite, dormiva ancora
beatamente e un altro po’ di riposo gli avrebbe senz’altro giovato.
Ringraziò
il cielo di non essersi rotta una caviglia, dopo lo scivolone che aveva
rischiato di fare, per fortuna i suoi riflessi l’avevano aiutata ad attaccarsi
alla ringhiera.
Volse
uno sguardo al letto, Adrien non si era mosso di un millimetro, ma non poteva
dire che non si fosse svegliato.
Maledetto
bisogno fisiologico, e soprattutto lo stomaco stava brontolando, era dalla
mattina del giorno precedente che non metteva niente sotto i denti.
Ora
che si era un po’ rilassata, l’esile corpo chiedeva il suo nutrimento.
Volse
uno sguardo fugace all’orologio da parete che aveva in soggiorno e in bella
vista su un mobile, le lancette segnavano le otto e trentaquattro.
Per
fortuna era sabato, e non c’era scuola, altrimenti sarebbe stata in ritardo,
anzi, stati in ritardo.
Imburrò
delle fette di pane, chiedendo mentalmente perdono ad Adrien per non averlo
aspettato, ma sentiva che se non avesse buttato giù qualcosa nell’immediato,
sarebbe svenuta, forse avrebbe battuto la testa sullo spigolo del tavolo,
avrebbe perso i sensi o peggio sarebbe potuta morire e Adrien l’avrebbe trovata
così, priva di vita sulla sua abitazione, e forse l’avrebbero accusato della
sua morte.
“Anche
noi abbiamo fame” A distoglierla da quei pensieri, arrivarono due esserini, uno
nero ed uno rosso a svolazzare davanti ai suoi occhi.
Marinette
sorridendo, porse ai due kwami un pezzo di pane appena sfornato.
“ahhhhhh,
che buon profumo…ci vorrebbe del camembert” Sospirò Plagg.
“Di
prima mattina tu mangi formaggio?”
“No
formaggio, Camambert” Sottolineò, chiamarlo formaggio sarebbe stato
irrispettoso e riduttivo “…del buono e succulento Camambert”. Sognò ad occhi aperti.
“In
frigo dovrei avere qualcosa” Disse Marinette alzandosi.
“Non
ti ha insegnato nessuno le buone maniere, Plagg?” Domandò Adrien comparendo
sulle scale sbadigliando, indossando il pigiama a tema natalizio che Marinette
aveva pescato nel cesto dei regali che custodiva gelosamente in camera sua.
“Io
sono il signore della distruzione, esigo rispetto”.
“Ma
stai zitto, egocentrico che non sei altro” Incalzò Tikki.
“Suvvia
zuccherino, non c’è bisogno di
rimproverarmi”.
“Zuccherino!” Esclamarono entrambi gli
umani guardandosi e scoppiando a ridere.
“Plagg!!!”
Grugnì il kwami rosso visibilmente imbarazzato, che se non fosse già stato per
quel colorito, lo sarebbe diventata.
Marinette
passò del pane con della marmellata di fragole fatta in casa ad Adrien, dopo
che aveva preso posto accanto a lei sulla tavola.
“Grazie”
Fu un boccone amaro da buttare giù, nonostante fosse tutto talmente dolce e
squisito.
“Adrien…”
“Lo
so, dobbiamo parlare” La interruppe in tono rassegnato.
“Non
voglio farti fretta, prenditi tutto il tempo che vuoi, ma…”
“Beh,
mio padre non chiamerà la polizia per cercarmi, a meno che non lo faccia per
costituirsi”.
La
corvina tirò un sospiro di sollievo, Gabriel non era morto, anche se doveva
ammettere che le era balenata in testa l’idea, che Chat Noir avesse usato il
cataclisma contro di lui.
“Vuole
costituirsi?” A Marinette cadde sulla tavola il coltello sporco di marmellata,
imbrattando la tovaglia.
Adrien
fece spallucce “Non lo so, e non m’importa”.
La
mora gli mise una mano sopra la sua “Adrien, non dire così. Capisco che sei
arrabbiato per quello che è successo, ma…”.
“Non
c’è giustificazione per quello che ha fatto, si è comportato da egoista. E io
non posso perdonarlo” Si alzò dalla tavola “…almeno, non ora!”. Si chiuse in
bagno ed aprì l’acqua, ora aveva bisogno di una doccia rilassante, non era
ancora pronto a raccontare alla sua ragazza quella brutta disavventura.
E
l’immagine del corpo di sua madre che si sgretolava sotto il suo tocco, lo
faceva ancora rabbrividire.
Per
quanto si stesse auto convincendo che ormai Emilie, non c’era più da quasi due
anni, gli aveva fatto uno strano effetto, come se fosse stato lui l’artefice
della sua scomparsa, come se fosse morta per mano sua.
Gettò
la testa sotto il getto bollente dell’acqua, sperando di poter bruciare nella
sua mente quel ricordo.
*
“Ti
va di fare due passi” Gli chiese dopo aver rassettato la casa, in giro c’erano
ancora i suoi abiti, stoviglie sporche nel lavandino e soprattutto circa mezzo
kilo di farina sparsa tra il pavimento e il muro, e sua madre fosse tornata e
avesse visto la casa ridotta in quello stato pietoso, era sicura che non
sarebbe uscita di lì per minimo una settimana.
Adrien
sospirò, non ne aveva voglia, ma sicuramente lei aveva bisogno di una boccata
d’aria fresca, ed avrebbe fatto di tutto per accontentarla, si sentiva ancora
terribilmente in colpa per quello che aveva tentato di fare il giorno prima,
che cosa gli fosse preso, rimaneva tutt’ora un mistero.
“Va
bene” Annuì, anche se non sapeva come vestirsi, visto che non aveva portato
praticamente nulla con sé, se n’era andato da casa sua di fretta e furia, senza
pensare ad una meta precisa, senza pensare che non sarebbe rincasato per un pò.
Aveva
bisogno di sbollire la rabbia, aveva bisogno di una persona fidata accantoe che
avesse sempre una parola giusta al momento giusto, in poche parole aveva
bisogno della sua lady, della sua Marinette.
Per
questo, con la scusa di restituirle i miraculous del pavone e della farfalla,
si era diretto verso casa sua, sapeva che non lo avrebbe lasciato vagare per le
strade di Parigi da solo, e suo padre si immaginava la stessa cosa.
E
Gabriel per esserne sicuro, si era diretto verso la pasticceria dei Dupain
quella sera stessa, e fu là, che fermandosi sotto la finestra con la berlina
grigia, vide suo figlio nel riflesso della vetrata.
Marinette
non perse tempo e gli porse dei vestiti puliti, sempre pescati dal solito
baule.
“Tu
mi devi spiegare un po’ di cose signorinella”.
“Uffa…”
Protestò battendo i piedi come una bambina piccola “…preferivi i vestiti di mio
padre?”
Sorrise
immaginandosi i vestiti di Tom, di quattro taglie minimo più grandi avvolgerlo
come un tendone da circo, gli sarebbero mancati una parrucca riccioluta dei
colori dell’arcobaleno e un naso rosso, poi sarebbe stato un pagliaccio
perfetto. “No, grazie”. Ma niente escludeva che custodisse anche dei simili
travestimenti in camera sua.
Una
cosa comunque che si sarebbe trovata a spiegare invece ad Alya, molto presto,
sarebbe stata quella di dirle del perché Adrien si era stabilito da lei.
Il
biondo, rispondendo ad un messaggio di Nino, che gli chiedeva come mai non
stesse giocando on line al loro videogioco preferito, aveva detto di essere a
casa di Marinette perché aveva avuto un brutto litigio con il padre.
Sicuramente,
lunedì, si sarebbero trovati i loro sguardi inquisitori puntati addosso come
fucili davanti ad un plotone di esecuzione, anzi, Marinette si stava
meravigliando, che Alya non fosse piombata a casa sua, o che la stesse
tartassando di telefonate.
I
due, presero i due sacchi dell’immondizia che erano stati lasciati apposti
fuori dalla porta, e s’incamminarono verso una destinazione ignota, assieme a
Tikki e Plagg, dentro la borsetta di Marinette.
*
Camminavano
ormai fianco a fianco da quasi un quarto d’ora su e giù per quelle strade,
arrivando davanti l’ingresso principale della loro scuola, ancora dieci minuti
di cammino e sarebbero arrivati a Villa Agreste.
Adrien
si fermò di colpo “Che dici, ci fermiamo al fast food dietro l’angolo?” Chiese.
Marinette
fece spallucce assecondandolo, era mezzogiorno passato, e non erano certo
bastate due fette di pane a placarle il vuoto nello stomaco.
L’odore
di fritto e di carne alla brace le invase le narici, non era solita ingozzarsi
di schifezze, e nemmeno i biondo, il quale doveva sottostare ad un
alimentazione rigida e controllata, se voleva mantenere una forma perfetta e un
fisico che avrebbe fatto svenire mezzo popolo femminile parigino, uno di
questi, era Marinette.
Anche
se la sua intenzione, non era quello di fare il modello per sempre, ma una
volta laureato, avrebbe sicuramente preso in mano lui, la parte amministrativa
della Casa di Moda, questa almeno era l’intenzione iniziale, ora il suo futuro
lo vedeva annebbiato e non più nitido come prima.
Sperava
solo di non stare male dopo aver mangiato quel sacchetto di patatine e quel
doppio hamburger.
Lo
finì a fatica e con una smorfia di disgusto.
“Si
vede che non sei abituato a certi tipi di cibo”. Lo schernì Marinette,
spiluccando una patatina fritta.
“Volevo
sperimentare cose nuove”. L’ultimo morso fu il più difficile.
“Vuoi
forse dirmi che non hai mai mangiato in questo posto?” Chiese sorpresa.
Lui
scosse la testa affranto.
Quante
cose gli aveva negato suo padre fino a quel momento.
“Quando
pensi di ritornare a casa?” Chiese andando subito al sodo, non prediligeva
certo troppo giri di parole, e vedendo che Adrien era abbastanza taciturno,
sicuramente ne avrebbe approfittato per rimandare quella conversazione.
Ma
se voleva stare meglio e se quello che cercava era il suo aiuto, avrebbe fatto
bene a parlargli subito.
“Non
so se ho voglia di tornarci, sapermi sotto lo stesso tetto con lui…mi fa
rivoltare lo stomaco” Disgustato, gettò una patatina sul vassoio verde, in
segno di disprezzo.
Marinette
gli prese una mano “E’ tuo padre” Glielo disse in tono amorevole e come per
fargli intendere che gli restava solo lui.
“Non
immagini cosa ha fatto”.
“Se
non me lo dici, non lo potrò mai sapere”.
“Ha
tenuto mia madre sotto una teca di vetro per tutto questo tempo, nei
sotterranei di casa nostra”.
Marinette
si coprì la bocca per lo stupore, questo dettaglio era stato omesso.
“E
io…” Strinse i pugni dalla rabbia mentre sentiva gli occhi pizzicare “…l’ho
distrutta con il cataclisma” Tuonò volgendole un’occhiata triste e infuriata
allo stesso tempo “…perché non volevo avesse un motivo per fare ancora del male”.
“Adrien”
Sibilò prendendogli la mano “…non sai quanto mi dispiace, non è giusto che tu
abbia passato tutto questo”.
No,
non lo era.
Non
era giusto che avesse perso sua madre così presto ed improvvisamente.
Non
era giusto che suo padre, per riaverla, avesse causato tanto caos alla città.
Non
era giusto che lui avesse perso sua madre una seconda volta.
Non
era giusto che avesse perso anche suo padre.
Non
era giusto che Marinette dovesse vivere anche le sue pene.
Non
era giusto.
*
Si
alzarono dalla loro postazione per spostarsi su una panchina al bordo della
Senna, dove avrebbero potuto parlare lontano da occhi indiscreti.
“Non
è giusto che ti faccia carico anche dei miei problemi, Marinette”. Adrien aveva
appena gettato un sassolino dentro il fiume.
La
ragazza gli sorrise amorevolmente e con una mano accompagnò il suo sguardo
verso il suo “Siamo una coppia, ci aiutiamo a vicenda. Io e te contro il mondo,
ricordi?”.
“Sono
sincero, non so come andrà a finire”.
“Qualunque
cosa accada, la supereremo insieme”.
*
continua