Mele
Schiamazzi al piano di sotto.
Remus Lupin, immerso nell’atavica
quiete dello studente blandamente concentrato, addentò calmo la mela
stretta nel suo pugno, senza spostare lo sguardo dalla pagina leggermente
ingiallita del pesante tomo sull’Aritmanzia puntato sul suo torace. La sua
gamba destra, abbandonata a se stessa nel momento in cui il Prefetto s’era
accasciato sul letto per il ripasso finale, penzolava lenta giù dal
materasso. Ogni tanto, gli occhi ambrati del ragazzo si spostavano dal foglio e
si puntavano dritti in su, verso il soffitto, mentre lui ripeteva mentalmente
quanto appena letto. Poi si riabbassavano e Remus dava un altro morso alla mela, fresca, succosa e d’un
rosso lucido, profumata.
Quando James, in partenza per
una spedizione di razzia in cucina, s’era sentito chiedere di portare in
dormitorio “un paio di mele”
l’aveva guardato come se Remus si fosse appena trasformato in licantropo
in pieno giorno. Con due teste, però. Non aveva fatto commenti, invece,
sul fatto che stesse studiando ginocchioni sul pavimento, col libro poggiato
sullo spigolo del letto: i Marauders facevano da tempo gran vanto del fatto che
il loro cervello, cioé lui, fosse in grado di incamerare sapienza in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo e
qualsiasi posizione umanamente possibile. Venghino, signori, ad ammirare il
mirabolante Prefetto Perfetto, era stato lo slogan lanciato il giorno in
cui l’avevano trovato immerso nella lettura in sommario equilibrio su due
rami.
Insomma, un altro dei
tentativi brillanti di Sirius di farlo passare per un freak.
In quella, al piano di sotto
il baccano crebbe: vi fu un tonfo, come di porta sbattuta, strilli femminili e
il tonante rimbalzare di una bella voce calda e molto incazzata.
Remus socchiuse stancamente
gli occhi, attendendo l’inevitabile. Scosse appena la testa, riprendendo
la lettura.
“Snape,” sospirò
tra sé.
Una seconda voce, più
chiara e modulata, quasi frenetica, si accavallò alla prima fremendo d’indignazione,
e Remus levò gli occhi al
cielo a quel prevedibile intervento: ecco Jamie che fomentava il cagnaccio. Voltò
pagina, cominciando a contare: nell’arco di pochi secondi, udì lo
scalpiccio agitato di passi in rapido avvicinamento, su per le scale, mentre le
voci si facevano più nette e comprensibili e il loro suono si rivelava
essere un susseguirsi di coloriti e pittoreschi insulti; poi la porta della
stanza si spalancò come se fosse stata sfondata con un incantesimo,
proiettandosi rumorosamente contro la parete, e la figura di Sirius Black si
stagliò sulla soglia con una tangibile aura di collera.
“...Unticcio,”
concludeva James con aperto disgusto, facendo il proprio ingresso alle sue
spalle.
“Io lo disarticolo!”
ruggì il Pureblood furibondo, avanzando nella stanza per tirare una
manata alla parete. James annuì con approvazione, attento, addentando di
gusto il frutto che a sua volta stringeva tra le mani per poi sedersi di
schianto sul bordo del proprio letto. Alla fine non gli era dispiaciuta, l’idea
delle mele.
“Se ne pentirà
amaramente,” continuò Sirius, decisamente su di giri. Remus l’osservò
neutro, non particolarmente impressionato da quello spettacolo cui assisteva
con cadenza più che settimanale. “Gliela farò pagare molto,
molto, molto cara,” precisò puntando il dito verso James e
chinandosi appena su di lui.
“Giusto,” commentò
il Cacciatore. “Hagrid ha quel grosso cumulo di merda di Unicorno dietro
la baracca. Potremmo...”
“Peggio di così,”
ringhiò Sirius truce, e il suo tono suonò fin tropo minaccioso
alle orecchie di Remus. Chiuse il libro di scatto, curandosi di fare abbastanza
rumore, e si schiarì vago la voce.
“Non che la cosa mi
riguardi, Pad, ma terrei a che evitassi di rimandarlo alla Stamberga.”
Un silenzio spigoloso calò
repentinamente, James serrò le labbra per non ridere e Sirius si voltò
lentamente indietro. Com’era prevedibile, aveva un’aria estremamente
oltraggiata.
“Non sei divertente,
Moony,” affermò asciutto.
“Lo dici come se quella
fosse stata una mia idea,” ribatté lui distrattamente, studiando
la copertina del volume ancora ancorato alla sua pancia.
Sirius scosse la testa con un
coreografico ondeggio di ciocche corvine, prima di agitare una mano in aria.
“Tu non sai cosa ha
fatto quel...quel...quel...”
“Snivellus,”
intervenne James, dando un altro morso crocchiante alla mela mentre l’amico si
girava di nuovo verso di lui con graditudine.
“Sì, Snivellus”
ripeté Sirius, voltandosi ancora verso Remus. Questi, distrattamente,
azzannò a sua volta il frutto. L’animagus aggrottò la
fronte, stizzito, facendo saettare gli occhi dall’uno all’altro. “E
cosa cavolo sono tutte queste mele?”
James mordicchiava ancora e
Remus fece spallucce.
“Fanno bene ai denti,”
osservò noncurante.
Le sopracciglia di Sirius si
distesero mentre il suo volto restava inespressivo, poi le labbra si
assottigliarono e la sua testa dondolò cupa. Restava piantato in piedi
in mezzo alla stanza, come attirando per abitudine una meritata attenzione.
“Tu sei il Male, Lupin,”
commentò di slancio. “Non posso credere che tu mi abbia veramente
risposto fanno bene ai denti alla
domanda cosa cavolo sono tutte queste
mele. E tu saresti un Marauder? Di’, le hai messe le mutande in flanella?”
James scoppiò a ridere
di getto, sussultando tanto da far cigolare il letto, e Remus, assottigliò
appena le palpebre sugli occhi.
“Almeno non morirò
di raffreddore o in qualche altro modo stupido,” osservò
dignitoso.
“Certo. Immagino l’epitaffio:
morì noiosamente, come noiosamente
aveva vissuto,” lo rimbeccò Sirius con petulanza.
“Visse come un idiota, e come tale si spense,” replicò
Remus asciutto.
“Marrano!” sbottò
Sirius strepitando indignato. “E’ assolutamente indegno quello che
stai dicendo. Insomma... insomma guardami!” esclamò, agitando le
mani verso se stesso. “Io morirò da eroe. Ho totalmente il physique du rôle,” precisò,
gettando un’occhiata amorevole e pacificata al suo riflesso, nello
specchietto a muro che James aveva appeso al terzo anno.
James che, al momento,
continuava a sghignazzare con sollazzo.
“Veramente, Pad, un eroe
dovrebbe essere modesto,” osservò Remus scettico.
L’altro, senza spostare
lo sguardo dallo specchio, storse appena il naso.
“Sì, beh,
introdurrò un nuovo concetto di eroe. È una cosa intellettuale,”
borbottò, le mani sui fianchi. James manifestò il proprio
entusiasmo rotolando sul materasso, intento a sbellicarsi.
“C-certo...”
balbettò esilarato. “L’eroe-testimonial. Già vedo la sua
faccia scorrere ai mondiali di Quidditch.”
“Immagino l’intellettualismo,”
commentò Remus senza intonazione.
“Per l’appunto,”
precisò Sirius compito.
Si osservarono in silenzio, entrambi
con lontana ostilità. James prese un lungo respiro, guardando il vuoto.
“Premuroso marito, padre affettuoso, fedele compagno d’avventure.
Ad imperitura memoria gli amici posero,” affermò solennemente.
Remus sollevò la testa
dal cuscino, mentre Sirius si voltava verso il migliore amico con una smorfia
di ribrezzo.
“Cos’è quel
pappone melodrammatico?” chiese schifato.
James mise su un’aria
molto offesa, incrociando le braccia al petto.
“Il mio epitaffio,
pulcioso,” rispose sostenuto.
Sirius scoppiò nella
sua trascinante risata latrante, gettando il capo un po’ indietro. Remus sorrise
di riflesso, emettendo un’irriverente pernacchia sibilante.
“Grandissima testa di cazzo, piantagrane e scocciatore. L’Inghilterra,
sollevata, saluta,” propose Sirius, ilare.
James si rizzò a sedere
con teatrale disperazione, fintalmente costernato.
“Lo vedi? Lo vedi,
Moony, com’è dura la mia vita? Hai sentito cosa vuole scrivermi
sulla lapide quest’individuo?” gemette sofferto.
“Hai ragione, Jamie,”
fece il licantropo, comprensivo. “Pad, io ci vedrei meglio una cosa come visse, infastidì, rumoreggiò. Qui
riposa, finalmente in silenzio.”
“Ma così sembra
che io scoreggi tutto il tempo!” protestò vivamente James,
lanciando via a caso il torsolo di
mela, mentre Sirius ululava dal divertimento. Anche Remus si lasciò
andare ad una risata, abbandonando finalmente il libro a se stesso. “Siete
due creature malvagie, malvagissime!”
La loro duplice risata risuonava
ancora quando la porta del dormitorio si riaprì.
“Eccovi, vi ho cercati
ovunque,” squittì Peter sollevato, abbandonando a terra la sacca
dei libri. “Ma che stavate facendo?”
“Oh, sai, parlavamo
della nostra morte e delle nostre lapidi,” rispose James noncurante.
“Sì, tu cosa vuoi
averci su? Abbiamo Remus il noioso, io, l’Eroe, e Jim il petomane,”
aggiunse Sirius distrattamente, prima di sogghignare.
Remus rise piano, mentre James
lo guardava storto.
“Veramente Sirius
è l’idiota,” precisò il licantropo, e la risata si
fece triplice. Peter li guardò con perplessità, esitante.
“In realtà, preferirei
non partecipare” ipotizzò, riluttante.
James fece spallucce, Sirius
si accasciò contro il lato del letto di Remus, con noncuranza, e questi
giocherellò col libro.
“Come vuoi,”
commentò. “Puoi ascoltare i piani malefici di Pad contro
Snivellus.”
L’interessato sussultò,
lo sguardo acceso di nuova collera.
“Per l’appunto!”
abbaiò infiammandosi. “Stavamo dicendo, Jim...”
“Lo sterco,”
riprese il Cacciatore, solerte.
Remus scosse la testa con
rassegnazione, un sorriso malamente represso. La schiena di Sirius si appoggiò
alla sua gamba penzolante e l’insieme delle voci dei due amici si
sovrapposero di nuovo in quella melodia tanto nota mentre riprendeva a leggere,
intervallate da quella acuta di Peter che faceva domande.
E quelle lapidi di cui
parlavano sparirono, sommerse dalle infinite altre conversazioni senza scopo dei
loro incalcolabili pomeriggi di svago. Dopotutto loro erano Marauders, e non
sarebbero mai cambiati, o tantomeno finiti.