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Autore: suni    25/08/2009    13 recensioni
Sirius scosse la testa con un coreografico ondeggio di ciocche corvine, prima di agitare una mano in aria.
“Tu non sai cosa ha fatto quel...quel...quel...”
“Snivellus,” intervenne James, dando un altro morso crocchiante alla mela mentre l’amico si girava di nuovo verso di lui con graditudine.
“Sì, Snivellus” ripeté Sirius, voltandosi ancora verso Remus. Questi, distrattamente, azzannò a sua volta il frutto. L’animagus aggrottò la fronte, stizzito, facendo saettare gli occhi dall’uno all’altro. “E cosa cavolo sono tutte queste mele?”
James mordicchiava ancora e Remus fece spallucce.
“Fanno bene ai denti,” osservò noncurante.
Le sopracciglia di Sirius si distesero mentre il suo volto restava inespressivo, poi le labbra si assottigliarono e la sua testa dondolò cupa. Restava piantato in piedi in mezzo alla stanza, come attirando per abitudine una
meritata attenzione.
“Tu sei il Male, Lupin,” commentò di slancio.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mele

 

 

 

Schiamazzi al piano di sotto.

Remus Lupin, immerso nell’atavica quiete dello studente blandamente concentrato, addentò calmo la mela stretta nel suo pugno, senza spostare lo sguardo dalla pagina leggermente ingiallita del pesante tomo sull’Aritmanzia puntato sul suo torace. La sua gamba destra, abbandonata a se stessa nel momento in cui il Prefetto s’era accasciato sul letto per il ripasso finale, penzolava lenta giù dal materasso. Ogni tanto, gli occhi ambrati del ragazzo si spostavano dal foglio e si puntavano dritti in su, verso il soffitto, mentre lui ripeteva mentalmente quanto appena letto. Poi si riabbassavano e Remus dava un  altro morso alla mela, fresca, succosa e d’un rosso lucido, profumata.

Quando James, in partenza per una spedizione di razzia in cucina, s’era sentito chiedere di portare in dormitorio “un paio di mele” l’aveva guardato come se Remus si fosse appena trasformato in licantropo in pieno giorno. Con due teste, però. Non aveva fatto commenti, invece, sul fatto che stesse studiando ginocchioni sul pavimento, col libro poggiato sullo spigolo del letto: i Marauders facevano da tempo gran vanto del fatto che il loro cervello, cioé lui, fosse in grado di incamerare sapienza in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo e qualsiasi posizione umanamente possibile. Venghino, signori, ad ammirare il mirabolante Prefetto Perfetto, era stato lo slogan lanciato il giorno in cui l’avevano trovato immerso nella lettura in sommario equilibrio su due rami.

Insomma, un altro dei tentativi brillanti di Sirius di farlo passare per un freak.

In quella, al piano di sotto il baccano crebbe: vi fu un tonfo, come di porta sbattuta, strilli femminili e il tonante rimbalzare di una bella voce calda e molto incazzata.

Remus socchiuse stancamente gli occhi, attendendo l’inevitabile. Scosse appena la testa, riprendendo la lettura.

“Snape,” sospirò tra sé.

Una seconda voce, più chiara e modulata, quasi frenetica, si accavallò alla prima fremendo d’indignazione, e Remus levò  gli occhi al cielo a quel prevedibile intervento: ecco Jamie che fomentava il cagnaccio. Voltò pagina, cominciando a contare: nell’arco di pochi secondi, udì lo scalpiccio agitato di passi in rapido avvicinamento, su per le scale, mentre le voci si facevano più nette e comprensibili e il loro suono si rivelava essere un susseguirsi di coloriti e pittoreschi insulti; poi la porta della stanza si spalancò come se fosse stata sfondata con un incantesimo, proiettandosi rumorosamente contro la parete, e la figura di Sirius Black si stagliò sulla soglia con una tangibile aura di collera.

“...Unticcio,” concludeva James con aperto disgusto, facendo il proprio ingresso alle sue spalle.

“Io lo disarticolo!” ruggì il Pureblood furibondo, avanzando nella stanza per tirare una manata alla parete. James annuì con approvazione, attento, addentando di gusto il frutto che a sua volta stringeva tra le mani per poi sedersi di schianto sul bordo del proprio letto. Alla fine non gli era dispiaciuta, l’idea delle mele.

“Se ne pentirà amaramente,” continuò Sirius, decisamente su di giri. Remus l’osservò neutro, non particolarmente impressionato da quello spettacolo cui assisteva con cadenza più che settimanale. “Gliela farò pagare molto, molto, molto cara,” precisò puntando il dito verso James e chinandosi appena su di lui.

“Giusto,” commentò il Cacciatore. “Hagrid ha quel grosso cumulo di merda di Unicorno dietro la baracca. Potremmo...”

“Peggio di così,” ringhiò Sirius truce, e il suo tono suonò fin tropo minaccioso alle orecchie di Remus. Chiuse il libro di scatto, curandosi di fare abbastanza rumore, e si schiarì vago la voce.

“Non che la cosa mi riguardi, Pad, ma terrei a che evitassi di rimandarlo alla Stamberga.”

Un silenzio spigoloso calò repentinamente, James serrò le labbra per non ridere e Sirius si voltò lentamente indietro. Com’era prevedibile, aveva un’aria estremamente oltraggiata.

“Non sei divertente, Moony,” affermò asciutto.

“Lo dici come se quella fosse stata una mia idea,” ribatté lui distrattamente, studiando la copertina del volume ancora ancorato alla sua pancia.

Sirius scosse la testa con un coreografico ondeggio di ciocche corvine, prima di agitare una mano in aria.

“Tu non sai cosa ha fatto quel...quel...quel...”

“Snivellus,” intervenne James, dando un altro morso crocchiante alla mela mentre l’amico si girava di nuovo verso di lui con graditudine.

“Sì, Snivellus” ripeté Sirius, voltandosi ancora verso Remus. Questi, distrattamente, azzannò a sua volta il frutto. L’animagus aggrottò la fronte, stizzito, facendo saettare gli occhi dall’uno all’altro. “E cosa cavolo sono tutte queste mele?”

James mordicchiava ancora e Remus fece spallucce.

“Fanno bene ai denti,” osservò noncurante.

Le sopracciglia di Sirius si distesero mentre il suo volto restava inespressivo, poi le labbra si assottigliarono e la sua testa dondolò cupa. Restava piantato in piedi in mezzo alla stanza, come attirando per abitudine una meritata attenzione.

“Tu sei il Male, Lupin,” commentò di slancio. “Non posso credere che tu mi abbia veramente risposto fanno bene ai denti alla domanda cosa cavolo sono tutte queste mele. E tu saresti un Marauder? Di’, le hai messe le mutande in flanella?”

James scoppiò a ridere di getto, sussultando tanto da far cigolare il letto, e Remus, assottigliò appena le palpebre sugli occhi.

“Almeno non morirò di raffreddore o in qualche altro modo stupido,” osservò dignitoso.

“Certo. Immagino l’epitaffio: morì noiosamente, come noiosamente aveva vissuto,” lo rimbeccò Sirius con petulanza.

Visse come un idiota, e come tale si spense,” replicò Remus asciutto.

“Marrano!” sbottò Sirius strepitando indignato. “E’ assolutamente indegno quello che stai dicendo. Insomma... insomma guardami!” esclamò, agitando le mani verso se stesso. “Io morirò da eroe. Ho totalmente il physique du rôle,” precisò, gettando un’occhiata amorevole e pacificata al suo riflesso, nello specchietto a muro che James aveva appeso al terzo anno.

James che, al momento, continuava a sghignazzare con sollazzo.

“Veramente, Pad, un eroe dovrebbe essere modesto,” osservò Remus scettico.

L’altro, senza spostare lo sguardo dallo specchio, storse appena il naso.

“Sì, beh, introdurrò un nuovo concetto di eroe. È una cosa intellettuale,” borbottò, le mani sui fianchi. James manifestò il proprio entusiasmo rotolando sul materasso, intento a sbellicarsi.

“C-certo...” balbettò esilarato. “L’eroe-testimonial. Già vedo la sua faccia scorrere ai mondiali di Quidditch.”

“Immagino l’intellettualismo,” commentò Remus senza intonazione.

“Per l’appunto,” precisò Sirius compito.

Si osservarono in silenzio, entrambi con lontana ostilità. James prese un lungo respiro, guardando il vuoto.

Premuroso marito, padre affettuoso, fedele compagno d’avventure. Ad imperitura memoria gli amici posero,” affermò solennemente.

Remus sollevò la testa dal cuscino, mentre Sirius si voltava verso il migliore amico con una smorfia di ribrezzo.

“Cos’è quel pappone melodrammatico?” chiese schifato.

James mise su un’aria molto offesa, incrociando le braccia al petto.

“Il mio epitaffio, pulcioso,” rispose sostenuto.

Sirius scoppiò nella sua trascinante risata latrante, gettando il capo un po’ indietro. Remus sorrise di riflesso, emettendo un’irriverente pernacchia sibilante.

Grandissima testa di cazzo, piantagrane e scocciatore. L’Inghilterra, sollevata, saluta,” propose Sirius, ilare.

James si rizzò a sedere con teatrale disperazione, fintalmente costernato.

“Lo vedi? Lo vedi, Moony, com’è dura la mia vita? Hai sentito cosa vuole scrivermi sulla lapide quest’individuo?” gemette sofferto.

“Hai ragione, Jamie,” fece il licantropo, comprensivo. “Pad, io ci vedrei meglio una cosa come visse, infastidì, rumoreggiò. Qui riposa, finalmente in silenzio.

“Ma così sembra che io scoreggi tutto il tempo!” protestò vivamente James, lanciando via  a caso il torsolo di mela, mentre Sirius ululava dal divertimento. Anche Remus si lasciò andare ad una risata, abbandonando finalmente il libro a se stesso. “Siete due creature malvagie, malvagissime!”

La loro duplice risata risuonava ancora quando la porta del dormitorio si riaprì.

“Eccovi, vi ho cercati ovunque,” squittì Peter sollevato, abbandonando a terra la sacca dei libri. “Ma che stavate facendo?”

“Oh, sai, parlavamo della nostra morte e delle nostre lapidi,” rispose James noncurante.

“Sì, tu cosa vuoi averci su? Abbiamo Remus il noioso, io, l’Eroe, e Jim il petomane,” aggiunse Sirius distrattamente, prima di sogghignare.

Remus rise piano, mentre James lo guardava storto.

“Veramente Sirius è l’idiota,” precisò il licantropo, e la risata si fece triplice. Peter li guardò con perplessità, esitante.

“In realtà, preferirei non partecipare” ipotizzò, riluttante.

James fece spallucce, Sirius si accasciò contro il lato del letto di Remus, con noncuranza, e questi giocherellò col libro.

“Come vuoi,” commentò. “Puoi ascoltare i piani malefici di Pad contro Snivellus.”

L’interessato sussultò, lo sguardo acceso di nuova collera.

“Per l’appunto!” abbaiò infiammandosi. “Stavamo dicendo, Jim...”

“Lo sterco,” riprese il Cacciatore, solerte.

Remus scosse la testa con rassegnazione, un sorriso malamente represso. La schiena di Sirius si appoggiò alla sua gamba penzolante e l’insieme delle voci dei due amici si sovrapposero di nuovo in quella melodia tanto nota mentre riprendeva a leggere, intervallate da quella acuta di Peter che faceva domande.

E quelle lapidi di cui parlavano sparirono, sommerse dalle infinite altre conversazioni senza scopo dei loro incalcolabili pomeriggi di svago. Dopotutto loro erano Marauders, e non sarebbero mai cambiati, o tantomeno finiti.

   
 
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