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Autore: Tottaaax    21/01/2021    0 recensioni
“Accettami ed io accetterò te,sempre” le diceva con l’espressione di chi riponeva tutta la propria fiducia in una sola persona, e fu così che Herica rimase, non seppe mai spiegare a nessuno cosa non andava in lui, ma non seppe nemmeno mai andarsene , si abituò al suo amore e imparò ad amarlo follemente.
A sua volta Damian non le chiese mai se anche lei assaggiava la bocca di altri uomini o se si facesse amare da qualcun altro nello stesso modo in cui permetteva a lui , infondo non gli importava , nessuno avrebbe mai saputo baciare il suo corpo e le sue labbra corallo come le baciava lui, come desiderava lei e di questo erano ben consapevoli entrambi.
Ci sono amori che non possono nemmeno definirsi tali... ma che non possono essere altro.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo uno

Un bar grezzo, buio e pieno di alcol, di quello aveva bisogno Damian alle 11 di quel martedì sera. Una giornata insoddisfacente, come tutte del resto, oramai non ricordava nemmeno quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che era collassato sul letto sentendosi felice ,soddisfatto o quanto meno sobrio, a dire il vero non sapeva neppure  se fosse mai successo, di una cosa però era certo…  non lo avrebbe ricordato neanche con qualche  bicchiere di whiskey in meno.
Erano già due ore che sedeva su quello sgabello scomodo, la finta pelle si attaccava ai pantaloni sgualciti indossati sedici ore prima , la trovava estremamente fastidiosa, di un rosso così spento da angosciare anche un personaggio come lui, che dell’angoscia aveva fatto un libro, un lavoro e un’arte.Per non parlare del rumore poi , non era libero di aggiustarsi su quello sgabello scomodo, macchiato e di pessimo gusto che lo strillo infernale della pelle sintetica attirava l’attenzione del barista che immediatamente  gli puntava gli occhi addosso. Si dice che i baristi a volte possano sostituire gli psicologi, altre invece non sono che i migliori amici di notti infinite, ma non sempre è così. Nel caso di Damian infatti quel barista rozzo e dall’occhio sbilenco, in quel bar prossimo alla chiusura nascosto in un sottoscala di Brooklyn, dietro quel bancone pieno di alcol scadente, lo riempiva di inquietudine e di fastidio scriteriato.
Cosa aveva da guardare tanto quell’omone cresciuto troppo in altezza? Cosa aveva da puntargli contro quel suo occhio malandato mentre puliva quei boccali di birra opachi con un sudicio straccio? Damian aveva paura di perdere il controllo e di sfogargli addosso tutta la sua frustrazione. Essere fissati da una donna va bene, è eccitante, intrigante, ma un uomo no, un uomo che ti fissa di continuo con la chiara intenzione di analizzarti, non solo è inquietante, ma anche inopportuno, se avesse voluto sapere il motivo della sua disperazione avrebbe potuto semplicemente chiedere. Certo è che lo avrebbe risposto in modo poco garbato o magari lo avrebbe addirittura ignorato facendosi riempire nuovamente il bicchiere di bourbon , ma almeno non starebbe ancora subendo quell’occhio pendente fissato su di lui.
Damian odiava ricevere attenzioni, gliene avevano date per tutta la vita, anche troppe, era stato un bambino oppresso dai genitori  e ancora oggi si sentiva così ,nonostante non li avesse  più al suo fianco.
Il padre, Henry Gantly, ,un pezzo grosso della medicina, centinaia di articoli scientifici approvati e pubblicati, decine di premi vinti grazie agli studi condotti sui vaccini contro le malattie del terzo mondo, era considerato una delle persone più influenti in ambito medico, alcuni reparti ospedalieri prendevano il suo nome  per l’enorme quantità di beneficienza fatta, eppure nessuno si sarebbe mai aspettato che il Dottor Gantly fosse un pessimo padre, e mai avrebbero potuto credere che non comunicava con il suo stesso figlio da anni.
Al college Damian era stato considerato un raccomandato , aveva intrapreso una laurea in medicina, proprio come il padre, e non importa quanto fosse bravo, portato o semplicemente quanto studiasse, l’esito di ogni esame veniva deciso dopo pochi secondi, giusto il tempo che il professore in questione collegasse il suo cognome a quello del padre.
Voti brillanti, complimenti portati all’esasperazione tanto da indurlo a mettere alla prova gli insegnanti che lo valutavano, smise allora di dare il meglio di sé, ma il risultato non cambiò. Un giorno provò a mentire riguardo alla propria famiglia : “ No Professor Carter, non appartengo al chirurgo Gantly” così aveva risposto al suo insegnante di anatomia, ma la situazione peggiorò addirittura, non solo aveva ricevuto il massimo dei voti con tanto di elogi per la sua umiltà e correttezza nel non voler ricevere particolari attenzioni, ma gli venne ingenuamente rivelato che il padre da circa due anni era diventato il maggior finanziatore di quell’istituto, così che ogni professore non solo conosceva il chirurgo Henry Gantly, ma anche il suo figlioletto prodigio.
Fu quel giorno di sette anni prima che Damian si rese conto che non importava quante risposte esatte avesse dato in un test, quanti libri leggesse o quanto si impegnasse, non sarebbe mai stato giudicato in quanto Damian, ma in quanto Gantly e soprattutto non sarebbe mai stato bocciato… infondo quale direttore permette al figlio del maggior cliente che possiede di abbandonare l’università ? Considerando che i college privati si basano su un semplice rapporto venditore-cliente, assolutamente nessuno.
Dopo poche ore un Damian furioso  discuteva animatamente con il padre.
Fu l’ultima volta in cui mise piede nella casa dove era cresciuto.
L’ultima in cui lo vide.
“Abbandono medicina,casa,te”.
Suo padre, un’espressione tirata in viso, la palpebra fissa penzolante segno dell’imminente vecchiaia  e gli occhi fissi nei suoi, condividevano il colore, probabilmente l’unico tratto che li avesse mai accomunati.
L’ultimo ricordo che Damian aveva di suo padre.
L’inizio della fine pensò Damian svuotando il bicchiere, il ricordo del dottore lo aveva innervosito, avrebbe voluto sfogare sul barista che continuava ad osservarlo mentre puliva il bancone, in fondo era colpa sua…sua e del suo dannatissimo occhio pendente così simile a quello del padre.
“ Cosa ha da guardare?” sbottò Damian, gli occhi fissi sul bancone, temeva di poter scattare semplicemente guardandolo dritto in quell’occhio acciaccato .
“In verità ho l’impressione di conoscerti ragazzo” rispose il barista, un uomo grosso, di una certa età, il viso incorniciato da una folta barba bianca in contrasto con la pelle scura,sotto i baffi un sorriso divertito. Damian stava per perdere la pazienza. “Sarà perché vengo qui tutte le sere,che dice?” domandò Damian infastidito.
“ Perché collassi qui tutte le sere vorrai dire, comunque no, non sei forse tu lo scrittore che fece scalpore qualche anno fa?” chiese l’uomo soffocando una risata.
“Cosa la  fa ridere? Che passo tutte le sere in un bar o che uno così abbia scritto un libro?”chiese a sua volta e fece segno di riempirgli nuovamente il bicchiere, ora che sapeva il perché di quello sguardo insistente era più calmo,più triste.
“In verità trovo banale che uno come lei, che passa le sue serate in un bar di Brooklyn, sia uno scrittore,  ma comunque non più di me che suonavo jazz nei locali e ora faccio il barista,non trovi? Gli stereotipi non vanno poi così sottovalutati come si dice” spiegò il barista versando il bourbon prima a Damian e poi a sé stesso “Se vuoi affogare la banalità nell’alcol tanto vale farlo in compagnia” strizzò l’occhio sano e toccò il bicchiere del ragazzo con il suo, a Damian non infastidiva più così tanto quel barista dall’occhio sbilenco.
Mentre sorseggiava il suo ultimo whiskey prima di tornare a casa,Damian, non potè fare a meno di notare un gruppo di ragazze che non sembravano appartenere per niente a quell’ambiente, se avesse dovuto indovinare chi fossero e da dove venissero avrebbe senza alcun dubbio  puntato sulle classiche figlie di papà ,viziate e ovviamente di Manhattan. In fondo lui quel genere di ragazze le conosceva bene, ci aveva a che fare tutti i giorni per lavoro.
Volendo avrebbe potuto anche lui vivere tranquillamente in un attico nello skyline più famoso al mondo, ma si era ripromesso di non dimenticare tutta la strada che aveva fatto, partendo dall’essere egli stesso un viziato figlio di papà,  fino a raggiungere l’indipendenza totale passando per infinite strade buie, buche e vicoli ciechi…no, non avrebbe buttato tutto questo nel dimenticatoio per tuffarsi nel lusso,nello sfarzo e nella superficialità estrema.
Damian non riusciva nemmeno a immaginare di vivere in quel mondo dove l’essere umano era schiavo dell’immagine e dell’eccesso o almeno non era quello il tipo di eccesso a cui intendeva sottomettersi . Al finire in prima pagina su riviste scandalistiche e alla cocaina ,,infatti  prediligeva di gran lunga serate sprecate nei bar e tabacco, per questo motivo aveva acquistato un appartamento a Brooklyn così lontano da quell’ambiente tossico che sapeva, prima o poi, lo avrebbe distrutto.
Chi può odiare tanto un ambiente se non colui che lo ritrae in tutte le sue sfumature? Damian Gantly non era solo uno scrittore fallito, un essere umano fragile e allo stesso tempo intoccabile, era il direttore di uno dei giornali più importanti di New York, noto in particolare per le sue rubriche scandalistiche , l’M.S Journal.
C’erano voluti sette anni per arrivare a quel risultato, sette anni dall’aver sbattuto la porta di paglia dietro le sue  spalle  all’affermarsi come direttore di un giornale di successo , sette anni passati poi tutt’altro che velocemente. Aveva sempre immaginato che raggiunto questo tipo di obiettivo si sarebbe sentito pienamente appagato, ma non era nemmeno lontanamente vicino a una sensazione del genere.
Sopraffatto da pensieri , ricordi e alcol Damian uscì dal bar,poggiò la schiena al muro umido e accese una sigaretta.
 Sento  qualcosa di insoddisfatto nel mio cuore sempre  pensò buttando fuori il fumo della bocca , le parole di un vecchio poeta studiato a scuola gli tornarono con dolcezza alla mente,sorrise resosi conto di quanto fossero ridicoli i suoi stessi pensieri.
“Ciao,me ne dai una?”.






¤Ciao a tutti questo è il primo capitolo della storia,è la prima volta che pubblico su questo sito nonostante sia una lettrice da anni e finalmente ho trovato il coraggio di farlo. :)
Spero vi piaccia, vi prego se avete voglia di esprimere la vostra opinione che sia negativa o positiva fatelo, sarei contentissima.
Se siete arrivati fino a qui grazie mille per avermi letta.. xoxo
   
 
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