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Autore: Joy2000    22/01/2021    1 recensioni
Thomas Shelby si avvicina verso di me, a passo lento. Sono di nuovo agitata. Non so cosa vuole da me, non so neppure come posso sdebitarmi. Non so se mi vuole far del male... È a una dozzina di piedi di distanza, si toglie il cappello, I capelli sono schiacciati e Thomas cerca di aggiustarseli alla meno peggio. Mi guarda. Ha degli occhi chiari, azzurri, perfetti, ma così freddi ed enigmatici che ne rimango quasi ipnotizzata...
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Shelby, Nuovo personaggio, Thomas Shelby
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Sono tornata a Birmingham da un paio di ore, consapevole di essere venuta meno alla mia precedente promessa fatta con me stessa, ma so che è per un fine superiore. Io e Campbell abbiamo un piano, minuzioso e dettagliato: devo semplicemente riavvicinarmi a Thomas e nel momento più opportuno gli Shelby sarebbero finiti in prigione. Niente deve andare storto, ma c’è una cosa che mi preoccupa. Ho paura della mia reazione nel rivedere Thomas. È  passata solo una decina di giorni, non ho avuto molto tempo per metabolizzare gli accaduti e mettere da parte il mio amore per lui. L’aria di Birmingham mi nausea non appena scendo dal treno, e sbuffo demoralizzata. Mi dirigo verso il Garrison. Attraverso la città calpestando il terriccio misto al letame di cavallo e rimpiango Londra, con i suoi tram, con il suo profumo e con la sua mentalità così aperta. Nel frattempo penso a come affrontare Thomas. Sono nel suo territorio, e lui è molto astuto, ma è anche coinvolto dalle emozioni. Devo solo mostrarmi forte, sicura e decisa. Non devo temerlo, l’unica cosa da temere in questo mondo è la morte. 
Entrando nel Garrison mi sento spaesata, un po’ perché vengo assalita dai ricordi, che bruschi si insinuano nella mia mente e mi rendono più vulnerabile, un po’ perché mi esce spontaneo un paragone con i piano bar di Londra, così lussuosi e con persone assetate di vita. Ad ogni modo ordino una birra, ho bisogno di qualcosa di non troppo forte, per rimanere concentrata sull’obiettivo.  Attendo la mia preda seduta al bancone, mentre do un’occhiata alla saletta privata da cui la scorsa volta Thomas era uscito puntuale per salvarmi. Vedo delle ombre e sento delle voci, ma non riconosco ancora la sua. Cerco di capire cosa dicono e sento solo delle parole sparse, ad esempio, “ispettore”, “state attenti”, roba abbastanza incomprensibile. Ad un certo punto un poliziotto esce dalla saletta, seguito da Arthur e John che lo salutano con una stretta di mano senza ancora notarmi. Lo accompagnano all’uscita mentre io li seguo con lo sguardo e nel ritornare nella loro sala privata, incrocio gli occhi di Arthur. Gli faccio un cenno con la mano, mentre guardando la sua bocca noto che pronuncia un “Merda” a denti stretti. Mi fa un cenno col capo, costringendo anche John a guardare verso di me. Lui ha la bocca aperta e gli scappa a gran voce “Cazzo” tanto che tutti si girano verso di lui. Trattengo una risata perché non avrei mai pensato di far loro quell’effetto. Non se lo aspettavano, ho colto tutti di sorpresa e ne sono fiera. Voglio che mi temano, o che perlomeno non stiano tranquilli quando io sono con loro. A parte Thomas, che si deve fidare ciecamente di me.  Faccio un cenno del capo anche a John che mi guarda come se non credesse ai propri occhi. Proprio a quel punto un’altra ombra sta per uscire dalla saletta, sono certa che sia Thomas, manca solo lui all’appello. Invece nel momento in cui la figura si rende visibile, rimango delusa. Sono assalita da un’agitazione indescrivibile e ho una fottuta paura che il mio piano vada a rotoli prima ancora di cominciare. È la temutissima zia Polly. Non appena mi vede mi fulmina con lo sguardo. Non sembra sorpresa di vedermi, piuttosto arrabbiata e sinceramente lo trovo inverosimile visto che dovrei essere io l’unica nella posizione di arrabbiarmi. Armata di coraggio e determinazione, mi alzo dallo sgabello, dopo aver consumato la birra fino al fondo, e vado incontro alla famiglia Shelby.
“Buonasera” saluto in tono serio, guardando la zia, che mi squadra dall’alto in basso con il suo solito atteggiamento. Non mi saluta, a differenza di John e Arthur che accennano persino un sorriso.
“Che vuoi? Perché sei tornata?” ringhia Polly, turbata e sono soddisfatta che la mia presenza le faccia questo effetto. L’imperturbabile zia Polly adesso, grazie a me, non è tranquilla.
“Devo parlare con Thomas” spiego lapidaria. A polly scappa una risata sarcastica, mentre osservando Arthur, che è l’unico a mostrarmi emozioni in maniera chiara, noto che è mortificato, dispiaciuto, triste e mi inizio a preoccupare. Se gli fosse successo qualcosa? Thomas è un ex militare, se la cava da solo, è forte e abbastanza maturo da gestirsi la sua vita. Non sarà successo niente. “Dove posso trovarlo? Insisto.
“Olivia, tornatene da dove sei venuta” mi ordina Polly, illusa che io debba seguire il suo invito.
“Ho bisogno di parlare con Thomas” ripeto, ignorandola completamente e rivolgendo il mio apparente sguardo calmo e pacato a John. Anche lui ha la stessa espressione di Arthur, ora che ci faccio caso. Il pensiero che Thomas sia in pericolo mi assale e il mio cuore accelera agitato. Cerco di respirare lentamente, per non destare sospetti. I tre non mi rispondono e io non ho tempo per aspettare invano. “Lo troverò comunque anche senza il vostro aiuto” concludo infine dirigendomi verso l’uscita. 
“Watery Lane” Sento improvvisamente le parole di John e tiro un sospiro di sollievo. “Si trova a Watery Lane” precisa
“Che cazzo John…” esclama Polly a suo nipote. Sorrido soddisfatta mentre esco dal Garrison per trovare Tom.

Entrando nel cosiddetto “centro scommesse”, sono stupita di trovarlo desolato e silenzioso. Lo avevo visto solo un paio di volte e c’erano stati sempre tantissimi uomini affamati di soldi che sventolavano i propri biglietti in preda all’entusiasmo della scommessa. Ora invece è tutto così vuoto. Mi dirigo a passo lento verso l’ufficio di Thomas, cercando nel mentre di controllare le emozioni, ma è inutile nascondere il fatto che vederlo dopo tutto ciò che è successo, mi rende inquieta. Sono tuttavia abbastanza arrabbiata da farmi forza. Busso e intravedo già la sua figura seduta dietro ad una scrivania. Il pensiero che quell’uomo aveva sparato a mio padre un po’ di tempo prima, mi mandava il sangue al cervello. E l’idea di aver fatto l’amore con lui mi faceva venire la nausea. Sono così irrequieta e tesa che ho seri dubbi di farcela. 
“Avanti!” sento la sua voce da dietro la porta. Prendo un profondo respiro. Okay, sono pronta. Entro nello studio, che ha un odore penetrante di fumo ristagnato.
“Ciao Thomas” gli dico accennando un sorriso, che in tutta onestà non so se è pienamente falso. Forse una piccola parte di me è davvero felice di vederlo. Thomas mi guarda con i suoi a me ben noti occhi chiari, ancora per me così misteriosi tanto che non so se è stupito di vedermi o invece se lo aspettava.  Noto che ha tantissimi fogli sparsi sulla scrivania, e ha le mani sporche di inchiostro. Ha la faccia stanca, noto un accenno di occhiaie, occhi lucidi, ed è pallido. Thomas, Thomas, Thomas, che ti è successo? Per un momento non vedo più quell’eroe impavido e spavaldo che mi ha salvato la vita. Vedo un uomo stanco, trasandato, con poca voglia di vivere. Si accende in fretta una sigaretta, passandosela prima sulle labbra, come da abitudine. Non posso trattenere un sorriso. Thomas se la accende in totale silenzio. Aspira. E poi finalmente parla.
“Vuoi una?” Annuisco. Si alza dalla poltrona, mi porge una sigaretta, io la prendo direttamente in bocca e lui me la accende, avvicinandosi in maniera preoccupante a me. È una tale emozione risentire il suo profumo, che sono turbata, perché apprendo che nonostante tutto mi è mancato. 
Aspiro e mi scosto abilmente da lui, sedendomi proprio sul suo posto. Lo metto alla prova, magari gli suscito qualche reazione invece non sembra infastidito. Thomas è concentrato sulla sua sigaretta, è pensieroso e tiene lo sguardo basso.
“Thomas che hai?” gli chiedo non reggendo l’atmosfera e mostrandomi veramente preoccupata per lui. La domanda mi esce più brusca del previsto, probabilmente perché sono angosciata dal piano che ho paura fallisca, e da Thomas, che temo non stia bene. Mi sembra malato e in piedi noto persino che è dimagrito. Lui mi rivolge uno sguardo vuoto. A che sta pensando questa volta? Prende un respiro.
“Niente, sono un po’ preoccupato per gli affari, tutto qui” mi risponde, noncurante, riprendendo il suo atteggiamento caratteristico. Sono confusa. 
“Ci sono problemi?” gli chiedo, indagando, magari mi sarebbe tornato utile nel piano.
“Non lo so ancora, degli amici a Londra mi hanno detto che c’è un nuovo ispettore in città, pare si chiami Campbell.” Trattengo il respiro in ansia, e se avesse scoperto tutto? Thomas è furbo, è scaltro e io non sono così brava a mentire dopo tutto. “Campbell, lo conosco perché suo figlio mi doveva dei soldi” aggiunge.
“Si, mi ricordo, me ne hai parlato a proposito dell’uccisione di mio padre” e a quel punto gli rivolgo un’occhiataccia, mentre i ricordi e la rabbia mi offuscano la ragione ma cerco di calmarmi subito e riprendo a respirare lentamente. “E quindi? Che problema c’è? Hai la polizia di Birmingham dalla tua parte”
“è questo il problema. Pare che questo Campbell non abbia superato la questione di suo figlio” dice in tono distaccato e mi urta parecchio perché l’ispettore da padre ha visto morire suo figlio, e questo Thomas non lo riesce a capire, non riesce neanche per un istante ad immedesimarsi nel dolore di Campbell
“Come si fa a superare una cosa del genere, Thomas?” gli domando ferita
“Come hai fatto tu?” mi chiede. Io in realtà non l’ho superata affatto, ma questo Thomas non deve saperlo, altrimenti non avrebbe molto senso trovarmi qui con lui.
“Perché io…ti…” prendo una pausa, pensando bene a quello che sto per dire. Gli sto mentendo spudoratamente per un piano che lo porterà in carcere, è giusto? Non lo so, ma so che voglio vendicare mio padre. “Thomas io ti amo” gli dico semplicemente fissando i miei occhi nei suoi. Thomas non dice niente e  sono di nuovo interdetta. L’ultima volta che ci siamo visti era stato lui a dirmi quelle parole e sinceramente, non pensavo cambiasse la situazione. A quel punto mi alzo, spengo la sigaretta nel posacenere e gli vado vicino, cauta, studiando ogni sua più piccola reazione ad ogni mio passo. Mi segue con lo sguardo, attento anche lui. Siamo vicini, ma ancora non ci tocchiamo. Voglio che sia lui a farlo per primo, voglio sapere se è realmente innamorato di me o se la scorsa volta mi ha mentito. Ci guardiamo a lungo. Quegli occhi azzurri… sono così profondi da essere infiniti. Attendo una sua mossa, che però non arriva. Quindi gli sorrido e mi rivolgo verso l’uscita, dispiaciuta dalla sua imperturbabilità. 
“Olivia?” mi chiama e  io mi giro subito.
“Perché sei qui?” mi domanda. Senza esitare gli rispondo subito
“Perché volevo dirtelo” 
Faccio per uscire, ma lui mi prende per una mano e mi ferma. Mi guarda e fa uno scatto verso di me, mi prende il viso tra le mani e mi bacia! Le sue labbra calde e morbide premono sulle mie e in me scoppia una bomba di emozioni: rabbia, senso di colpa, ma anche gioia, soddisfazione. Lo amo, ne sono consapevole. Sto combinando un gran casino, ma adesso che posso fare? Di certo non posso tirarmi indietro. Thomas mi spinge contro la porta e mi blocca i fianchi mentre continuiamo a baciarci appassionatamente. Assaporo ogni suo piccolo dettaglio, e sono pervasa dal gusto gradevole del tabacco poco prima fumato. Mi morde il labbro e gemo dal piacere, mentre mi solleva la gonna e mi prende in braccio toccandomi e massaggiandomi le natiche. Ho la schiena contro la porta e sono avvinghiata alla sua schiena bassa. Sento la sua essenza da sotto il pantalone, che imponente lo prega di uscire. Thomas si abbassa quindi i pantaloni e mi penetra con passione, quasi con violenza. E io lo accolgo calda e affamata in cerca di appagamento. Inizia a spingere dentro di me mentre provo a trattenere dei gridolini per l’estremo piacere che mi stava dando, ma non ci vuole tanto affinchè, proprio quando accelera il ritmo, io esploda in un orgasmo tutt’altro che silenzioso. Viene anche lui. Ha il fiatone e la fronte imperlata di sudore. Sembra stanco, ma continua a tenermi in braccio, e anzi adesso mi stringe. Sembra un bambino spaurito, in cerca di rassicurazioni. Lo abbraccio a mia volta, accarezzandogli la testa e cercando di calmarlo.
“Shh, va tutto bene” gli ripeto sussurrandogli nell’orecchio. Thomas non mi lascia, rimane avvinghiato a me come se fossi la sua ancora di salvezza,  ancora che però questa volta lo farà affondare nei profondi abissi dei suoi peccati.
  
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