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Autore: Signorina Granger    22/01/2021    2 recensioni
[Asriel Morgenstern & Clodagh Garvey]
Piccolo approfondimento sul rapporto tra due dei protagonisti di "Murder on the Riviera Express".
* Solo una volta rimasto solo, con il silenzio tornato a regnare sovrano – si ritrovava sempre a stupirsi, Asriel, di come l’atmosfera cambiasse in base alla presenza di Clodagh – l’Auror chinò il capo per guardare Zorba, sorridendogli appena:
“E’ proprio una donna assurda, vero piccolo?” *
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Morgenstern & Garvey
 
 


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Quando, aprendo la porta di casa, aveva trovato Clodagh sulla soglia, non aveva avuto di che stupirsi, tantomeno quando la strega aveva sollevato un paio di scatole di cartone:
“Cena?”
Al suo piatto preferito Asriel non sapeva proprio dire di no, così si era spostato per farla passare senza obiettare.
Poco dopo, nell’appartamento di Asriel si stava figurando la solita scena di sempre: lui e Clodagh, seduti sul pavimento con la schiena contro il divano, stavano finendo di mangiare rileggendo fascicoli e formulando teorie ed ipotesi.
Clodagh, dopo aver troncato la teoria del collega sul caso di omicidio che stavano seguendo, gli rubò una patatina con nonchalance ignorando la sua occhiata torva, asserendo che non poteva essere stato il marito:
“E’ sempre il marito il primo sospettato, troppo banale! Secondo me è stata sua sorella.”
“Sua sorella?! E perché?!”
“Rileggi il rapporto dell’interrogatorio, è evidente che sia gelosa di lei da sempre. Più bella, carriera migliore, ha sposato l’ex fidanzato della sorella… beh, questo è stato da infami. Non dico che ucciderei mia sorella se sposasse Nolan, ma di sicuro non le rivolgerei più la parola.”
 
“A proposito di Nolan, che ne pensa del fatto che tu ora sia qui con me invece che a casa con lui?”
“Lo sa che siamo amici, ed è per lavoro! Ti porto la cena perché so che è l’unica certezza che ho affinché tu mi faccia entrare.”
Clodagh si strinse nelle spalle, sorridendo quando Zorba s’intrufolò tra le sue gambe per farsi prendere in braccio e ricevere un po’ di coccole.
 
“Non hai detto che discutete spesso perché non approva i tuoi viaggi frequenti?”
“Sì, la cosa non gli va molto a genio… anche se stiamo insieme da tantissimo tempo, a volte credo di non sentirmi del tutto capita, sai.”
La strega, stringendo il gatto tra le braccia, sollevò la testa inarcando il collo all’indietro per poggiare il capo sul cuscino del divano mentre Asriel, circondato dalle scatole ormai vuote della loro cena, si stringeva nelle spalle:
“Il nostro è un lavoro particolare e che ti occupa molto le giornate, credo che sia comprensibile che non tutti lo comprendano.”
“Immagino che sia così. E’ che a volte è un po’ stressante, forse abbiamo priorità diverse.”
 
Asriel non rispose, non sapendo cosa dire mentre l’amica rifletteva in silenzio per qualche istante prima di ridestarsi e, come al solito, sfoderare un sorriso allegro:
 
“Ma non fa nulla, per fortuna ho il mio adorato partener brontolone con cui condividere i tedi del lavoro. E ora sarà meglio che vada… riprendiamo domani, ok? Ciao piccolo, a presto.”
La strega depositò un piccolo bacio sul musetto di Zorba prima di lasciarlo tra le braccia del suo padrone e alzarsi, stiracchiandosi e spolverandosi le briciole dai vestiti mentre Asriel la guardava dal basso con la fronte aggrottata:
“Immagino che dovrò pulire io.”
“Beh, è casa tua, no? Buonanotte Asriel, ci vediamo domani in ufficio, sii puntuale!”
“Sono SEMPRE puntuale, Clodagh.”
L’uomo le lanciò un’occhiata torva, guardandola ridacchiare prima di infilarsi cappotto, sciarpa e berretto e lanciargli un bacio aereo prima di sparire dietro la porta d’ingresso.
 
Solo una volta rimasto solo, con il silenzio tornato a regnare sovrano – si ritrovava sempre a stupirsi, Asriel, di come l’atmosfera cambiasse in base alla presenza di Clodagh – l’Auror chinò il capo per guardare Zorba, sorridendogli appena:
“E’ proprio una donna assurda, vero piccolo?”
 
*
 
“Mi dite come diavolo avete fatto?! Vi avevo mandati sotto copertura, e vi siete fatti scoprire in dieci minuti! E dire che tu, Asriel, hai superato l’esame di Camuffamento col massimo dei voti!”
“In mia difesa, signore, sono certo che la colpa sia stata dell’abbigliamento eccentrico della mia collega.”
“Non sono d’accordo invece!”
 
Clodagh, seduta accanto a lui dopo essere stati convocati dal Capo nel suo ufficio per rimproverarli, incrociò le braccia al petto e lanciò un’occhiata torva al collega, che ricambiò prima di borbottare che allora era stato il suo accento.
 
“Non mi importa chi è stato, il punto è che non deve ricapitare! Siete una delle mie squadre migliori, e poi vi fate scoprire in sciocchezze del genere, andiamo!”
Sì, signore.”


 
“Pff, non lo sopporto proprio, Potter, quando ci dà lezioni neanche fossimo bambini dell’asilo!”
“Asriel, smettila di lamentarti. Forse è per questo che ci hanno riconosciuti subito! Il tuo essere brontolone fino al midollo ormai è fatto noto fino in Asia, credo!”
 
I due battibeccarono fino a raggiungere l’ufficio che condividevano, lanciandosi occhiate torve da una scrivania all’altra.
 
Due ore dopo, quando ebbero sepolto l’ascia di guerra grazie al caffè che Asriel portò all’amica come offerta di pace, Clodagh – seduta come era solita fare sulla sua scrivania, assorta nei suoi pensieri mentre sorseggiava il caffè – ebbe una sorta di illuminazione.
 
“Forse ho capito! E’ colpa della tua faccia e del tuo fisico!”
“Come sarebbe a dire?!”
 
Asriel alzò lo sguardo su di lei aggrottando la fronte, sfoggiando un’espressione sinceramente offesa mentre la rossa annuiva, sorridendo:
“Ma sì, è ovvio, sei così bello che è impossibile che la gente non ti guardi, e quando ci siamo infilati in Metropolitana si saranno voltate 20 teste, un po’ come quando arrivi al Ministero al mattino… ma sì, è tutto chiaro. La prossima volta dovrai imbruttirti.”
“Non ci penso nemmeno! E comunque sono tutte idiozie, nessuno mi degna di occhiate quando sono al lavoro.”
 
Il mago tornò a leggere il fascicolo del nuovo caso mentre Clodagh, aggrottando la fronte, si voltava verso lo stormo di segretarie che ridacchiavano e bisbigliavano in direzione del collega.
Merlino, poteva un Corvonero essere tanto ottuso?
 
*
 
 
“Ho sentito, sto arrivando! Stupido arrosto…”
 
Gettato lo strofinaccio grigio su cui si era pulito le mani sulla superficie bianca del bancone della cucina – dopo aver controllato l’arrosto che si stava cuocendo nel forno – Asriel girò sui tacchi, attraversò la piccola manciata di metri che lo dividevano dalla porta d’ingresso e la spalancò con sincero scetticismo.
Era venerdì era, era tornato dal lavoro poco più di un’ora prima e si stava accingendo a prepararsi la cena cucinando l’arrosto di maiale per la prima volta in vista sua. Chi mai poteva avere tanta urgenza di vederlo per consumargli il campanello a quell’ora?
Ciò che si trovò davanti, in effetti, lo lasciò effettivamente di stucco.
“Ciao.”
Sulla soglia del suo appartamento, un loft all’ultimo piano in un antico palazzo ristrutturato di Chelsea, figurava una dei suoi colleghi. E un una qualsiasi, bensì colei che ormai da quattro anni era divenuta la sua partner ufficiale.
“Clodagh, che ci fai qui?”
In piedi sulla porta, con una mano appoggiata sullo stipite verniciato di bianco, Asriel guardò incredulo la strega che aveva di fronte: Clodagh non aveva il suo solito sorriso benevole impresso sulle labbra, e non sembrò intenzionata a volerlo prendere in giro, nonostante indossasse un orrendo grembiule a fiori sopra alla camicia e ai pantaloni del completo beige.
No, la strega – di solito estremamente loquace e allegra – ricambiò il suo sguardo con l’occhiata più tetra che gli avesse mai rivolto da che si conoscevano.
“Scusami Asriel… Non sapevo dove andare.”
Solo a quel punto l’Auror si accorse di un particolare dettaglio: la sua collega teneva l’immancabile zainetto di pelle variopinta sulle spalle, ma non era l’unica cosa che si era portata appresso, visto che reggeva il manico di una voluminosa borsa.
“Vieni.”
Il mago si spostò, facendo un passo indietro per permetterle di entrare, e Clodagh non se lo fece ripetere due volte, superandolo con un sospiro cupo.
Nonostante fosse febbraio, la strega non sfoggiava nessuna delle sue sciarpe e dei suoi berretti col pompon, il che accese immediatamente i sospetti di Asriel mentre le chiudeva la porta alle spalle lanciandole un’occhiata guardinga.
“Che cosa è successo?”
“Io… ho lasciato Nolan.”
“Tu… tu cosa?”
 
Non era incline a stupirsi troppo spesso, Asriel Morgenstern. E per quanto la sua partener fosse “la donna più assurda che avesse mai conosciuto”, ormai conosceva Clodagh talmente bene da ritenere che non potesse più serbargli alcuna sorpresa. Ma evidentemente si sbagliava.
Sgranando gli occhi chiari in una palese espressione stupefatta, Asriel guardò Clodagh abbandonare i suoi averi sul parquet prima di arrampicarsi su uno dei due sgabelli della cucina con un movimento quasi automatico. La strega annuì, sconsolata, e appoggiò entrambi i gomiti sul bancone ingombro di erbe aromatiche, posate e un libro di ricette prima di prendersi la testa tra le mani.
 
“Ci pensavo da qualche settimana, ma è stato comunque davvero tremendo. Però allo stesso tempo so che è la cosa giusta. Dici che è normale?”
“Io… non lo so, Clodagh.”
Odiava ammetterlo, ma era la pura verità, e non avrebbe mai potuto negarla: Clodagh e Nolan erano stati insieme per più di cinque anni. Di certo non poteva dire di comprendere come la collega si sentisse, visto che lui non aveva mai avuto una relazione del genere in tutti i suoi 29 anni di vita.
Il mago si avvicinò con passi un po’ incerti alla strega, che appariva più atterrita che mai, e dopo essersi schiarito la gola le chiese, un po’ a disagio, come l’uomo l’avesse presa.
“Beh, non era particolarmente felice, ovviamente, ma credo che avesse subodorato da un po’… L’ho amato davvero molto e per molto tempo, ma credo che ormai le cose avessero preso una piega diversa. Non volevamo le stesse cose, ma già lo sai. Non capiva che al momento voglio concentrarmi sul lavoro, e non sull’avere una famiglia.”
Clodagh, che indossava un maglione color terra bruciata che contribuiva a farla sembrare meno vitale del solito, si strinse nelle spalle continuando a tenere gli occhi chiari fissi davanti a sé, sconsolata.
Sollevò il capo solo quando la mano di Asriel le sfiorò la spalla, ritrovandosi a guardare il collega rivolgerle un’occhiata seria – anche se ebbe la sensazione che si stesse sforzando di essere il più gentile possibile –:
“In tal caso sappiamo entrambi che bai fatto la cosa giusta, e sono sicuro che lo capirà anche Nolan… gli serve solo tempo. Nel frattempo, penso che io e Zorba potremo condividere la nostra cena con te, stasera. Anche se non posso fare promesse sul risultato…”
 
Il mago si grattò la testa, un po’ a disagio, mentre il volto lentigginoso di Clodagh veniva finalmente illuminato da un radioso sorriso, tornando parzialmente quella di sempre: asserendo che fosse il suo orso preferito lo abbracciò, ignorando i suoi balbettii su quanto quei gesti non fossero affatto necessari.
 
 
 
“Ribadisco che mi dispiace di essere piombata qui, ma non potevo dormire a casa con Nolan e tutta la mia famiglia è in Irlanda. A Londra non ho molti amici stretti a cui potevo chiedere asilo tranne te… sicuro che non ti dispiace?”
“Clodagh, te l’ho già detto, non è un problema se stasera dormi qui. Basta che non mi saccheggi il frigo, bada bene.”
Clodagh, seduta su uno dei due divanetti con Zorba acciambellato sulle ginocchia, abbozzò un sorriso mentre guardava il collega trasportare un paio di cuscini e una coperta dal soppalco dove si trovava la sua “camera”.
Stava per ringraziarlo per essersi disposto a cederle il divano quando il mago – che si era finalmente tolto grembiule e abiti formali per indossare il suo “pigiama” composto da maglietta bianca e pantaloni blu e grigi a righe – le indicò senza scomporsi la scala a chiocciola di metallo:
“Visto che hai il pigiama puoi cambiarti direttamente di sopra, se vuoi, visto che dormirai lì.”
“Ma no Asriel, dormo sul divano!”
Clodagh spalancò gli occhi, sinceramente colpita dalle parole dell’amico: già gli era grata di averla accolta senza preavviso, ma di saperlo costretto a dormire sul divano a causa sua proprio non ne voleva sapere.
“No, ci dormo io.”
“Ma… ma tu non ci starai mai, sei troppo alto!”
“Pazienza, mi adatterò, abbiamo dormito in posti peggiori in missione, come ricorderai.”
L’uomo si strinse nelle spalle e prese a sistemare cuscini e coperta di pail grigia sul divano mentre Zorba lo guardava con curiosità e Clodagh scuoteva la testa, risoluta:
“Insisto, non farmi sentire in colpa dormendo nel tuo letto!”
“Clodagh, accetta questo mio attacco di gentilezza, per una volta!”


 
Avevano discusso, lei lo aveva minacciato con un cuscino e lui con una pantofola, ma alla fine il padrone di casa l’aveva avuta vinta.
Due ore dopo, dopo aver guardato sul suo computer un vecchio musical mangiando una ciotola enorme di popcorn dove Clodagh aveva affogato la tristezza – Asriel aveva criticato praticamente qualsiasi cosa della pellicola, “perché diavolo quelle cameriere hanno i pattini? Perché tutti hanno quegli orribili capelli cotonati? E davvero si aspettano che quelli possano passare per dei liceali?” ma Clodagh adorava mostrargli quel genere di film proprio per quel motivo – la strega abbracciava un cuscino, rannicchiata sotto le coperte nel suo sgargiante pigiama giallo con grossi calzini di lana abbinati.
“Notte Stella del Mattino Splendente! Ti voglio bene!”
 
Asriel rispose con una specie di grugnito dal piano terra, ma a Clodagh bastò, e la strega sorrise soddisfatta nell’oscurità prima di addormentarsi.
 
*
 
“Signor Morgenstern, è vero che ha praticamente risolto il caso da solo?”
Asriel aggrottò la fronte mentre attraversava l’Atrium del Ministero a passo svelto, il cappotto che svolazzava ad ogni suo passo e una giornalista al fianco.
 
“Assolutamente no, l’ho risolto con la collaborazione della Signorina Garvey, come sempre. Non ho mai detto nulla del genere.”
“Ma è stata proprio lei a dircelo, Signor Morgenstern!”
L’Auror entrò nell’ascensore proprio quando udì quelle parole, ritrovandosi a lanciare un’occhiata del tutto confusa alla giornalista prima di asserire con tono pacato che alla sua collega piaceva esagerare.
 
 
“Si può sapere perché lo fai?”
“Ah, ciao dolcezza. Che cosa?”
Clodagh sedeva a gambe incrociate sulla sua scrivania, un maglione verde acceso addosso insieme a dei jeans blu elettrico, e alzò lo sguardo dal numero del Settimanale delle Streghe che stava sfogliando quando il collega le si parò davanti nel loro ufficio, le braccia strette al petto e lo sguardo torvo.
“Perché attribuisci il merito sempre a me? Noi collaboriamo, è queste che fanno le squadre, e noi, anche se nessuno l’avrebbe mai detto, siamo un’ottima squadra.”
“Via Asriel, lo sai che non m’importa niente dei riflettori. L’importante è fare la cosa giusta, no? E tu sei perfetto per questo, per la notorietà e la prima pagina, forse molto più di me.”
 
“Perché, pensi che a me importi, della notorietà?”
L’espressione dell’ex Corvonero si accigliò ulteriormente, e Clodagh chiuse la rivista prima di sorridere dolcemente e scuotere la testa, guardandolo quasi con affetto:
 
“No, certo, lo so bene. Prometto che non lo farò più, ok? E’ che odio, odiooooo le interviste, che barba!”
“Come se a me piacessero, invece! Vado a prendere un caffè, vuoi qualcosa?”
“Per me una ciambella al cioccolato con molto zucchero e un cappuccino con una spolveratina di cannella, grazie!”
 
*
 
Quando aveva sentito qualcosa picchiettare alla finestra, Asriel non si era stupido nel vedere un gufo grigio ricambiare il suo sguardo, una lettera legata alla zampa destra.
“Oh, tò guarda chi abbiamo qui, Zorba…”
L’Auror aprì la finestra a scomparsa con un debole sorriso, lasciando che Ossian, il gufo di una sua certa conoscenza, planasse all’interno dell’appartamento fino ad appollaiarsi sullo schienale del divano.
“Vediamo che cos’hai qui…”


Era raro che Clodagh gli scrivesse, visto e considerato che si vedevano praticamente ogni giorno, ma la collega si era presa qualche giorno di permesso visto che era impegnata nel sistemare e ritruttorare la sua nuova casa in Irlanda, nei pressi di Belfast.
L’idea di non averla più a due minuti di distanza non lo entusiasmava, ma ovviamente si era sempre ben visto dal renderle nota la sua opinione, fin da quando Clodagh gliela aveva comunicata, felicissima di tornare in Irlanda, come aveva sempre desiderato.
Il gufo lasciò che il mago prendesse la lettera, lanciando un’occhiata sospettosa a Zorba – rannicchiato sul su un cuscino e con gli occhi gialli fissi sul rapace – prima di mordicchiare il dito dell’Auror con affetto.
Ossian era il gufo più pigro e asociale del mondo, Clodagh lo ripeteva di continuo, così come sottolineava, ridacchiando, che il suo imbronciato collega gli andava a genio proprio perché si somigliavano.
 
Asriel aprì la lettera della collega con la fronte aggrottata, chiedendosi cosa mai avesse di urgente da dirgli prima di leggere le poche righe che Clodagh aveva scritto frettolosamente.
 
“Andare ad aiutarla a dipingere casa?! Impossibile che faccia una cosa simile!”
 
 
 
Quando Clodagh aprì la porta di casa si ritrovò a rivolgere un largo sorriso al suo partner fisso, cercando di non ridere quando si accorse di come era vestito: di certo quello non era l’Asriel a cui era abituata.
“Che c’è?! Hai detto “mettiti abiti brutti”, e io NON HO abiti brutti! E’ la roba che metto quando mi alleno.”
L’Auror, che indossava una larga felpa grigia col cappuccio e teneva le mani sprofondate nelle ampie tasche, rivolse un’occhiata stizzita alla collega mentre si stringeva nelle spalle, guardandola spostarsi dalla soglia per fargli cenno di entrare:
 
“Tranquillo, sei sempre l’Auror più affascinante del mondo. Grazie per essere venuto ad aiutarmi. Vedrai, ci divertiremo!”
“Passare il weekend in Irlanda a dipingere pareti con la mia collega squinternata… non chiedevo di meglio, Clodagh.”
 
Due ore dopo Asriel stava dipingendo una parete con una tinta gialla così accesa da fargli male agli occhi mentre Clodagh, alle sue spalle, girovagava da una stanza all’altra – tutte coperte da giornali vecchi sul pavimento – con addosso una variopinta salopette sopra ad una maglietta bianca e con Zorba a seguirla ovunque andasse.
Ogni tanto la strega smetteva di dipingere le pareti e, imbracciata la sua chitarra, si dava all’esecuzione di concerti che facevano sospirare il collega.
“Clodagh, sai che per entrare qui serviranno gli occhiali da sole, vero?”
“E non hai visto il bagno, l’ho fatto tutto verde lime!”
 
“Porca Priscilla, povero me…”


Mentre aspettava che la vernice si asciugasse per dare la seconda mano alla parete, Asriel prese a spacchettare alcuni scatoloni che contenevano foto e libri. In mezzo alle numerose foto che Clodagh aveva della sua immensa famiglia, che contava ben nove persone, Asriel s’imbatté in una cornice di legno chiaro che custodiva una foto che conosceva bene.
Seduto sul pavimento con i vestiti sporchi di giallo, Asriel strinse la fotografia e non riuscì a trattenere un debole sorriso nel guardarsi insieme a Clodagh fuori da una delle aule del Wizengamot, quando il processo di un serial killer di Babbani che avevano acciuffato dopo settimane di ricerche si era appena concluso con la sua condanna.
 
“Cosa hai trovato? Ah, sì, mi piace molto quella foto. Siamo persino venuti bene entrambi, ha un che di miracoloso!”
Clodagh si era fermata alle sue spalle, la chitarra ancora in braccio, e il mago si voltò verso di lei prima di annuire piano e borbottare qualcosa a mezza voce, evitando di guardarla mentre Zorba si arrampicava su una delle sue gambe.  
“Credo che un po’ mi mancherà vederti capitare da me con la cena e per parlare dei casi. Anche se sarà un sollievo non trovare una pel di carota irlandese davanti alla soglia senza preavviso.”
“Oh Asriel, credo sia una delle cose più carine che tu mi abbia mai detto! Ma non temere, anche se ora vivrò in Irlanda continuerò a portarti la cena di tanto in tanto, lo prometto.”
 
Clodagh gli arruffò i capelli con un risolino, ignorando la sua smorfia prima di riprendere a strimpellare con la sua chitarra, canticchiando a mezza voce.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
…………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:
 
Ho milioni di cose da scrivere, e ovviamente cosa faccio se non continuare a tirarne fuori delle altre?
Domani dovrebbe arrivare il nuovo capitolo di MOTRE, e nel frattempo ho pensato di approfondire un po’ il rapporto tra due dei tre Auror della storia.
Spero che questo approfondimento sia stato di vostro gradimento, a presto!
Signorina Granger
   
 
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