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Autore: Queen of Superficial    23/01/2021    1 recensioni
“Dobbiamo parlare seriamente”, annunziò quella specie di cartomante fuori servizio che lui si era scelto come compagna di vita.

Che palle, pensò lui. Lui era James, ma per tutti era Jimmy.

“Una tazza di tè?”, propose Grace, che non andava facendo altro da quella mattina, ma lo disse guardandolo e lo disse in quel modo che, lui lo sapeva, significava che palle. Si sorrisero. La cartomante li vide, e si rabbuiò. Matt Shadows entrò abbattendo di netto la porta d’ingresso, e non fece in tempo a sfilarsi gli occhiali da sole specchiati.

“Che cazzo è?”, chiese, indicando allarmato un brutto scheletro di cartapesta.

“È tua madre”, gli rispose la cartomante.

“Non mi sembra”.

L’orologio a cucù batté le cinque del pomeriggio.
Valary Sanders si sporse sulla ringhiera della veranda e cominciò a urlare “sciò, sciò.” in tono monocorde ad un ristretto stormo di gazze ladre che si intrattenevano in giardino.

Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, The Rev
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Atto III

Henry David Thoreau, Julio Cortázar,
Gabriel García Márquez,
e l’indimenticabile capolavoro,
“Il coglione inglese”

 

And you…
you were the one I treated worse,
only because you loved me the most.
Florence + The Machine, Grace

 

William ci restava sveglio la notte.
Misurava la stanza a grandi passi e si chiedeva cosa mai avessero da dirsi Grace e quell’uomo così profondamente diverso da lei. Cosa avessero in comune. Aveva accettato la cosa con tutta la sportività che si era imposto di sfoggiare — in fondo, lei era la sua fidanzata — ma rabbrividiva a sentirla ridere nell’altra stanza, sempre in piedi a quelle ore improbabili, al telefono con lui dall’altra parte dell’oceano. Jimmy c’era sempre stato e ci sarebbe stato sempre. Si manifestava continuamente, allungando la sua ombra nella loro vita in comune in mille piccoli modi: un libro che lui non avrebbe mai scelto per lei, e che Grace invece riceveva come un’ostia e sfogliava con gli occhi illuminati di una bambina; un mazzo di fiori per una ricorrenza nota solo a loro due, della cui natura e importanza William era completamente all’oscuro; una volta, perfino due tazze così assurde, ma così assurde che ebbe la tentazione di romperle apposta. Tutto quel traffico di posta e pacchi, per non menzionare le lunghe lettere di cui non vedeva proprio la necessità considerate le interminabili e frequenti telefonate, rappresentavano un universo privato da cui William era evidentemente escluso. La cosa che lo rendeva più furioso era che non sembrava esserci modo per avere informazioni un po’ più precise; a Grace non si sarebbe mai azzardato a chiederlo apertamente, perciò aveva provato ad indagare con Conor. “Sono mai stati più uniti di così?”
“Da quando si conoscono, non si sono mai separati volentieri”, rispose laconico il ragazzo, asciugando i piatti che lui tirava fuori dall’acquaio. William si ricordò all’improvviso della volta in cui Grace gli aveva raccontato che Milady, una delle sue più care amiche, riusciva ad affrontare discorsi seri solo lavando i piatti, immersa fino ai gomiti in una misteriosa pozza di acqua e sapone.
“Voglio sapere se sono stati fisicamente insieme. Dal punto di vista romantico, Conor.”
Conor restò con una ciotola in mano ed un’espressione indecifrabile sul giovane viso. “Mi stai chiedendo se hanno mai scopato, e trattandosi di mia sorella la risposta è: non lo so e non lo voglio sapere.”
William aveva tossito a disagio, rendendosi improvvisamente conto della tempesta di inopportunismo che rappresentava quella domanda.
“È che sono così legati… mi è difficile non preoccuparmi, ecco.”
“Non ti biasimo.”
A William si era gelato il sangue ed aveva gettato uno sguardo oltre il vetro della finestra; Jimmy e Grace, nel patio, gli davano le spalle seduti su due chaise-longue vicine, e confabulavano chini l’uno verso l’altra in un conclave intimo. Vide la sua fidanzata sfilare con un gesto confidenziale il bicchiere di mano all’uomo, prendere un sorso e gettare indietro la testa, abbandonando i capelli ai capricci del vento. Un piatto gli cadde dalle mani ed andò in frantumi nell’acqua piena di sapone, sollevando — con buona pace di Milady e della sua maieutica dell’acquaio — una piccola coltre di bolle attraverso la quale lo raggiunse, definitiva, la voce di Conor: “Secondo me dovresti parlargliene.”
“Parlare a chi di cosa?” intervenne una voce femminile dalla timbrica inconfondibile. Conor lasciò un canovaccio in mano a Valary e si eclissò il più velocemente che poté.
William gli impartì una benedizione a mente, e sorrise amaro chiedendosi cosa mai era accaduto per convincere la donna a smettere di cercare di mettere in fuga le gazze.
“Mi suggeriva di parlare alla mia fidanzata del suo rapporto con il vostro Jimmy.”
Disse proprio così, il vostro Jimmy, come se dai Jimmy altrui ci si potesse invece aspettare un comportamento più appropriato, in linea con le norme non scritte del vivere sociale.
Valary annuì con aria saggia. “Sei geloso. Ti capisco.”
“Non è che io sia geloso, è che loro sono così…”
“… intimi?”
“Stavo per dire uniti.”
“Ti chiedi se scopano?”
William alzò gli occhi al cielo, ma il cielo non rispose. Valary ignorò la teatralità del gesto, ma non riuscì a non pensare: Shakespeare.
“La risposta è che non si sa. Nessuno lo sa. Ma, se vuoi la mia opinione, probabilmente sì. Di sicuro c’è stato un periodo in cui lo facevano, e parecchio.”
William avrebbe voluto pregarla di tacere mentre si cavava compostamente gli occhi, ma colse istantaneamente il parallelismo con Macbeth e ritenne che a Grace non avrebbe fatto piacere. Quel che non seppe mai è che in quell’aranceto ammarato sulla costa della California, per un lungo attimo, e tra due persone che non avrebbero mai potuto essere più diverse tra loro, Shakespeare era stato un pensiero simultaneo e comune.
“E come mai hanno smesso?”
“Io non credo affatto che abbiano smesso.”
“Valary, ti imploro.”
Lei lo guardò comprensiva. “Scusami, hai ragione. È che Jimmy è mio amico da una vita, Grace lo è da quando l’ho conosciuta, e trovavo che fossero una coppia perfetta. Lo penso ancora. Senza offesa.”
“Nessuna offesa.” ribatté, dissimulando una fitta in un fianco.
“Erano molto felici, ma non si può dire che siano mai stati propriamente una coppia.  Non ci sembrava affatto strano perché sono due persone… beh, molto particolari.”
“Senz’altro”, concordò lui a denti stretti.
“Nessuno li ha mai visti darsi un bacio in pubblico, per dire. A parte una volta.”
“Quando?”
Valary lo guardò sorpresa. “Beh, quando Jimmy ha rischiato di… Grace non te l’ha mai raccontato?”
“Mi ha detto che è stato molto male, ad un certo punto. Che si è pensato che non ce l’avrebbe fatta. Ma poi ce l’ha fatta.”
Lei sorrise. “Jimmy è invincibile.”
“Sì, l’ho sentito dire.”
“In quei momenti Grace non ha mai lasciato il suo capezzale. Quando lui si è svegliato, lei era lì. C’eravamo quasi tutti, a dire il vero. Era una giornata bellissima e fredda. Lei stava leggendo un libro accanto al suo letto; da subito e non senza una bella scena, i medici avevano compreso che il concetto di ‘orario di visite’ non si applicava a quella ragazza. Lui ha aperto gli occhi e l’ha guardata, e lei ha sollevato i suoi dal libro. Il tempo si è fermato nei binari. Nessuno ha detto una parola, neppure la madre di Jimmy; nessuno si è mosso. Il libro è caduto dalle mani di Grace dritto a terra e lei ha fatto un unico movimento che includeva più azioni, sai come fa lei…”
“Sì, si infila dentro una crepa della realtà e per un attimo smette di rispondere al mondo, come tutti siamo costretti a fare, ed è il mondo che risponde a lei. Quella donna sa essere un miracolo, in culo le leggi della fisica.”
Valary lo fissò stupita: “Hai detto una parolaccia.”
“Cosa ti fa pensare che sia un evento straordinario?”
“Non ti ho mai sentito dire parolacce.”
“Non mi hai neanche mai sentito cantare Bombs over Baghdad degli Outkast, eppure anche quella è una cosa faccio spesso. Lo giuro.”
Valary sovrappose in un lampo la canzone a quel distinto gentiluomo inglese, e scoppiò a ridere. Per un lungo istante le piacque moltissimo, e se ne dispiacque. Si sorrisero, imbarazzati da una temporanea complicità. Lo guardò bene e lo trovò molto bello, informazione che in precedenza aveva registrato solo di sfuggita, perché lui non era il suo genere né il suo tipo; molto bello, e molto brillante. Le dispiacque anche quello, mentre lo guardava mettere da parte un canovaccio e voltarsi, con le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti e le braccia che si incrociavano sul petto evidenziando le vene mentre si appoggiava di spalle all’acquaio, maledicendo l’ovvia chiaroveggenza di Milady e chiunque avesse mai avuto un posto nel cuore della sua Amazing Grace.
“Scusami, ti ho interrotta. Va’ pure avanti.”
Valary si riscosse dall’incantesimo, rendendosi conto nel contempo che lui era perfettamente consapevole dello sguardo incantato che lei gli stava rivolgendo: “Sì, dov’ero? Ah, a quell’unico movimento; si è sporta in avanti ed ha premuto un pulsante per chiamare gli infermieri, si è chinata su di lui e lo ha baciato. Un bacio casto, semplicissimo, a labbra chiuse. E infinito. Perfino il medico che è arrivato di corsa ha avuto un attimo di esitazione a separarli. Ma poi il tempo ha ripreso a scorrere, ed uno sciame di camici bianchi si è affollato intorno al suo letto. Lei è emersa da quella curiosa nevicata di operatori sanitari ed ha guardato Brian, mio cognato Brian, dritto in faccia. Lui l’ha seguita subito. Poi lei ha fatto una carezza a mio marito, stretto la mano della mamma di Jimmy ed è uscita dalla stanza. Brian mi ha raccontato che sono scesi fino al cortile dell’ospedale, e lì, prima che lui potesse fare qualsiasi cosa, Grace si è piegata in avanti ed ha urlato. Un urlo straziante. Mi ha detto che non aveva mai sentito un suono così primordiale, pieno di dolore e sollievo insieme. Poi si è presa una pausa dagli studi e gli è stata accanto per tutta la lunga riabilitazione; hanno vissuto insieme per mesi. Nessuno si è neppure sognato di questionare o anche solo di chiedere lumi sulla decisione presa, nemmeno la ragazza di Jimmy.”
“Jimmy aveva una ragazza all’epoca?”
“Certo. La cartomante.”
“Senza dubbio ha una storia personale avvincente, questa cartomante. Ed anche un nome di battesimo, mi pare. Si chiama…”
“Lo sappiamo, come si chiama.”, tagliò corto Valary, impedendogli di finire la frase.
William si voltò di nuovo a lanciare uno sguardo accigliato fuori dalla finestra. A giudicare dalle braccia che Grace librava in alto, come indicando qualcosa, si stava tenendo una conversazione sul cielo; parlavano di nuvole, o di angeli, lui non poteva saperlo. Non sapeva quella e molte altre cose.
“Qual era il libro?”
Valary, che aveva seguito il suo sguardo, dovette riscuotersi dai propri personali pensieri, che in quel momento riguardavano precisamente lui.
“Come?”
“Ricordi qual era il libro che stava leggendo Grace quando Jimmy si è svegliato?”
“Era Disobbedienza civile di Henry David Thoreau.”
Improvviso come un rimpianto, Jimmy prese la mano di Grace, se la portò al viso e la baciò. William strinse i pugni sul bordo del lavabo. Valary gli assestò una pacca condiscendente su una spalla: “Non perderci la testa, William, non ne vale la pena e non è una guerra che ti conviene combattere: loro sono intoccabili, l’uno per l’altra. Però chiedi spiegazioni a Grace, se ti fa stare così male. Ne hai tutto il diritto.”

 

Can you cast out a demon,
can you wrangle the wind?
Will you stay when she’s breathing
the blowback again?

“Jimmy, io ci sarò. Non discutere con me.”
“Grace, sono già morto una volta. Non ho intenzione di concedere bis. Adesso vai, il tuo fidanzato ti sta aspettando.”
“Non discutere con me”, disse di nuovo, flebile.
Lui si avvicinò e le prese il viso tra le mani.
“Non mi sognerei mai di discutere con te. Sei tu che discuti con me.”
“Non sopporto l’idea che tu affronti tutto questo senza di me. Senza sapere come andrà a finire.”
“Non possiamo saperlo e basta, piccola. Che differenza fa se tu ci sei oppure no? Questa è davvero l’unica cosa che devo proprio fare da solo.”
“Ma se io fossi lì…”
“Ascoltami bene, Grace; tu non sei dio, e comunque, a scanso di equivoci, ti garantisco che nessun dio si preoccuperebbe in questo modo.”
Grace aveva dovuto imparare l’arte del gelo apparente per bilanciare una sensibilità d’animo infinita ed insopportabile che a volte, per quanto cercasse di difendersi, le divorava il cuore peggio di un dolore; ma non riuscì a fermare le lacrime neppure per tutto l’oro del mondo mentre lo stringeva forte, e non sapeva più dove finisse la sua pelle e iniziasse quella dell’uomo assurdo, meraviglioso e imprevedibile che la cullava tra le braccia come una bambina. Perché lei era una bambina in confronto a lui, che comunque non le avrebbe mai permesso di dimenticarlo.
“Voglio stare con te.”, gli disse, contro il collo tiepido. I suoi capelli, aculei indisciplinati come lui, e come lui provati da una vita in cui non si erano risparmiati niente, le pungevano il viso.
“È fuori discussione”, rispose Jimmy, irremovibile, “non permetterò che tu stia in quella stanza mentre mi aprono il cuore. Non potrei mai farti una cosa del genere.”
“E se qualcosa va storto?”
“Se qualcosa va storto, sei stata l’amore della mia vita.”
Ed io sono stato un completo idiota ogni minuto di ogni giorno che ti ho permesso di stare lontana da me, da un’altra parte e con un altro uomo.
Lei gli colpì debolmente il petto con un pugno chiuso, come in uno di quei romanzi vittoriani che non le erano mai piaciuti.
“E se muori, Jimmy?”
Se tu muori, io muoio con te. Ogni cosa muore con te. Le stelle del cielo ed i pesci nel mare. Le cinque del pomeriggio ed il profumo del caffè. Il silenzio appena prima di dormire. La serena democrazia delle foglie. Il suono della voce di Johnny Cash ed i cedri di New Orleans. Le lenticchie. Le mie inesorabili liste di cose, che non sono mai cose normali come appuntamenti dal dentista o scadenze; sono cose da pensare in un museo, da fare in un giorno di pioggia, da dire in balcone, da amare in silenzio, dal profondo del cuore. Cose di cui aver cura e da donare, se non puoi fare nient’altro, a qualcuno che ami e che sta soffrendo, o si è smarrito, o ha preso la vita per una canzone di Lana Del Rey e tutto è diventato un cunicolo di cui non vede la fine. Cose importanti.
“E se muoio sarò un fantasma infaticabile. Aspetta, quale dei tuoi amati scrittori lo aveva già detto?”
“Julio Cortázar. Ma lui si riferiva alle case in cui era stato felice.”
“Tu sei stata la casa in cui sono stato più felice.”
Lei sospirò, un sospiro rotto dal pianto, e forse da un sorriso.
“Se muori, Jimmy”, gli disse, guardandolo dritto negli occhi senza sciogliere quell’abbraccio, “col cazzo che muori senza di me. Mi hai sentita bene? Col cazzo.”
“Non stanno bene certe parole in bocca ad una signorina.”
“Non le direi, se tu non fossi un imbecille.”
Jimmy le rivolse uno dei suoi soliti sorrisi da stregatto.
“Dovremmo fare qualcosa di grandioso, nel caso io muoia. Qualcosa che resti per tutti gli anni a venire. Ti viene in mente niente del genere?”, suggerì.
Grace lo guardò: “Un figlio?”
Jimmy sbatté le palpebre interdetto ed assorbì l’informazione, poi sorrise e le diede un piccolissimo bacio sul naso.
“Veramente pensavo a qualcosa tipo una festa memorabile al Johnny’s ma sì, va bene, facciamo anche un figlio.”
Lei gli diede un lieve schiaffo su un braccio.
Fuori, gli uccelli ignari cantavano tra i rami degli aranci. 

 

I’ve got a mind to see the headlights shining
on that old white line between my heart and home,
sick of spending Sundays wishing they were Mondays
sitting in the park alone;
give my best to anyone who’s left
 who’s ever done me any loving way but wrong,
and tell’em that the pride
 of just the other side of nowhere
 is going home.

 

“Sei uno stronzo.”
“Sì, Brian?”
“Non dire sì, Brian. Di’: sono uno stronzo, Brian.”
“Sono uno stronzo, Brian. Contento?”
“Sì.”
Brian Haner Jr, in arte Synyster Gates, fece un lungo periplo del salotto con le mani sui fianchi ed il suo migliore amico, affondando un po’ di più nel divano con un sorriso indecifrabile, lo guardò curioso. Brian si fermò di colpo: “In realtà no, non sono affatto contento. E tu sei uno stronzo.”
“Sì, questo mi è chiaro”, rise Jimmy.
“Per dio, James. Vuoi lasciarla andare? Vuoi che tutto ciò che avete sfumi in un blando fondale?”
Un blando fondale?”
Brian schiaffeggiò l’aria per comunicargli l’irrilevanza di quella osservazione.
“Tu la ami, lo so io e lo sai tu. Devi piantare la cartomante in questo momento, correre là fuori ed andare a strappare la donna della tua vita dalle braccia di quel coglione inglese.”
“Non era un film, Il coglione inglese?”
“Quello era il paziente inglese, idiota.”
“Mi sembra un uomo abbastanza paziente, in effetti.”
Brian si bloccò, scrollò le spalle, si mise le mani sui fianchi e sbuffò, cercando nel pavimento la soluzione a quel casino: “Senza dubbio è molto inglese. Cristo, James…”
“La prossima che dirai sarà Spirito santo, James? Per completare l’invocazione della santissima trinità.”
“Sei esasperante.”
Brian si accese una sigaretta con le mani che gli tremavano e lanciò un’occhiata in tralice a Jimmy. Fulmicotone.
“Ma cosa vuoi che faccia? Che le dica Grace, molla il tuo fidanzato e la sua composta imbalsamazione e vieni con me, che sono pazzo, ho abusato di droga ed alcol in ogni quantitativo e variante possibile, ed ho un leggero problema congenito al cuore che potrebbe portarmi presto alla tomba?”
Il chitarrista allargò le braccia come se cercasse di spiccare il volo e fissò dritto negli occhi l’amico, che gli restituì uno sguardo impassibile e leggermente divertito.
“Potresti, sì. O potresti dirle semplicemente che è l’amore della tua vita.”
“Ma gliel’ho detto.”
“E lei che ha risposto?”
Jimmy sbuffò, allargò le gambe e gettò la testa all’indietro sulla spalliera del divano, battendosi le mani aperte sulle cosce. A Brian, tutt’a un tratto, sembrò incredibilmente stanco.
“Ha detto che dovremmo fare un figlio.”

Brian spalancò gli occhi e gli si dislocò la mascella.
“Cristo, James!”

“L’hai già detto.”
Spirito santo, James!”
Calò un silenzio carico di elettricità.
“Comunque lo sapeva già.”, disse Jimmy con un sorriso debole, “Sapeva bene di essere l’amore della mia vita. Ed io so bene che lei prova le stesse cose per me. Non mi spiego come sia possibile, ma è così.”
Il silenzio si protrasse.
“Però anche William la ama.”
Brian inarcò un sopracciglio rischiando una mezza paresi.
“Lo vedo che la ama, Brian, è inutile che mi guardi come un pezzo di presidente caduto dal monte Rushmore. E come non potrebbe, lei è meravigliosa. È un bravo ragazzo. Un po’ ingessato, d’accordo, però le somiglia, la sta a sentire, la rende felice. Non si droga, non beve, non sparisce, le ha messo un anello al dito e, cosa ben più importante, il suo migliore amico non sei tu. E non è affatto il bacchettone che credi. Lui è infinite volte meglio di me, per lei. Ed è questo che desidero che lei abbia: il meglio possibile.”
Brian saltò sul posto, in uno scatto isterico di frustrazione, poi si voltò verso di lui e si riposizionò le mani sui fianchi. A Jimmy venne da ridere, sembrava la madre di qualcuno; solo, con più eye-liner. Seguì una breve pausa. “Jimmy”, urlò Brian all’improvviso, fendendo l’aria e piegandosi sulle ginocchia. “Jimmy!”
“Sono qui, ti sento!” ribatté l’altro, che iniziava ad averne abbastanza di quella scena da romanzo d’appendice. Il chitarrista saltellò fino al divano come una cavalletta.
“Ho delle domande.”, annunziò, grave, chinandosi su di lui e stampandogli un primo piano così da vicino che rasentava il tentativo di bacio.
“Spero di avere risposte che ti soddisfino.”, sospirò Jimmy.
“Tu e Grace vi conoscete da un po’.”
Jimmy si massaggiò gli occhi, sentendo l’alito lievemente alcolico dell’amico a pochi centimetri dalla faccia: “Questa non è una domanda”, osservò piatto. E venne ignorato.
“Siete sempre insieme, quando siete qui. Lo siete sempre stati. Avete pranzato insieme, cenato insieme, avete dormito nello stesso letto, abbracciati. Lo so, vi ho visti. Quando lei si è trasferita a Londra sei stato inconsolabile, perché col cazzo che io mi bevo i tuoi giochetti da esperto dissimulatore — e non se li beve nemmeno tua madre, se lo vuoi sapere. Nemmeno quel quadro sgarrupato da retrobottega che definisci fidanzata per amor di pace se li beve. Comunque, sei stato a Londra più volte da quando ci vive lei che in tutta la tua vita precedente. Le mandi fiori, libri, dischi, racconti, le demo di quello che scrivi. Le telefoni quasi ogni giorno. Suoni il pianoforte per lei. Pensi a lei costantemente — ti ricordi quel negozio in cui abbiamo accompagnato Michelle ed abbiamo visto quell’assurdo portapenne da scrivania a forma di testa del David di Michelangelo? L’hai comprato a lei perché sapevi che l’avrebbe adorato. Non ti ho mai visto comprare niente alla cartomante, non sono nemmeno sicuro che tu sappia o ricordi cosa le piace. O come si chiama.”
“Ma certo che lo so, si chiama…”
Brian alzò una mano a paletta: “Lo sappiamo tutti benissimo come si chiama! Ma non ce ne frega niente e non è questa la domanda. La domanda è: sei mai stato a letto con Grace?”
Jimmy si riscosse dal torpore che gli aveva provocato la cronaca delle sue attenzioni per Grace e guardò Brian dritto negli occhi.
“Scusami?”
“Te la sei mai scopata?”
Silenzio. Battiti di palpebre.
“Forse mi trovi indelicato. Riformulo. Hai mai fatto l’amore con Grace?”
“Non riesco a capire cosa vuoi che ti dica.”

“La verità, Jimmy! Voglio che tu la smetta di fare San Giacomo protomartire che si immola alla nobile causa del meglio e rinunzia coscienziosamente all’amore della sua vita per offrirle l’equilibrata prospettiva di un marito che si mette la camicia per lavare quattro piatti e gira con un set di rasatura in osso e mi confessi, finalmente, che questa relazione delirante non è soltanto platonica.”
Jimmy sorrise, allungò le gambe, rovesciò la testa e guardò intensamente il soffitto. Brian odiava vedergli quello sguardo di saggia consapevolezza che, ben lungi dall’ammantarlo di croccante mistero per il gentil sesso, lo faceva piuttosto sembrare la versione punk di nonna Papera.
“Hai presente L’amore ai tempi del colera?”
Il chitarrista strabuzzò gli occhi, faticando a credere alle proprie orecchie.
“Cosa ho presente?”
“Il romanzo di Gabriel García Márquez che parla della storia di Florentino Ariza e Fermina Daza, due che si mettono insieme solo passati i settant’anni, nonostante lui l’abbia amata da lontano ed intensamente per tutta la vita e sia in effetti stato il suo primo amore, pur lasciandole sposare un dottore in medicina, Juvenal Urbino, che non solo ha un brutto carattere, ma pure una sinistra fissazione per i pappagalli parlanti. Però è una bravissima persona.”
“Jimmy”, gli rispose, serio, Brian, “Si può sapere di che cazzo stai parlando?”
Non un suono.
“Perché hai pensato a quel romanzo?”
Jimmy sospirò. “Perché lei lo ama moltissimo.”
“Con tutto il rispetto, ma cosa ce ne frega adesso di quali fottuti libri ami Grace?”
“Non sto parlando del libro, Brian. Sto parlando del suo dottore.”
“William sarebbe il dottor Urbino?”
“Non lo so, forse.”
Brian parve rifletterci un attimo, poi sbottò: “Ma cosa dici! Che devo sentire! Questa è la vita vera, Jimmy, non un romanzo di Cecilia…”
“Gabriel, Márquez si chiama Gabriel. Come tu sia approdato da Gabriel a Cecilia francamente è un mistero”
“Chi se ne fotte, Jimmy! Sto parlando seriamente! Io non posso credere che tu deponga le armi e perda una guerra che manco hai voluto combattere, e che per inciso secondo me avresti già vinto. Invece di proiettare personaggi inventati su persone reali per far quadrare i conti delle tue decisioni del cazzo."
Jimmy gli sorrise con affetto. “Una cosa è certa, però. Se in questa proiezione io sono Ariza, Grace è Fermina e William è Juvenal Urbino, tu sei senza dubbio il pappagallo.”

   
 
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