Quella volta in cui Sasuke
fallì
“Voglio ammazzarmi.
Basta, è ora di dire addio a
questa vita di sofferenze!”
“Bene, così avrò un cadavere a
disposizione per
esercitarmi sulle autopsie”
“Se infilo la testa nel forno sarà
veloce?”
“Provaci pure, è elettrico. Al massimo morirai di
infarto nel vedere la bolletta della luce”
Dopo più di mezz’ora di scambi di battute in
questo
modo, Ino decise di alzare la testa dal libro che stava sottolineando
per
osservare la sua migliore amica, o almeno quanto ne restava.
Sakura era seduta davanti a lei, o forse era più
corretto dire afflosciata: oscure forze mistiche la tenevano incollata
alla
sedia mentre era sbilanciata in avanti, con il busto chinato e la testa
appoggiata al tavolo, sopra a libri e quaderni che doveva studiare,
almeno in
teoria. Oramai Ino aveva rinunciato a cercare di essere ragionevole,
confortarla e tirarle su il morale dato che era in quelle condizioni
dalla sera
prima: aveva passato quasi tutta la notte a piangere senza dormire e
farla
riposare a sua volta, continuando a lamentarsi durante la mattinata e
il
pomeriggio, persino quando si era lasciata convincere ad aprire qualche
libro.
Ino aveva capito l’inutilità dei suoi sforzi, in
quel momento Sakura non era capace di recepire altro
all’infuori del proprio
dolore, doveva solo aspettare che smaltisse il carico di disperazione,
prima di
rimettersi in piedi come sempre. Per allora lei sarebbe stata al suo
fianco, al
momento doveva solo attendere e vegliare che non facesse alcuna
sciocchezza col
forno, anche se era elettrico era sempre meglio non correre rischi. In
fondo
lei studiava medicina mica ingegneria, non poteva essere sicura che un
forno
elettrico non fosse letale.
Con un sospiro chiuse libri e quaderni di entrambe,
tranne quello su cui era spalmata la faccia dell’amica
ovviamente. Si alzò e
trafficò con la credenza e, quando si risedette, aveva
poggiato due bicchieri
di vino rosso sul tavolo.
“Avanti, ora siediti come un essere umano invece di
una medusa, bevi un sorso o due e poi finalmente mi racconti cosa non
va, che
ne dici?”
Dal suo arrivo infatti Sakura non aveva fatto altro
che piangere e lamentarsi, senza parlare dell’effettivo
problema, anche se Ino
era certa che si trattasse di una faccenda di cuore. Non che ci volesse
un
genio a intuirlo: avere Sasuke Uchiha come fidanzato era sinonimo di
tragedie,
per quanto fosse figo, era altrettanto problematico.
“È solo primo pomeriggio, è troppo
presto per bere e
non ho neanche mangiato” si lagnò Sakura tirandosi
però su, con una guancia
rossa e coi segni della pagina stropicciata.
Senza dire nulla Ino si alzò e le lanciò una
busta
di patatine, tornando poi a sedersi di fronte.
“Mangia, bevi e poi parla, altrimenti te la infilo
davvero la testa nel forno!”
Finalmente Sakura decise di fare un altro passo in
avanti, per allontanarsi dallo stadio di medusa verso quello di essere
umano e
iniziò a sgranocchiare le patatine svogliata.
“È successa una cosa con Sasuke”
mormorò, per poi
bere un sorso di vino.
“Fin lì c’ero arrivata
anch’io, fronte spaziosa. Anche
se la mia scatola cranica è più piccola della
tua, il cervello funziona bene”
Vide che le sue punzecchiature cadevano nel vuoto,
l’amica non reagiva con la solita stizza rispondendo a tono e
ciò la preoccupò
seriamente.
“Sakura, cos’è successo?
Sasuke…”
Trattenne il fiato in angosciosa attesa, scrutando
l’amica che fissava l’interno del sacchetto di
patatine, come se dentro ci
fosse nascosto un tesoro.
“Sakura…?”
“Gli faccio schifo”
Ino sbatté le palpebre più volte, cercando di
dare
un senso a quella frase: Sasuke non era noto per il suo carattere
amabile,
detestava un sacco di cose e di persone, ne schifava altrettante, ma
per aver
deciso di fidanzarsi con Sakura lei doveva per forza essere fuori da
quella
lista, giusto?
“Ma cosa dici? È impossibile, avete litigato e di
sicuro sarà stato uno stronzo acido come al
sol…”
“Gli faccio schifo! Sono repellente! Mi trova un
rifiuto umano e di sicuro non ho frainteso!”
La manata sul tavolo e il seguente urlo di Sakura
avevano interrotto Ino nel bel mezzo della frase, così si
ritrovò a fissarla a
bocca aperta, con ancora il bicchiere in mano e il vino che ondeggiava
in
mareggiate impazzite.
“Sakura…”
“Ci abbiamo provato, finalmente dopo tanti mesi e
lui… lui non… di sicuro perché gli
faccio schifo” singhiozzò coprendosi il viso
con le mani mentre cercava di rannicchiarsi sulla sedia il
più possibile.
Ino scattò in piedi e andò ad abbracciarla,
cercando
di sussurrarle parole che la calmassero e le carezzava i capelli.
Provò un fiotto
di autentico odio per Sasuke che aveva ridotto la sua amica bella e
forte in
quelle condizioni, a dubitare di se stessa, di ciò che era e
di quanto valeva.
Innumerevoli lacrime e altrettanti fazzoletti dopo, le
due si ritrovarono sul divano con la bottiglia di vino ormai quasi
interamente
svuotata, ad alternare singhiozzi e risatine vagamente isteriche.
Ino era riuscita a ricavare una storia completa
dalle frasi spezzate e i deliri dell’amica: dopo mesi di
fidanzamento quasi in
bianco, Sasuke aveva finalmente deciso di portare la relazione a un
livello
successivo, di agguantare il frutto proibito, di fare di Sakura una
donna
perduta; in poche parole si era deciso a lasciare l’uccello
libero e fare
sesso. A quanto pareva, però, l’uccello era stato
ben deciso a rimanere nella
gabbia e non si era fatto nulla.
Sasuke a quel punto aveva deciso giustissimamente
di borbottare qualcosa
di incomprensibile come scusa e di andarsene, lasciando la fidanzata
con la
ferma convinzione di essere un mostro, di non piacergli più
e tutte quelle
stronzate varie.
“Confermo quello che ti ho detto mille volte: è
uno
stronzo, psicopatico e anaffettivo. Invece di scusarsi e rimanere a
coccolarti
se l’è svignata, viscido codardo!”
Esclamò Inò sbattendo una seconda bottiglia piena
sul tavolino.
“Ma se…”
“Bada bene, Sakura: se ricominci con la storia che
fai schifo ti picchio, allora sì che sarai piena di bozzi e
lividi e potrai
dire di essere un mostro!”
Annuì con convinzione mentre stappava la bottiglia
cercando di non fare disastri, cosa un po’ difficile con le
mani goffe che si
ritrovava in quel momento.
“E allora perché…?”
“Uff, sei proprio una testona! – sbuffò
interrompendola – Non gli si è alzato per
chissà quali mille altri motivi:
magari si è emozionato, era nervoso, agitato o
cos’altro; forse anche un
ghiacciolo come lui prova davvero sentimenti. O magari è
semplicemente
impotente e nonostante tutto ci ha provato, perché credimi,
cocca mia, vi ho
visto pomiciare un paio di volte in questi mesi ed eravate
tutt’altro che
casti, ti risucchiava anche l’anima!”
“Ino!!!”
Protestò Sakura imbarazzata, per poi mettersi a
ridacchiare assieme a lei, un po’ più tranquilla
rispetto a prima. In effetti
la sua storia con Sasuke era sempre stata difficile: aveva passato
l’intera
adolescenza a sbavargli dietro, poi lui sembrava essersi accorto di lei
ma era
stato troppo riservato per fare il primo passo fino a pochi mesi prima,
quando
normalmente altri universitari come loro cambiavano partner come si
cambiavano
le mutande. Loro invece erano andati avanti a passi microscopici,
sconfiggendo
l’imbarazzo di tenersi per mano, di baciarsi sfiorandosi
appena sulle labbra,
di abbracciarsi… tanti piccoli passi che li avevano condotti
fino al disastro
del giorno precedente.
Sakura sospirò, sentendo una scintilla di ottimismo
accendersi nel petto: poteva davvero sperare che fosse tutto dovuto al
nervosismo e non al
fatto che Sasuke
avesse cambiato idea su di lei?
Una cuscinata di Ino la strappò dalle sue astrazioni
a occhi aperti e, lasciato il bicchiere al sicuro, ingaggiarono una
lotta
all’ultimo cuscino in un mare di risate e fumi alcolici.
“Ma insomma! È
tutto il giorno che ti inseguo! Va
bene che ti piace fare il prezioso, però dai…
Sasuke? Ehi, Sasucacca! Vieni
qui, non scappare!”
Dopo l’ennesimo inseguimento finalmente Naruto
riuscì a fermare l’amico in un corridoio,
bloccandolo contro un distributore
automatico e il proprio corpo per impedirgli di fuggire. Un enorme
sorriso gli
solcò il volto per la soddisfazione:
“Allora, mi vuoi raccontare com’è andata
la grande
giornata? Hai seguito i miei consigli, vero?”
“Ma ti pare che sono così sfigato da dover seguire
i
tuoi consigli? – fu la risposta tagliente di Sasuke che
cercò di spintonarlo
via – Spostati che ci guardano tutti e si fanno
chissà che idee”
Naruto fece tanto di spallucce, non gliene importava
proprio nulla di come gli altri lo giudicavano o se avevano da sparlare
alle
sue spalle, ma sapeva che l’amico era di tutt’altro
avviso, così si spostò;
d’altronde non voleva indispettirlo anche se era
già abbastanza irritato di
suo. Strano, pensò, di solito dopo il sesso ci si sente
più rilassati, non più
scorbutici che mai.
A meno che…
“Non ti devo raccontare proprio nulla. Quello che
succede tra me e Sakura sono cose private”
borbottò Sasuke sistemandosi la
giacca con grinze inesistenti.
“Umh, certo non volevo i dettagli,
solo…” mormorò
Naruto pensieroso. Lo fissò, riflettendo sul suo
atteggiamento evasivo, sul suo
riserbo ancora più accentuato del solito: era
così diverso dal Sasuke del
giorno prima, nervoso ed emozionato per la serata da passare con
Sakura. “Stai
bene? Intendo, sai che con me puoi parlare di tutto, no? Andiamo a
prendere una
birra? Anzi no, vieni a casa mia così stiamo più
tranquilli”
Le orecchie di Sasuke si tinsero di rosa, chiaro
segno di imbarazzo, così come la testa che si
chinò appena in modo che le
ciocche di capelli gli ombreggiassero il viso.
“Non vedo di cosa dovrei parlare, va tutto bene”
“Sasuke, sei un gran figo e hai mezza università
ai
tuoi piedi, ma credimi, sei un comune mortale. E sai cosa? Capita a
tutti, mica
sei l’unico a cui l’erezione si è
smosciata; o sei durato troppo poco? Capita,
non è mica la fine del mondo”
Naruto non era certo lo studente più brillante
dell’università,
ma non serviva chissà quale genio per comprendere che
qualcosa del genere era
accaduto.
All’improvviso a Sasuke non importò di essere in
un corridoio
o di attirare l’attenzione: spintonò
l’amico con rabbia e gli puntò un dito
contro il petto mentre diceva con aria minacciosa:
“Non sai di che parli, fatti gli affari tuoi!”
Normalmente Naruto avrebbe afferrato l’amico per il
bavero della giacca e lo avrebbe scrollato così forte da
fargli uscire le idee
di merda dalla testa assieme alla rabbia, ma quel giorno ritenne che la
situazione fosse più delicata e richiedesse cura
particolare, così si limitò ad
afferrargli l’indice e a scostarlo.
“Se non vuoi parlarne con me va bene, magari prova
con Itachi, ma soprattutto assicurati che Sakura stia bene”
Raccattò lo zaino che era volato poco lontano e si
girò a guardarlo “Il mio numero lo hai e sai dove
abito, ci si vede, idiota”
Gli fece un cenno e si dileguò, lasciando Sasuke
ancora gonfio della sua rabbia ma anche di incredulità: da
quando in qua Naruto
dava a lui dell’idiota?
Sasuke aveva una mente brillante e
totalmente votata
alla logica, eppure in quel momento si stava dibattendo rifiutandosi di
accettare la realtà: Naruto aveva ragione. Non solo un
momento speciale e
importante si era trasformato in una tragedia, ma si era anche
comportato male
nei confronti di Sakura, sparendo e senza contattarla. Non sarebbe
dovuta andare
così, la realtà era stata completamente diversa
dai suoi piani.
Quello che la mente perfettamente razionale di
Sasuke falliva nel comprendere era che appunto tutto quel pianificare,
quella
ricerca di perfezione lo avevano caricato di talmente tanta aspettativa
e
nervosismo che al momento decisivo il suo corpo aveva alzato bandiera
bianca,
con la mente sovraccarica e incapace di lasciarsi andare a qualcosa di
tanto
bello e liberatorio come il sesso.
Sakura lo aveva guardato con quegli occhi grandi colmi
di interrogativi e lui non era stato capace di ammettere la
verità: aveva
fallito come uomo e si sentiva morire dall’imbarazzo.
E
così da bravo
codardo sei fuggito dopo qualche patetico borbottio. Non ti sei nemmeno
preoccupato di contattarla, sentire come stesse, rassicurarla o altro;
sono
passate meno di ventiquattr’ore e tu ancora non ti decidi a
chiamarla. Sai cosa?
Non hai fallito solo come uomo, ma anche come fidanzato, anzi come
essere
umano.
La sua coscienza lo
pungolava senza pietà, molto più
spietata di quanto Naruto o chiunque altro sarebbe mai riuscito a fare.
“Merda…” mormorò nel salotto
vuoto, col cellulare
che pesava in tasca e chiedeva di essere usato, ma Sasuke ancora
esitava. Ammettere
un fallimento lo atterriva, benché il fallimento non potesse
essere più
nascosto come polvere sotto il tappeto.
Sentì la porta d’ingresso e poi dei passi felpati:
il fratello era rientrato e a quel pensiero si incupì
maggiormente, per quel
sentimento di inferiorità nei suoi confronti che sembrava
non voler morire. Non
fece in tempo ad alzarsi dal divano che Itachi lo trovò
proprio lì, disteso e
con una faccia da funerale.
“Stai male, Sasuke?” gli domandò
preoccupato,
avvicinandosi.
Il ragazzo scosse la testa perché insicuro delle
proprie parole, col rospo incastrato in gola che premeva per uscire
dinanzi
allo sguardo carico di interesse e ansia rivolto proprio a lui, il
più infimo
degli uomini.
“Itachi… ho un problema”
In fondo il fratello lo aveva visto fin da bambino
in tutte le sue sfaccettature, anche nei suoi momenti peggiori e gli
era sempre
stato accanto, amandolo, a chi altri avrebbe potuto confessare il suo
fallimento se non a lui?
Sasuke imprecò tra i
denti mentre muoveva le gambe
per riattivare la circolazione, fermo com’era
nell’abitacolo della macchina da
almeno mezz’ora.
Dopo un confronto nient’affatto facile con Itachi
che lo aveva rassicurato, spergiurando che era accaduto anche a lui,
avevano
parlato a lungo e Sasuke aveva deciso che era il momento di contattare
Sakura. Continuava
a essere perplesso sul fatto che anche il fratello potesse avere
problemi di
erezioni, ma era convinto di non poter rimandare ciò che
più temeva: la
fidanzata e il suo sicuro disprezzo.
L’aveva trovata piuttosto fredda mentre parlavano al
telefono e le chiedeva di vedersi, tuttavia aveva acconsentito e gli
aveva
detto di passare a prenderla a casa di Ino, sotto cui stava aspettando
da più
di mezz’ora, sapendo di meritarsi quella punizione, ma
comunque innervosendosi.
Come se ce ne fosse bisogno
Quando finalmente Sasuke credeva di aver perso ogni
sensibilità
alle dita dei piedi e del sedere, forse irrimediabilmente, vede Sakura
uscire
dal portone e dirigersi a colpo sicuro verso la sua macchina. La
osservò
ripiegare le gambe affusolate mentre entrava e trovò per un
istante difficile
staccare lo sguardo. Dovette però farlo e così la
guardò in viso e sentì una
strizzata al cuore: sotto al trucco, opera certo di Ino, si notavano
ancora gli
occhi gonfi e le occhiaie scure, anche la carnagione sembrava un
po’ più
pallida del solito, anche se era difficile dirlo alla sola luce dei
lampioni.
“Sakura, io…”
“Metti in moto e andiamo, prima che Ino ci ripensi e
scenda a picchiarti”
La sua voce fu secca e a Sasuke non piacque, non era
quella che era abituato a sentire e poi non gli piaceva nemmeno farsi
dare
ordini. Partì e, nonostante fosse in torto marcio, non
riuscì a stare zitto:
“Guarda che non avevo certo l’intenzione di stare
qui tutta la sera”
“Sasuke, fai un favore a entrambi e smettila con le
stronzate, ok? Trova un posto qualsiasi e fermati
lì”
Il ragazzo dovette mordersi letteralmente la lingua
per non replicare, nonostante il suo orgoglio premeva per il contrario,
ma gli
vennero in mente Itachi e i suoi consigli così
proseguì in silenzio. Ogni tanto
la sbirciava di sottecchi, ma lei fissava ostinatamente fuori dal
finestrino,
così non riusciva a leggerle il viso, né la sua
espressione. Le sue parole
erano state stranamente sferzanti, anche se sapeva che diventava
tremenda
quando era arrabbiata; il punto era che finora non era mai stato
l’obiettivo
della sua furia e proprio non vi era abituato.
Parcheggiò a lato della strada vicino a un parco
dove avevano avuto uno dei loro primi appuntamenti, non lo aveva certo
fatto
apposta, era solo una coincidenza. La ragazza continuò a
stare girata, di
sicuro non aveva intenzione di parlare per prima e, in
realtà, non toccava a
lei, mica era stata lei a comportarsi da codarda. Il problema era che
Sasuke
non sapeva come iniziare, se c’era una cosa in cui non era
bravo era parlare,
esprimere i sentimenti.
E
anche a
mantenere un’erezione,
suggerì malignamente la sua coscienza.
Si slacciò la cintura di sicurezza e nel silenzio
quello schiocco riverberò come una frustata, al contrario
delle sue parole
successive, esitanti e appena sussurrate:
“Ti ricordi quando siamo venuti qui? Era ottobre,
faceva ancora caldo e tu avevi quel cardigan verde che hai macchiato
col gelato”
Sorpresa, Sakura si voltò di scatto a fissarlo, gli
occhi grandi sgranati pieni di ombre e sospetto.
“Certo che me lo ricordo, mi sorprende che te ne
ricordi tu, piuttosto”
“Come potrei dimenticarlo? È stato quel giorno che
ci siamo baciati per la prima volta, avevo le mani sudate e tremanti,
mentre mi
abbracciavi ho pensato che non avrei mai potuto stringere niente di
più bello e
continuo a pensarlo tutt’ora”
Fece un sorriso sghembo, uno di quelli per cui era
famoso, ma in quel momento era sincero ed era unicamente per lei. Per
l’unica
donna che lo avesse mai interessato e lo avesse tirato fuori dal suo
guscio,
così concentrato su se stesso, sui propri limiti, sulla
propria inferiorità nei
confronti di un fratello contro cui si era messo in competizione da
solo,
trovandosi poi avviluppato a una corda con cui si stava strozzando.
Sakura con
la sua tenacia, quella testardaggine unica che metteva in tutte le
cose, non lo
aveva mai lasciato, prima standogli vicina come amica e poi come
fidanzata, l’unica.
Pur con le sue difficoltà, così imbranato nel
comunicare, Sasuke le raccontò tutto ciò, le
disse di quanto fosse nervoso
durante le loro prime uscite e di come, anche successivamente, provasse
il
timore di deluderla, di rovinare tutto col carattere orrendo che si
ritrovava. La
sera prima era stato così emozionato che non aveva capito
più nulla, solo che
il suo corpo non voleva reagire, era incapace di riflettere
ciò che provava il
suo cuore.
Dopo quel discorso sofferto Sakura era di nuovo sull’orlo
delle lacrime, incapace che Sasuke potesse pensare tante cose
meravigliose di
lei.
“Quindi… quindi non mi trovi un mostro, non
è perché
ho poche tette, o altro?”
Sasuke rise imbarazzato, scuotendo la testa per poi
prenderle una mano tra le sue.
“Assolutamente no, sei perfetta come sei e io amo le
tue tette piccole”
Le baciò la mano poi la lasciò andare e si
grattò i
capelli, chiaramente a disagio, tutto quel parlare,
quell’esternare sentimenti
mai confessati era stato liberatorio, ma di certo non facile.
Si sentì afferrare all’improvviso ed era Sakura
che
lo stava abbracciando, slanciandosi dal suo sedile per stringerlo e
affondare
il viso sul suo petto.
“Idiota, sei proprio un idiota!”
“Ehi! Quello è Naruto, mica io!”
protestò vivacemente.
“Lo siete entrambi, non per niente siete amici”
Sakura alzò il viso e stava ridendo piano,
guardandolo così da vicino “Però solo
tu sei il mio idiota. Avresti dovuto
dirmi queste cose dall’inizio, ieri sera saresti dovuto
rimanere, non scappare
via, e parlare con me”
“Beh, ecco… come dire… -
mormorò lui in difficoltà
anche da quella vicinanza e dal suo corpo premuto contro il proprio
– ero così
nel pallone che non ragionavo. Non è stato facile capire che
avevo fallito
proprio nel momento che desideravo di più”
Sakura ridacchiò con le labbra premute contro la sua
gola, mentre gli passava una mano sul petto.
“Ci ricorderemo di ieri sera come del giorno in cui
Sasuke Uchiha fallì e fu così uomo da
riconoscerlo”
“Sakura…” mormorò,
comprendendo che lo aveva
perdonato. Non ebbe modo di aggiungere altro perché si
ritrovò coinvolto in un
bacio, un bacio bellissimo, dolce ma appassionato che lo
lasciò insoddisfatto. Le
prese infatti il viso tra le mani e la baciò di nuovo,
ancora e ancora, finché
non si sentì le labbra bruciare, coi loro corpi che si
tendevano per stare più
vicini possibili in quell’abitacolo scomodo.
In quel momento Sasuke non ragionò, la sua mente
logica decise di prendersi una pausa così quando la
guardò in viso, alle
pallide luci dei lampioni, vide la sua bocca gonfia, il petto ansante e
semplicemente vi posò una mano sopra. Sentì il
suo capezzolo indurirsi al di
sotto della stoffa sottile, così intrufolò la
mano sotto la maglia mentre le iniziava
a baciare il collo.
“Sasuke…” ansimò lei con
gioia, quasi incredula che
si stesse lasciando andare a quel modo. Lo sentì stringere
un seno nudo e il
suo sussurro all’orecchio:
“Te l’avevo detto che erano perfette, no?”
Risero entrambi per la leggerezza del momento, per
la felicità di essersi ritrovati e chiariti, per essere
più uniti di prima, ma
quando Sasuke le aprì i pantaloni e infilò una
mano le risate cessarono per
lasciare spazio ai sospiri.
Sakura sentì le sue dita carezzare, cercare, farsi
spazio, chiedendo di accoglierlo, di lasciare che le desse piacere,
così lei si
ritrovò ad allargare di più le gambe.
“Continua così, è tanto bello”
Sasuke non chiedeva niente di meglio, in quel
momento poi avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei ma quando
un’altra macchina
illuminò la loro con le luci abbaglianti e gli
passò accanto col clacson
spianato, si bloccarono entrambi.
Si guardarono entrambi, come bambini colti sul
fatto, e si resero conto che erano in macchina, parcheggiati su una
strada
qualsiasi, coi finestrini appannati. Scoppiarono a ridere entrambi,
trovando
assurda tutta la situazione, considerando che Sasuke aveva ancora una
mano
sotto la maglia e l’altra nei pantaloni di Sakura.
“Forse dovremmo andarcene da qui” propose proprio
quest’ultima.
“Forse, eh?” sospirò il ragazzo,
guardando
meditabondo il tettuccio prima di lasciarla andare. Si
risistemò al posto di
guida, cercando di trovare un po’ di comfort con
un’evidente erezione a
tendergli i pantaloni.
“Forse dovresti venire a casa mia. I miei genitori
sono ancora in vacanza, ricordi?” propose lei a cui non era
sfuggito quel
particolare.
“Già, forse dovrei” propose Sasuke,
guardandola di
sottecchi.
“E forse dovremmo riprendere questo discorso
interrotto” ribatté Sakura sistemandosi i vestiti.
“Nessun forse in questo – rispose lui mettendo in
moto – di questo ne puoi essere assolutamente
certa!”
Ripartì lasciandosi alle spalle le loro risate, un
mare di insicurezze e una crisi sventata, ritrovandosi a mordere la
strada e il
futuro con un’attitudine diversa, più uomo che
ragazzino, con l’unica persona
al mondo perfetta per lui che gli avrebbe ricordato che sì,
Sasuke Uchiha
poteva anche fallire, ma anche rimettersi in piedi alla grande.
L’angolino
oscuro:
Buon Nat… ah no, natale è passato e io sono
decisamente in ritardo. Nonostante ciò
spero che tu, Enrica, possa ugualmente goderti il tuo Secret Santa
ritardatario
e che questi due testoni ti siano piaciuti in questa veste. Un
abbraccio!