Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: LadyHeather83    24/01/2021    2 recensioni
Seguito di BEST FRIENDS. Ma non è necessario averla letta.
Marinette ed Adrien sono una coppia a tutti gli effetti, ma c'è qualcosa che turba la mente della ragazza, in particolare il ricordo di Chat Blanc, questo influirà nel loro rapporto visto che Papillon non è ancora stato sconfitto?
E Papillon riuscirà a scoprire chi si cela dietro le maschere di LadyBug e Chat Noir?
Genere: Angst, Erotico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Ensemble contre le monde'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

LE ALI DELLA FARFALLA

*

Capitolo 12 – Sensi di colpa

*

Marinette non credeva ai suoi occhi.

Rilesse circa una decina di volte quel messaggio, per assicurarsi di averne compreso bene il testo, e soprattutto da chi poteva essere stato spedito.

Era anonimo, le chiedeva se fosse disponibile ad incontrarlo al parco dietro la scuola alle quattro, sapeva che Adrien, avrebbe avuto lezione di scherma, e che fino alle cinque sarebbe stato impegnato in palestra, quindi di conseguenza, lei sarebbe stata disponibile se solo lo avesse voluto.

Nascose il telefono giusto in tempo prima che Adrien la raggiungesse sulla panchina della scuola, con in mano il sacchetto che conteneva il pranzo di entrambi, con lui anche Nino ed Alya, un gesto che non sfuggì di certo all’amica.

“Chi ti ha scritto? Hai una faccia?” Chiese assottigliando gli occhi.

“Mia nonna, le hanno ritardato il volo ed è molto arrabbiata” Inventò.

“Facciamo qualcosa oggi tutti e quattro?” Domandò Nino addentando il panino al sesamo imbottito di bresaola e insalata.

Adrien sospirò “Ho lezione di scherma oggi, però se volete possiamo fare domani, che dite?”

“Sarebbe perfetto” Disse entusiasta Alya per poi guardare la sua amica “…ci sei anche tu vero?”

“Dove volete che vada?”

“Certo, ora abitate insieme” Le lanciò un’occhiata complice, non aveva ancora avuto modo di parlare con Marinette, sapeva solo che Adrien, dopo una litigata con suo padre, aveva cercato conforto nella sua amica, e che questo abbia fatto si che i due si riavvicinassero? Che avesse capito che essere solo amici, non fosse una buona idea?

Questi dubbi che l’assalivano, la stava logorando dentro, ma per quieto vivere, aveva deciso di tacere, anche se significava uno sforzo non indifferente.

Per fortuna c’era Nino che la sopportava e la supportava, era stato proprio a causa di quest’ultimo che stava tenendo a freno la lingua e ingoiando rospi su rospi solo per rispettare la loro privacy.

Erano sicuri che ben presto avrebbero scoperto le carte in tavola, rivelando che infondo stavano insieme.

Solo che non riusciva ancora a capire il motivo per il quale si fossero lasciato qualche settimana fa, eppure sembravano molto affiatati, a tal punto a volte, di finire le frasi dell’altro.

“Quando tornerai a casa? E’ chiaro che non potrai stare sempre da Marinette, a meno che non progettate di andare a vivere insieme”.

La mora si stava quasi per strozzare con un pezzo di prosciutto cotto “Nino!” Esclamò cogliendola di sorpresa, quella sarebbe stata un’uscita degna di Alya, ma si vede che lo stare insieme a lei, lo stava influenzando, e di parecchio.

“Non lo so amico, e non ne voglio parlare, scusami” Si alzò prima che potesse dire qualcosa di cui si sarebbe sicuramente pentito poco dopo, ma non riguardante i suoi amici, ma qualcosa che aveva a che fare con suo padre.

Marinette lo raggiunse dopo aver assicurato ai suoi amici, che ci avrebbe pensato lei, e detto a Nino di non rammaricarsi.

“Quella non me la racconta giusta…non sembra comportarsi come solo un’amica”. Imitò con l’indice e il medio di entrambe le mani le virgolette.

“Dici?”

“Ne sono sicura”.

*

Con grande stupore dell’uomo, Marinette si era presentata all’appuntamento e in perfetto orario, cosa che apprezzò, la puntualità era tutto per lui, sia in ambito lavorativo che in quello personale, anche se si trattava di una ragazza di sedici anni.

“Ciao, Marinette, grazie p…”. Si alzò per aiutarla a sedersi, da bravo galantuomo qual era.

“Si risparmi i convenevoli, sono qui solo per Adrien”. Si accomodò accanto a lui, mantenendo una certa distanza, e non solo a parole.

“Te ne sono grato”.

“Arrivi al punto”.

Per quanto odiava ammettere, ma quella ragazza gli piaceva, forte e decisa, le ricordava la sua Emilie, ed è per questo che suo figlio stravedeva per lei.

“Voglio che mio figlio ritorni a casa” Suonò come una supplica.

La mora increspò un labbro “Glielo sto ripetendo da giorni”.

“Però non mi troverà”. La interruppe prima che potesse continuare a parlare.

Marinette sobbalzò a quelle parole e chiese spiegazioni.

“Ho già predisposto un tutore che si prenderà cura di lui finchè non sarà maggiorenne ed erediterà tutti i nostri averi, purtroppo qui non abbiamo parenti, e i più vicini sono a Londra, ma non voglio privare mio figlio dei suoi amici più cari e di te”. La guardò quando pronunciò quell’ultima parola.

“Lei cosa farà?” Chiese preoccupata mordendosi le unghie della mano.

“Farò quello che è giusto, marcirò in galera. Dopo che ti avrò salutata, andrò a costituirmi e lo farà anche Nathalie”.

A Marinette si strinse il cuore, quell’uomo amava suo figlio più di qualsiasi altra cosa al mondo e voleva solo il suo bene, abbassò lo sguardo e torturò i pantaloni di jeans all’altezza delle ginocchia.

Non poteva permettere che Adrien soffrisse ancora, non avrebbe sopportato il fatto che suo padre fosse finito in prigione solo per dargli una vita migliore.

Aveva già perso sua madre, e sarebbe stata dura per lui vivere anche senza suo padre.

“No, non lo deve fare” Balbettò.

“E’ la cosa giusta, per tutto il male che ho causato a mio figlio, a te e alla città di Parigi”.

“Signor Agreste, sono sicura che lei non è una cattiva persona, e capisco perché lo ha fatto”.

“Chiamami Gabriel” La corresse facendole dono di quella confidenza, che solo a Nathalie aveva accordato.

“Gabriel…” Lo accontentò parlando lentamente per quella confidenza che gli aveva concesso “…Adrien non merita di soffrire ancora e ha bisogno di suo padre accanto”.

“Non mi perdonerà mai per quello che ho fatto, per quello che ha dovuto sopportare per causa mia, me ne sono reso conto solo ora”.

“Ha..hai” Si corresse “…provato a contattarlo?” Sapeva che se lo avrebbe fatto, Marinette ne sarebbe ci certo stata informata, ma quella domanda era d’obbligo.

Lo stilista scosse la testa “Preferisco non farlo, e sarai tu a dirgli di cosa abbiamo parlato”.

Marinette inarcò un sopracciglio mentre le saliva il nervoso “No, no, no e poi no. Mi puoi chiedere tutto, ma non posso comunicare ad Adrien che suo padre non ha avuto il coraggio di dirgli addio”.

Aveva ragione, maledettamente ragione, questo compito non spettava di certo a lei.

“Ha detto che per lui sono morto”

“Mi dispiace, ma…” Non sapeva come avrebbe continuato quella frase, quando la interruppe.

“Amavo sua madre più di qualsiasi cosa al mondo, è stata l’unico amore della mia vita. C’eravamo incontrati al liceo, ed è stato come amore a prima vista, anche se il nostro rapporto non è stato facile all’inizio, lei mi rifilava spesso un due di picche senza tanti complimenti” A Marinette sembrò di aver già vissuto tutto questo, con l’unica differenza che del suo futuro, non conosceva niente.

“…perderla in quel modo è stato un duro colpo, soprattutto perché è stata colpa mia”.

“Com’è successo?” Chiese timidamente.

“Adrien non te lo ha detto?” Fece eco lui.

Lei scosse la testa “Ho sempre volutamente evitare l’argomento”.

“Si ammalò gravemente a causa dell’utilizzo del miraculos del pavone”.

“Come? Fanno ammalare?” Se fosse così, anche lei ed Adrien sarebbero in pericolo di vita.

“No, no. Solo se sono danneggiati, e quello lo era, li avevamo trovati quando eravamo stati in Tibet”.

“A che cosa vi servivano i miraculous?”

Gabriel si massaggiò gli occhi “Li avevamo trovati per caso durante un’escursione prima di sposarci, io ero alla ricerca di stoffe per la mia collezione  e…eravamo giovani e stupidi”

Marinette lo invitò a continuare il racconto.

“…abbiamo cominciato a trasformarci per gioco, ci sembrava tutto così innocente, non facevamo del male a nessuno. All’inizio ero catturato dai costumi, incuriosito dal materiale, dalle loro rifiniture, mi serviva un modo per trarre ispirazione per le mie creazioni”.

“Quindi la storia che mi aveva raccontato quando le ho restituito il Grimorio era vera”.

“Si esatto” Gabriel si sistemò gli occhiali sul naso “Poi, un giorno fu troppo tardi per tornare indietro”.

 

Il cellulare di Marinette iniziò a suonare, segno che la lezione di scherma sarebbe finita tra un po’, spense l’allarme con un solo gesto.

“Devo andare, tra un po’ Adrien uscirà dalla palestra”. Si alzò in piedi e si sistemò la borsetta sulla spallina.

“Si, certo, ti ho già rubato fin troppo tempo”.

“Non mi hai rubato proprio niente, se non avessi voluto, non sarei venuta.” Poi si fermò a guardarlo prima di andarsene “Per la cronaca, sono stata qui nelle vesti di Marinette e non in quelle di…si…insomma, tu sai chi”.

“Lo sospettavo che eri tu, e ti ringrazio”. Ancora quello sguardo triste, quello di un padre che crede morto un figlio, non sopportava vederlo dipinto sul suo volto, figuriamoci in quello di Adrien.

Deglutì, e già si stava pentendo di quello che stava per dire “Non andartene, aspetta qui. Farò fare una deviazione a tuo figlio, così avrete modo di parlare”.

L’euforia del momento, mista a preoccupazione, fece desistere il suo mentore ad abbracciarla scoppiando a piangere, finalmente avrebbe rivisto il suo Adrien, come avrebbe reagito non gli importava, ma solo la consapevolezza di sapere che lo avrebbe potuto anche solo dirgli un banalissimo ciao, si sentì lo stomaco in subbuglio, come se stesse andando al suo primo appuntamento.

*

Marinette lo aspettava infondo la scalinata, seduta sull’ultimo scalino con i gomiti appoggiati alle ginocchia e le mani chiuse a pugno a schiacciarle le guance.

“E’ da molto che i aspetti?” Le chiese sedendosi accanto a lei, dopo che i due hanno salutato Kagami.

“No, ho finito in tempo delle commissioni, altrimenti questa sera non avremo cenato” Si alzò e si pulì la parte dietro dei pantaloni “…andiamo?” Chiese porgendogli la mano.

“Andiamo” Disse in tono rassegnato, no che gli dispiacesse stare da Marinette, anzi in quei giorni lo aveva aiutato tanto dandogli modo di sfogare la sua rabbia e frustrazione, ma doveva trovare presto un’altra sistemazione, non poteva approfittare ancora della sua gentilezza e disponibilità, anche perché i suoi genitori sarebbero presto tornati dall’Italia.

Marinette gli fece fare una deviazione per il parco, con la scusa di godersi quegli ultimi raggi solari della giornata e il sole che stava lasciando Parigi.

Adrien si fermò di colpo quando vide suo padre seduto da solo su quella panchina, con la faccia da cane bastonato.

“Forse è meglio che torniamo indietro” Disse, ma Marinette gli si parò davanti.

“Va da lui, è tuo padre”.

“Cosa? Ti sei messa d’accordo con lui? Alle mie spalle?” Chiese furibondo sentendosi preso in giro.

“Adrien! Lei non c’entra, sono stato io, ti prego, ascoltami” Gabriel corse in aiuto della ragazza che si stava addossando una colpa che non aveva.

“Non voglio stare qui a sentire altre assurdità” Scansò Marinette con delicatezza, ma venne bloccato per un polso dal padre.

“Cinque minuti, non chiedo altro”.

Adrien guardò la sua ragazza che lo supplicava con lo sguardo di starlo a sentire, che per lei era importante.

“Va bene” Disse in tono rassegnato e allo stesso modo offeso.

Marinette disse al biondo che lo avrebbe aspettato a casa, e dopo avergli stampato un tenero bacio sulla guancia, si defilò, lasciando padre e figlio da soli a parlare.

*

Adrien se n’ era appena andato e a Gabriel non restò altro che vederlo sparire dietro l’angolo che aveva appena girato, si sentiva più leggero e più sereno dopo quella conversazione.

“Sto ancora aspettando i tuoi ordini” Una voce familiare dietro di lui, gli stava parlando, nascosta da una quercia.

Sapeva di chi si trattava, non si girò per non darle soddisfazioni.

“Non ho più bisogno di te”. La liquidò senza tanti complimenti, ora aveva altre cose a cui pensare, e non a una ragazzina repressa e in cerca di attenzioni.

Si alzò e s’incamminò nella direzione opposta a quella di Adrien, l’autista lo avrebbe aspettato nel luogo prestabilito.

Lila Rossi digrignò i denti, era appena stata usata e gettata via come un sacco per la spazzatura.

“Stai pur certo, che sentirai ancora parlare di me Gabriel Agreste, so cosa nascondi e cosa hai fatto…la vendetta è un piatto che va servito freddo”. Grugnì in un sibilo.

*

continua

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: LadyHeather83