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Autore: Kaiyoko Hyorin    24/01/2021    6 recensioni
Quando Kat si sveglia in mezzo a un boschetto rigoglioso, preda della nausea e di un forte mal di testa, non ha idea di ciò che l'aspetta.
Come questa ce ne sono altre di storie, imprese memorabili capitate per fortuna o per volere del destino a persone apparentemente ordinarie. Eppure ve ne propongo un'altra, sperando possiate trovarla una lettura piacevole.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lo Hobbit'
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“The fallen reign of the dwarves
glows like embers under the stone,
buried and maybe forgotten
but still burning on.”
[ The King Under the Mountain, Wind Rose ]




Katla affondò la propria spada nel corpo dell'ultimo orco che aveva osato attaccarla con tanta leggerezza, liberandola poi con uno strattone che provocò un rantolo di dolore nella perfida creatura. Come il nemico si accasciò al suolo, andando ad unire il suo sangue nero a quello di molti altri sventurati prima di lui, la ragazza digrignò i denti ed affrontò quello seguente.
Al suo fianco combatteva uno dei nani dei Colli Ferrosi mentre dietro di lei un paio di elfi scoccavano frecce, offrendole un poco di copertura.
Aveva perso di vista Bilbo subito dopo il primo assalto e Gandalf, che pure non era stato troppo distante fino a pochi minuti prima, non poteva aiutarla, così il suo spirito di sopravvivenza le era corso in aiuto mentre prendeva parte alla battaglia.
La Montagna Solitaria svettava immutata, impietosa, dietro di lei, con le sue porte sbarrate da quel muro che era stato eretto da pochi giorni, e Kat si ritrovò a chiedersi per l'ennesima volta dove fossero i suoi amici e compagni, ma soprattutto dove fosse Thorin: se sarebbe uscito in tempo dalla sua roccaforte, o se l'avrebbe fatto quando lei ormai era già esanime a terra, insieme a tanti altri corpi anonimi dilaniati dall'acciaio orchesco.
La battaglia non era iniziata da molto, seppur ella non sapesse dire quanto tempo fosse trascorso da quando il vero nemico era emerso dalle profondità della terra e si era scagliato contro le armate di Elfi, Nani e Uomini, ma già iniziava a sentir male ai muscoli delle braccia ed incespicava sempre più spesso, mentre veniva spinta sempre più indietro dalla foga degli orchi.
Aveva caldo, tremava, le bruciavano i polmoni e le lacrimavano gli occhi per la polvere ed il sudore, ma strinse i denti e serrò la presa sull'impugnatura della propria lama elfica, ignorando la sensazione viscida del sangue nero sulle mani. 
No, non poteva continuare così ancora a lungo.
Fu a quel punto che, disimpegnandosi grazie all'aiuto di un alleato, fece qualche passo indietro ed abbracciò i dintorni con lo sguardo, alla febbrile ricerca d’una figura slanciata in particolare.
– LEGOLAS! – urlò con quanto fiato aveva in gola – LEGOLAS!!
Poi fu costretta a tornare a combattere per difendere la propria vita, ma riuscì ad evitare l'affondo della lama arrugginita dell'orco urlante che le si era scagliato contro con un rapido scarto di lato, colpendolo poi con un rapido e letale fendente dietro la nuca.
La testa della creatura rotolò via e per un solo primo istante la sensazione che le risalì lungo le braccia nello squarciare di netto pelle, muscoli ed ossa, le procurò un brivido d'orrore che la sua mente represse con forza, grazie a quello stesso istinto di sopravvivenza che la sosteneva con crescente disperazione.
– LEGOLAAAS!! – chiamò di nuovo, verso i lati della mischia.
L'ennesimo orco, con un ghigno bestiale stampato sul volto bitorzoluto, attirato dalla sua voce non perse tempo e la caricò, ma non fece in tempo a raggiungerla che una freccia ben assestata gli trapassò il cranio privo di elmo e lo fece crollare esanime a terra.
L'istante seguente il figlio di Thranduil comparve al suo fianco, mentre al suo arco altre due frecce erano già incoccate e destinate a mietere vittime nel giro di pochi secondi.
– Ti farai uccidere se continui così! – la redarguì, come infastidito, l'elfo.
A differenza di lei, il Principe di Reame Boscoso era decisamente meno provato dalla battaglia, almeno all'apparenza, dato che poche gocce di sangue orchestro erano riuscite a macchiargli le vesti, e la chioma biondo platino era perfettamente in ordine, raccolta in una coda bassa dietro la schiena.
Sollevata di vederlo Katla quasi sorrise, pur rimanendo vigile come lui alle immediate vicinanze, pronta ad affrontare chiunque le si fosse scagliato contro ancora una volta. Eppure ci pensò il nuovo venuto ad aiutarla a trovare il tempo per parlargli, scagliando un'altra serie di frecce prima di sguainare la spada di Gondolin che aveva con sé.
– Legolas, devi andare da tuo padre e dirgli di iniziare l'attacco a Collecorvo! – esclamò a quel punto la ragazza, gettandogli un'occhiata in tralice – Il generale nemico è lassù: se vogliamo vincere la battaglia è l'unico modo!
– Non riusciranno a farsi strada fin lassù con quest'armata! – ribatté l'altro, abbattendo un altro nemico.
Lei si scagliò su un orco che stava per affondare la sua lama sulla spalla del Principe, deviandone l'attacco con una smorfia e sferrando un calcio per mandarlo a terra, approfittando del suo stesso slancio.
– Sì, invece, se seguirà il piano! Fra poco avrà la sua occasione, ma non deve esitare o sarà tutto inutile! – ribadì, voltandosi brevemente verso di lui – Digli che è tempo che onori la sua parte dell'accordo e che io non mancherò! Ci vedremo là!
Legolas, dopo essersi liberato dell'ennesimo avversario, ricambiò il suo sguardo e, pur non lasciando trasparire da di esso alcuna emozione, annuì.
– Farò come vuoi – le assicurò – e mi assicurerò che i rinforzi giungano in tempo.
Katla mosse il capo in segno d'assenso e finalmente si permise un vero sorriso, prima di ricordarsi della spada che Legolas ancora impugnava.
– ..E da' a me Orcrist!
Il Principe inarcò un sopracciglio, deturpando l'aggraziata stoicità dei suoi fini lineamenti con una nota palesemente contrariata, ed in un'altra situazione Kat avrebbe riso della sua espressione, ma la necessità e la gravità degli eventi le pesavano addosso come macigni.
– Era parte dell'accordo: Thranduil ha perso la scommessa e mi serve la Fendiorchi! – insistette lei, lasciando trasparire le emozioni che la stavano divorando dall'interno, giacché era indispensabile per lei riportare la spada di Gondolin al suo precedente detentore, se il suo piano voleva avere una qualche speranza di riuscita.
Legolas indugiò un istante, ma poi parve convincersi ed estraendo la lama elfica dal fodero, passò Orcrist alla piccola donna al suo fianco.
– Spero che, qualunque cosa tu abbia architettato, funzioni. Quel marth.[1] – le disse soltanto, in ultimo, prima di allontanarsi, scomparendo in un paio d’istanti fra la massa brulicante del campo di battaglia.
Kat non ebbe il tempo di osservarlo andarsene, giacché fece appena in tempo ad infilarsi Orcrist in cintura prima di tornare a combattere. Indietreggiò colpo dopo colpo, cercando di avvicinarsi all'accesso principale della Montagna Solitaria, ma le ci vollero più tempo ed energie del previsto, giacché non riusciva a fare un passo senza che qualcuno o qualcosa attentasse alla sua vita, fosse anche solo qualche cadavere abbandonato al suolo.
Fu a causa di una testa mozzata che, infine, mise un piede in fallo: appena vi appoggiò inconsapevolmente la suola dello stivale quella rotolò via. Sbilanciata all'indietro, cadde di schiena ed il panico le attanagliò il petto in una morsa quando, con occhi sbarrati, scorse il suo ennesimo assalitore levare la sua arma verso il cielo, pronto ad aprirle uno squarcio nel petto.
In un istante, Kat si ritrovò catapultata nel passato, a quando si era ritrovata nella stessa posizione e davanti a lei Thorin la perforava con quel suo sguardo penetrante ed accusatorio mentre la sgridava aspramente, ed un doloroso nodo le strinse la gola a quel ricordo.
Alla fine, l’erede di Durin aveva avuto ragione: sarebbe morta in quel modo, dopotutto... avrebbe fallito.
S'era già data per spacciata quando, inaspettatamente, una spessa freccia dalla punta in nero metallo scintillante trapassò il cranio dell'orco prima che quello potesse raggiungerla, facendolo crollare ai suoi piedi ed infrangendo la bolla di disperato sconforto che l'aveva avviluppata.
Senza fiato, Katla tornò presente a sé stessa e si sollevò in piedi di scatto, l'arma ancora in pugno ed ogni senso amplificato dall'adrenalina che le scorreva in ogni recesso del suo corpo, mentre si voltava a guardare dietro di sé. Sbarrò gli occhi chiari nel rendersi conto che era infine giunta proprio davanti al muro eretto dai nani di Erebor e che dalla sommità di questo, oltre il fossato colmo d'acqua gelata, alcune teste spiccavano fra le massicce merlature, fra cui il capo bruno di Kili, con l'arco in pugno ed una nuova freccia già incoccata.
– Kat! – la sua voce la raggiunse nel clangore della battaglia, unita a quella degli altri, che la chiamavano a loro volta – Afferra questa!
L'attimo dopo la seconda freccia nanica fendette l'aria, andando a conficcarsi nel terreno accanto ai suoi piedi con quella che era una corda intrecciata legata alla sua estremità. La fune si tese e la ragazza, dopo una rapida occhiata alle proprie spalle, serrando le labbra in una smorfia tesa, l’afferrò e se l’arrotolò intorno al braccio con un rapido gesto. Quindi sferrò un nuovo calcio per allontanare un ultimo orco che si era fatto strada sino a lei e, trattenendo il respiro, si lanciò nel vuoto, mentre i nani dalle mura tiravano con tutta la loro forza. 
Katla chiuse brevemente gli occhi mentre si sentiva sballottare e sollevare in aria, ma si tenne con tutte le proprie forze ed in pochi secondi più di un paio di mani la issarono sulla cima, portandola al riparo dei grossi blocchi di pietra.
Sorreggendosi a malapena sulle proprie gambe, la giovane si ritrovò stretta nel caldo e familiare abbraccio di Fili e Kili e nel suo campo visivo entrarono i volti di Bofur, Ori, Gloin, Balin e Dwalin, mentre veniva sommersa dal vociare concitato dei nani ivi raccolti ed intenti a fissarla con identiche espressioni ansiose.
– Come stai?
– Che spavento ci hai fatto prendere..
– Sei ferita?
– Sei salva, Piccola Furia.
– Ci è mancato poco stavolta, ragazza.
Kat se ne sentì stordita, ma anche rassicurata e non poté impedire alle lacrime di salirle copiose agli occhi, tanto da rompere gli argini e colarle dalle ciglia scure, andando a mischiarsi alla sporcizia che le imbrattava la pelle.
Era al sicuro. Era di nuovo fra i suoi compagni.
E loro la volevano ancora fra loro, nonostante tutto.
Si aggrappò ai due figli di Dìs con un braccio per uno, stringendoli a sua volta ed affondando il volto sulle loro spalle vicine e le chiome riverse su di esse, mentre tentava di soffocare un tremito sempre più diffuso. Tremito che venne soppresso dalla stretta dei nani racchiusi nel suo abbraccio, i quali la cinsero ancora più forte, intuendo il suo bisogno di conforto e sostegno.
Aveva avuto una paura tremenda.
Il loro calore le penetrò attraverso le vesti e la pelle, raggiungendo i suoi muscoli tesi e doloranti e infondendole un sollievo che le permise finalmente di respirare, ma Kat si concesse un solo minuto per crogiolarsi in quella fantastica sensazione, prima di ritrovare la propria forza d'animo e ricordarsi che la sua battaglia non era ancora finita. Così, a malincuore, allentò la presa sui loro colli e fece un passo indietro, incontrando gli sguardi preoccupati dei due fratelli e dei nani alle loro spalle. C'erano tutti, si rese conto, scorgendo i volti dei dodici nani asserragliati sul camminamento di pietra. Tutti tranne uno.
– Dov'è Thorin? – chiese, osservando con gli occhi lucidi i più vicini e finendo per soffermarsi su Dwalin.
Il nano dal capo tatuato deviò lo sguardo da lei, assumendo un'espressione cupa che era la gemella di quella degli altri.
– Da qualche parte, là dentro – le rispose con un tono sconfitto, addolorato, alludendo alle sale che si estendevano all'interno della montagna.
Serrando le labbra in una smorfia piatta, Kat annuì, quindi si spazzò il volto con un gesto della mano per asciugarsi le lacrime e tornò a sollevare uno sguardo carico di determinazione verso l’interno della montagna. Kili, ancora fermo al suo fianco, le toccò una spalla e lei, incrociando i suoi occhi, scorse una scintilla di speranza unita ad una nota interrogativa che non osò esprimere a voce, ma che la giovane comprese perfettamente.
Gli sorrise, muovendo il capo in un leggerissimo cenno d'assenso, quindi tornò a rivolgersi a Dwalin, che non aveva ancora sollevato il capo.
– Portami da lui, Dwalin.
Il nano tornò a scrutarla con i suoi occhi scuri e cerchiati e parve accusare una certa sorpresa per quella richiesta, ma dopo un istante andò ad annuire con un cenno ed a farle strada. Non sapeva cosa quella piccola donna avrebbe potuto fare per il suo Re, ma, per quanto ormai avesse perso ogni speranza di riavere indietro il suo migliore amico, l'avrebbe accontentata ancora una volta.


Thorin era solo nella grande sala, eppure non lo era davvero.
Si stagliava in piedi sopra il pavimento totalmente ricoperto d'oro ormai freddo e solido, con la mente assalita da immagini e voci d’un passato confuso e vivido, che andava riflettendosi in ogni riverbero del prezioso metallo e riecheggiava in alto, sino al soffitto puntellato dalle imponenti colonne scolpite nella pietra dai suoi avi. Il suo animo era tormentato, sconvolto, preda di un conflitto interiore che soltanto un occhio familiare avrebbe potuto distinguere dal delirio di un folle. 
Il capo gli pesava, gli girava sotto la massiccia corona d’oro brunito di suo nonno, ed il pavimento sotto di lui scintillava ed ondeggiava sinistro, infido ad ogni suo passo strascicato. Era sordo e cieco a ciò che lo circondava ed al tempo stesso poteva vedere sé stesso perdersi, scivolare ed incespicare fra dune dorate in continuo movimento, sempre più alte, come onde di tempesta.
E quelle voci…
Frasi di un passato che mai avrebbe potuto dimenticare, parole che lo avevano segnato dentro, avevano scavato un solco nel suo animo inconsapevole e lo avevano plasmato, forgiato e temprato come può fare soltanto il martello nanico sull’acciaio di una spada. Affermazioni che gli si accavallavano di continuo nella mente, si contorcevano e si susseguivano senza logica alcuna, implacabili come la battaglia che Thorin Scudodiquercia stava combattendo contro il veleno che lo stava corrodendo da dentro: la Malattia del Drago.
“..una verde pazzia è radicata in profondità in quella famiglia.”
“Io non sono come mio nonno..”
Eppure si era comportato come lui.
“Questo tesoro comporterà la tua morte!”
“Mai più farò affari con gli Stregoni!”
Eppure era grazie allo Stregone che il suo destino aveva preso una svolta.
Soltanto grazie a Gandalf aveva conosciuto lei.
“Non parlarmi come se fossi ancora Thorin Scudodiquercia...”
“Ma io amo Thorin Scudodiquercia!”
Sull’eco della voce disperata di Katla, il mare in cui era mutato il pavimento d’oro si richiuse infine su di lui in quella visione ad occhi aperti e Thorin venne scosso da un tremito profondo ed ancestrale, nato dal suo stesso istinto di autoconservazione. La vita stessa lo richiamò indietro dal profondo buco oscuro in cui il suo io era precipitato e lo investì, e Thorin rispose, riaffiorando in sé e tornando a percepire finalmente la realtà così come era. Rivide la grande sala immota e silente intorno a lui, cupa e solida, malgrado le crepe aperte dal drago durante il loro ultimo scontro. Udì il crepitare lontano dei bracieri accesi e l’affanno del proprio respiro perdersi nel silenzio antico di quella che un tempo era stata la sua casa. Percepì con impressionante nitidezza l’aria immota, la densità stessa della pietra e persino il bagliore dei fuochi sul pavimento, mentre al contempo la corona sul suo capo si faceva solida ed opprimente come piombo.
Fu così che Thorin Scudodiquercia tornò in sé e sconfisse il male che aveva afflitto la sua famiglia sin dall'ultimo Re sotto la Montagna, Thror.
Un Re le cui orme lui non era intenzionato a seguire.
Ridestatosi dall'incubo, gettò a terra la corona dei suoi avi ed essa andò a rintoccare con un sonoro clangore metallico sul pavimento, sancendo la fine di quella follia che lo aveva soggiogato sin da quando aveva messo piede dentro quella montagna.
Con l'amaro in bocca e l'animo ancora in tumulto a causa del rimorso che audace s’era subito ridestato in lui, Thorin si voltò e fu allora che si rese conto di non esser più solo.
Come i suoi occhi incrociarono quelli di lei, il pavimento sotto i suoi piedi parve scuotersi ed il suo cuore tremò, ritrovandosi a scrutare l'unico volto che non credeva avrebbe rivisto, non lì e non in quel momento.
Era Katla la presenza che, in piedi ad una decina di metri da lui, stava ricambiando il suo sguardo, e Thorin finalmente la vide, la vide davvero, per la prima volta da quando l'aveva lasciata alla città di Pontelagolungo. Aveva gli abiti logori e segnati dalla battaglia in corso, il viso segnato da polvere e lacrime ed i capelli scuri scarmigliati, ma lui non l'aveva mai trovata così bella come in quel momento.
Ed il suo corpo si mosse da solo.
Il primo passo fu incerto, ma il secondo aveva già una falcata più ampia, il preludio di uno scatto più deciso. Le corse incontro e lei lo imitò, cosicché gli bastò bruciare poco più della metà della distanza iniziale per arrivare a stringerla fra le braccia. L'accolse nel proprio abbraccio mentre lei gli si gettava di slancio al collo, stringendola a sé con tutta la disperazione ed il sollievo che covava in petto ed affondando il volto nella sua folta chioma castana. Si aggrappò a lei, finendo per sollevarla da terra, e lei non fu da meno, giacché ne avvertì le piccole mani affondargli fra i capelli corvini e stringerglisi alla stoffa del mantello con forza tale da tirargli le fibbie sotto gli spallacci.
Per Thorin fu come tornare a respirare. 
– Sei tornato... – gli sussurrò lei vicino all'orecchio con voce rotta.
Sì, pensò lui, finalmente era tornato sé stesso.
– Perdonami – le disse invece, greve, senza lasciarla né allentare la stretta delle braccia con cui la premeva contro di sé.
Tremò, ricordando come aveva rischiato di perderla, del pericolo a cui l'aveva esposta costringendola a restare presso la città degli Uomini per colpa del suo orgoglio e delle sue paure, e rivisse con sconcerto attraverso i suoi stessi ricordi il momento in cui l'aveva rivista, la freddezza con cui l'aveva accolta e poi congedata.
Eppure lei era lì, calda, morbida, viva... reale.
Non si era arresa: aveva lottato per lui, per farlo tornare. Aveva creduto in lui.
E Thorin si sentì il nano più indegno e più fortunato dell'intera Stirpe di Durin per questo.
– L'ho già fatto – gli giunse, in un singhiozzo mal trattenuto, la voce di lei.
Gratitudine, sollievo ed una profonda felicità si mischiarono alla profonda vergogna che provava per sé stesso e Thorin cedette al bisogno di guardarla nuovamente in volto, sciogliendo la morsa con cui ancora la teneva avvinta a sé e permettendole di riappoggiare finalmente le suole degli stivali a terra. Affondando in quei suoi occhi lucenti come il più splendente cielo stellato, le cinse il viso con ambo le mani, cogliendo distrattamente la sensazione di bagnato sulla pelle delle gote di lei, e non si trattenne oltre: la baciò con trasporto, premendo la bocca contro la sua, affondando fra quelle labbra voluttuose, trattenendo il respiro e togliendolo a lei, per poi lasciare che il fiato si fondesse a quello d'ella in un sospiro sofferto e liberatorio.
In quel bacio infuse tutto ciò che provava, tutto ciò che avrebbe dovuto dirle e non le aveva mai confessato, tutto quanto, e lei affondò ambo le mani fra i suoi capelli e lo tirò ancor più vicino, ricambiandolo in egual misura, accettando ogni cosa lui le stesse donando senza riserva alcuna.
Con quel bacio, il cuore di Thorin riprese a battere.
Si staccarono soltanto perché costretti a riprendere fiato, ma il Sovrano di Erebor non riuscì a scostarsi da lei e le lasciò una scia di baci dall'angolo delle labbra alla mascella, per poi tornare ad affondare il volto nell'incavo del suo collo ed inspirare a pieni polmoni l'odore della sua pelle, cingendola ancora una volta fra le braccia con trasporto.
Non aveva bisogno d'aria se poteva respirare il suo profumo, né d'acqua se poteva abbeverarsi dei suoi baci.
Completamente in balia di quegli stessi sentimenti che a lungo aveva soffocato dentro di sé, la tenne stretta per un tempo che non seppe mai quantificare ma che, quando giunse alla fine, gli parve comunque troppo breve perché se ne sentisse anche solo in minima parte appagato. Iniziò ad allentare i muscoli, rilassandosi, soltanto grazie alle dolci carezze ch'ella gli stava donando sulla schiena e dietro la nuca. Soltanto allora riuscì a calmare il proprio cuore e con esso l'ondata con cui i suoi sentimenti per lei l'avevano travolto, abbastanza da allentare l'abbraccio e cercarne l'iridi con le proprie. Quando tornò a posare lo sguardo sul suo viso, questo era arrossato e striato di nuove e calde lacrime, ma adorno d'un bellissimo sorriso luminoso che gli procurò un familiare sussulto del petto. 
Sorrise a propria volta, meravigliato ed incerto, quasi intimorito.
– Non merito il tuo amore...
– Eppure ti amo – ribatté Kat con altrettanta profonda emozione, strappandogli un sorriso più ampio.
Thorin avvicinò la fronte a quella di lei, seguitando a guardarla negli occhi, quei suoi straordinari occhi limpidi e fieri che, ne era ormai certo, non avevano fatto altro che volgersi verso di lui, così come lui aveva più o meno inconsapevolmente fatto per lei. 
Per quegli occhi non si sarebbe più comportato da stolto, perdendo di vista ciò che realmente era importante, si ripromise.
Il suono del corno giunse sino a loro, una nota flebile e lontana, ovattata dalle spesse mura di pietra e roccia massiccia della montagna, ricordandogli ciò che fuori stava ancora avvenendo e rammentandogli che c'era ancora qualcosa a cui doveva porre rimedio, prima di poter pensare al futuro.
Scostando il capo da lei, scambiando con ella un ultimo sguardo, lesse in esso aspettativa e comprensione e lui annuì, il petto che gli si colmava di nuovo orgoglio e determinazione mentre ne cercava una mano e la stringeva nella propria, intrecciandovi le dita.
Quindi, senza bisogno che venisse proferita alcuna parola fra loro, Thorin si avviò con Katla verso gli alti corridoi di Erebor, deciso a prendersi finalmente carico di ogni sua responsabilità.
Non l'avrebbe delusa un'altra volta.


Ogni nano appresso all'alta porta di pietra murata era in preda allo stesso rimorso ed alla stessa frustrante sensazione d’impotenza che lo teneva bloccato lì, seduto sulle macerie e sulle scale che risalivano verso la sommità della struttura difensiva, a causa di un ordine cui non potevano ribellarsi; ma il più provato era senz'altro Kili, che con il capo chino verso terra, non poteva non ascoltare i rumori della battaglia in corso all'esterno di Erebor, ed ogni secondo che passava il suo animo si torceva e dilaniava fra la profonda lealtà verso suo zio e quella verso il resto del suo popolo, giacché un Nano non abbandona mai un altro Nano, soprattutto in combattimento.
Fu per questo che, quando il cupo rumore di passi lo spinse a sollevare di nuovo il capo e lo sguardo verso l'interno della Montagna Solitaria, anziché sorprendersi della ricomparsa di Thorin che usciva alla luce, strinse le labbra in un'espressione contratta che non riuscì più a contenere.
Si alzò in piedi, il più giovane dei Durin lì presenti, e, stringendo i pugni lungo i fianchi, fece un passo avanti, ormai deciso a fronteggiare il Re sotto la Montagna.
– Non mi nasconderò dietro a un muro di pietra mentre altri combattono le nostre battaglie per noi! – affermò con sempre maggior enfasi, lasciando libero sfogo al suo tormento ed al furore che gli colmava il petto, perforando con i suoi occhi scuri lo zio mentre gli andava lui stesso incontro, prima d’arrestarsi e concludere amaramente – Non è nel mio sangue, Thorin...
Non fece caso alla scintillante Fendiorchi nella mano destra di suo zio, ma quando furono abbastanza vicini, Kili finalmente vide sbucare da dietro il parente la figuretta di Katla, la cui mano era ancora stretta in quella sinistra di lui. Allora il suo animo si placò un poco ed il dubbio, insieme ad una nuova violenta speranza, si insinuarono nella sua mente.
Il lieve sorriso incoraggiante di lei lo spinse, confuso, a sbatter le palpebre e a tornare con lo sguardo a cercare il fratello di sua madre, e fu allora che riconobbe lo sguardo limpido di suo zio, in un volto privo della tensione e della cupidigia che gli aveva visto addosso sempre più gravosa negli ultimi tempi.
– No, – gli confermò pacatamente, con quella sua voce pacata e profonda, il loro Re, scrutandolo ad un passo di distanza soltanto – non lo è. Noi siamo figli di Durin... e quelli di Durin non fuggono da una battaglia.
Il sorriso di Thorin, così pieno d'affetto ed orgoglio, suggellò quelle parole e Kili si ritrovò a combattere contro un'ondata di lacrime di sollievo e commozione, ormai certo che suo zio, il nano che così tanto aveva ammirato ed amato durante la sua giovane vita, era finalmente tornato sé stesso. Thorin Scudodiquercia avvicinò la fronte alla sua ed il nipote chiuse gli occhi, sorridendo di gioia per quel miracolo in cui molti ormai avevano smesso di credere, suggellando quel momento unico con quel gesto carico di significato.
Quindi, quando si staccarono, Thorin gli diede un'ultima pacca sulla spalla e passò oltre, ed il giovane nano si ritrovò di fronte una più minuta figura che lo osservava con la stessa luce che sapeva possedere lui per primo negli occhi. Sorrise a Katla e, cedendo alla profonda gratitudine ed all'affetto fraterno che provava per lei, l'abbracciò brevemente ma con trasporto, perché ormai era certo che buona parte del merito di quel miracolo doveva essere suo.
– Non ho alcun diritto – risuonò di nuovo la voce greve di Thorin, che nel mentre stava procedendo verso il resto della Compagnia – di chiedere questo a nessuno di voi...
Sciogliendo la stretta intorno alle spalle di Kat, Kili si voltò e, ansioso di raccogliersi accanto al suo Re, s'incamminò lungo la strada lastricata dei Nani di Erebor, seguito d'appresso dalla stessa piccola donna che come lui era rimasta indietro.
Quando Thorin avanzò la sua richiesta, i nani della Compagnia ancora seduti si alzarono e quelli con le armi in pugno le sollevarono in un tacito e fiero assenso, e la solennità di quel momento rimase impressa nel cuore di Kili come un marchio a fuoco sulla pelle. Dietro a Thorin, dall'altro lato di Dwalin, il nipote più giovane cercò con lo sguardo quello del proprio fratello maggiore e con lui scambiò un leggero cenno d'assenso del capo castano, ritrovando con orgoglio le sue stesse emozioni sul suo volto.
Avrebbero combattuto tutti fino alle porte dell'inferno, se necessario, per il loro Re.
– È giunto il momento di buttare giù quel muro – sancì allora Thorin, riscuotendo l'assenso degli altri e dando poi loro i dovuti ordini.
I nani, rinvigoriti, si misero subito all'opera e soltanto in seguito, quando ormai la maggior parte di loro era già al lavoro per recuperare parte dei loro equipaggiamenti o per approntare il necessario allo sfondamento della barriera, che Fili e Kili si ritrovarono a pochi passi dalle figure di Katla e Thorin, fermi a parlare uno di fronte all'altra ed ivi si attardarono.
– Tu non scenderai in battaglia con noi – stava dicendo il Re di Erebor, fissando la ragazza con quel suo sguardo penetrante ed inflessibile.
Kat assunse un'espressione sorpresa e contrariata, spalancando la bocca.
– Cosa?! – esclamò, e la sua voce attirò più d'uno sguardo.
Tuttavia Thorin apparve irremovibile, pur mantenendosi calmo e quasi confidenziale, mentre le prendeva ambo le mani fra le sue.
– Voglio che resti qui, al sicuro – insistette – non posso rischiare di perderti di nuovo.
Katla si morse il labbro inferiore e delle lacrime brillarono nei suoi occhi grigio-verdi, apparendo come dilaniata da quel divieto, e Kili realizzò come i sentimenti d'ella non fossero troppo dissimili da quelli che egli aveva dovuto affrontare fino a pochi minuti prima. Contenendo la pena e l'affinità che gli nacque in petto nei riguardi dell'amica, il giovane nano scambiò un altro sguardo con Fili ed ancora una volta distinse negli occhi del fratello il suo stesso pensiero: Thorin aveva ragione.
Persino a loro era preso un colpo quando l'avevano vista combattere vicino alla porta, quando era stata sul punto di soccombere agli orchi, tanto che non avevano esitato un solo istante ad aiutarla.
– Nemmeno io! – esclamò d’improvviso, caparbia, la ragazza, fronteggiando il Re dei nani di Erebor con una determinazione che traspariva perfettamente dal suo sguardo corrucciato – Non posso lasciarti andare là fuori da solo, Thorin.
Il nano in questione parve come preso alla sprovvista, forse dalle parole di lei oppure dall'aria battagliera e fiera che stava mostrando loro, degna di un qualunque altro figlio di Durin, mentre ricambiava la stretta delle forti mani di lui e sondava con quei suoi occhi d'acciaio il suo volto. E Kili si ritrovò a pensare a quanto quella che avevano davanti non fosse più la stessa ragazza che era capitata in Casa Baggins diversi mesi prima. Katla era maturata, era cresciuta tanto da fronteggiare un Re dei Nani senza per questo risultare inferiore o inappropriata. Adesso più che mai, ella apparve agli occhi suoi e di suo fratello come la futura regina che in cuor loro speravano sarebbe un giorno diventata. 
La Regina di Thorin Scudodiquercia, Re di Erebor.


Katla sondò con ansia crescente ed una certa tensione il volto del nano di fronte a lei, tenendo sottochiave la strisciante paura che stava iniziando a ghermirle il petto a causa della consapevolezza che il momento cruciale stava avvicinandosi. Thorin sarebbe andato là fuori e, se lei non avesse fatto nulla per impedirlo, non sarebbe più tornato.
– Ma non sarò solo, Kat – il tono morbido con cui glielo disse era accompagnato da un sorriso comprensivo quanto incoraggiante, che lo rese ancor più bello e doloroso ai suoi occhi.
– Ma..
– Il mio è un ordine – la interruppe sul nascere, senza darle modo di continuare la sua protesta, inchiodandola lì con quei suoi occhi di diamante, prima di addolcirsi – resta qui e, quando farò ritorno, allora ti chiedo di ascoltare ciò che avrò da dirti.
A quelle ultime parole il cuore d'ella si strinse, mentre la sua mente già galoppava alla possibile natura del discorso che il nano voleva farle al suo ritorno. Non potendo più dirgli di no, col respiro ancora bloccato in gola per la tensione e l'improvvisa aspettativa che le era nata nel cuore, Katla sondò ancora una volta gli occhi del suo amato, cogliendo in essi i profondi sentimenti che lo legavano a lei, e cedette alla prospettiva di farlo andare avanti senza di lei. Con un sospiro, si arrese a lui ed alla sua testardaggine di Nano, giacché sapeva che non avrebbe avuto alcuna possibilità di convincerlo, perché per lei era la stessa cosa, da sempre.
Ma quella sarebbe stata l'ultima volta e glielo disse. 
Thorin in risposta si chinò a sfiorarle le labbra con un rapido bacio e, dopo un ultimo mezzo sorriso che sfumò in un'espressione seria e decisa, si voltò, richiamato dai suoi compagni che avevano quasi ultimato i preparativi.
Osservandolo allontanarsi, Kat serrò la mano destra a pugno sul petto, aggrappandosi alla stoffa del mantello che le drappeggiava dalle spalle come se costituisse un appiglio per il suo animo in tumulto. Fu a quel punto che un paio di pesanti mani naniche le si posarono sulle spalle, una per lato, e lei si ritrovò affiancata dalle figure di Fili e Kili.
– Non preoccuparti, sorellina – le disse il biondo, sorridendole con fare incoraggiante.
– Penseremo noi a riportartelo tutto intero – affermò il moro, con un'espressione gemella.
Kat si intenerì e lasciò che le attenzioni dei suoi due più cari amici la rincuorassero un poco, tanto da annuire.
– Grazie ragazzi... – disse loro, abbozzando un nuovo sorriso, pur non del tutto serena – ..ma fate attenzione anche a voi. Non voglio perdere nessuno, oggi.
I due si scambiarono una delle loro occhiate ed annuirono di rimando, suggellando quell'accordo, quindi si affrettarono a raggiungere il loro zio e gli altri, lasciandola indietro. Kat, lo sguardo puntato sulle loro schiene, lasciò sfumare quell'espressione che aveva assunto per rincuorarli e nient'altro, mentre dentro di sé avvertiva l'inquietudine ed il senso di colpa tornare a serrarle la gola.
Aveva mentito: non era intenzionata a restarsene lì ad attendere la fine, giacché il suo piano non sarebbe andato in porto se lei non fosse riuscita a fare la sua parte, come da accordi con il Re degli Elfi. Non aveva considerato l'eventualità di restare bloccata dentro Erebor per volontà dello stesso nano che era determinata a salvare, e la cosa non fece altro che farla indispettire con sé stessa e le circostanze con cui era costretta a giostrarsi. Aveva creduto di uscire con loro, là fuori, e sfondare insieme alla Compagnia le linee nemiche. 
Doveva assolutamente pensare ad un altro modo per arrivare a Collecorvo prima di Thorin e dei suoi nipoti, ma il tempo stringeva e lei aveva finito le idee.
– Faresti bene a spostarti, ragazza.
La voce rassicurante di Balin la trasse dalla spirale di riflessioni angosciose in cui stava per cadere e Kat si voltò sorpresa a guardarlo mentre quello, fermo a un paio di passi da lei, ricambiava il suo sguardo combattuto con uno placido e comprensivo.
– Fra poco saremo pronti e faremo venir giù il muro alla porta.. – continuò il nano già pronto per la battaglia, prima di assumere un'aria più confidenziale – ma c'è un posto da cui puoi assistere in tutta sicurezza, se lo desideri.
Kat si fece attenta e serrando le labbra in una linea tesa mosse il capo in cenno d'assenso. Allora Balin le indicò le scale che l'avrebbero condotta ad una delle postazioni di guardia al di sopra della porta ed il sorriso incoraggiante che le mostrò le scaldò il cuore, tanto da spingerla ad abbracciarlo brevemente, prima di ringraziarlo a parole e dirigersi verso la gradinata scolpita nella pietra.
Salì in fretta, traendo forza dall'adrenalina che le circolava nelle vene, ed alle orecchie le giunse ancora una volta il suono del corno degli orchi: il segnale dell'attacco definitivo.
Fece le ultime manciate di scalini di corsa, aiutandosi persino con le mani per sospingersi verso l'alto, e quando finalmente arrivò al parapetto che dava sulla valle antistante, un isolato e fioco raggio di sole per un attimo l’accecò, cosicché Kat dovette sbattere più d'una volta le palpebre per abituarsi a tutta quella luce. Fu a quel punto, quando la vista le si schiarì sull'armata che, già schierata, riprendeva ad avanzare verso l'esercito dei nani dei Colli Ferrosi, che nelle orecchie le risuonò il suono potente e prolungato di un altro corno, più vicino a lei.
Sporgendosi dal parapetto, incurante delle decine di metri di caduta libera che la separavano dal fossato, Katla si ritrovò a trattenere il fiato nell'inquadrare Bombur intento a soffiare in un enorme corno da guerra nanico, mentre il cuore le guizzava nel petto in una nuova scarica di energia.
Il segnale d'attacco dei nani di Erebor era stato suonato.
Gli orchi si arrestarono, confusi ed inquietati da quella promessa di rivalsa, ed un attimo dopo un'enorme campana dorata sfondò il muro che limitava l'accesso alla montagna con fragore ed un sonoro rintocco di metallo contro pietra. 
I grossi blocchi di roccia rotolarono e crollarono su sé stessi, formando un ponte rudimentale dinanzi all'ampia porta, e quando anche l'ultima affondò nell'acqua gelida e scura, i nani della Compagnia uscirono alla luce del giorno, correndo impavidi verso la battaglia.
La visione del gruppo di nani in carica, capitanati da Thorin, con le armi in pugno ed il passo pesante e deciso tipico dei membri del loro popolo, colmarono il petto di Katla di una profonda emozione ed ella avvertì le lacrime tornare a colmarle gli occhi chiari mentre osservava i nani di Dain dividersi in due per lasciar passare il Re sotto la Montagna ed i suoi.
– Per il Re! – esplose il Signore dei Colli Ferrosi.
E persino da lì Kat poté udire il grido di battaglia di Thorin, in risposta al quale i nani di Dain si radunarono, ed ella strinse meccanicamente le mani sulla pietra del parapetto a cui era aggrappata mentre osservava la scena, stringendo le labbra in un'espressione tesa e fiera insieme.
Quello era il suo nano… quello era il vero Re sotto la Montagna.


– I Nani.. – esordì, sorpreso, Bilbo, prima di cercare Gandalf dalle alte mura diroccate di Dale – ..si stanno radunando.
Lo stregone grigio, giungendo in quel momento, picchiettò col suo bastone la pietra sotto i suoi piedi e sorrise, soddisfatto.
– Si radunano dal loro Re...
E lo hobbit, osservando come l'armata nanica sfondò le linee nemiche e si fece strada con rinnovato vigore contro le orde del male, si chiese dove fosse Katla e se ce l'avesse fatta a sopravvivere per vedere ciò che vedeva lui. Perché era lei quella che non aveva mai davvero dubitato di Thorin Scudodiquercia ed era solo per la sua fiducia incrollabile nella forza d'animo del nano se avevano potuto in qualche modo prepararsi a ciò che stava avvenendo dinanzi alle porte di Erebor.
E quell’ultima inaspettata piega degli eventi non poteva che essere, in qualche modo, opera sua.
Meccanicamente, sotto l'effetto di una crescente inquietudine, il mezz'uomo andò a tastarsi la tasca in cui teneva segretamente custodito l'anello sottratto a Gollum e prese la sua decisione. Quando si voltò, superando con passo affrettato Gandalf per scendere da quel punto di vedetta, l'Istar non mancò di notare la cosa.
– Bilbo.. dove stai andando?! – proruppe con voce allarmata e sorpresa insieme, gli occhi nuvolosi spalancati sotto la tesa del cappello a punta.
– A Collecorvo! – gli rispose lui senza voltarsi, ormai determinato, l'anello già in mano.
– Come..? Bilbo, è troppo pericoloso andare da solo!
Ma Bilbo non lo ascoltò né permise alla voce dello stregone di instillargli il dubbio e la paura nel cuore, giacché era consapevole che, se si fosse fermato a riflettere sui rischi, si sarebbe tirato indietro e questo il suo spirito non lo voleva. Era un Tuc, oltre che un Baggins, ed avrebbe fatto onore al suo avo.
Voleva esser degno dell'amicizia e dell'affetto dei compagni con cui aveva viaggiato sino a quel momento e, soprattutto, voleva esser in grado di guardare di nuovo in faccia Katla senza sentirsi inferiore a lei ed al suo immenso coraggio.
Sarebbe sgattaiolato a Collecorvo, forte della protezione che gli conferiva l'anello, per assicurarsi che il piano della sua giovane amica andasse a buon fine. E lo avrebbe fatto per lei... e per sé stesso.


continua...





~ LEGENDA ~

Grassetto = titoli.
Corsivo = evocativo (flashback, canzoni, citazioni, parole in altra lingua o toni dal timbro particolare).
MAIUSCOLO = toni alti.
[1, 2, 3..] = si tratta di annotazioni e/o traduzioni che aiutano il lettore a comprendere al meglio il testo. Basta sostarvi sopra con il mouse perché compaia la nota cui fanno riferimento.
[*] = facendovi click con il mouse aprono il link al video cui il testo fa riferimento (musiche, canzoni, ecc).


» Note:
1. “Quel marth” = "Buona fortuna", da quel (buona/buono, nel senso augurale del termine) e marth (fortuna) in lingua elfica.



~ ATTENZIONE!!! NOTA DELL'AUTRICE ~

Ciao a tutti! E' la prima volta che scrivo qualcosa dopo un capitolo di questa storia, ma si tratta di qualcosa di importante a cui spero in molti di voi mi daranno risposta.
Ormai siamo alla fine e nella mia follia ho scritto due finali (ebbene sì, è successo), ma non so decidermi se pubblicarne uno o entrambi, quindi lascerò questa decisione a voi! Uno è quello "originale" mentre l'altro è un finale completamente opposto a quello a cui avevo pensato inizialmente. Cosa volete fare? In base a ciò che mi direte lo pubblicherò in coda ai capitoli di questa ff quindi non preoccupatevi, non dovrete andare a cercarlo chissà-dove! :D
Quindi, avete piacere di leggerli entrambi o solo uno?
Mi atterrò alle vostre risposte, quindi non abbiate paura e fatevi avanti!
Nel mentre, ne approfitto per ringraziare tutti voi che avete seguito le avventure di Kat e della Compagnia e che avete inserito questa storia fra le Seguite, le Ricordate e/o le Preferite. Un ringraziamento speciale va a coloro che si sono fermati a lasciare una recensione e in particolare Aleera *-* che con pazienza ha lasciato un commento ad ogni capitolo. Grazie mille per tutto, davvero, senza di voi questo viaggio sarebbe stato molto meno entusiasmante (per me come autrice), quindi grazie davvero!
Per oggi è tutto :D un abbraccio e ci si rivedrà alla fine di quest'avventura!

   
 
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