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Autore: Il cactus infelice    25/01/2021    2 recensioni
Estate 2020. Il riscaldamento globale colpisce non solo il mondo Babbano, ma anche quello dei Maghi. La frenesia dei social, della tecnologia, sta travolgendo anche i maghi e le streghe. Bisogna tenersi al passo coi tempi.
Ma mentre queste questioni vengono lasciate ai Babbani - che se ne intendono di più - il Mondo Magico avrà un'altra gatta da pelare.
Harry Potter si ritroverà a dover risolvere un altro mistero, forse addirittura a combattere un'altra guerra e questa volta lo riguarda molto, molto da vicino.
Tutto inizia con un ritorno inaspettato una mattina del 10 Luglio 2020.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley, I Malandrini, Nimphadora Tonks, Teddy Lupin | Coppie: Bill/Fleur, Harry/Ginny, James/Lily, Teddy/Victorie
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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UN NUOVO SEMESTRE


“Forza dai, che facciamo tardi!” 

“Attento ai bagagli!” 

“Avete preso tutto?”

“Jim, non dimenticarti il gufo”.

I ragazzi erano pronti per il secondo semestre a Hogwarts, pimpanti e pieni di voglia di ricominciare.

“Dominique, pensé aux votes. C’est ta derniére annèe”, disse Fleur in francese mentre salutava la figlia che era già salita e la guardava dal finestrino, raccomandandola di studiare perché era l’ultimo anno.

“Oui, mamá”.

“Non so cosa ti abbia detto tua madre, ma qualunque cosa sia sono d’accordo”, aggiunse suo padre quando Fleur gli fede spazio per salutare la figlia.

‘Mi ha detto di darmi alla pazza gioia organizzando rave party e bevendo tutte le notti”, disse la figlia con fare ironico.

“Ha ha ha, molto spiritosa”.

Dominique mandò un bacio al padre con la mano e gli sorrise un po’ malinconica. Voleva bene a entrambi i suoi genitori, ma sentiva che suo padre era quello che la capiva di più.

“Fai attenzione a tuo fratello, mi raccomando”.

“Ciao, papà”.

Un po’ più in fondo al treno, Hermione cercava di elencare a Hugo e Rose tutte le cose che avrebbero potuto dimenticare. O meglio, a Hugo, perché Rose aveva già smesso di ascoltarla e si era seduta col volto fisso nel telefono - prima che cadessero completamente le linee. Era un miracolo che la donna fosse riuscita a trovare il tempo per salutare i suoi figli in partenza, viste le elezioni che si sarebbero tenute il giorno dopo.

“Forza, Mione, lasciali andare. Se hanno dimenticato qualcosa glielo manderemo”.

“Okay. Ciao, ragazzi. Divertitevi e… studiate”, li salutò anche lei con un bacio volante; sentiva di non aver avuto abbastanza tempo per stare con i suoi figli durante quelle vacanze.

Harry e Ginny avevano già lasciato i loro figli sul treno e aspettavano i loro amici vicino alla barriera, insieme a Sirius e Regulus, quest’ultimo venuto su insistenza del fratello maggiore che gli aveva detto che aveva bisogno di uscire un po’. Ma il ragazzo continuava a guardarsi attorno con fare sospettoso, una strana ansia che sentiva scalpitare sulla bocca dello stomaco. Non era sicuro se attribuirla alla folla, alle persone così diverse rispetto al suo tempo, alla sua situazione in generale oppure alla paura che potesse capitare qualcosa. Sirius era sembrato così ottimista nel convincerlo che nessuno lo avrebbe riconosciuto - “un ragazzo morto trent’anni fa? Chi si può ricordare di te? O riconoscerti, Reggie?” - ma lui el’ottimismo non erano mai andati a braccetto. Se ci si lasciava andare all’ottimismo nella sua famiglia si finiva spesso male.

“Allora, come ti sembra?” gli chiese Harry a un certo punto distraendolo dai soliti pensieri macabri.

“Ecco, è… Non è cambiato molto”.

Harry ridacchio. “No, infatti. L’Hogwarts Express resta sempre lo stesso”.

Il treno fischiò e si mise in marcia. Regulus lo guardò sfilare davanti ai propri occhi mentre prendeva velocità e per una frazione di secondo la sua mente volò su Dominique e si immaginò cosa avrebbe fatto una volta tornata a Hogwarts. Poi Sirius gli mise una mano sulla spalla e lo esortò ad andare. 



“Allora? Buono vero?” 

Sirius lo guardava da sopra il suo panino, anzi, hamburger, con un sorrisetto malizioso. Suo fratello ci teneva perché provasse questo hamburger, cioè carne rotonda in mezzo a due fette di pane, insalata e salse varie e non aveva voluto dirgli di no. E doveva ammetterlo, era buono. 

Regulus annuì: “Sì, è buono”. 

Sirius mostrò una faccia soddisfatta e diede un altro morso al suo panino.

L’Animagus aveva deciso di portare il fratello in un centro commerciale - non proprio l’ideale per una passeggiata forse, ma almeno così poteva comprargli dei vestiti - e avevano deciso di concedersi il pranzo in quel posto che a quanto pare a faceva degli ottimi hamburger. Regulus non aveva protestato, anche perché stava morendo di fame. Doveva darsi una pacca sulla spalla per essersi persino lamentato poco dei giri tra i vari negozi - ai suoi tempi si andava semplicemente dalla sarta oppure si ordinavano i vestiti su misura, costavano il doppio ma la fatica era ridotta - guardare le tipologie di vestiti che c’erano, scegliere quello che gli piaceva - ma cosa ne sapeva lui? Non era mica abituato a indossare quelle cose - e poi provarli in camerino stretti e con delle luci fastidiose. Per non parlare dei commessi e delle commesse che sorridevano troppo e ti fissavano sempre come se volessero tenderti un agguato.

“Ti va di fare un altro giro dopo?” 

“Sirius, ti prego. Non abbiamo già preso abbastanza cose?” 

Un altro giro sarebbe stato decisamente troppo. Aveva abbastanza capi per riempire il suo armadio fino alla prossima stagione - un armadio che avrebbe avuto un colore tendente al nero, grigio e blu scuro, benché Sirius avesse cercato di convincerlo a prendere cose più colorate e festose. Non avrebbe mai indossato una camicia con le fragole.

“In realtà pensavo più a una gioielleria. Volevo prenderti un orologio”.

“Oh”.

“Non saprei, Siri, non mi va di farti spendere soldi”.

“Non ti preoccupare per quello. Sai che pagano bene gli Auror”.

Più che il fratello minore, si sentiva come un figlio.

“E perché vorresti proprio prendermi un orologio?”

“Perché secondo me staresti bene. Ce ne sono alcuni che sono davvero fatti per te”.

“E immagino che siano normalissimo orologi babbani, non fatti con pelle di drago”.

Sirius rise. “Ovvio”.

C’erano tanti incubi che Regulus si portava ancora appresso, sia di giorno che di notte, e non si sarebbe mai sbarazzato di quel tatuaggio sul braccio, come probabilmente non avrebbe mai superato la paura dell’acqua che ormai doveva ammettere di avere - le docce erano sempre molto rapide e dubitava che avrebbe mai fatto il bagno - ma almeno con Sirius le cose sembravano essere apposto.



“Ehi, James”.

James fermò la sua attraversata dell’ufficio degli Auror quando riconobbe la voce di Sirius che lo chiamava.

Si voltò e l’amico già gli stava davanti.

“Possiamo parlare?”

“O-okay”.

“Vieni qua”.

Black fece strada e si fermò solo quando furono in un angolo del corridoio. Sollevò la bacchetta e innalzò uno scudo perché nessuno potesse sentirli.

Doveva trattarsi di qualcosa di serio, si disse James.

“Si può sapere che ti è preso ieri?” 

“Che intendi?” 

James era confuso. 

“Accusare così mio fratello?” 

“Oh”.

Potter si passò una mano tra i capelli come faceva sempre quando era a disagio.

“Volevo parlartene”.

“Ah si?” 

“Si… Ecco… Mi dispiace”.

Sirius inarcò le sopracciglia come se non si fosse aspettato quella reazione.

“Ho parlato con Lily, poi. Mi sono reso conto di non essere stato molto gentile. So quello che ha fatto tuo fratello per sconfiggere Voldemort e non volevo mancargli di rispetto. È solo che… era un dubbio che mi stava perseguitando da giorni. Non riuscivo più a tenerlo per me”.

“Si, ma perché?” 

“Perché, Sirius…”. James sospirò alzando gli occhi al cielo, forse incerto se dire quello che voleva dire o stanco di quella conversazione. “Perché non è così facile. Siamo- io e Lily, siamo stati sputati in questa realtà da un mondo che era praticamente in guerra, dove non facevamo che guardarci le spalle e sospettare anche dei nostri amici. Non possiamo sapere che non ci saranno altri Peter o… Insomma, non voglio che commettiamo gli stessi sbagli”.

Sirius si rilassò; ora che le intenzioni di James gli erano più chiare non riusciva a biasimarlo. Certo, la cosa ancora lo pungeva, però almeno sapeva che aveva avuto delle buone ragioni.

“Tuo fratello sembrerebbe la persona più ovvia nel caso ci fosse qualche talpa. Con questo non voglio mancare di rispetto al sacrificio che ha fatto…”.

“Ho capito, James”.

“Mi perdoni?” 

Sirius abbassò un po’  lo sguardo per guardare negli occhi James essendo questi un po’ più basso, e gli sorrise. “Ma certo! Lo capisco… Casomai la prossima volta parlane con me prima”.

“D’accordo. Chiederò scusa anche a Regulus”.

“Sai, stranamente lui non ce l’ha con te?” 

“No?” 

“Affatto”.



Dominique tirò lo sciacquone e andò al lavandino per lavarsi le mani. Mancavano ancora un paio di ore per arrivare a Hogwarts e si era già cambiata. Non voleva rovinare quel semestre; aveva ragione sua madre, doveva preoccuparsi dei voti. Per questo aveva buttato nel water l’hashish che aveva comprato in discoteca la notte di Capodanno. Era pure costato poco, sicuramente non era nemmeno buono. Il tizio che glielo aveva venduto non sembrava intendersene granché.
Alzò lo sguardo sullo specchio e fissò il proprio riflesso. Provava sempre una sensazione strana quando si guardava, quando studiava il proprio volto o la propria espressione: sapeva di piacere, era consapevole di essere attraente - il sangue in parte Veela ereditato dal ramo della famiglia di sua madre dopotutto non permetteva il contrario - e che la sua bellezza non era qualcosa di soggettivo, ma a volte non riusciva a comprenderla, quella bellezza. Era come se non sapesse cosa farci, era come se fosse quella ad avere il controllo. Vicky era sempre stata molto più brava di lei ad averci a che fare. Ma Vicky era brava in qualunque cosa: era più brava a scuola, più gentile, più socievole, più carismatica, più bella, più talentuosa, più carismatica. Sorrideva persino di più. La figlia perfetta.
Lei invece… Non era sempre sicura di quale fosse il suo posto nella famiglia o nel mondo. Tutto le sembrava banale e qualsiasi nuova iniziativa cercasse di prendere in mano la annoiava. A volte persino disegnare la stufava, il suo album era pieno di bozzetti mai conclusi. Forse era questo il suo destino: era condannata a una perenne noia. Ma perché? Cosa c’era che non andava in lei? 

Perché non poteva essere come Vicky? O persino come Louis, tutto preso dalla Storia, un divoratore di libri sulle guerre dei Goblin, sulle conquiste dei Romani, sulle armi usate nella Seconda Guerra Mondiale e le tecniche mentali di Grindelwald. 

Avevano tutti uno scopo tranne lei. 

Ricacciando indietro le lacrime, si sistemò la gonna, cercò di piazzarsi un sorriso di circostanza sul volto e aprì la porta del bagno. 

“Oh, E.J.!” esclamò quando si trovò l’amico con i dread proprio di fronte. 

“Ciao, Nikky! Che bello rivederti. Ti ho scritto durante queste vacanze”. 

“Lo so, ma sono stata impegnata. Sai, famiglia grande tanti impegni…”. 

“Sì certo, ma…”. 

“Scusa, E.J., devo andare da mio fratello”. 

E senza aspettare una risposta, la ragazza inforcò il corridoio e se ne andò come un ladro che scappa con la refurtiva cercando di non attirare sospetti.


*** 


Eccomi qua!! Scusate il ritardo ma ieri sono stata un po’ presa. 

Comunque, spero vi sia piaciuto questo capitolo con i ragazzi che tornano ad Hogwarts e sembra l’inizio di un nuovo periodo. 

Ho visto che tutti avete espresso opinioni negative nei confronti della reazione di James, ma secondo me, come è spiegato anche in questo capitolo, sarebbe stato molto più strano che nessuno avesse sollevato la questione di Regulus. Certo, lui alla fine ha tradito Voldemort, ma non sempre basta per dimostrare l’innocenza di qualcuno. Alcuni traumi sono difficili da superare.


Fatemi sapere cosa ne pensate e - soprattutto - se le frasi scritte in francese sono giuste. Non è una lingua che studio quindi ho usato Google traduttore.


A presto!
C.

   
 
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