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Autore: Raven_Stark22_    25/01/2021    0 recensioni
[IWAOI]
"Quando vorresti dimenticare una persona ma non puoi proprio vivere senza di lei, la cosa peggiore che tu possa fare è continuare ad amarla."
"Ecco da chi hai preso i tuoi atteggiamenti da diva. Taylor Swift."
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Aoba Johsai, Hajime Iwaizumi, Issei Matsukawa, Takehiro Hanamaki, Tooru Oikawa
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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"Cosa sta facendo?" 
"Si sta...allenando...credo."
"Con il muro?"

Mi voltai nella direzione di quelle voci.
A parlare erano stati i due ragazzini del primo anno.

Il primo era il membro più alto della nostra squadra e aveva i capelli scuri pettinati dritti verso l'alto. La sua faccia sembrava essere fissata in un cipiglio per la maggior parte del tempo. Come lo aveva chiamato il mandarino della Karasuno, quella volta? 'Testa di rapa'?

Ma sì, quello che ce l'aveva a morte con Kageyama Tobio. Kindaichi Yūtarō.

Il secondo aveva un'espressione indifferente sul viso e i capelli scuri divisi in due lati nel mezzo. Era piuttosto magro e i suoi occhi erano di un marrone opaco che lo rendeva apatico e stanco allo stesso tempo.

Giocava come muro centrale.

Il suo nome? Ce l'avevo sulla punta della lingua. Con la lettera 'A'.
Akira, forse?

Kunimi Akira. Ecco come si chiamava.

Era stato difficile riconoscerli, visto che nessuno dei due indossava la tipica divisa del Seijoh.

L'uniforme maschile calzava loro a pennello: come la maggior parte delle scuole giapponesi, l'Aoba Johsai seguiva un codice di abbigliamento.

Nel nostro caso, l'uniforme consisteva in una camicia lilla abbinata ad un gilet color crema, una cravatta rosso scuro, un blazer bianco e dei pantaloni marrone chiaro con dettagli scuri.

"Qualche problema?" Domandai loro, un po' troppo sgarbato. 
Kindaichi indietreggió di un passo.

"Abbiamo solo sentito dei rumori e siamo venuti a controllare." Si giustificó Kunimi, alzando le braccia in segno di resa. "Non pensavamo che stessi palleggiando contro il muro."

Raccolsi il pallone da terra e gli diedi una leggera spinta per farlo roteare su un dito. 
"Siete venuti solo per questo?"

I due giocatori si scambiarono uno sguardo impaurito, come se stessero cercando di scegliere le parole con cura per non farmi arrabbbiare.

Certo, non ero conosciuto per la mia gentilezza, ma sapevo tenere la mia irascibilitá a freno.

La maggior parte delle volte.

Spesso, ecco.

Forse.

"Veramente...non avevamo idea che la palestra fosse aperta." Disse Kindaichi.

Scrollai le spalle. "Ho rubato le chiavi di riserva nella segreteria della scuola. Mi è già capitato, in precedenza, e non è stato affatto complicato."

"Ah. E tu...tu perché sei qui, Iwaizumi-san?" Fece Kunimi.

Lo guardai storto. 
Odiavo i suffissi onorifici del giapponese.

Uno dei quali in particolare.

"Mi stavo allenando." Risposi semplicemente.

Kindaichi aggrottó le sue grosse sopracciglia: "Sai bene che oggi non abbiamo allenamento."
Alzai le spalle. 
"Quindi?"

Kunimi sospiró e interruppe Kindaichi prima che potesse ribattere: "Non strafare, d'accordo?"

"Voi del primo anno non dovreste preoccuparvi dei vostri sempai."

Diedi loro le spalle e ripresi a palleggiare contro il muro della palestra. 
Era da tanto tempo che non provavo un esercizio così semplice.

"Beh? Volete unirvi a me?" Chiesi, notando con la coda dell'occhio che non si erano mossi di mezzo millimetro.

"Iwa-san..." La voce di Kunimi esitó un istante "Oikawa..."
"Non è affare mio." Lo bloccai, brusco.

Il ragazzo ammutolì. 
Fermai a metà il lancio e mi girai nuovamente verso di loro. 
Avevo aumentato la presa sulle dita che stringevano la palla.

"...o affare vostro." Continuai, senza rendermi conto che il mio tono di voce si era fatto quasi minaccioso.

Kindaichi deglutì impaurito. 
Cercai invano di cambiare espressione, ma risultai ancora più spaventoso.

Non volava una mosca.

"Scusaci. Ti lasciamo a-" 
"Non importa, Akira." Sospirai, afferrando la felpa bianca che avevo fatto cadere qualche metro più in là. 
"Mi è passata la voglia di giocare."

Tutto per colpa di Shittykawa.

Passai il pallone sotto un braccio e buttai la felpa sopra l'altra spalla. 
"Ci vediamo agli allenamenti." Aggiunsi, prima di superare il campo e incamminarmi verso gli spogliatoi.

Ogni passo riecheggiava dentro la palestra.

Kindaichi e Kunimi aspettarono che fossi scomparso dietro l'uscita, prima di muoversi.

'Tch. È sempre colpa sua.' Pensai, ormai arrivato allo spogliatoio.

Mi gettai di peso sulla panchina e iniziai a slacciarmi le scarpe.
'Sempre. Sempre colpa sua.'

Mi sfilai la maglietta celeste e ne indossai una che non fosse sudata. 
Infilai i vestiti dell'allenamento nel borsone da pallavolo e lo sistemai a tracolla.

'Torou Oikawa. È sempre, in qualche modo, colpa tua.'

In preda alla rabbia, per poco non tirai un calcio all'armadietto di Kentaro. 
Realizzai solo dopo quale rischio avrei potuto correre.

"Tsk." Mormorai, aggirando la panchina e uscendo definitivamente dalla palestra dell'Aoba Johsai.

Fuori dall'edificio, il sole stava quasi per tramontare e il cielo sfumava nei colori dell'autunno. 
Non c'era l'ombra di una sola nuvola.

La luce rosata si rifletteva sulle vetrate dei palazzi di Miyagi. 
Inspirai quell'aria fresca e frugai nelle tasche del giubbotto.

Dopo qualche minuto impiegato a liberare il filo annodato, potei finalmente infilare le cuffiette nelle orecchie e isolarmi dal resto del mondo.

Feci partire una playlist scelta a caso e mi allontanai il più velocemente possibile dal territorio scolastico.

'I wish I found some better sounds no one's ever heard
I wish I had a better voice that sang some better words'

Per qualche motivo, persino i Twenty One Pilots mi ricordarono quell'idiota di Oikawa.

'I wish I found some chords in an order that is new
I wish I didn't have to rhyme every time I sang
I was told when I get older all my fears would shrink
But now I'm insecure and I care what people think'

'Bah.'
Come se mi importasse veramente quello che passava per la testa del capitano del Seijoh.

'My name's Blurryface and I care what you think
My name's Blurryface and I care what you think'

'Se solo non avessimo litigato...'
Scossi la testa. 
Dovevo contenermi. 
Non ero certo uno che si imputava su sottigliezze del genere.

'Wish we could turn back time, to the good old days...'

'Non pensarci.' Ordinai a me stesso. 'Solo...non pensarci.'
Eppure quella frase mi rimbombava nella testa.

'When our momma sang us to sleep but now we're stressed out'

'Non essere ridicolo, Hajime!' 
Mancó poco che il mio subconscio parlasse a voce alta. 
'Non puoi aver pensato una cosa del genere!'

'Ohh, wish we could turn back time, 
Ohh, to the good old days'

Mi ritrovai involontariamente a correre. 
A correre, dopo un faticoso allenamento. 
Neanche stessi scappando da qualcosa.

'When our momma sang us to sleep but now we're stressed out'

O da qualcuno.

'We're stressed out'

In pochi minuti avevo già il fiatone e fui costretto a rallentare.
Fermai la musica e tirai fuori dal borsone una bottiglietta d'acqua.

A dire il vero, non ero nemmeno così arrabbiato con Oikawa e ne ero consapevole.
Perché in fondo sentivo che, almeno in parte, la colpa era mia.

Del mio carattere.

Del fatto che fossi un codardo.

Strinsi i pugni con tanta forza che le nocche cominciarono a diventare bianche.

'Se soltanto...se soltanto fossi stato onesto...'

Mi tornò in mente la conversazione di quel giorno.

×××××


"Oooh, whoo-oh, It's a cruuuuel suuummeeer, With yooou."
"Oi, Shittykawa."
Il ragazzo si era girato, sentendo il suo nome. Indossava un'assurda maglia del pigiama grigia con pois bianchi sopra i pantaloni da ginnastica. 
"O forse dovrei dire 'palla da discoteca'. Mi spieghi dove cazzo hai trovato una maglietta del genere?"

Oikawa aveva scrollato le spalle. 
"Geloso?" 
"Direi di no. Ti darei volentieri fuoco insieme alla maglia."

Torou aveva incrociato le braccia e messo su un finto broncio: "Sei crudele, Chibi-chan."
Per tutta risposta, avevo alzato un sopracciglio. "Chibi-...che?"

"-Chan." Aveva completato il capitano.

"Sei più stupido del solito, Trashikawa? Non mi chiamavi 'Iwa-chan.'?"

Torou aveva sorriso a trentadue denti. 
"Come preferisci tu. 'Iwa-chan' sia."
"No, io-" Lo avevo squadrato attentamente, cercando di capire se mi stesse prendendo in giro di proposito. "Ti si è fuso anche l'ultimo neurone?"

Oikawa si era messo a ridacchiare e la sua risata mi aveva urtato pesantemente il sistema nervoso.

"Me l'ha regalata mio nipote." Aveva spiegato il ragazzo, stringendosi nelle spalle. "Ho deciso di usarla come pigiama."

"Peccato per il codice d'abbigliamento della scuola, veramente." Avevo commentato io.

"Nah, il lilla risalta i miei splendidi occhi."

"Brillanti quanto il tuo ego." Avevo ribattuto.

Oikawa si era sporto dalla sedia della scrivania e aveva puntato le iridi castane nelle mie.

Quella vicinanza mi aveva inquietato così tanto che mi ero ritrovato ad indietreggiare con la schiena.

"Non mordo mica, Iwa-chan."
"No, ma fai decisamente paura."

Torou si era alzato per poi sedersi sul letto di camera sua, accanto a me, e farsi improvvisamente serio. "Ti ho chiamato per parlarti di una cosa importante."

Per un attimo avevo temuto il peggio.

"Shittyka-" 
"Mi trasferisco."

"Tu..." non mi sarei aspettato un'affermazione simile così, di punto in bianco. "Tu... cosa?"

"Finito il Liceo. Mia madre vuole tornare a San Juan."

Avevo probabilmente un'espressione così sconvolta che Oikawa si era deciso a continuare in fretta: "Sì, insomma... dopo il divorzio dei miei, ha deciso di riprendere la sua vecchia vita."

Avevo trovato la forza di reagire: "FRENA, frena un secondo. San Juan?! Ma è..."

"In Argentina, Iwa-chan. Pensavo che te la cavassi in geografia."

"Tua madre intende..." Non mi ero reso conto di quante pause avessi fatto in così pochi secondi "San... San Juan?!"

Torou aveva sbuffato e si era sistemato con le gambe incrociate. 
"Vuole dimenticare quell'idiota di mio padre. E, visto che i giudici mi hanno affidato a lei, non mi restano alternative."

"Tu non puoi... la pallavolo... pensavo fosse tutto per te."

Oikawa aveva scrollato le spalle con indifferenza: "Siamo al terzo anno, no? E il Seijoh non si è classificato per le nazionali. Ci saremmo comunque iscritti in College diversi e probabilmente neanche della stessa città. Non fa poi tutta questa differenza."

"Città diverse!" Ero balzato in piedi di colpo e mi ero posizionato di fronte al ragazzo "Non continenti."

"Suvvia, Iwa-chan!" Si era atteggiato con il suo solito fare da diva del cinema "Quando tornavo in Argentina con i miei per le vacanze di Natale, non ti passava nemmeno per la testa di telefonare!"

"Vacanze di Natale" Avevo sottolineato, rabbuiandomi ancora di più "Ma ora ti stai trasferendo lì! Quando da noi saranno le cinque del mattino, da te saranno le cinque di sera!"

Oikawa aveva inclinato un angolo della bocca. "C'è ancora tempo prima di quest'estate. Non mi dire che stai già sentendo la mia mancanza, Iwa-chan."

"Mancarmi? Tu?!" 
A giudicare dall'espressione che era comparsa sul volto di Oikawa, non ero sembrato molto convinto.

"Chi di altrettanto meraviglioso, altimenti?" Aveva chiesto lui.

Si era rivelato praticamente impossibile resistere all'istinto di picchiarlo.

"Baka-kawa, giuro che..."
"Siamo amici d'infanzia, è normale rattristarsi per una notizia simile. Non devi nascondere ciò che prov-"

Il moro non era riuscito a terminare la frase perché mi ero fiondato su di lui, afferrandogli il colletto con entrambe le mani.

Il capitano aveva sussultato e abbassato lo sguardo sulle mie dita, aspettando che gli tirassi un pugno o lo minacciassi in qualche modo.

Ma non era accaduto nulla.

Per qualche strana ragione, non ero riuscito a muovere un muscolo.

Mi ero limitato a fissarlo, il suo naso a pochi centimetri dal mio.

"Beh?" Aveva rotto il silenzio Oikawa, alzando il mento per guardarmi negli occhi. "Come la mettiamo?"

Per un istante di troppo, avevo esitato. 
E, per un istante di troppo, i miei occhi si erano fermati in quelli di Oikawa.

Le iridi splendenti del ragazzo si erano incastonate nelle mie e avevo impiegato fatica a distogliere lo sguardo.

Avevano quasi dei riflessi...dorati?

Perché li avevo notati solo in quel momento?

La mia gola si era fatta improvvisamente secca. 
Mi era venuta sete così velocemente?

No, c'era sotto qualcos'altro, senza dubbio. 
Solo che era stato difficile concentrarsi, con il naso di Oikawa che sfiorava il mio.

"Beh? Come la mettiamo?" Aveva sussurrato Torou, senza scomporsi di un millimetro.

La presa sul colletto era diminuita.

Era iniziato l'autunno, eppure avevo avvertito un caldo persistente. 
Avrei dovuto assolutamente chiedere all'idiota di aprire la finestra. 
E, nel mentre, gli avrei anche potuto dare una leggera spinta verso l'esterno.

"Iwa-chan, così mi stai facendo male!" Si era messo a piagnucolare, afferrandomi le mani per allontananarle.

Quel contatto improvviso aveva aumentato incomprensibilmente la mia temperatura corporea.

E ad Oikawa non era certo sfuggito.

"Stai forse arrossendo, Iwa-chan?"

Con un rapido scatto avevo ristabilito la distanza precedente.

"Non farti strane illusioni, imbecille." Avevo borbottato, cercando di nascondere l'imbarazzo.

Imbarazzo. Imbarazzo?!

"Eheheh, non era mia intenzione." Oikawa si era sporto in avanti e alzato dal letto.

Avevo sentito le orecchie andare a fuoco per il caldo ed ero stato costretto a inclinare la testa a costo di non fissare il ragazzo negli occhi.

Torou però non si era fatto problemi, posizionandosi di fronte a me e obbligandomi a finire schiacciato contro la scrivania.

"Shittykawa, che cazzo vorresti-" 
"Mi mancherai, il prossimo anno. Sono serio, Iwa-chan."

Ero rimasto imbambolato a fissarlo.

Cosa si aspettava di sentire?

Ci conoscevamo da una vita. 
Eravamo migliori amici da una vita.

E ci saremmo separati nel giro di qualche mese. 
Non era difficile da accettare, eppure una parte di me non ci riusciva ancora.

Avevo bisogno di tempo.

"Iwa-chan..." Lo sguardo di Oikawa si era appoggiato sulle mie labbra.

E io mi ero sentito avvampare.

Lo avevo spinto brutalmente lontano, dirigendomi con passo deciso verso la porta.

Oikawa era rimasto immobile.

Arrivato sull'uscio, mi ero fermato dandogli sempre le spalle. 
"Scusa. Ma io... io non..."

'Io non voglio perderti.' Avrei voluto dire.

Perché era tanto impossibile dare voce a quel pensiero?

"La verità è che..."

'Qual è la verità, Iwazumi?' Mi ero chiesto.

"Mi... mi dispiace." Era stata l'unica cosa che ero stato capace di formulare. "Ci vediamo, Oikawa."

Non avevo aggiunto altro, iniziando a scendere le scale del secondo piano.

Non avevo avuto il fegato di guardarlo in faccia.

×××××

Ero così sovrappensiero da non accorgermi di aver già raggiunto la porta di casa.

Il cielo si era fatto più scuro e il sole stava scomparendo definitivamente dietro i tetti.

Il mio appartamento si trovava all'interno di un Danchi, un grande gruppo di condomini di stile e design particolari. File su file di edifici identici numerati che si estendono in lontananza.
In pratica, degli imponenti colossi di cemento con disseminate porte e finestre sui muri.

Non vivevo certo nel lusso, ma non potevo neanche lamentarmi. 
La mia famiglia era felice e non mi faceva mancare mai nulla.

La zona non era troppo frequentata, ma la fermata dell'autobus distava dieci minuti da casa mia mentre la stazione una ventina, circa.

Qualche isolato più in là si incontrava un parco spesso affollato, dove avevo incontrato Oikawa per la prima volta. 
Vecchi ricordi.

Suonai il campanello del numero 22 e attesi impaziente che mia madre mi aprisse.

"Iwa-chaaan."

Quella voce.

No, non era possibile.

'Non di nuovo. Ti prego, non di nuovo' Pensai.

"Heeey! Iwa-chaaan!" 
'Perfavore, no. Perfavore.'

"Iwa-chaaan! Non ignorarmi!" 
Mi girai arrabbiato verso quelle suppliche fastidiose.
"Proprio come temevo." Sospirai sconfortato.

Oikawa incroció le braccia e mi fece la linguaccia. 
Un atteggiamento tipicamente maturo.

Il capitano del Seijoh se ne stava in posa vicino al marciapiede, appoggiato con un braccio contro il muro dell'abitazione.

I ciuffi castano chiaro erano pettinati in modo ordinato e sospettai che il ragazzo se li fosse appena lavati. 
Indossava la camicia della divisa scolastica e teneva la giacca bianca aperta, lasciando intravedere la cravatta bordeaux. 
In confronto a lui, sembravo il soppravvissuto ad un'Apocalisse zombie.

"Hajime, sei tu?" Chiese mia madre al citofono. Alzai gli occhi al cielo e avvicinai la bocca al microfono: "Salgo tra un minuto, mamma."

"Vuoi dedicarmi così poco tempo?" Fece Oikawa, offeso.

"Un minuto é più che sufficiente per strangolarti." 
"Smettila di essere così cattivo, Iwa-chan!"

"Cosa vuoi? Nel caso non l'avessi notato, non vedo l'ora di buttarmi sotto la doccia."
Il ragazzo arrossì impercettibilmente. 
"Mi hai evitato. Per una settimana."

"Ti sbagli."
"Non fai altro che evitare il mio sguardo."
"Non è vero."
"Lo stai facendo anche adesso!"

Scrollai le spalle: "Quindi?" 
"Lo hai ammesso!" Esclamó come un bambino euforico, puntandomi l'indice contro il petto.

"Non avevi una ragazza disposta a perdere tempo in questo modo?" 
"Uh, questa fa male." Oikawa finse di avere un attacco di cuore. 
"Non ricordo." Mentii. 
"Ci siamo lasciati un anno fa."
"Umh, no, è stata lei a scaricarti."
"Vedi che te lo ricordi!" Piagnucoló.

"Oh, andiamo. Ti vanno dietro metà delle ragazze della nostra scuola. Esci con una di loro, invece di dare fastidio a me." Cercai di tagliare corto.

"Iwa-chan." Oikawa interruppe la sua sceneggiata e si incupì "Non puoi continuare così, te ne rendi conto?"

Strinsi il manico del borsone e respirai lentamente. 
Quell'idiota mi stava mettendo più pressione del necessario. 
"Così, come?"

"Lo sai benissimo."
Per poco non mi feci sangue alla mano per quanto stavo premendo le unghie contro la pelle. 
"Non ti riguarda."
"Mi riguarda eccome."

Ruotai la testa verso la porta d'ingresso. "Lasciami in pace."
"Non posso."
"Allora spiegami come posso fare per liberarmi di te!" 
"Dire la verità."

L'aveva fatta semplice, lui.

"Ammettere perché non vuoi che mi trasferisca." Spiegó Oikawa. 
"Tch!" Sorrisi beffardo "Cambierebbe qualcosa?"

Oikawa alzó un sopracciglio, confuso. Mollai il borsone sui gradini e mi avvicinai minacciso al povero ragazzo: "Tanto partiresti comunque, no?! Farebbe differenza se ti chiedessi di restare?!"

L'ultima frase mi era sfuggita di bocca senza che riuscissi a frenarmi.

Mi portai una mano sulle labbra, cosa che peggioró ulteriormente la situazione.

Ora me lo rinfaccerá fino all'estate.

Invece, Torou mostrò un debole sorriso: "I sentimentalismi non ti si addicono, Iwa-chan."

Scossi la testa, divertito: "Stai zitto, maledetto."

"Vuoi ancora che ti lasci in pace?" 
"Decisamente." Scherzai.

"Hajime? Sei ancora lì, tesoro?" Fece la voce di mia madre al citofono. 
"Devo proprio andare, Trashikawa." Annunciai.

Okawa mi fece l'occhiolino e si girò di spalle: "Non sarà così facile liberarsi di me."
"Purtroppo." Constatai,

"Spietato come sempre, Iwa-chan." Aggiunse Oikawa, allontanandosi saltellando e salutandomi con la mano.

Abbassai lo sguardo per non dargli la soddisfazione di aver sorriso e aprii finalmente il portone d'ingresso.

Trovai mia madre seduta sul divano, completamente presa da un programma televisivo girato negli anni '70.

"Ancora su Happy Days, mamma?" Ridacchiai.
Lei si accorse della mia presenza e spense subito il televisore.

Mia madre era una donna premurosa e fin troppo gentile. Non amava essere al centro dell'attenzione e si vestiva sempre con colori sobri. Portava i capelli scuri sciolti sulle spalle e una linea di matita le contornava gli occhi celesti. Indossava una montatura di occhiali dorati che le ricadeva spesso sulla punta del naso. 
"Bentornato."

"Vado a farmi una doccia e ti aiuto con la cena."
Mia madre sorrise riconoscente. 
"Dove sei stato?" 
"Ad allenarmi."

La sua felicità si trasformò in stupore: "Ma..."
"Mi sono allenato da solo." Sentenziai. 
"Oh."
Non mi chiese i dettagli. 
Giocavo a pallavolo da quando ne avevo memoria, quindi non era certo una novità che rientrassi tardi a causa di un allenamento.

Riprese il telecomando in mano e accese nuovamente la televisione. 
"Ricordati che lunedì pomeriggio hai quell'impegno."

Altro groppo alla gola. 
"Lo so." Sussurrai, con una voce rauca che non mi apparteneva.

"Bene." Mi sorrise, dolcemente. "Stavi parlando con qualcuno, qui fuori?" 
Sentii formarsi immediatamente un groppo alla gola.

"Con nessuno." Mentii "Mi sono solo reso conto di aver perso...emh... la borraccia per strada e, beh, sono tornato indietro a recuperarla."
Mia madre non parve bersi la bugia.

"Sei sicuro? Perché ti ho sentito chiaramente parlare e-" 
"Con nessuno, mamma!" Esclamai esasperato. 
Perché mi stavo scaldando così tanto?

Lei continuó ad insistere: "Tesoro... se si tratta del tuo amico non c'è bisogno che-" 
"Vado a farmi la doccia." La interruppi, sorpassandola.

Sentii i suoi occhi puntati contro la schiena che mi seguivano lungo tutto il corridoio.

Quella donna faceva più ansia di un film horror. Oppure l'horror lo impersonava.

Chiusi velocemente la porta del bagno e premetti le spalle contro il legno. 
Solo allora riuscii veramente a respirare fino in fondo.

Maledetto Shittyhikawa
Cosa mi stava facendo?

   
 
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