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Autore: E niente    26/01/2021    0 recensioni
La pelle non dovrebbe ragionare, perché se ragiona lo fa in ritardo. D'altronde, non è quello il suo mestiere. Il suo terreno fertile dovrebbe essere l'impudenza, l'avventura, l'istinto - e scusate, quando scrivo in questa categoria non è mai un buon segno. Soprattutto quando è "introspettivo" poi, figuriamoci...
Che, hai scambiato questo profilo per il tuo diario?
Sì.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Camicia e cravatta.

È quello che vorrei indossare quando ci incontreremo di nuovo. Quando mi urterai - come sempre hai fatto, non hai fatto altro che urtarmi da quando ti ho conosciuto - mi volterò per chiedere scusa - perché è educazione - e vedrò la tua faccia.
Non riuscirò a sorridere, scusa in anticipo.

Con te il mondo è sempre troppo rumoroso. Raramente riesco a prendere l'onda al momento giusto - al mare, con i cavalloni, rovescio la testa all'indietro perché se sei fortunato, se hai un buon tempismo, sentirai tutte le bollicine attraversarti dalla pancia fino al viso. È come surfare al contrario, ed è difficile, ci provo sempre - esattamente da quando avevo otto anni, e ho intenzione di farlo anche a settanta.
Mi sforzerò sempre di prendere le bollicine. Che poi gli altri crescono tutti prima, le bollicine le hanno già prese e quando vanno al mare è per abbronzarsi. Per me non è così semplice. Io non posso stare al sole, finisce che mi ricopro di macchie - e bisogna stare sotto l'ombrellone con discrezione, che se non stai attento i piedi rimangono al sole e ti scotti e faranno male anche le scarpe aperte, poi.
Non vedo il dermatologo da un po', ora che ci penso.

Le hai mai prese le bollicine, tu?
Le hai prese un'infinità di volte. Sei costantemente ricoperto di bollicine. Quando mi urtavi un po' mi faceva piacere - e un po' mi distruggevi. Sentivo la disperazione più nera e avevo paura. Tu non hai mai spiegato il perché di quello che facevi, e l'unica cosa che capivo è che avevo un bersaglio sulla schiena e tu e i tuoi amici giocavate a freccette.
Non volevo un drink alcolico, che bevi e le guance si irrigidiscono. Non volevo il limone, non volevo la fragola.

Ti ho scacciato come si fa con la peste - via, sciò! - e ti vedevo aggirarti distante e allungare il collo ogni tanto - e io interrompevo la canzone, e mi rifiutavo di ripartire se c'eri tu. Aspettavo che te ne andassi, poi riprendevo. E pazienza se gli altri notavano qualcosa. Avevo notato io un'infinità di cose su di loro, che non mi importava più di sembrare un'idiota.
Che poi avevamo tutti dei problemi, c'era solo chi non lo dava a vedere e chi coinvolgeva troppo gli altri. Io penso che nessuno ha il diritto di assorbirmi nel suo buco nero se non ne ho voglia, ma tant'è che mi sono dovuta districare in mezzo a un sacco di tiri mancini.
Ci ritrovavamo a criticare i pazzi dei manicomi - io ridevo sotto i baffi, perché era paradossale.
Eravamo tutti matti da legare.
La giungla, l'ho sempre trovata affascinante - ma un conto è studiarla da ricercatore appassionato e vaccinato. Un conto è il superstite di un atterraggio di fortuna che si trova assaltato da gorilla e scimpanzè mentre cerca da mangiare - e poi alla fine le peggiori sono sempre le zanzare, si sa.

Troppi rumori intorno.
Io penso, se non ci fosse stato nessuno a creare quel bersaglio e appendermelo alla schiena, se non ci fosse stata nessuna fermata, solo i tuoi capelli crespi e le mie mani che non hanno sfiorato niente di più bello, mi sarei presa le bollicine.
Le avrei sfiorate e poi mi sarei messa a ridere - che è sempre quello che ho voluto fare con te. Scusa per tutte le volte che non ho riso - ma c'erano quei tuoi amici, quelli che non potevano vedere nessuno spiraglio della mia gioia, altrimenti avrebbero preso un martelletto per farla in pezzi.

Sono stata sempre zitta, per le cose più stupide. Non mi hanno mai multata per gli eccessi di prudenza, continuo a subirne le conseguenze.
Mi sei rimasto indigesto, ma non per la parte brutta - il tuo peccato non vale una fava, ed è stupido allontanarti solo perché sei uno dei tanti pazzi - meglio un pazzo conclamato che uno in incognito, no?
La parte bella, quella è il problema, non l'ho ancora mandata giù. Questa pelle sensibile, che con niente si scatena una reazione allergica - finisce che devo allontanare tutti i possibili allergeni - con te non reagisce. Tu potresti fare cose che altri non possono, ne hai il permesso biologico, sei dermatologicamente testato.
Ci starei con tutte le scarpe.

Per questo mi sforzo di contare, ma la statistica non è il mio forte - quando sommo le probabilità non arrivo mai a 100 e mi perdo volentieri a immaginare la pratica, che non ti dà nessun calcolo da fare.
Che poi alla fine è sempre tutta una questione di coincidenze - decisioni simili, una città e una via soltanto da percorrere per lungo, un treno di otto ore ma vagoni diversi, che ci si scontra quando si sale e quando si scende; il periodo di esami e quella domenica che si decide di andare al parco, a sedersi sull'erba finché non cala il sole; le amicizie in comune e i saluti da lontano, di striscio, che poi la prossima volta ti saluto meglio.
Io quella prossima volta intanto la aspetto, che non si sa mai.

Per quel giorno spero che il mondo faccia silenzio.

Farò del mio meglio per prendere le bollicine.








   
 
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