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Autore: FreDrachen    27/01/2021    3 recensioni
Luca aveva davvero tutto nella vita. Era una promessa del calcio, popolare tra i suoi coetanei tanto da essere invitato a ogni festa, ed era oggetto di attenzione di ogni ragazza e non.
Insomma cosa si poteva volere dalla vita quando si aveva tutto?
Basta, però un semplice attimo, un incidente lo costringerà a una sedia a rotelle, e per questo sarà abbandonato dalle persone che un tempo lo frequentavano e veneravano quasi come un Dio.
Con la vita stravolta si chiude in se stesso e si rifiuterà di frequentare la scuola. Sua madre, esasperata da questa situazione, riesce a ottenere la possibilità, dalla scuola che Luca frequenta, di lezioni pomeridiane con un tutor che avrà lo scopo di fargli recuperare il programma perso.
E chi meglio di uno dell'ultimo anno come lui può riuscire nell'impresa?
Peccato che Luca sia insofferente agli intelligentoni e non sembra affatto intenzionato a cedere.
Peccato che Akira non sia affatto intenzionato ad arrendersi di fronte al suo carattere difficile.
Due ragazzi diversi ma destinati ad essere trascinati dall'effetto farfalla che avrà il potere di cambiare per sempre le loro vite.
[Storia presente anche su Wattpad, nickname FreDrachen]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Prologo



Si dice che ci si rende conto di quello che si ha avuto solo quando si perde.

Sembra una frase fatta, e forse lo è, ma è esattamente ciò che la vita mi ha insegnato.

Da tutto puoi diventare niente in pochissimo tempo.

Dal piú amato puoi diventare il peggiore dei reietti.

E solo in quel momento capisci quanta ipocrisia ti circonda, con quante maschere hai avuto a che fare per tutta la vita.

O peggio, ti rendi consapevole di quante ne hai indossate te.

Forse è il karma che mi ha giocato un brutto tiro.

Voleva che capissi come ci si sente a essere nulla.

Basta solo un attimo per perdere tutto, un semplice banalissimo attimo, anche frazione di millisecondi.

Chi ti dice che da lì puoi alzarti e riprenderti bè sta dicendo a parer mio una serie di cazzate.

O almeno questo credevo, fin quando non è entrato con l'energia di un tifone nella mia vita.

Con il suo modo di fare ha sferzato via ogni senso l'impotenza e con la sua tenacia mi ha spronato a combattere.

Si dice che un battito di una farfalla può scatenare un uragano dall'altra parte del mondo.

Ma mi sa che l'uragano l'ha scatenato Lui nel mio cuore.


 

Capitolo 1

Non era passato molto da quella fatidica notte che ancora a distanza di mesi faticavo a ricordare.

Completamente vittima della noia piú assoluta ero seduto in macchina tamburellando contro la portiera in attesa che mia madre arrivasse, dopo essere tornata indietro a fare chissà cosa.

Per carità non ero per nulla impaziente di andare dove mia madre si era impuntata a portarmi, ma a stare seduto scomodo sul sedile dell'utilitaria mezza distrutta preferivo il mio letto con in mano il joystick.

Non ero mai stato partito di videogiochi ma negli ultimi tempi avevo conosciuto questo lato nerd che non mi dispiaceva.

Almeno combattevo le ore e ore passate seduto a letto. Con entrambe le gambe amputate appena sotto il ginocchio, perse durante l'incidente, non potevo fare chissà cosa.

Mi era stato detto, non che ci volesse un genio, di non avere speranza a tornare a camminare se non facendo ricorso a protesi che di certo la mia famiglia non mi avrebbe mai comprato, visto che mi reputavano l'unica causa della mia condizione.

Per me che potevo avere un brillante futuro come calciatore era stato un vero e proprio shock. Per questo ero finito col cadere vittima di quello che i dottori avevano diagnosticato come una depressione post trauma.

Non è che ci volesse un camice addosso per capirlo. Volevo vedere loro nella mia situazione. Ciò che mi faceva piú incazzare, però, erano le loro frasi fatte da manuale sul non abbattersi e cominciare a vedere la vita con un'altra prospettiva.

Ma prospettiva un cazzo! La mia vita ormai era rovinata ed ero costretto a fare handicappato, perdon, il disabile, come sottolineavano i dottori e mia madre, per il resto dei miei sacrosanti giorni.

E che cazzo avrei potuto fare costretto a una sedia a rotelle?

Semplice, un banalissimo cazzo.

Avevo abbandonato gli studi non presentandomi piú a scuola, in fondo a che mi serviva un diploma se poi non avrei fatto un bel niente, e mi ero dato al cazzeggiare sui social, ingelosito dai miei amici che continuavano con le loro vite felici e soprattutto a camminare, oltre che scoprire i fantomatici videogiochi. I primi li avevo scovati in un cassetto dimenticato da tutto e da tutti, forse regali di qualcuno mai calcolati di striscio fino a quel momento, gli altri invece li avevo ordinati su internet usando la carta di credito dei miei, un modo infantile per punirli per avermi trattato, soprattutto mio padre, negli ultimi tempi peggio dell'anticristo.

Mi ero rinchiuso praticamente in camera e ne uscivo di malavoglia solo per mangiare e per i soliti bisogni umani che non potevo più svolgere da solo, facendo crescere sempre di piú la rabbia che provavo nei confronti di quel fottuto karma.

Finché qualche giorno fa mia madre non aveva detto basta. Era entrata con decisione in camera mia accecandomi con la luce che penetrava dalla finestra posta esattamente di fronte a camera mia e che aveva appena spalancato, maledetta lei.

Era novembre, voleva forse farmi morire di freddo? Già la mia vita non aveva senso perennemente steso a letto, ora mi toccava morire assiderato?

«Cosí non si può andare avanti»aveva annunciato repentoria.

Avevo fatto finta di non considerarla cercando di farle capire con lo sguardo che doveva lasciarmi in pace nella mia autocommiserazione, l'unica cosa che mi era rimasta che potevo fare, videogiochi a parte. A proposito quale livello mi avrebbe aspettato oggi?

«Vuoi forse buttare all'aria la tua vita?»mi apostrofò cercando di scrollarmi.

Dovevo aspettarmi che il mio semplice ignorare non l'avrebbe dissuasa dal rompermi le palle. Il suo insistere lo avevo ereditato da lei, quindi sapevo che la discussione sarebbe andata avanti per le lunghe. Anche se non poteva scegliere parole migliori per farmi incazzare.

«Quale vita? Quella di uno zoppo a letto?»sibilai tra i denti.

Prima avevo una vita. Uno stuolo di amici che non desiderava altro che poter stare anche solo qualche secondo in mia presenza, e che pendeva dalla mie labbra. E un contratto con una società di serie A calcistica che mi avrebbe portato a giocare negli stadi più rinomati. Altro che Cristiano Ronaldo o Lionel Messi, sarei stato io la stella piú fulgida del calcio mondiale.

Ma il karma doveva essere senz'altro invidioso della perfezione della mia vita perchè in un lampo mi ha tolto tutto.

E purtroppo non ricordavo quegli attimi in cui un'auto mi investe strappandomi tutto, dalle mie gambe ai miei sogni ormai infranti.

«Non è la fine del mondo Luca. Se ti impegnerai potrai trovare un lavoro degno di te anche se sei in questa...condizione».

Dice che non è la fine del mondo? Non mi pare che ci sia seduta lei sulla sedia a rotelle. È facile parlare quando si può andare e fare qualsiasi cosa senza avere la necessità che qualcuno ti aiuti una volta si e l'altra pure. Superare un microgradino ormai era diventato impossibile. Che futuro avrei avuto essere dipendente costantemente dagli altri? Se proprio dovevo esserlo era meglio farlo da mantenuto.

E poi avevo capito che mia madre si imbarazzava del mio stato, non era mai stata capace a celare i suoi sentimenti. Mio padre idem e non appena era successa la catastrofe si era gettato a capofitto nel lavoro e le poche volte che lo vedevo mi fissava come un caso umano e indegno del suo interesse.

Borbottai a mezza voce con stizza un "Lasciami un pace" ma mia madre era davvero dura di comprendonio.

E fu in quel momento che finalmente mi rivelò la sua idea geniale.

Ok, era davvero pessima. Ma davvero credeva che avrei accettato passivamente? Storpio si ma stupido no.

Ma dopo una lunga ed estenuante trattativa eravamo arrivati al punto che si mi sarei piegato alla sua idea ma alle mie condizioni, in primis che se non sarebbe servito a nulla mi avrebbe lasciato in pace a vita.

Con uno sbuffo fissai fuori dal finestrino e finalmente la vidi uscire dalla farmacia con una busta in mano. O erano le medicine che dovevo prendere per evitare i sintomi da arto fantasma oppure erano quei sedativi che si prendeva prima di andare a letto. Dal mio incidente sembrava soffrire d'insonnia, come fosse lei ad essere stata asfaltata.

«Scusa se ti ho fatto aspettare troppo, ma c'era una coda abbastanza lunga»disse cercando di scusarci per avermi fatto aspettare...mezz'ora! Mi limitai a uno sbuffo per paura di aprire bocca e pronunciare qualcosa di cui mi sarei pentito. Pensavo che mia madre fosse troppo assillante ma non per questo meritava da parte mia degli insulti, anche se erano le frasi con più senso compiuto che si aggiravano maggiormente nella mia testa.

Mise in moto e s'infilò nel traffico pomeridiano, beccandosi qualche maledizione dietro dagli altri conducenti. Era sempre stata un pericolo pubblico al volante e dopo il mio incidente si era fatta piú ansiosa raddoppiando la sua pericolosità. Ma essendo uno di poche pretese, speravo solo di arrivare a destinazione sano e salvo.

Per fortuna la nostra meta non era distante dalla nostra posizione e arrivammo lí in meno di dieci minuti.
Parcheggiò l'auto in un posto libero che la mattina avremmo trovato pieno delle auto degli insegnanti e degli studenti maggiorenni. Se le cose fossero andate diversamente ci sarebbe stata anche la mia, ma purtroppo ciò non sarebbe mai successo.

La scuola che avevo cominciato a frequentare fin dalla prima superiore era un edificio sull'azzurro e bianco a base irregolare e più alta di altre che avevo avuto modo di vedere da fuori, in fondo faceva parte di un plesso che contava quattro palazzoni ed innumerevoli indirizzi di tipo tecnico, e piena di finestre.

L'entrata era leggermente infossata e si apriva su un cortiletto coperto dalla presenza al piano superiore dell'aula magna, ed era proprio di fronte ad una delle entrate dell'ospedale. Un pessimo scherzo del destino a guardarlo adesso.

Mia madre scese dalla macchina per dirigersi spedita verso il bagagliaio da cui estrasse il mio unico mezzo che mi permetteva di "muovermi" anche se a modo suo. Quella sedia a rotelle era la sola cosa che i miei mi avevano comprato quando ancora ero in ospedale come unico mezzo che mi avrebbe impedito di fare il vegetale a vita. I primi tempi l'avevo odiata, mi ricordava ciò che ero diventato e tutto ciò che avevo perso.

Ma col senno in poi l'avevo accettata come compagna di disavventure...poco loquace ma almeno m'impediva di fare il completo stoccafisso sdraiato sul letto.

Mia madre l'aprì e la posizionó vicino alla porta dopo che l'ebbi aperta. Come avevo già provato molte volte dal letto mi diedi la spinta con le braccia e con tutta la mia forza issai la parte ormai inutile del mio corpo sulla sedia. Per fortuna mia madre stavolta aveva messo il freno, non come la prima volta che avevo fatto esercizio. Era stata la prima vera volta che avevo capito di essere diventato debole ed inerme. A terra dopo la rovinosa caduta ero stato preso oltre che da un certo imbarazzo anche da una rabbia indicibile. Le gambe erano un peso morto che non mi reggevano più dopo che mi erano state amputate fino al punto transtibiale.
Proprio loro che erano state il mezzo principale per raggiungere il mio obiettivo mi avevano tradito. No, a tradirle ero stato io. Se solo mi fossi scansato in tempo sarei...

«Cosa fai lì impalato Luca? Forza entriamo»mi riprese mia madre incamminandosi. Preso dai miei cupi pensieri non mi ero neanche accorto che aveva richiuso la portiera e messo l'assicura.

Alzai lo sguardo verso la facciata della scuola e mi parve quasi di vederla per la prima volta. Sembrava quasi un luogo estraneo, ma forse ero io ad essere cambiato nel profondo e a non vederlo più come in tempo.

Cominciai a darmi una spinta girando l'anello corrimano ma subito riscontrai i primi problemi. Il marciapiede aveva un piccolo dislivello, insignificate per chi poteva stare in piedi, ma non per me. Cercai di muovermi con l'obiettivo di superarlo ma ciò che ottenni fu una quasi rotta di collisione con il marciapiede.

Mia madre ebbe la brillante idea di tornare sui propri passi e aiutarmi spingendomi da dietro. Odiavo dover essere costretto a dipendere dagli altri.

Superammo il marciapiede, provvisto anche di un numero spropositato di buche, i due scalini che portavano al cortiletto e infine la porta d'ingresso, anch'essa caratterizzata da un malefico dislivello.

Se avessi deciso di darmela a gambe sarebbe stato un suicidio...ok, questa battuta triste potevo anche risparmiarmela.

Una volta dentro fui assalito da una sorta di nostalgia che passó dopo neanche un nanosecondo. Non ero mai stato uno che amava andare a scuola e adesso non mi sembrava il momento di farmela piacere.
Avevo considerato sempre lo studio come un favore da fare ai miei che mi volevano vedere diplomato se non anche laureato, ma io fin da bambino ero certo che il mio destino fosse nel pallone.

Mia madre parlò con il portinaio prima che questi uscisse dalla gabina, che era la sua postazione di controllo, per aiutare mia madre ad aprire la porta dell'ascensore poco distante mentre lei mi spingeva verso quella scatoletta metallica claustrofobica.

Non dovetti starci molto, solo qualche piano prima di tornare a respirare normalmente.

In quel corridoio c'era la segreteria dov'ero andato ogni inizio anno a prendere il libretto per le assenze e più avanti vi era lo studio del preside dove solo chi veniva sospeso andava. Nella mia permanenza a scuola non mi ero mai macchiato di atti che mi spedissero lì quindi per me sarebbe stata la prima volta.

Mia madre bussò educatmaente ed altrettanto fu la risposta che la indusse ad aprire la porta e a trascinarmi dentro.

La stanza era ampia e non microscopica come alcune aule in cui mi ero ritrovato a fare lezione. Le pareti erano ricche di librerie stracolme di libri e al centro di tutto una scrivania imponente a cui era seduto il preside, un uomo sopra la cinquantina con i capelli brizzolati ma tendente alla calvizia. Portava degli occhialoni spessi adatti sicuramente per la lettura ed era vestito in modo piuttosto ingessato tipico di quelli della sua posizione.

«Sono molto felice che siate giunti»ci salutò con il suo modo di parlare pacato come fosse la personificazione della quiescenza. Dal canto mio non vedevo l'ora di aprire bocca e pronunciare tutto ciò che mi passava per la testa ma che mi avrebbe fatto passare per una pessima persona.

«Mio figlio è stato difficile da convincere a venire ma alla fine ce l'ho fatta».

Già a casa parlava di enigmi, quando si decidevano a svuotare il sacco una volta per tutte? Perchè tutto questo mistero? Volevano forse uccidermi e occultare il mio povero cadavere?

Il preside intuì di certo tutta la mia perplessità, che avevo scritto a caratteri cubitali in faccia, perchè mi sorrise cordiale.

«Io e tua madre abbiamo studiato un modo per permetterti di recuperare quello che hai perso cosicché possa rientrare in classe e concludere l'anno».

Eh certo, hanno scelto tutto loro. E a me che sono il diretto interessato non era passato loro nell'anticamera del cervello di chiedere il mio parere?

Oltretutto quelle parole mi accesero un campanello d'allarme. Qualcosa mi diceva che le mie giornate d'ozio erano appena giunte al tramonto. Che fregatura! A saperlo mi sarei ribellato di più e col cazzo che avrei ceduto.

M'innumidì le labbra prima di parlare.

«E in cosa consiste questa...soluzione?»

Il preside incrociò le dita delle mani e mi soppesó con lo sguardo, tanto che dovetti trattenermi dal fargli una linguaccia. Se lo avessi fatto di certo non sarei partito con il piede giusto e se volevo sapere che cosa mi attendeva dovevo fare buon viso a cattivo gioco.

«È presto detto»cominciò, finalmente intenzionato a parlare.«Il nostro obiettivo sarà farti recuperare le lezioni che hai perso da inizio anno ad oggi oltre che quelle che perderai in questi giorni, e pertanto tutti i pomeriggi ti affiancheremo a un tutor fino a quando non sarai rimesso in pari. Ovviamente queste lezioni saranno condensate e saranno sufficienti per reinserirti in classe».

Sulle prime lo fissai come se mi stesse pigliando per il culo, che si mettesse a ridere all'inprovviso dicendo che era solo uno stupido scherzo. Ma ciò non avvenne e così capí che era serio come la morte.

Aprì la bocca più e più volte cercando qualcosa da dire, ma le uniche parole che mi uscirono dalle labbra furono:«É uno scherzo vero?»

Luo sorrise di fronte al mio sgomento. Stronzo insensibile.

«Certo che no. Mi sembra un'ottima occasione per non farti perdere l'anno».

Sinceramente di essere bocciato non me ne fregava un emerito cazzo ma alla fine le cose sembravano fatte, senza contare che nelle condizioni in cui mi trovavo non me la sarei potuta dare a gambe. Per questo alzai gli occhi al cielo e mormorai un secco mormorio d'assenso.

Il preside si alzò e battè le mani entusiasta, facendolo somigliare a una foca. «Eccellente. Ti accompagno subito nella classe dove da oggi in poi ti incontrerai con il tuo tutor».

Strinse la mano a mia madre in procinto di lacrime, (e mica scema, si levava dai piedi per tutti i pomeriggi il figlio problematico) e solo dopo che lei ebbe lasciato la stanza mi fece cenno di seguirlo.

Girai le ruote con la forza delle braccia e lo seguì fin quando non si fermò di fronte all'ultima porta del corridoio. Cos'era, voleva tenermi d'occhio ed evitare qualche via di fuga? E dove cazzo sarei potuto andare?

«Eccoci arrivati. Il tuo tutor sarà qui a breve».

E detto questo mi lasciò solo.

Taburellai le dita sul bracciolo esaminando quello che mi stava attorno. Più che una classe sembrava uno stanzino quadrato per le scope, per fortuna illuminato bene grazie alla presenza di un'ampia finestra posta di fronte alla porta. Al centro campeggiava un banco, che doveva fungere da cattedra, che occupava buona parte della stanza posto, il che rendeva difficoltose le mie manovre con la sedia a rotelle, e c'era un'unica sedia, di sicuro per il tutor. Dietro ad essa campeggiava sulla parete una lunga lavagna il alabastro per gessi, e il solo pensiero della loro irritante polvere sulle mani mi fece salire l'istinto di grattarmele.

Non ebbi il tempo di continuare a squadrare il posto da cima a fondo perchè la porta dietro di me si aprì e ne emerse un ragazzo alto e allampato che teneva in mano con noncuranza un quaderno verde selva.

Era pallidissimo e aveva i capelli corvini lunghi trattenuti in un muccio basso, e gli occhi a mandorla dal taglio allungato che testimoniavano origini asiatiche.

Mi fissò intensamente con le sue iridi nere come la notte squadrandomi con sicuramente la stessa espressione che avevo quando avevo analizzato lo stanzino.

Cosa ci faceva lì? Non si era parlato di un'altra presenza. Poco male, forse anche lui era un nullafacente a rischio bocciatura.

Anche se la sua maglia poteva far ipotizzare ben altro dato che aveva una frase da nerd: "È tutta una questione di chimica" con annesso il tipico atomo stilizzato.

Non so perché ma mi stette subito sul cazzo.

Mi poggiai sfacciato contro lo schienale della sedia e gli sorrisi con fare arrogante.

«Allora, tu sai chi è?»

Lui si limitò a fissarmi sollevando un sopracciglio. Mi sa che l'intelligenza si fermava alla frase della maglia.

Eppure qualcosa di lui mi era famigliare, ma non riuscivo a rammentare dove l'avevo già visto.

«Ma si. Il vecchio bisbetico che ci farà da tutor. Perchè vecchio mi dirai, ma è presto detto. Perché così si sentirebbe in diritto di comandarci a bacchetta e farci quello che vuole».

Lui mi fissò irritato. Aspetta, ero mica finito in compagnia di un leccapiedi?

«Vecchio non si direbbe, dato che sarò io il tuo tutor».

Aspetta. Che...COSA?

 

Angolino autrice:

Hola 😍 eccomi con il primo capitolo :3 si può già capire come sarà il nostro caro Luca XD spero che non sia sembrato troppo "strano" ^^" sarà un po' irritante per un po' e spero che questo non sia troppo per voi ^^"

Commenti e critiche sono sempre ben accette 😍

Adiós!

FreDrachen

P.S. la storia la potete trovare nel mio profilo di wattpad (FreDrachen), per cui se la trovate da qualche altra parte è da considerarsi palgio.
PPS. La storia è ambientata nel corso dell'anno scolastico 2018/2019 ^^
La storia è coperta da copyright, tutti i diritti sono riservati.
 

   
 
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