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Autore: Quasar93    28/01/2021    0 recensioni
Gintoki, dopo le battaglie di Iga e dell'isola prigione Kokujo contro Takasugi e Utsuro, si ritrova più di quanto vorrebbe fare a pensare al passato. Sono le nuove e forti emozioni mischiate ai vecchi ricordi a scatenargli nuovamente quella paura tanto profonda quanto immotivata che lo scuote dall'interno, facendogli credere di non essere altro che un samurai difettoso sull'orlo della pazzia.
Mentre si nasconde dagli occhi dei suoi amici per celare il suo stato d'animo ripensa alle prime volte in cui ha sperimentato quel terrore.
[Spoiler Shogun Assassination arc e oltre] [Gincentric] [TW: attacchi di panico, guerra]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gintoki Sakata, Kotaro Katsura, Sakamoto Tatsuma, Takasugi Shinsuke
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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It's a truth that in love and war,
World's collide and hearts get broken,
I want to live like I know I'm dying,
Take up my cross, not be afraid
 
Gintoki uscì dall’infermeria da campo per dirigersi al falò dove lo aspettavano due degli altri tre Re Celesti dell’esercito dei ribelli Joi: Kotaro Katsura, la Nobile Furia e Shinsuke Takasugi, il comandante del Kiheitai.
Quella sera il samurai coi capelli argentati era nervoso, cosa strana per lui.
Nonostante la sua giovane età di appena ventuno anni era infatti abituato al campo di battaglia. Si poteva dire, in un certo senso, che ne fosse egli stesso una creazione. Orfano di guerra, si era ritrovato a dover combattere e derubare i cadaveri uccisi da altri per sopravvivere fin da quando avesse memoria. E ora, che già da qualche anno il sensei Shoyo era stato catturato e la sua dimora data alle fiamme, il campo di battaglia era tornato la sua casa.
Erano circa 4 anni che lui e i suoi compagni calcavano quei terreni intrisi di odio e sangue, combattendo la guerra contro gli invasori del cielo a difesa del proprio paese. Ma la verità, che non avrebbero mai ammesso davanti alle truppe, era che avevano anche un altro obbiettivo, che per loro era perfino più importante della propria patria: attaccare la Tenshoin Naraku e salvare il loro sensei dai loro artigli.
Proprio per questo motivo Gintoki era così teso quella sera.
Il momento era finalmente arrivato.
Avevano individuato la localizzazione di una delle fortezze dei Corvi, quella dove tenevano Shoyo. Avrebbero attaccato quella notte stessa, restavano da definire solo gli ultimi dettagli. Il samurai coi capelli argentati avrebbe dovuto sentirsi euforico, eccitato quasi, all’idea di poter finalmente combattere la battaglia che più di ogni altra voleva combattere, alla vista così vicina dello scopo che si era prefissato fin da quella notte in cui i Naraku avevano bruciato la sua scuola e la sua casa e avevano portato via quell’uomo che per lui era stato come un padre oltre che un sensei.
Eppure non era questo il sentimento che provava.
Non era questa l’agitazione che gli pervadeva il corpo.
Aveva… Paura?
Ricacciò indietro quella sensazione con tutto sé stesso.
I samurai non hanno paura, lui non poteva averne. Non in battaglia. Non prima di quella battaglia.
 
Is it true what they say, that words are weapons?
And if it is, then everybody best stop steppin',
Cause I got ten in my pocket that'll bend ya locket,
I'm tired of all these rockers sayin' come with me
 
“Gintoki! Ci hai messo molto, è tutto a posto?” lo distolse dai suoi pensieri Katsura, vedendo che indugiava a sedersi accanto a loro attorno al falò.
Gintoki annuì e li raggiunse, ma non rispose.
Le parole dell’amico l’avevano scosso, ma dentro di lui continuava a sentire quella sensazione di prima, per quanto flebile, e non riusciva a ignorarla totalmente e a metterla a tacere.
“Bene, ora che la principessina è arrivata possiamo cominciare. Tra parentesi, complimenti per esserti ferito il giorno prima della nostra operazione, Shiroyasha” disse Takasugi, mentre la sua voce e il suo sguardo facevano a gara per quale dei due fosse il più tagliente.
complimenti per esserti ferito il giorno prima della nostra operazione, Shiroyasha” gli fece il verso il ragazzo coi capelli argentati con una smorfia, per poi continuare “…e comunque per la cronaca sto benissimo, ho ricevuto solo un colpo di striscio alla spalla” finì, mal celando l’indignazione nella voce.
“Fortuna che oggi tocca a me essere il generale, altrimenti l’operazione sarebbe finita prima di cominciare” sentenziò Katsura, cercando di porre fine all’ennesimo litigio degli amici.
“Zura, non essere così duro con me. Qui quello non adatto è chiaramente Takasugi” ghignò Gintoki, ricacciando sempre più giù la punta di paura che continuava a sentire dentro di sé.
“Ma se sei tu che non riesci a non finire in infermeria dopo ogni scontro” ribatté il comandante del Kiheitai, avvicinandosi al ragazzo coi capelli d’argento, lo sguardo fisso in quello dell’altro.
“Evidentemente almeno io faccio qualcosa! Solo chi non combatte non si ferisce” sghignazzò ancora Shiroyasha e schivò abilmente un pugno che Takasugi sferrò nella sua direzione.
Senza dire una parola Katsura si alzò, mentre gli altri due continuavano imperterriti a litigare, arrivò alle loro spalle e gli assestò due colpi dritti sulla zucca in un modo che ricordò a tutti e tre il loro sensei.
“Se avete finito, è ora di passare a definire i dettagli del piano” disse poi tranquillamente, con un tono così inquietante nella sua calma che entrambi si misero sull’attenti.
 
I tre ragazzi discussero per ore della loro strategia, di come avrebbero gestito le loro unità per attaccare da tre diversi fronti la fortezza dei Naraku, di quanti e quali soldati avrebbero impiegato e di come avrebbero portato via Shoyo una volta liberato.
Avevano quasi finito quando Gintoki avvertì di nuovo quella sensazione. Quella strana paura così improvvisa e fuori contesto, perché aver paura in quel momento? Non era in pericolo immediato.
Certo, il sole stava tramontando e il buio imminente non era d’aiuto ma lui era abituato a gestire queste sere di tensione prima dell’attacco eppure…
Proprio ora che mancavano poche ore quella sensazione incontrollabile gli stava impedendo di concentrarsi su quello che i suoi amici stavano dicendo.
“Gintoki, tutto bene?” chiese Katsura, notando che il ragazzo si era imbambolato un attimo.
“Si Zura, tutto ok. Mi ero solo incantato” mentì Shiroyasha.
Non era tutto ok.
Non sentì nemmeno l’amico ripetere per l’ennesima volta che non era Zura ma Katsura, perché la testa iniziò a girargli come una trottola. Fortunatamente era seduto. Un conato di nausea lo fece sussultare.
Cosa gli stava succedendo?
La paura iniziò ad aumentare, ora non era soltanto una sensazione, era palpabile. Aveva paura di quello che gli stava succedendo. Non lo capiva, era senza senso, e questo lo terrorizzava.
Perché il suo corpo stava impazzendo?
O era lui a star impazzando?
Forse non riusciva a reggere quella tensione! Forse non era adatto ad essere un samurai, dopotutto e il suo corpo stava cercando di dirgli questo. I samurai non hanno paura. Non così lontano dal campo di battaglia.
Shoyo l’aveva giudicato male.
Ma quale speranza.
Proteggere lui gli altri al suo posto? Ma se non riusciva a ricacciare indietro quella paura assurda che lo paralizzava? Cosa avrebbe mai potuto proteggere!
Più pensava e peggio stava, iniziò a far fatica a respirare, come se delle mani invisibili gli stringessero la gola.
 
Wait, it's just about to break, its more than I can take,
Everything's about to change,
I feel it in my veins, its not going away,
Everything's about to change.
 
Doveva andare via da lì subito prima che gli altri si accorgessero che non stava bene. Se si fosse calmato sarebbe tornato. Se non ci fosse riuscito… Bhè di questo passo forse sarebbe addirittura morto, sentiva il suo cuore accelerare a un ritmo insostenibile e il fiato mancargli sempre di più. Ebbe la forte tentazione di portarsi le mani alla gola ma riuscì a trattenersi.
Biascicò una scusa e si alzò, cercando di dissimulare il caos che lo stava scuotendo dall’interno e di comportarsi in un modo almeno all’apparenza normale.
Girato l’angolo riuscì a intrufolarsi in una tenda dell’accampamento che fortunatamente era vuota. Si accasciò a terra e iniziò a respirare affannosamente, non capiva più niente.
L’unica cosa che sentiva era la paura che lo scuoteva dal profondo delle sue ossa. Le mani gli tremavano leggermente e aveva freddo.
La testa gli girava così forte da provocargli una forte nausea e il cuore batteva così rumorosamente che si convinse di poterlo sentire.
Sarebbe morto così, ormai ne era certo.
Spaventato.
Solo.
Lontano dal campo di battaglia e con disonore.
Poi, improvvisamente, come tutto era arrivato tutto se ne andò.
Gradualmente recuperò il senso di sé, il cuore rallentò e il respiro tornò normale.
Anche quella paura improvvisa, quel terrore immotivato, era sparito così com’era arrivato, lasciando il posto alla naturale tensione che precedeva una battaglia così importante.
Quando fu sicuro di essere tornato alla normalità Gintoki si alzò per uscire e tornare dagli altri, cercando di seppellire quell’episodio molto in fondo dentro sé stesso, senza davvero cercare una spiegazione razionale. Ciò di cui era certo era che non ne avrebbe mai parlato con nessuno, nella speranza che fosse stato soltanto un episodio isolato, causato dallo stress della guerra. Poco più di un incubo a occhi aperti. Non voleva nemmeno prendere in considerazione di sentirsi così di nuovo.
 
It creeps in like a thief in the night,
Without a sign, without a warning,
But we are ready and prepared to fight,
Raise up your swords, don't be afraid
 
Tornò dagli amici adducendo come scusa che gli scappava la cacca e doveva assolutamente farla. Zura lo picchiò, e poi ricominciarono a definire i dettagli finali. Mancavano una manciata di ore all’attacco e non potevano perdere altro tempo.
Quello che Gintoki non sapeva era che, ciò che più di ogni altra cosa avrebbe voluto tener nascosto ai compagni, non era già più un suo segreto. Takasugi non vedendolo tornare era andato a cercarlo e, da uno spiraglio della tenda, aveva visto tutto. Aveva visto il terrore nel suo sguardo e sentito il suo respiro affannoso.
Sul momento aveva preferito non dirgli nulla e fingere di non aver visto. Dopotutto avrebbe avuto molte altre occasioni una volta rientrati dalla missione con sensei al loro fianco.

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Note: per i riferimenti temporali che ho utilizzato vedi note del prologo
  
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