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Autore: SheHadTroubleWithHerself    30/01/2021    1 recensioni
Elisabetta è in perenne lotta con se stessa.
Mentre si lamenta della sua vita monotona, trema al solo pensiero di un cambiamento che possa stravolgerla.
Nella sua testa non può fidarsi di nessuno, e questo l'ha portata a chiudere diverse amicizie, ma ciò che brama di più è poter cadere sapendo che qualcuno l'afferri in tempo.
“Che cosa pensi potrebbe aiutarti a farti sentire meglio?”
“Una persona che riesca a farmi pensare che valga la pena svegliarsi ogni mattina e vivere un'altra giornata.”
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DUE

 

La mattina dopo la parte bassa della schiena è ancora più dolorante e nonostante cerchi di nasconderlo a lavoro più volte le viene chiesto se andasse tutto bene. Quel giorno le parole pronunciate sono ai minimi storici e può notare la totale noncuranza della sua collega mentre tutti gli altri hanno vanamente tentato di farla parlare più del dovuto.

Tira un sospiro di sollievo quando iniziano a chiudere le casse, pulire a terra e abbassare la serranda per poter definire la giornata finalmente conclusa. Non sa effettivamente se stupirsi quando uscendo dalla porta nota il mezzo sconosciuto che da più di due settimane le tormenta i pensieri. Lo ignora, ma quando lui si avvicina e i suoi colleghi sono ancora lì intorno non sa davvero che fare.

“Possiamo parlare?” gli chiede puntandole gli occhi addosso e ignorando completamente tutti gli altri. Elisabetta punta gli occhi su Federico, il suo collega, che senza la minima esitazione le risponde che non c'è nessun problema mentre incastra il grosso lucchetto alla serranda. “Magari prima presentaci il tuo amico.” rimbecca Maddalena riuscendo nell'intento di catturare l'attenzione del ragazzo.

Ed è quello il momento in cui lei registra la scioccante realtà di non sapere come si chiama né di averglielo mai chiesto.

“Sono Claudio.” la sua risposta è fredda e si denota fretta nel tono di voce, “Non ho molto tempo” aggiunge ritornando a guardarla.

Tutti si dileguano in pochi secondi mentre loro rimangono nel totale silenzio di quella fredda sera. “Non capisco davvero di cosa dovremmo parlare.” comincia lei coraggiosa e stanca di tutte quelle attenzioni indesiderate. “Vediamo fammici pensare. Ah già, ieri hai tentanto il suicidio e non hai nemmeno il coraggio di ammetterlo o di accettare aiuto.”

“Ma tu chi ti credi di essere? Sai a malapena il mio nome e ti permetti di saltare a conclusioni affrettate.” ribatte Elisabetta già colma di rabbia.

“Conclusioni affrettate? Hai fissato un macchina che stava avanzando verso di te e hai deciso di piantartici davanti. Tu questo come lo chiami?”

“Mi spieghi perché è così importante per te?” è ormai esasperata da quella insistenza. Lo sa che quella è solo premura, ma non è più abituata ad avere qualcuno che si interessa o addirittura preoccupa per lei. L'unica cosa che vuole in questo momento è poter scappare da quello sguardo.

“Perché tutte le volte che ti ho visto stavi male è non può essere un caso. Ed è chiaro che c'è qualcosa che non va.”

“Quindi fermi ogni persona triste che incontri per strada? E' per caso un progetto universitario, ti danno dei crediti extra per ogni persona miserabile che aiuti?”

Ritorna il silenzio e con lui Elisabetta si spegne e allontana lo sguardo, incapace persino di muoversi. Claudio, al contrario, si avvicina e le sfiora la mano ferita. Ne tocca il dorso e constata che la mano è fredda. Stringe due dita nella sua mano e cerca i suoi occhi piegando la testa. "Se preoccuparsi per qualcuno per te è così strano, allora è peggio di quanto pensassi.” sussurra arrendendosi nell'incatenare i loro occhi tra loro. Lo sguardo della ragazza è bel piantato a terra.

Un singulto lascia la bocca di Elisabetta che in un momento di pura fragilità lascia scappare anche un singhiozzo. Sente poi immediatamente due braccia stringerla forte e le lacrime scendono a fiotti nella realizzazione di quel contatto. E' passato così tanto tempo da non riuscire a ricordare più la sensazione e non sa per quale strana ragione i suoi muscoli si rilassano lasciandosi avvolgere completamente.

“Così va meglio, lascia andare.” una mano adesso compie degli ampi cerchi sulla sua schiena e le sue braccia sono intrappolate tra i loro petti, il pianto aumenta. Solo quando il respiro ritorna regolare l'abbraccio viene sciolto, e per quanto le riguarda sembra essere passato un secolo.

Claudio passa una mano sotto le lenti degli occhiali lievemente appannate, raccogliendo quelle ultime gocce ed esplora la sua pelle arrossata. “Vuoi mangiare qualcosa?” le propone donandole un piccolo sorriso incoraggiante.

“Pensavo avessi poco tempo.” borbotta, forse non l'ha neanche sentita. Ma lui ridacchia in risposta facendole strada con un braccio.

“Volevo solo liberarmi delle persone di troppo. Ah, grazie per non avermi rifiutato!” scherza lui.

 

Cenano poi da un McDonald's lì vicino e per un attimo vengono dimenticati tentati suicidi e lacrime. Elisabetta riesce davvero a parlare e rispondere alle domande curiose di Claudio che misura attentamente ogni singola parola per non rompere l'atmosfera serena.

L'accompagna poi davanti alla porta di casa che scopre essere a soli cinque minuti di distanza. Lei sta giocando con le sue chiavi mentre lui cerca in tutti i modi di tenerla con sé ancora per qualche minuto.

“Adesso devo andare... grazie di tutto.” sta per inserire la chiave nella serratura quando la voce di lui la blocca.

“Tu non sei il mio progetto universitario.” il suo tono di voce fa trasparire sincerità e per una volta Elisabetta riesce a pensare di potergli credere. “Voglio solo conoscerti meglio.” Ma poi la domanda le scappa di bocca. “Perché?” si volta verso di lui lasciando le chiavi attaccate al portone e la sua totale attenzione e nei suoi occhi.

“Perché sei un pozzo infinito di mistero. I tuoi occhi gridano ma tu rimani silenziosa e sembri quasi in lotta con te stessa. E non te ne sei accorta forse, ma questa sera mi sono divertito.” non c'è costruzione in quel discorso, non si ferma a pensare nemmeno per un attimo. Le accarezza poi una guancia augurandole la buonanotte e si allontana nella strada buia girandosi verso di lei un paio di volte.

Elisabetta si lascia scappare un sorriso quando entra in casa, dimenticandosi di non aver avvisato nessuno della sua assenza durante la cena. 
“Ti ho chiamato dieci volte.” esordisce sua madre comparendo dalla cucina, “Ti era così difficile almeno avvisare?”

Il sorriso muore sulle sue labbra lasciando il posto ad una smorfia dura e mentre si spoglia del giubbotto le risponde che c'è stato più lavoro del previsto e che ha mangiato qualcosa con i suoi colleghi. Si versa un bicchiere d'acqua e solo in quel momento si accorge che in casa c'è anche suo padre rimasto in silenzio per tutto il tempo.

Non sa davvero quando tutto quello sia successo. Non sono mai stati un famiglia tanto affettuosa se non quando lei e sua sorella erano davvero piccole, ma dopo il tracollo del loro matrimonio i rapporti non sono stati più gli stessi. La situazione è poi sprofondata quando sua sorella Veronica è andata a vivere da sola e le divergenze si sono amplificate lasciando così un velo di apatia tra gli abitanti di quella casa. Si rifugia in poco tempo nella sua camera e ripercorre, come suo solito, la serata momento per momento. Si chiede se abbia sbagliato qualcosa, come potesse apparire davanti ai suoi occhi e sussurra un paio di volte il nome Claudio lentamente coccolandosi con il calore delle coperte prima di chiudere gli occhi.

 

E' trascorsa un'ennesima notte fatta di sogni incomprensibili. Immagini che si susseguivano con furia e prive di senso, tranne una. Elisabetta è riuscita persino a sognarlo.

Niente di particolare, semplicemente il suo viso e un sorriso che lo caratterizzava. Perciò si sente strana mentre va a lavoro e quella sensazione non l'abbandona per tutto il giorno e spera lui si possa materializzare davanti a lei. Ma questo a lui non l'ammetterebbe mai.

Passano i giorni in totale tranquillità, si sente quasi anestetizzata come se solo lui potesse ormai farle provare qualcosa. E tutto questo non la rassicura ed è stato anche oggetto di discussione con la sua psicologa che per tutto il tempo l'ha ascoltata con un piccolo sorriso trionfante sulle labbra. Le ha esposto ogni singolo dubbio spiegandole che non poteva assolutamente fidarsi e che quelle piccole attenzioni in fondo non valessero niente, perché lui non si era più fatto vedere.

Sa anche di aver commesso un grosso errore omettendo “il salvataggio” successo settimane prima, ma è troppo difficile parlarne per lei.

“Vedi Elisabetta capisco perfettamente il tuo punto di vista. Abbiamo sempre fatto emergere dalle nostre chiacchiere il tuo bisogno di sentire affetto, perché non provi semplicemente a riceverlo? Senza farti troppe domande. Forse non l'hai più visto perché è stato impegnato o forse vuole darti del tempo.” è la spiegazione che le fornisce Paola ormai agli sgoccioli della seduta.

Annuisce e sente un groppo alla gola perché in qualche modo si sente sempre incapace, persino per capire se stessa.

Compie ormai il solito tragitto verso casa, il petto è sicuramente più leggero e la musica che le inonda le orecchie lenisce un po' quell'assenza che la sta lentamente logorando.

Pensa poi che sia opera del destino quando intravede una figura seduta sul gradino davanti a casa sua e in tutta onestà non sa se andargli in contro o scappare e aspettare che se ne vada. E' sempre stata una sua caratteristica desiderare una cosa e quando questa si avvera scappare per la paura. E non sa esattamente come analizzare questo suo comportamento, probabilmente ha solo paura che la cosa che tanto brama possa rivelarsi sbagliata.

Non ha molte alternative se non concludere il suo viaggio quando lui la vede e immediatamente sorride. Si è alzato in piedi e sbatte velocemente la polvere dai pantaloni, quelli che gli aveva consigliato di acquistare.

“Ciao” mormora semplicemente quando lei si ferma a qualche passo da lui.”Che ci fai qui?” sono le uniche parole che le vengono in mente, vorrebbe schiaffeggiarsi.

“Beh, grazie sto bene! Tu invece come stai?” ridacchia, non sembra offeso.

“Scusa. Come stai?” ripete ricevendo un cenno per non farla preoccupare e rispondere nuovamente che tutto andasse bene. Poi continua “Mi dispiace, sono solo sorpresa di vederti qui.”

“Lo so, ma sono stato impegnato con lo studio e non mi sono più fatto vivo...” Elisabetta lascia andare involontariamente un sospiro di sollievo camuffandolo con un piccolo sorriso mentre dondola tra un piede e l'altro. “Non devi scusarti.” mormora calando lo sguardo.

“Ma voglio farmi perdonare! Se sei libera potremmo mangiare qualcosa insieme.”

In una situazione normale Elisabetta avrebbe probabilmente rifiutato, si è sempre definita incapace in queste cose e si è dimostrato più facile fingere di avere altro da fare. Ma le parole della sua psicologa ronzavano nella sua testa con lo stesso ritmo di un mantra, e forse avrebbe dovuto davvero lasciarsi andare almeno una volta.

“Ok, perché no.” risponde quindi, nonostante nella sua voce ci sia incertezza. Ma Claudio decide di non vederla.


Mangiano quindi in una pizzeria al trancio lì vicino e anche se è quasi sempre Claudio a parlare, l'atmosfera è piuttosto tranquilla e senza alcun imbarazzo.

“Perché non mi racconti qualcosa di te?” non c'è giudizio nella sua domanda, è più un'esortazione a far uscire dal guscio quella ragazza così misteriosa.

“Tipo?” i suoi occhi sono comunque in allerta, e strofina le dita unte sul fazzoletto con fare nervoso. “Non lo so, c'è qualcosa che ti piace fare? Oppure hai dei progetti?”

Mentre Claudio beve un sorso d'acqua, lei continua ad invidiare questa sua naturalezza. Non sembra esistere qualcosa che possa preoccuparlo, e se esiste è pronto per annientarla.

Lei invece non è mai stata così, si è sempre fatta travolgere con violenza da tutte le cose negative della sua vita. Ma c'è qualcosa in lui che la spinge ad iniziare a credere che le cose possano cambiare. Claudio non sta cercando di instillarle in testa quegli odiosi preconcetti su quanto la vita sia bella e qualsiasi problema si possa risolvere.

Lui si mostra disponibile, non la obbliga ad esporsi, e vorrebbe rendergli noto che tutto questo è apprezzato.

“A me piace cantare.” confessa, l'imbarazzo le tinge le guance di rosso. “Cioè, non ho mai studiato... ma ogni tanto canto.” E' piacevolmente sorpreso dalla scoperta e un sorriso più ampio si fa spazio sul suo viso. “Sarà un onore ascoltarti quando ne avrai voglia.”

Si alzano poi dal tavolino, Elisabetta si sporge più volte sul bancone per poter pagare almeno la sua parte, ma Claudio la blocca ripetutamente promettendole di poter pagare alla prossima occasione.

“Claudio” lo chiama mentre lui sistema attentamente il portafoglio nella tasca interna del giubbotto. Si volta senza rispondere dandole tutta l'attenzione. “Io volevo solo ringraziarti...”. Claudio ridacchia fermandola “Era solo un pezzo di pizza!”.

“No, grazie di tutto. Grazie per non fare mai troppe domande e per essere presente. E' ancora tutto molto strano per me, ma è piacevole.” E' faticoso pronunciare quelle parole con tutte le persone che camminano intorno a loro e lo sguardo profondo di Claudio che è visibilmente entusiasta.

“Ne sono felice.” risponde, e porta una mano sulla sua spalla stringendola lievemente. Sistema poi la lunga ciocca castana finita davanti alla lente e ne approfitta per lasciare una lieve carezza sulla guancia. Elisabetta sente un fremito, ma cerca di ignorarlo. “Devo andare adesso, l'ennesimo esame da preparare. Ma ci sentiamo, d'accordo?” annuisce brevemente prima di vederlo dirigersi verso la fermata del pullman, si gira per sorriderle un'ultima volta.

 


Claudio è uno di quei ragazzi che non passa inosservato. Non perché si metta volutamente in mostra, ma si percepisce sempre una forte aura attorno a lui, una luce abbagliante. Forse perché ha sempre un leggero sorriso, gli occhi attenti e una morbida camminata che affascina sempre le ragazze con cui incrocia lo sguardo.
Ha una vita piuttosto ordinaria, è uno studente universitario di economia e commercio e vive ancora con i genitori. Era riuscito ad ottenere un lavoro come commesso in un piccolo negozietto vintage, ma i pomeriggi spesi li dentro andavano in totale disaccordo con le nottate passate a studiare. Gli piace la sua routine e attorno a lui ha sempre qualcuno che gli tende la mano per aiutarlo.

Per questo rimane totalmente sconcertato dal comportamento di Elisabetta. Lo capisce che lei non voglia risultare rude, ma è davvero complicato riuscire a farsi breccia in quel muro.
Non è certo la prima ragazza timida a cui si approccia, ma lei è peggio di un enigma. E se da una parte questa cosa lo eccita da morire, dall'altra non sa davvero cosa potrebbe anche solo convincerla che di lui può fidarsi. Non sa molto di lei, è una commessa, con i suoi colleghi non ha un rapporto molto stretto e non l'ha mai sentita nominare un amico. Le piace cantare e gli sembra di aver capito che ha anche una sorella che però ora convive con il ragazzo.

Una sola cosa lo spaventa, ed è il suo sguardo. Lo osserva spesso e nota sempre una patina che nasconde la lucentezza che dovrebbe avere. I suoi occhi appaiono assenti e distratti da qualcosa che è dentro di lei. E mentre tutti vengono affascinati da occhi verdi o azzurri, lui viene catturato da quella patina che vorrebbe strappare via con violenza. Anche quando ride ha l'impressione che qualcosa la blocchi come se non potesse permettersi tutta quella leggerezza, quindi la risata dura solo qualche istante e lui se ne nutre come se fosse l'ultimo sorso d'acqua rimasto sulla Terra.

Ha apprezzato però il suo accettare l'ultimo invito a pranzo e ha visto il suo sforzo nell'essere presente anche se continua ad essere piuttosto triste per una ventenne.

 

Torino è fredda quella sera, eppure le strade dei locali sono gremite di persone che si godono un drink chiacchierando animatamente sui gradini dei marciapiedi. Claudio è lì, che fuma una sigaretta e accanto ha ancora il bicchiere di plastica con i residui di ghiaccio e zucchero di canna sul fondo. Davanti a lui ci sono un paio di amici dell'università che parlano probabilmente del prossimo esame, ma l'unica cosa interessante per lui in quel momento è il filtro della sigaretta ormai quasi finita.

Non è annoiato, ma succedono così spesso quella serata da aver perso un po' di entusiasmo. Il telefono vibra nella sua tasca e risulta faticoso per lui raggiungerlo con le mani totalmente intorpidite dal freddo. Una smorfia di fatica trasforma il suo volto, ma un timido sorriso la spazza via quando legge il mittente del messaggio.

 

Ciao.

Ciao, è bello sentirti!

Ti ho solamente salutato...

 

E Claudio potrebbe giurare che sul viso di Elisabetta ci siano delle piccole rughe tra le sopracciglia a testimoniare la confusione.

 

E ti assicuro che mi hai svoltato la serata. Come stai?

 

Normale... tu? In realtà non so perché ti ho scritto,

non avrei comunque niente da raccontarti.

Non deve per forza succedere qualcosa per poter parlare.
Non stiamo parlando di niente e mi stai facendo sorridere comunque

Stento a crederci... che stai facendo?

Dovresti davvero smettere di darmi del bugiardo.
Sono fuori con alcuni amici, tu?

Guardo una serie tv.

 

Elisabetta non riceve più risposta e non riesce a far oscillare i suoi occhi dal computer al telefono, controllando che la connessione funzioni. Non c'è poi così tanto stupore se non lui non risponde, si sta ovviamente divertendo come qualsiasi altro ragazzo della sua età. E' lei quella fuori posto.

Quale persona di ventitré anni resta a casa ogni week end, mangia quantità industriali di caramelle alla frutta e guarda serie tv in totale solitudine?

Quindi forse al posto di lamentarsi dovrebbe uscire e almeno provare a conoscere qualcuno, ma è davvero così semplice adesso rimanere sola per lei da non poterne più fare a meno.

 

Scusa, un amico ha vomitato. Quale serie tv?

Probabilmente non la conosci. Mad Fat Diary

No, effettivamente mai sentita. Di che parla?

 

Se d'impatto era sconvolta per la risposta, ora era terrorizzata. E' difficile spiegare a un ragazzo che stai guardando per la quinta volta una serie tv in cui la protagonista, dopo aver tentato il suicidio, è ricoverata in un ospedale psichiatrico. E' difficile dirgli che è una delle tue serie tv preferite è che sei esattamente la fotocopia di Rae, il personaggio principale.

Ma sono nel 2020, se non lo farà lei sarà Wikipedia a raccontarglielo.

 

E' complicato...

Più di Dark?

Parla di una ragazza in un ospedale psichiatrico

Wow, beh è interessante.

Perché è lì?

Ha tentato il suicidio.

 

Di nuovo, nessuna risposta. E' l'una di notte e probabilmente lui è ancora fuori a divertirsi con gli amici. Aver raccontato quella trama le è sembrato quasi di confessarsi, di ammettere che ciò che lui ha visto è vero. Ma perché dovrebbe mentire? Voleva, anzi, vuole finire la sua vita. Anche quando la giornata sembra iniziare e concludersi senza drammi lei ha comunque quel pensiero che se la sua vita finisse starebbe meglio.

E non è colpa dell'essere single o senza amici, sente semplicemente un peso all'altezza del petto ogni mattina quando si alza. Ogni scelta che compie, ogni piccola interazione sembra un ostacolo invalicabile. In alcuni momenti i respiri si fanno corti e lei spera sempre che quel peso la soffochi definitivamente.

La sua psicologa l'ha etichettata “paura di vivere”, e quando pensa a quelle parole sente le ossa tremare. Dovrebbe essere la morte una paura, nonostante sia inevitabile.

Finisce come al solito in una spirale di riflessioni infinite rovinando il poco sonno che stava arrivando e inondando le sue orecchie di canzoni confortanti.

 

Sei ancora sveglia?

Sì.

Ti va di parlare?

Ok.

Sono qui sotto.

 

Elisabetta sgrana gli occhi nel buio della sua stanza. Sembra uno dei suoi strani sogni dove niente ha assolutamente senso.

Non ha senso che Claudio sia sotto casa sua alle due di notte e che le chieda di parlare. Non ha senso che abbia ancora voglia di sbrogliare la matassa di nodi che è lei.

Non ha neanche senso che Elisabetta decida di indossare un maglione spesso e che si sistemi alla buona i capelli.

Esce di casa in punta di piedi e una volta aperto il portone sente sulla faccia i pochi gradi che avvolgono quella notte. Claudio è in piedi appoggiato al muro del palazzo di fronte e guarda verso il basso. E' più triste ed è una visione strana per lei che quasi si sente in colpa.



Ecco che riemerge la mia anima dalle tenebre! 
Se c'è ancora qualcuno interessato allo sviluppo di questa storia, allora bentornato, spero che questo piccolo risultato possa essere apprezzato.
Non esitate a farmi sapere cosa ne pensate.
(Spero inoltre di non aver omesso degli errori, ma sono le 00:01 e gli occhi faticano a stare aperti)

   
 
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