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Autore: Martin Eden    30/01/2021    1 recensioni
Ciao a tutti! Dopo anni di latitanza, mi è venuta voglia di tornare su questo Fandom, che ho tanto amato...e lo faccio con una vecchia storia LOTR che ho ripreso in mano ultimamente, dopo aver rivisto i film della trilogia de Lo Hobbit...mi è venuta voglia!
Scommetto che molti di voi, come me si sono posti questa domanda: ma Legolas e Aragorn dove si saranno conosciuti?! :D
Questa fanfiction cercherà di dare una risposta...allora voi leggete e commentate! :)
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aragorn, Legolas, Thranduil
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Compagni di Sventura'
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Aragorn

 

Era successo tutto così in fretta. Prima li avevo colti di sorpresa, con un colpo dritto in mezzo alla bocca di quello che mi era sembrato il loro capo; poi ne avevo uccisi altri due che mi sembravano suoi diretti sottoposti; infine, era scoppiato il caos.

Mi ero ritrovato a correre giù per la collina con la spada in mano, con decine di orchetti che mi venivano incontro. Pronto alla battaglia, preferivo saperli sottoterra piuttosto che liberi nel Beleriand o nelle Terre Selvagge. Pensavo che avrei fatto presto a decimarli, vista l’assenza di un capitano che impartisse loro un saggio ordine.

Non mi aspettavo di certo che altre bestie sarebbero scese da dietro la collina. In un attimo ero stato circondato, e nonostante la mia foga alcuni colpi mi avevano raggiunto, graffiandomi il viso, le gambe, le braccia. Ogni taglio era per me motivo in più per aumentare la forza dei miei fendenti e mietere vittime.

Eppure, non nego che un pensiero di morte aveva fatto capolino nella mia mente, quando mi ero reso conto di essere troppo solo in mezzo alle belve.

Quella freccia sbucata da chissà dove si era rivelata provvidenziale. Aveva trapassato un orchetto che per poco non mi sarebbe saltato addosso. Non sapevo chi l’avesse scoccata, ma doveva avere una mira prodigiosa, visto che l’aveva beccato proprio in mezzo agli occhi.

Subito mi ero guardato intorno, ma non avevo scorto nessuno. Altre due frecce erano passate sopra la mia testa e avevano abbattuto due nemici alle mie spalle.

Qualcuno mi stava aiutando, forse uno dei miei uomini? Ero convinto di averli impiegati tutti ai confini di nord-est.

Continuai senza preoccuparmene troppo, finché non avvertii una presenza vicino a me. All’inizio era solo un’ombra nella coda dell’occhio: il tempo di voltarmi e mi trovai faccia a faccia con un elfo alto, biondo, vestito di verde, due orecchie a punta e due pugnali ricurvi nelle mani.

Avevo trovato una spiegazione alle frecce lanciate in mio aiuto, ma lo sguardo assetato di sangue del nuovo venuto non mi aveva ispirato particolare fiducia:

- E tu chi sei?!- ringhiai, forse in maniera eccessiva.

Ci guardammo per un lungo attimo, senza che lui mi rispondesse niente. Poi improvvisamente lo vidi gettarsi su di me e di istinto cercai di spostarmi, ma riuscì ugualmente a raggiungermi. Quasi rovinai a terra.

Mi spostai ancora più in là, facendo forza contro il terreno. Pensavo volesse attaccarmi, invece scoprii che non era più accanto a me, quando mi voltai: al suo posto c’era un orchetto dallo sguardo truce e con una mazza ferrata pronta a colpirmi.

Lo trapassai con un pugnale che tenevo nascosto nella manica della veste.

Gridando e sputando, le creature si buttarono ancora su di me. Menavo fendenti in ogni direzione, sembravano non finire mai. Ormai ero anch’io accecato dalla rabbia, non riuscivo più a controllarmi. Li volevo morti, uno ad uno: non me ne sarei andato finché quella compagine non fosse stata sterminata. Una in meno sulla mia immaginaria mappa del nemico.

Poco dopo, ritrovai miracolosamente il mio salvatore. Era tornato in mio soccorso e mi proteggeva le spalle, combattendo schiena contro schiena con me. Se per un attimo quel contatto aveva potuto sembrarmi quasi preoccupante, ora potevo dire di aver cambiato idea.

Era un grande guerriero.

Quando anche l’ultimo orchetto fu decapitato, finalmente ebbi il tempo di riprendere fiato.

Con ancora l’eccitazione in corpo, mi girai di qua e di là, con la spada pronta a mietere altre vittime, anche se in verità non c’era più nessuno.

Sul campo era rimasto in piedi solo l’elfo. Una creatura sconosciuta, uscita da chissà dove, anche lui con una gran voglia di distruggere ogni cosa, evidentemente. Avevo visto la sua furia contro gli orchi e ora mi chiedevo se quella collera potesse essere in un qualche modo deviata su di me. Non potevo certo fidarmi così a cuor leggero. Sarebbe stato troppo pericoloso.

Lo guardai. A giudicare da come teneva ancora i pugnali alzati, non potevo immaginarmi un approccio amichevole.

Lo scrutai negli occhi, senza timore di doverli abbassare di fronte a lui.

Straordinariamente, vi lessi paura, dolore, anche se era lontano da me. Fu allora che notai la sua ferita: sanguinava. Il rosso della vita camminava lungo la manica fino alla mano e colava a terra, lontano da lui, ogni secondo di più.

Probabilmente aveva ricevuto un brutto colpo mentre lottavamo fianco a fianco. Non ricordavo di aver sentito alcun suo lamento, però. Forse ero stato troppo distratto.

In un attimo, i miei timori si sciolsero. Se in un primo momento avevo alzato la spada, pronto a vender cara la pelle, adesso mi rendevo conto che non ce n’era affatto bisogno: anzi, c’erano altre priorità. In fondo, lui era intervenuto per aiutarmi, sarebbe stato alquanto incoerente da parte sua uccidermi ora.

Come sarebbe stato incoerente da parte mia non offrirgli sostegno, dopo che mi aveva salvato la vita.

Abbassai l’arma:

- Hai bisogno di aiuto?- gli chiesi. Quasi gridai, per farmi sentire.

O forse, quel tono di voce così alto era per darmi la forza di rompere il silenzio che ora regnava sovrano.

L’elfo non mi rispose, né si mosse. In quel niente il suo sangue continuava a colare e imbrattargli i vestiti: mi pareva di poterne sentire persino lo sgocciolio. Ciononostante, la posa dell’elfo appariva maldisposta, oserei dire minacciosa.

Pensai che forse non intendesse la mia lingua, così gli ripetei la stessa domanda in elfico, sperando di far breccia nella sua corazza immaginaria.

L’eco delle mie parole risuonò forte. O forse fu solo un’impressione mia. Lo vidi agitarsi; e seppi che aveva capito ogni mia singola parola anche prima.

- Come fai a conoscere l’elfico, tu, uomo?- mi abbaiò contro in Lingua Corrente.

Rimasi zitto. Non era il caso di spiegargli che in verità ero stato cresciuto dagli Elfi e quasi mi sentivo un elfo pure io a volte. Alla morte di mio padre, io e mia madre ci eravamo rifugiati presso Re Elrond di Gran Burrone e la sua corte; lì ero cresciuto, circondato dall’amore di quelle creature, che mi avevano insegnato ogni cosa come veri genitori. Erano stati la mia fortuna ed erano parte integrante della mia famiglia. Ma sarebbe stato complicato spiegarlo a questo sconosciuto. La situazione era troppo delicata.

Un attimo di esitazione mi costò fatale. L’elfo rinfoderò i pugnali in un lampo e corse su per la collina, saltando fulmineo da un masso all’altro, e in un attimo si dileguò nel nulla, lo stesso nulla dal quale era venuto.

Partii all’inseguimento un secondo dopo, ma era già troppo tardi. Calpestai le sue orme fino a dove potei; quando arrivai in cima al crinale, tuttavia, mi accorsi che sotto i miei piedi la terra si era trasformata in ghiaia e una leggera nebbia cominciava a salire dal terreno circostante. L’imbrunire era prossimo, e io sapevo bene che i lineamenti di Fornost cambiavano radicalmente allo spegnersi del sole.

L’elfo si era mosso in maniera piuttosto veloce e attenta. Di lui non c’era più traccia. Provai a guardarmi attorno, in cerca di segni circa il suo passaggio, oppure qualche altro indizio che potesse indirizzarmi in un senso o in un altro. Ma niente. Il paesaggio rimaneva muto e insondabile di fronte ai miei occhi. Forse gli indizi c’erano davvero ed ero io a non riuscire a vederli.

Mi diedi un pugno sulla coscia.

Quelli erano i momenti in cui odiavo essere solo un uomo.

  
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