Fanfic su attori > Benedict Cumberbatch
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Autore: Dangerina15    30/01/2021    0 recensioni
Non riesce a controllare i pensieri, sente il bisogno di dire ogni cosa che il cuore gli suggerisce e tutto si ricollega ad un sola parola: un giglio. Per la precisione, il suo giglio bianco.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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3.


Un rumore sordo ed improvviso sveglia di soprassalto Denise e Theo. La macchina sembra fare un balzo verso l’alto, per poi ricadere con un tonfo sull’asfalto, rallentando la sua corsa. Benedict stringe forte il volante per non perdere il controllo del mezzo e, con una manovra improvvisa, cerca di accostarsi al bordo della strada. Il lato del guidatore sembra essere più inclinato rispetto a quello del passeggero e uno strano rumore di pneumatico fa capolinea alle orecchie dell’attore, madido di sudore e con gli occhi fissi e spalancati sulla strada. La macchina perde velocità e tenendo premuto il piede sul freno, Benedict riesce a frenare la folle corsa del mezzo, accostandosi in un punto della strada, accanto ad alberi e cespugli; i fanali rimangono accesi, in modo da essere visibili a chiunque passi da lì. Una volta fermatisi, i tre si cercano con gli occhi per accertarsi di stare bene e per costatare la tremenda paura che si percepisce dai loro affannosi respiri.
«Santo cielo, che cosa è stato?!» sussurra tremante Theo, scendendo dall’auto come un fulmine, seguito da Denise che sente di aver bisogno di riprendere aria. Benedict apre lo sportello e, slacciandosi la cintura, esce a sua volta dal veicolo, controllando lo stato della gomma anteriore che, così come sospetta, trova completamente scoppia e flaccida.
Maledizione! Di questo passo ci metteremo ore a tornare in città e domani ci aspetta un’altra giornata faticosa…e pensare che stava andando tutto così bene…’
«Dobbiamo chiamare Tom e avvisarlo che siamo rimasti in mezzo alla strada, con una gomma bucata.» continua lui dando voce al proseguimento dei suoi pensieri, cercando all’interno della tasca del suo cappotto il cellulare; le sue mani sono sudate e il cuore gli batte all’impazzata.
«La seconda in una settimana! Secondo voi sarà questo posto che non sopporta le gomme delle macchine?». Theo cerca di smorzare la tensione, ma l’attrice di fianco a lui gli lancia un’occhiata nervosa.
«Non mi sembra questo il momento di scherzare. Pensiamo invece a chiamare qualcuno che possa venire a recuperarci e a portarci in hotel…ci mancava solo questa!» sbuffa a sua volta Denise, desiderosa di trovarsi nella sua bella camera d’albergo a godersi il suo bagno caldo a base di sali al muschio bianco.
Benedict compone velocemente il numero dell’assistente alla scenografia Tom e tenta di rintracciarlo telefonicamente, senza successo.
«Prova a chiamare Debby, di solito lei risponde sempre.» suggerisce Denise, stringendosi la sciarpa sulle spalle, cercando di proteggersi dal freddo pungente della notte che incombe. Benedict cerca di contattare Debby ma anche questo tentativo si rivela un buco nell’acqua. Sbuffa nervosamente e comincia a camminare su e giù, nei pressi dell’auto; quella situazione lo mette in uno stato di stress, accentuato ulteriormente dalla stanchezza della giornata di lavoro.
«Dannazione! Non possiamo neanche cambiare la ruota, perché non ne abbiamo una di scorta.» riprende Benedict, scurendosi in volto. La sua mente sta cercando di elaborare una soluzione veloce e pratica che gli permetta di ripartire da quella strada desolata il più in fretta possibile; non si sente a suo agio in tutta quella solitudine. Mentre riflette sul da farsi, un rumore di foglie attira l’attenzione di Theo, che si gira furtivo ad osservare la massa di fronde e foglie che costeggiano il manto stradale.
«Che cos’era quel rumore?»
Denise e Benedict guardano nella stessa direzione di Theo.
«Io non ho sentito nulla…» risponde Denise continuando ad osservare il punto tra la boscaglia.
«Sarà un animale…» interviene Benedict, tornando ad occuparsi della lista di persone da contattare.
Theo si volta nuovamente verso la boscaglia; avverte quel rumore, questa volta più vicino e continuo, tanto che cerca di attirare l’attenzione dei suoi due compagni ma Benedict lo interrompe prima ancora che possa proferire parola.
«Sei ancora tramortito per lo spavento, Theo. È normale che la mente possa giocare brutti scherzi…» ma non fa in tempo a finire la frase che proprio dal gruppo di alberi e cespugli escono sei uomini, vestiti di nero, con il viso coperto da un passamontagna e un fucile puntato verso di loro. Denise tenta di urlare ma Benedict le fa cenno con gli occhi di tacere; non sanno chi sono né perché siano lì, armati e pronti ad aprire il fuoco contro di loro. Quello più vicino a Benedict urla qualcosa nella sua lingua ma che l’attore non riesce a capire, rimanendo fermo con le mani alzate in segno di resa. Ad un tratto Theo mormora qualcosa che sembra somigliare ad una risposta, nella stessa lingua della banda armata.
«Ci hanno chiesto di mettere le mani sopra la testa.» dice Theo voltandosi verso Benedict e Denise con lo sguardo del terrore. Denise cerca di chiedere a Theo come faccia a conoscere la lingua di quei malviventi ma il più grosso dei sei, che si trova vicino alla donna, le da uno strattone con il suo fucile, facendola barcollare e rischiando di farla cadere. Urla di nuovo qualcosa e stavolta i tre eseguono gli ordini che Theo ha tradotto per loro. Benedict sente il cuore scoppiargli in petto; non ha controllo delle sue emozioni e vorrebbe sparire sottoterra e fuggire il più lontano possibile ma sa bene che mostrare anche solo un pensiero al riguardo equivarrebbe alla condanna a morte di tutto il gruppo. Deve mantenere la calma se vogliono uscirne vivi e, guardando Denise, cerca di far capire il suo pensiero anche alla donna che, continuando a tremare, comincia a singhiozzare dalla paura.
«Vi prego non uccidetemi…» pronuncia tra le labbra senza farsi sentire dagli uomini col fucile; uno di loro, nel frattempo, è incaricato di perquisire i tre ostaggi appena catturati e di verificare la presenza di armi o oggetti di valore. Benedict, Denise e Theo sentono le mani del loro aguzzino cercare tra i loro abiti qualcosa che possa valere la loro attenzione: oggetti preziosi, anelli e soldi. Non appena termina l’indagine e sottratto loro carte di credito e cellulari, l’uomo fa segno al suo capo e scambia con lui poche parole, che terminano con un grido verso i tre attori e delle spinte alla schiena per farli salire nuovamente in macchina. Denise continua a piangere terrorizzata e si aggrappa al braccio di Benedict, stringendolo forte quasi a stritolarlo. Theo rimane paralizzato e immobile nella sua posizione, incapace di emettere un qualunque flebile suono. Benedict riflette velocemente su chi siano quegli uomini e cosa fare per cercare di sopravvivere a quel rapimento.
La macchina con la gomma bucata sfreccia ad una velocità folle verso la direzione opposta della strada, intrufolandosi in un viottolo secondario sterrato, che provoca ancora più danni alla vettura già in pessime condizioni. Dietro di loro, un furgoncino nero dove a bordo si trova il resto della banda.
«Sono locali.» sussurra ad un tratto Theo all’orecchio di Benedict, cercando di non farsi sentire dagli uomini sui sedili anteriori. Benedict rivolge leggermente la testa verso di lui, incrociando lo sguardo perso nel vuoto dell’amico che, come lui, continua a gocciolare sudore dalla fronte.
«Io sono nato qui, per questo capisco la loro lingua. Sono dei criminali locali, abituati a razzie e furti ai forestieri che si imbattono in queste zone. Ma non avevo mai sentito parlare di rapimenti, o peggio, riscatti e omicidi…»
A quelle parole Denise aumenta il volume dei suoi singhiozzi, facendo girare bruscamente l’uomo accanto al guidatore e facendo puntare contro i tre il fucile da caccia che ha con sé, mormorando qualcosa e obbligando Theo a tradurre per lui.
«Dice che se non smetti di lagnarti, la prima a cui faranno saltare le cervella sarai tu.» dice Theo abbassando gli occhi. Denise spalanca gli occhi dal terrore e cerca, con tutta la forza d’animo che le è rimasta in corpo, di trattenere i singhiozzi.
Il resto del breve viaggio trascorre in silenzio, in un ammontare di respiri e sospiri. Ad un tratto la macchina si arresta e i due uomini seduti davanti scendono velocemente, imbracciando le loro armi e aprono violentemente gli sportelli, sbalzando fuori bruscamente i tre attori. Benedict, Denise e Theo vengono spinti a terra, costretti a mettersi in ginocchio come fossero davanti ad un plotone d’esecuzione. Benedict sa che deve trovare alla svelta qualcosa che costringa quegli uomini a non ucciderli, così da guadagnare tempo per cercare una via di fuga, in qualunque modo possibile e con ogni mezzo necessario. Ai due carcerieri che tengono sotto controllo i prigionieri, si aggiungono gli altri che si trovavano nel furgone che li seguiva a poca distanza. Uno di loro si avvicina a Denise e, sciogliendole i lacci delle scarpe, le lega in modo serrato i polsi davanti a sé; poi, allo stesso modo, lega Benedict e Theo, costringendoli alla più totale immobilità. All’improvviso i tre si ritrovano con sei fucili puntati dinnanzi a loro e un uomo che sussurra altre parole incomprensibili. Theo, cominciando a singhiozzare, cerca di rispondere agli aggressori ma senza successo e lo costringono a tradurre le parole pronunciate poco prima.
«Dice che se avete un’ultima preghiera da fare, questo è il momento giusto.»
Benedict ha il cuore in gola, respira affannosamente; nota i polsi leggermente sanguinanti a causa della forte stretta a cui erano sottoposti. È terrorizzato ma non è disposto a morire, non oggi! Ad un tratto si accende nella sua mente un barlume di speranza, un tentativo estremo ma forse la loro unica via di scampo da quell’inferno.
«Non potete ucciderci, noi siamo attori famosi!» dice tutto d’un fiato, raccogliendo quel po’ di coraggio che possiede in corpo e con quel pizzico di follia che avrebbe potuto ucciderli all’istante oppure salvarli, almeno per il momento. Theo traduce velocemente le parole pronunciate da Benedict che, in un primo momento, colgono l’attenzione del capo della banda, che pronuncia a sua volta una serie di parole.
«Se noi adesso veniamo uccisi, voi potreste perdere l’occasione di chiedere tre grossi riscatti. Guadagnereste un mucchio di soldi, ve lo assicuro! Pagheranno profumatamente per chiedere la nostra liberazione.»
Theo non perde tempo e, mentre Benedict parla, lui traduce più in fretta che può per far arrivare chiara e limpida ai rapitori la loro richiesta implicita di salvezza. Gli uomini osservano Benedict con sospetto ma poi, consultandosi tra di loro, si avvicinano a Theo, dicendogli delle frasi.
«Ha detto che se è vero quello che dici, non tarderanno molto a mettersi in contatto con l’ambasciata americana e che per ora possiamo considerarci appesi al filo tra la vita e la morte.»
Dopo di che, prendendoli violentemente da un braccio, Benedict, Theo e Denise vengono condotti all’interno di una tenda e obbligati a sedersi in ginocchio, rimanendo legati e sanguinanti. Usciti i carcerieri, Denise guarda Benedict con gli occhi pieni di lacrime.
«Ci hai salvati, Benedict. Dio, non riesco a crederci…»
«Saremo salvi solo quando potremmo uscire vivi da qui e correre via il più lontano possibile» risponde Benedict, osservando l’uscita della tenda.
«Hey, ragazzi, guardate laggiù» interrompe ad un tratto Theo, facendo cenno con la testa verso il fondo della tenda. Ad un paio di metri di distanza da loro intravedono una piccola figura minuta e accovacciata, girata di spalle, con dei lunghi capelli che scivolavano a terra.
Non sono più soli in questo inferno.
  
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