Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
Segui la storia  |       
Autore: PONYORULES    02/02/2021    1 recensioni
« Facciamo cinquecento grammi? ».
« No, stavolta non funzionerà ».
« Ok, cinquecento grammi di mandorle e duecento di fichi secchi » continua imperterrito.
Taehyung lo spinge via, usando l'unica mano libera. Nonostante ci sia poco spazio, per un attimo vede sparire la testa dell'amico mischiarsi alla folla che sta aspettando pazientemente la metro.
« Ti ripeto che non serve a farmi cambiare idea ».
« .. e una bottiglia da tre litri di succo al kiwi » conclude JungKook, mentre entra con fare distratto nel vagone. L'amico lo affianca, si siedono accanto e per dieci minuti non si parlano tra loro.
Potrebbero essere scambiati per perfetti sconosciuti, anche se con divise uguali continuano a sostenere ognuno il proprio cipiglio. Si guardano attorno: l'uno fissa la mappa delle linee metropolitane, l'altro conta le fermate che mancano, controlla di non aver sbagliato come è solito fare anche se scende alla stessa da che ne ha memoria.
« Due ».
« Mh? ».
« Hai capito benissimo ».
« No, affatto » sul viso del più giovane si apre un sorriso accattivante. « Due cosa? ».
« Due bottiglie, sei litri in totale » ora è il più grande a sorridere. « Prendere o lasciare ».
[Pairing: YoonKook/TaeJin] [Cameo: Block B, Apink]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sorpresa
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
The X Place
Dancing with a X

 
La prima sensazione che prova Park Jimin è quella di sentire freddo. Percepisce i peli fini delle braccia e delle gambe alzarsi ritti come spilli; la pelle d'oca rendere i suoi arti ruvidi al tatto. Sospira, in un mondo nero e compatto. Sa di esserci entrato ma non sa come, si interroga se sia ancora all'interno del proprio corpo, abbandonato nella stanza da letto di sua madre e dimenticato dal resto del mondo.
A questo pensiero ha un sussulto e una nuvola di colore esplode dietro le sue palpebre -quindi ne possiede ancora un paio?- che si tingono di un rosso acceso. Soddisfatto del risultato ci riprova: in fondo deve giusto pensare a qualcosa di vivo e non dovrebbe essere troppo difficile.
Ma è nel momento in cui si mette d'impegno che i ricordi cominciano a sbiadire, inafferrabili fili di una lucentezza ammaliante e sprofonda di nuovo nel buio. 
Allora si lascia andare, capisce di non dover combattere contro nessuno; che non esiste nessun nemico ma che deve darsi tempo per guarire. Torna a domandarsi se ha ancora un corpo a cui tornare o se il suo destino sia quello di vagare nell'etere senza meta per l'eternità.
Il confronto con la realtà lo percepisce come uno sguazzare lento sul pelo dell'acqua, si sente in una piscina profonda e il non sapere nuotare non lo spaventa, perché allargando le braccia e contraendo gli addominali riesce a stare in superficie. No, non ha paura, mentre l'acqua entra ed esce dalle sue orecchie, ovattando i rumori che crescono d'intensità tutt'intorno a lui. 
Prova ad inspirare ma qualcosa gli blocca questo gesto spontaneo quindi con rapidità si porta entrambe le mani al viso e il dolore lo catapulta a Seoul, su un letto di ospedale dalle lenzuola bianche. 
Le sue mani si serrano su un tubo di plastica e comincia a tirarlo, sentendosi i polmoni troppo pieni di ossigeno. La testa viaggia veloce e gli occhi, lacrimanti e gonfi, scrutano la stanza in cui si trova. 
E' nel panico più totale e capisce solo dopo qualche minuto che c'è qualcuno accanto a lui che sta incitandolo a calmarsi e a prendere un respiro. Prova a mettere a fuoco ma è tutto dello stesso colore, di un bianco così forte da fargli stridere i denti. 
« Aiutami » sussurra, mentre si sente toccare. Due mani forti lo fanno stendere e rimangono lì per un tempo che gli pare lunghissimo. 
« Sta arrivando il dottore, ora cerca di calmarti ».
Jimin comincia a piangere, la mente troppo offuscata per pronunciare altre parole. Geme e basta, mentre il suo sguardo torna a fermarsi sul suo corpo, fasciato da spesse coperte beige. Nell'incavo del braccio sinistro è inserita una flebo ma non vede dove finisce e manco gli interessa.
« Ora sei al sicuro ». 
Quella frase, detta per tranquillizzarlo, ha un retrogusto amaro quando prova a ripeterla.
Nelle orecchie rimbomba per un numero infinito di volte e la voce che glielo sussurra ha un timbro molto simile a quello di Hoseok.

Il secondo tentativo va meglio. 
Jimin viene svegliato dal rumore di una tenda che viene tirata e la luce del sole lo bagna di calore. Il suo corpo reagisce in modo spontaneo e gli fa aprire gli occhi su un mondo più colorato di quello che ricordava. 
Il ronzio sommesso di un umidificatore accanto al letto attira la sua attenzione e si ferma a guardare l'accenno di fumo di vapore che si innalza dal cono di plastica. L'infermiera gli si avvicina e lo chiama per nome. 
« Sei sveglio » constata, mentre gli sorride. E' truccata in modo leggero ed è molto carina, cosa che fa arrossire la punta delle orecchie di Jimin, che per l'imbarazzo prova a nasconderle sotto i capelli corvini. « Ora vado a chiamare il dottore » ricomincia, ma mentre si dirige verso la porta della camera ci ripensa e si gira verso di lui. « Ti abbiamo tolto l'ossigeno ieri mattina perché non ne avevi più bisogno. Ma se senti di respirare male dimmi qualcosa così proviamo a capire insieme come farti stare meglio ».
Jimin vorrebbe ringraziarla a voce ma le parole si incastrano in gola, in mezzo fra la trachea e la scatola di spilli che probabilmente, in sua assenza, ha deciso di prendere posto affianco al pomo d'Adamo. Indispettito dalla spossatezza appena dimostrata alza il pollice per ringraziarla in un gesto che spera essere abbastanza cool per la situazione.
Mentre la vede uscire sospira, appuntandosi mentalmente di recuperare più coraggio per la prossima volta. Aspettando di ricevere un'altra visita si guarda intorno e capisce di essere in una stanza da solo, con pesanti tende a righe ai lati dell'unica finestra che riesce a donare un po' di luce a quelle quattro pareti che altrimenti risulterebbero anonime e spente.
Il televisore di fronte a lui è stato montato su una staffa ed è inclinato leggermente a destra, con il cavo staccato che penzola vicino alla presa elettrica. 
Si prende tempo per guardare il proprio corpo, ma non è semplice togliersi di dosso le coperte pesanti. Quando tenta di spostarle con entrambe le braccia si rende conto di avere un avambraccio fasciato da pesanti bende che gli impediscono il movimento e un paio di dita steccate. Questa scoperta gli crea più dolore di quello che si aspetta e il respiro gli si blocca a metà fra lo sterno la gola
Torna ad agitarsi ma il bussare costante sulla porta rimanda indietro il magone che percepisce.
« Avanti » dice con voce decisa. 
« Sono contento di vederla sveglio, signor Park » l'uomo che entra nella stanza lo supera in altezza di almeno due spanne ed ha spalle larghe. Jimin si sente subito più tranquillo in sua compagnia e si chiede se il professionista che si trova di fronte sia consapevole dell'effetto che fa sui suoi paziente. « Come si sente? ».
« Ancora confuso » ammette il ragazzo, guardandolo negli occhi per cercare di capire la sua espressione sotto alla mascherina che indossa.
I suoi occhiali dalla montatura sottile si appannano ai lati mentre annuendo incrocia le braccia al petto. « Questo è normale, signor Park. L'abbiamo presa in cura in seguito ad un emergenza ed è arrivato in stato incosciente, probabilmente dovuto al livello di dolore raggiunto ». 
L'uomo dal camice bianco arriva in fondo ai piedi del letto e prende in mano la sua cartella clinica. Si prende un abbondante minuto per sfogliarla, come se il concetto di fretta gli fosse totalmente estraneo. Fa un lungo respiro e poi alza di nuovo lo sguardo su Jimin mentre un raggio di sole fa capolino dal tetto dell'edificio di fronte, inondando entrambe le figure di una luce calda. 
« Si ricorda il motivo per cui è qui, signor Park? » la domanda aleggia fra di loro per un attimo. Il tono con cui gliel'ha rivolta non ha niente di sgradevole e le spalle del ragazzo allettato si abbassano, una volta che si allenta la tensione.
« So solo che mia madre era con me » incomincia, i suoi occhi castani si riempono di lacrime. « Lei come sta? ».
Il dottore sembra sorridere dietro al tessuto chirurgico, perché il suo sguardo si intenerisce. « Stia tranquillo, sua madre è stata dimessa e non ha riportato ferite gravi » il peso viene spostato da un piede all'altro, come per prendere tempo. « In quanto a lei.. presenta diverse contusioni e le abbiamo dovuto riposizionare la mandibola perché era stata dislocata ».
Il cuore di Jimin impazzisce dentro al petto.
« Signor Park, il suo occhio destro è tumefatto e ha segni evidenti di strangolamento » ora la voce del dottore è un eco lontano e il ragazzo spende le energie rimaste per cercare di non farsi prendere dall'agitazione. « La mano sinistra riporta una microfrattura all'altezza della prima falange dell'indice e dell'anulare e nella parte destra ha subìto una frattura del trapezio. Qualunque cosa le sia successa ha tentato di difendersi con tutto se stesso ».
Il corpo di Park Jimin viene scosso da un forte singhiozzo, trattenuto per troppo tempo.
« Non posso immaginare che cosa stia passando in questo momento e le chiedo di avere un po' di pazienza con me: le devo finire di spiegare alcune cose, per fare in modo che lei capisca » l'uomo si avvicina al suo letto e una mano va a posarsi sulla sua spalla. « Prima di tutto le voglio assicurare che è in una struttura specializzata e il personale è molto discreto. E' al sicuro con noi, signor Park » la sua presa si stringe appena, per dare maggior effetto alle parole appena espresse. « Ora c'è la parte meno piacevole ».
« Quando posso vedere mia madre? I miei amici.. » la sua voce torna a spegnersi. 
« Nessuno può venirle a fare visita in questo momento e me ne dispiaccio. Purtroppo non è una cosa che spetta a me decidere. Non le è consentito neanche uscire dalla sua stanza senza essere accompagnato da un infermiere ». 
Il ragazzo lo guarda, perplesso. 
« Signor Park lei è momentaneamente sotto la nostra custodia e prima di poter ricevere visite è necessario che scambi due parole con i poliziotti del suo distretto ».
« Che cosa vogliono da me? » Jimin sente l'impellente bisogno di scappare lontano. 
« Hanno bisogno di raccogliere la sua testimonianza, ma questo è tutto ciò che so ».

« Grazie ».
La parola viene pronunciata inizialmente con timidezza e poi ripresa con più coraggio. Hoseok la ripete perché è convinto del fatto che Kim Yukwon non l'abbia sentito. 
Stanno viaggiando per le larghe strade di Seoul in una macchina anonima, dal colore anonimo e indossano entrambi vestiti scuri, tirati fuori da un zaino recuperato dal bagagliaio. Il ragazzo dagli occhi affilati gli ha lanciato una maglia dalle maniche lunghe e una felpa pesante e gli ha intimato di indossarla durante il tragitto. Per praticità li ha indossati sopra agli altri, ma si è trovato a spiare l'altro ragazzo mentre si sfilava la camicia, scoprendo così i bicipiti definiti. 
Hoseok ha deglutito ed ha voltato la testa e in questo modo non si è reso conto del sorriso che si è aperto sulla bocca di Yukwon. 
Il ragazzo alla guida sa che la migliore cosa da fare per non destare sospetti è guidare ad una velocità media, rispettare le regole della strada e farsi riprendere da tutte le telecamere possibili. In tutto questo mantenere la calma, invogliato dal fatto che dentro di sé sa che sta facendo la cosa giusta. Hoseok ha una gamba che martella il tappetino della macchina, se dovesse continuare a quel ritmo probabilmente finirà per fare un buco nella tapezzeria. 
Kim Yukwon gli appoggia una mano sul ginocchio e lo guarda, con il favore di un semaforo rosso. 
« Cerca di calmarti » gli dice. 
« Perché lo fai? Intendo dire: chi sono io per te? ».
Il ragazzo interpellato si prende il tempo necessario per rispondere. Mentre ingrana la marcia e riparte scrolla le spalle. « Una persona che ha bisogno del mio aiuto. E tanto mi basta ».
« Dov'è la fregatura? » Hoseok non riesce a trattenersi. Sono passati troppi giorni ed è come se si fosse scordato come parlare con un'altra persona al di fuori della sua testa.
Yukwon non stacca gli occhi dalla strada, abbassa la leva della freccia e, prudente, svolta verso sinistra. « Tanto mi basta » ripete e il suo tono è categorico.
Il resto del viaggio lo trascorrono in silenzio e quando i freni cigolano sommessi davanti ad un locale poco illuminato Yukwon aggrotta la fronte. 
« Sei sicuro che sia il posto giusto? ».
« Sì » Hoseok è visibilmente emozionato. Mentre si slaccia la cintura ha le mani che tremano. « Sono arrivato » indugia un po' e poi lo ringrazia di nuovo.
Yukwon annuisce e lo invita a scendere prima di fargli cambiare idea e rapirlo di nuovo per farlo diventare il suo schiavo personale. Hoseok ride di gusto davanti alla proposta sfacciata e mentre apre la portiera gli risponde che a prescindere da tutto gli deve un favore. 
Gli occhi scuri dell'altro si accendono di una luce maligna e mentre lo vede andare via Hoseok cerca di capire se sia stata la cosa giusta da dire.
Entra nel piccolo negozio del nonno di Namjoon e si guarda intorno, incerto.
Min Yoongi è fra le braccia di Jin, il suo viso è nascosto fra le pieghe della giacca dell'altro. Le dita diafane si stanno aggrappando al tessuto, come se non riuscisse a farne a meno.
Hoseok si rende conto di non averli mai visti così vicini e le sue guance si imporporano, come se fosse appena stato testimone di un contatto intimo e segreto. Si schiarisce la gola e Jin gira la testa di scatto, tenendo l'amico ancora stretto fra le sue lunghe braccia. Non ha intenzione di lasciarlo andare per nulla al mondo, sembra dire la sua espressione. 
L'altro alza lo sguardo verso di lui e poi riconosce Hoseok e prova ad andargli incontro, ma è ancora preda di quel abbraccio consolatorio.
« E' tutto a posto » gli dice semplicemente e in un attimo è di nuovo libero. 
Hoseok si butta fra di loro e li abbraccia entrambi, mentre il proprietario biascica qualcosa sul chiasso dei suoi unici clienti della giornata e si sistema su uno sgabello all'entrata del negozio. 
Yoongi gli accarezza i capelli lunghi e con sguardo triste gli dice che vorrebbe sistemarglieli ma che non è possibile farlo perché il negozio non può aprire senza prima pagare una somma che non può permettersi. 
Comincia a elencargli i problemi che sono stati trovati e a quanto costa metterlo in sicurezza e mentre glielo spiega ha la voce che trema. Jin è appoggiato al bancone del piccolo negozio e ha il telefono nell'altra mano: la tenerezza del gesto di poco prima sembra non appartenergli più. 
Hoseok chiede di avvertire gli altri e di trovarsi nel posto abbandonato che di solito usano d'estate, ma quando chiede dove sia Jimin il colorito di Yoongi si fa più bianco del solito e mentre lo invita a sedersi capisce che c'è qualcosa che non va.



  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS) / Vai alla pagina dell'autore: PONYORULES