vestito blu, vestito di raso
Alice è felice.
Alice è contenta, sta per
comprare il vestito che ha visto prima, quando andava a scuola.
Vestito blu, vestito di
raso.
Alice può comprarne anche
due, di vestiti. Perché lei i soldi li ha, come pochi, come tanti che
vorrebbero essere al suo posto.
Ma oggi non ha voglia, no.
Oggi ha voglia di non
essere quella ricca, quella dei tanti soldi, quella dei sogni rubati a tante
ragazze come lei,
quella perennemente chiacchierata, quella nella bocca
della gente.
Oggi ha voglia di essere
normale. Di essere Alice, e basta.
Entra nel negozio, indica
il vestito.
E’ lì per lei, è lì per lei.
Alice batte le mani,
radiosa di felicità, una felicità immensa quanto ingenua.
Alice esce dal negozio, e
si specchia nella vetrina. Fa una giravolta, fa due giravolte.
Alice splende più del sole
che le bacia il viso, i dolci lineamenti, la carnagione chiara.
Alice è soddisfatta.
Finalmente, Alice sorride.
Comincia saltellando la
strada verso casa, sorridendo, canticchiando, ballando.
Alice è arrivata ad un
vicolo buio, stretto.
Ma è così contenta che non se ne accorge nemmeno, che ha sbagliato strada.
Improvvisamente sente
delle voci, e Alice si risveglia dal suo sogno, e gira la testa, spaventata.
In fondo al vicolo vede
delle persone.
Alice comincia ad
agitarsi, la paura le attanaglia lo stomaco, le blocca la gola, il respiro, il
cuore.
Ma no, Alice, va tutto
bene, va tutto bene, si dice.
Adesso gli passi vicino,
ti seguiranno con lo sguardo, osserveranno il tuo bel corpo, invidieranno il
tuo vestito nuovo,
vestito blu, vestito di raso. Niente di più, niente di
meno di ciò che fa chiunque quando ti incontra, Alice.
Un passo, con sforzata
finta noncuranza.
Due passi, un sorriso
fugace.
Tre passi, Alice capisce.
Un uomo si stacca lentamente
dal resto del gruppo, la fissa, con la bocca che disegna una sottile linea sul
viso storpiata
sul lato sinistro, che ad Alice pare tanto un ghigno.
L’uomo si avvicina, chiede ad Alice se vuole unirsi a loro.
Ma no, Alice è una brava
ragazza, non lo farebbe mai.
Alice fa un passo
indietro, e accelera il passo, cercando di mantenere un’ aria
fiera, orgogliosa. Ma dentro, Alice trema tutta.
L’uomo si fa avanti, la
prende per un braccio, e ad Alice pare quasi una tenaglia di ferro.
Alice si dimena, cerca di
liberarsi, per poi fuggire via, via – riesce quasi a vedere la fine del vicolo,
vede delle persone.
Un altro del gruppo è
arrivato ad aiutare l’uomo, la tengono ferma. Alice ha il cuore che le squarcia
il petto,
strattona le braccia dei due, tira qualche calcio, cerca di
dimenarsi.
Arriva un terzo individuo,
Alice urla, urla aiuto, ma l’uomo le tappa velocemente la bocca.
E Alice capisce.
La prima lacrima comincia
a scendere, e si chiede, perché a me, dio mio, dio buono, dimmi cos’ ho fatto
mai io di male,
dimmelo, perché io non lo capisco, cos’ ho fatto per
meritarmi questo.
Un (uomo?) si avvicina,
tenta di strapparle il vestito, e i primi pezzi di stoffa cadono per terra.
Alice sente unghie che le
graffiano la schiena, le tolgono tutto quelle che ha addosso, e Alice sente
delle mani,
tante mani, mani fredde, unte, mani gelide, mani che
appartengono a – uomini? – senza alcun sentimento, senza alcun cuore.
No, sono mostri.
Ma Alice è forte, stinge
gli occhi e digrigna i denti, e aspetta.
Aspetta solo che tutto
finisca – finirà, Alice?
E intanto sente male,
sente il sangue sulla sua pelle, la sua pelle tanto dolce quanto vellutata,
ma Alice ha sempre gli occhi chiusi, e sente solo
male, male dappertutto, male è tutto, Alice sente il fuoco dentro.
Ma a un punto Alice viene
scaraventata a terra, e non sente più niente.
Rimane a terra, ad
ascoltare il suo respiro, e rimane sorpresa, perché non pensava che si
respirasse ancora, da morti.
Perché Alice è morta, lei
ne è certa. Allora cos’è tutto quel dolore, che ancora c’è, è l’unica cosa che
c’è.
Dopo secondi, minuti, o
ore, sente dei passi, e una voce. Alice non è nemmeno più capace di avere
paura.
Si sente sollevare da due
braccia possenti, calde, si sente trasportare su due spalle larghe, calde.
E dopo secondi, minuti, o
ore, Alice apre gli occhi (maledizione, sono viva) e lentamente, volge lo
sguardo verso il suo corpo.
E guarda quel vestito blu,
vestito di raso, o almeno dove era prima, perché ormai non c’è più.
Al suo posto c’è un altro
vestito.
Eccolo, il suo vero
vestito nuovo.
Vestito rosso, vestito di
sangue.
Spazio autrice
Vorrei
dire poche parole. L’idea di questa shot era nata nel maggio di
quest’anno, avevo cominciato a buttare giù qualche riga, ma sono riuscita a
finirla solo oggi, 3 mesi dopo. Non so come spiegarlo, ma mi fa faceva quasi
paura, perché non volevo e non voglio tutt’ora che faccia l’impressione di una
fic che da importanza a quei mostri che ogni giorno sfigurano il viso e il
corpo di sempre più donne.
Al
contrario, questa fic è scritta in onore di tutte le donne e ragazze che hanno
avuto la maledetta sfortuna di indossare il vestito rosso, la cui vita è stata
rovinata causa questi bastardi che considerano il gentil sesso un vero e
proprio giocattolo da utilizzare e sfruttare a loro piacimento, ma che hanno
avuto la forza di denunciarli e di andare avanti. Perché non so voi, ma a me
sentire ogni santo giorno al telegiornale la notizia di una donna che viene
violentata mi fa venire una rabbia tremenda.
Spero
vivamente che sia piaciuta, e prego chiunque legga a lasciare un commentino, anche piccolo piccolo :) giusto per sapere
chi l’ha letta.
Un bacio
E.
PS: alla
faccia delle poche parole XD