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Autore: chemist    02/02/2021    0 recensioni
"Hai aspettato".
"Certo che si".
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maeve Wiley, Otis Milburn
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5
Non si può ingegnerizzare una relazione

 
L’indomani, sulla via che porta alla scuola, Otis si sentì come uno di quei castelli di carte che rimangono in piedi solo nell’attesa di quel singolo spostamento d’aria che li farà crollare.
Aveva dato (spontaneamente, per giunta) a Jackson l’unica cosa che potesse aiutarlo a conquistare definitivamente Maeve, laddove il suo perfetto aspetto fisico e il suo carattere estroverso avevano finora fallito: una dettagliata descrizione dei suoi hobby, dei suoi gusti, della sua personalità.
“Per quanto ne sai non è ancora entrato in azione” tentò di rassicurarlo Eric, con poco successo. “Puoi ancora fermarlo”.
“Punto primo, non è ancora ‘entrato in azione’ perché ieri Maeve, uscita dalla piscina, è dovuta tornare subito a casa per cambiarsi” precisò Otis, pedalando sulla bici.
“Beh, se non altro puoi dire di averla fatta bagnare!” scherzò Eric, scoppiando a ridere.
“Punto secondo, cosa credi che debba fare per fermarlo? E soprattutto, perché dovrei fermarlo? Io non…non ho nessun interesse per la vita sentimentale di Maeve” provò a mentire, ma l’alzata di sopracciglio di Eric gli rinfacciò la sua poca credibilità.

Arrivati a scuola, si imbatterono subito nella diretta interessata.
“Buongiorno, testa di cazzo!” lo salutò Maeve, come sempre a modo suo.
“M-Maeve, ciao” farfugliò Otis in risposta. “Non hai mica incontrato…ehm…diciamo Jackson, vero?”.
“No. Perché me lo chiedi?” si insospettì lei, mordendosi le unghie.
“Niente, niente” sorvolò Otis. “Piuttosto, come vanno gli affari?”.
“Non molto bene” borbottò la ragazza, nel cui sguardo si nascondevano nuove preoccupazioni. “Abbiamo concluso poco questo mese, e io ho davvero bisogno di soldi, Otis. Alle 11 hai un altro appuntamento con Ruthie: per favore, cerca di chiudere questa storia, sarebbe una boccata d’ossigeno”.
“Uhm, okay, ma…” rimuginò Otis, rivolgendosi poi al suo migliore amico: “Eric, potresti lasciarci un attimo da soli? Avviati in classe, ti raggiungerò a breve”.
“Certo, certo” rispose Eric, incamminandosi poi verso l’aula con espressione sconsolata.
“Diventi sempre più brutale nel liquidarlo. Stai mettendo su una gran bella faccia di bronzo” lo punzecchiò Maeve, con quel sorriso sfrontato a cui Otis non riusciva proprio a resistere. “Allora, di che si tratta?”.
“Farò del mio meglio con Ruthie, ma intanto…”, rovistò con la mano destra nel taschino interno del giubbotto, “…tieni” disse, porgendole dei soldi.
“E questi da dove saltano fuori?” domandò lei spiazzata mentre le luccicavano gli occhi.
“Non ha importanza”.
“Otis, non voglio né beneficenza né debiti”.
“Non avrai nessuno dei due. È…è la tua parte”.
Era un pessimo bugiardo, ma almeno quella volta Maeve se la bevette.
“Ma dici sul serio?”.
Otis annuì, e lei riuscì a stento a reprimere la gioia che, altrimenti, l’avrebbe fatta saltare per tutto il corridoio.
“Cazzo, sei il mio angelo, Otis!” esclamò, con tanto di affettuoso pugno sulla spalla.
Lui non rispose né alla frase, né alla provocazione: si soffermò semplicemente sulle sue labbra, sul loro colore e sulla piega che avevano assunto per la felicità del momento.
Avrebbe voluto baciarla. Avrebbe tanto voluto baciarla. Ma poi si ricordò di Jackson, del casino che aveva combinato e dei soldi che gli aveva dato, e che ora lui aveva dato a lei.
“Non so veramente come ringraziarti. Ci vediamo più tardi” raccomandò quindi Maeve, allontanandosi a rapidi passi.

“Come sono andato?”, chiese Otis compiaciuto alla ragazza che aveva davanti.
“Sei l’unica persona al mondo che riesce a rendere meno sexy il francese” replicò scorbutica Ruthie, roteando gli occhi e scuotendo la testa.
Avevano infatti deciso di spostare la terapia nell’aula del corso di francese, che ovviamente seguivano assieme.
“Già, suppongo che tu abbia ragione” ammise, massaggiandosi le tempie. “Perché non passiamo ad un campo in cui sono più bravo? Cos’è che non va con Tanya?”.
Ruthie abbassò la voce, invitando implicitamente Otis a fare lo stesso: “dovresti dirmelo tu, sei tu l’esperto, no?”.
“Io un’idea ce l’avrei”, confessò. “Sei molto legata alla tua ragazza, questo è fuori discussione…ma, sotto sotto, te ne piace un’altra”.
Lei rimuginò per qualche istante, visibilmente intristita, poi riprese: “Tanya è la mia migliore amica da anni…ed essendosi accorta prima di me di essere lesbica, mi ha aiutata moltissimo con il mio coming out; questo ha portato entrambe a credere che potessimo stare insieme, o che almeno avremmo potuto provarci”.
“Ma non è andata esattamente così” commentò Otis, che stava sapientemente riuscendo a mettere a proprio agio anche un tipo parecchio introverso come Ruthie.
“No, per nulla. Sarà che abbiamo caratteri diversi, sarà l’amicizia di lunga data…ma quando facciamo sesso mi sembra tutto sbagliato, terribilmente sbagliato. Al contrario, quando lo faccio con Jessa”, e indicò con un cenno del capo una ragazza seduta ad un banco poco distante, “mi sento alla grande; mi sembra più…più giusto, mi capisci? Non so proprio cosa fare”.
“Sappiamo tutti e due qual è l’unica cosa da fare, in questi casi” disse Otis. “Devi dire la verità a Tanya”.
“Ne morirebbe”, si strusse Ruthie.
“Io credo che la faresti soffrire di più continuando a fingere, e faresti del male anche a te stessa. Non puoi scegliere da chi essere attratta. Non si può ingegnerizzare una relazione”.
I due si fissarono per qualche secondo, e tanto bastò a Ruthie per convincersi che avesse ragione lui.
“Comunque, un adolescente che dà consigli sul sesso a pagamento resta una cosa strana per me”.
“C’est la vie” ridacchiò Otis, pensando che in effetti era paradossale che uno studente, oltretutto schivo e impanicato come lui, certe volte insegnasse ai ragazzi più cose di quante ne insegnassero i professori. Non sapeva nemmeno perché lo faceva, ma in compenso sapeva benissimo per chi lo faceva.
“Vale anche per te e la ragazza punk?”, domandò improvvisamente Ruthie.
“Come?”.
“Lei ti piace, eppure neanche con lei riesci a ingegnerizzare una relazione, non è così?”.
“A…a me n-non piace Maeve…”.
“Oh no, certo che no” replicò Ruthie sarcasticamente.
“Siamo solo amici”.
“Certo, come me e Tanya”.
“Ripeto: siamo solo amici. E soci in affari”.
Infine credette di scorgere un ghigno sulle sue labbra. “Capisco, capisco. Se però hai qualche piano per lei ti consiglio di darti una mossa: Jackson si è messo in testa di conquistarla ad ogni costo e inizierà oggi stesso a…’corteggiarla’”.
Otis deglutì e spalancò gli occhi. “E…e tu co-come lo sai?”.
Ruthie scrollò le spalle come se quanto stava per dire fosse una cosa ovvia: “l’ho sentito in giro. Lo sa tutta la scuola tranne te, a quanto pare. Di’ un po', balbetti sempre così tanto quando si parla della tua anonima e assolutamente non attraente amica e socia in affari?”.
“Cosa…cosa intende fare precisamente Jackson?”.
“Ah, non lo so, farneticava di biblioteca e un concerto e…”.
Biblioteca. Bene.
“Grazie mille” la interruppe Otis prima di scappare via il più veloce che poteva, ignorando non solo l’espressione basita di Ruthie, ma anche il fatto che con quella scenata aveva praticamente avvalorato la sua tesi.
Si, si, mi piace Maeve. Ed è per questo che devo fermare Jackson. Subito!
Era questo che gli rimbombava nella mente mentre correva a perdifiato verso la biblioteca, senza avere neanche la minima idea di ciò che avrebbe fatto una volta lì.

“Guarda: soltanto tu hai preso in prestito questo libro dal 1972. Non è assurdo?”, gongolò Jackson.
“Non più”, rispose Maeve reprimendo a stento la propria soddisfazione. “Non ti facevo tipo da Virginia Woolf”.
“Perché no? Adoro leggere, e lei era senza dubbi una scrittrice geniale”.
“Su qualcosa siamo d’accordo, allora” lo stuzzicò lei. Forse era davvero scattata una molla nella sua mente, perché volente o nolente cominciava a guardarlo in modo differente.
“Più di qualcosa” assicurò Jackson. “Ti piace il punk, non è così?”.
“Fra le altre cose”, confermò Maeve.
“Fantastico, che ne diresti allora di venire con me al prossimo live dei Pussyfest?” le propose il ragazzo, tirando fuori dalla giacca due biglietti per il concerto della band, che ora sapeva essere una delle preferite di Maeve.
Lei però non mollava facilmente: “mi piacerebbe molto, ma…”.
Non riuscì a terminare la frase perché Otis, a furia di correre, andò a sbattere contro il banco che avevano davanti, e per poco non lo capovolse.
“Che cazzo…”.
“Maeve! C-cercavo…cercavo proprio te”.
Jackson lo fulminò con un’occhiata, ed Otis se ne accorse: “Oh, ciao Jackson! Non…non sapevo ci fossi anche tu…spero di non avervi…disturbati”.
“Possibile che tu sia sempre…affannato, quando ti incontro?” domandò ironicamente il rappresentante scolastico.
Per evitare riferimenti alla loro precedente conversazione, Otis cambiò immediatamente discorso: “Maeve, dovrei…parlarti di una cosa…una cosa riguardante, ehm…la clinica. Ti dispiace, Jackson?”.
“Oh, no”, finse l’altro, “stavo giusto chiedendo a Maeve se le andasse di venire a vedere i Pussyfest”.
La ragazza fece una faccia strana, come se le desse fastidio parlare di certe cose in presenza di Otis: “ed io gli stavo giusto spiegando che stasera non posso. Sono impegnata con un saggio”.
“Eddai…”, insistette Jackson, “prenditi una pausa!”.
Otis si sentì orribilmente a disagio ad assistere a quelle sceneggiate, e anche Maeve era terribilmente imbarazzata, così tagliò corto: “se ho detto no, è no. Divertiti al concerto”.
“Capisco”, si arrese infine Jackson con aria sconfitta. “Ci vediamo in giro. Vale anche per te, Otis”.
Perché suona come una minaccia?, pensò il giovane sessuologo mentre il compagno se ne andava.
Fu dunque Maeve a richiamare la sua attenzione: “Che succede adesso? Problemi con le terapie?”.
“No, no…tutt’altro. Con Ruthie me la sono cavata piuttosto bene. Credo di aver…chiuso la pratica”.
“Tutto qua?” ribatté Maeve in tono piccato.
“Beh…si. Credevo fosse importante”.
“Okay, ma ti sei seriamente fatto quella sfacchinata solo per dirmi che hai ‘chiuso la pratica’ con Ruthie?”, gli fece il verso lei.
“Scusami, non sapevo fossi col tuo ragazzo”.
“Jackson non è il mio ragazzo, Otis. E comunque non sono affari tuoi” ringhiò stizzita Maeve.
“Calma, calma, stavo scherzando!” si difese Otis, alzando le mani. “Anche perché non mi pare che tu l’abbia trattato alla maniera con cui vengono solitamente trattati i fidanzati: sei sempre più brutale nel liquidarlo, hai una gran bella faccia di bronzo”.
Maeve riconobbe la citazione e, malgrado tutto, si fece strappare un sorriso sincero: “scusa se sono stata aggressiva, ma domani c’è la consegna dei saggi alla signorina Sands e sono abbastanza…stressata”.
Preferì tuttavia nascondergli il fatto che dovesse scriverne uno anche per Adam Groff, al quale lo aveva promesso in cambio di altri soldi. Non avrebbe però saputo dire per quale motivo glie lo nascose, se per risparmiargli altri grattacapi o perché, nel profondo, si sentiva una stupida a prestarsi a simili richieste.
“È comprensibile, ma non preoccuparti” cercò di tranquillizzarla lui, pur non azzardando la consueta pacca sulla schiena. “Sono sicuro che andrai alla grande”.
Lei non rispose, ma gli rivolse uno sguardo ricco di gratitudine.
Forse Jackson glie l’avrebbe portata via prima di quanto immaginasse, ma per quel giorno, per quell’attimo, poteva ancora considerarla la ‘sua’ Maeve.
“È meglio che vada. Si sta facendo tardi e quel saggio del cazzo non si scriverà da solo”.
Si alzò, dirigendosi verso l’uscita della biblioteca, e fu in quel momento che Otis valutò l’ipotesi di stravolgere tutte le carte in tavola.
E se invece di aspettare Jackson lo avesse anticipato?
“Maeve!”.
“Si?”.
Coraggio, Otis. È stata lei per prima a tirare in ballo l’idea di andare a cena insieme qualche volta. Invitala, Otis. Invitala!
   
 
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