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Autore: Ale Villain    06/02/2021    0 recensioni
AGGIORNATA CON IL CAPITOLO 26 - MARZO 2024
Era così lei: niente di più che una studentessa dalla vita semplice, circondata da pochi affetti e con un passato misterioso, ma che ormai per lei non rappresentava che un mero ricordo. Era così lei, da quando era in quel mondo: ma per quanto ancora le sarebbe andato bene?
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I.V era stranamente agitato. Non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva nemmeno come approcciarsi e che motivazione dare a questa sua “visita” inaspettata.
[...]
Stava per muovere un altro passo quando sentì un rumore veloce, alla sua sinistra, proprio dove si trovava il soggiorno.
Si bloccò e si girò piano.
Finalmente la vide.
Era a pochi passi da lui.
E gli stava puntando contro una pistola.

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Sospirò nervosa e fece per chiudere la porta; I.V, però, non glielo permise e posizionò con uno scatto il piede tra la porta e lo stipite.
Mise una mano sulla porta, spingendola fino ad aprirla nuovamente.
"Non costringermi a usare questi metodi" sussurrò, guardandola intensamente negli occhi.
Ambra deglutì. Quel timbro di voce l’avrebbe fatta impazzire, prima o poi.
Genere: Azione, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo III: Quando capirsi è difficile
© AleVillain
 





 
Giovanni aprì la finestra della camera di Ambra.
“Alzati” disse laconico, prima di uscire a passo di marcia dalla stanza.
Ambra rimase sdraiata nel letto, a rimirare il soffitto. Era passato solo qualche giorno da quella volta in cui era successo quel casino. Non sapeva nemmeno lei come definirlo. Il problema era che, ovviamente, per paura delle conseguenze, non aveva spiccicato parola con suo fratello di quanto successo. Sapere che i coreani erano a conoscenza della sua ubicazione e della sua storia, l’aveva fatta preoccupare e non voleva assolutamente mettere in pericolo Giovanni.
Solo che, non dicendo niente, Giovanni si era arrabbiato parecchio. In sostanza, non le parlava da giorni. Lo faceva solo se strettamente necessario, altrimenti la evitava in pieno. Questo perché Ambra non aveva saputo elaborare una scusa buona. L’unica cosa che era riuscito a dirgli era stata che il telefono si era spento e che aveva passato la giornata in università.
Ma, ovviamente, Giovanni non le aveva minimamente creduto. Potevano anche non essere fratelli di sangue, ma la conosceva come le sue tasche. Più che altro si sentiva offeso per il fatto di non volergliene parlare. Ma come poteva dirgli la verità, senza rischiare di metterlo in pericolo?
Ambra sospirò, decidendo di alzarsi dal letto. Guardò l’orario sulla sveglia: 08.02
Aveva deciso che quella mattina sarebbe tornata ad uscire, cosa che non faceva da quando era tornata a casa quel giorno. E stavolta a lezione ci sarebbe andata e rimasta. Se c’era una cosa che aveva imparato da quella esperienza, era che saltare le lezioni o uscire prima portava solo guai.
Quel giorno aveva anche deciso di vedersi con Richard. A lui aveva intenzione di dire una mezza verità, se ci fosse riuscita. Sì, perché la paura dei cacciatori non sarebbe di sicuro svanita dalla mattina al pomeriggio.
La scelta del perché aveva deciso a lui di dire qualcosa in più era che, innanzitutto, i cacciatori sembravano non conoscere chi fosse, sapevano solo che lei aveva un fidanzato. Secondo, i grandi sensi di colpa nei suoi confronti. Se da quel casolare non fosse uscita viva, l’ultimo ricordo che avevano insieme era una discussione al telefono sul fatto che non riuscissero ad andare in vacanza.
Il giorno prima aveva anche preparato dei biscotti alle mandorle. Sapeva che erano il suo gusto preferito, così ne aveva impacchettato qualcuno da portargli. Gli altri li aveva fatti per Giovanni, ma non era servito a nulla. L’unica cosa che si era sentita dire dopo aver fatto i biscotti, era che voleva la cucina pulita entro l’ora di cena.
Optò per una doccia veloce, per tentare di scacciare via i brutti pensieri, e si diresse in cucina per la colazione. Mangiò un paio dei suoi biscotti e prese un caffè. Dopo si diresse in camera per preparare lo zaino.
“Hai visto il mio zaino?” urlò al fratello, che aveva appena preso le chiavi di casa ed era intento ad uscire per il suo turno di lavoro “Quello viola, dico”
“No” rispose lui, conciso.
“Dai, davvero” continuò lei a voce alta, con tono più lamentoso “Non lo trovo”
Stava guardando ovunque: sotto il letto, di fianco all’armadio, in mezzo alla sua pila di vestiti sulla sedia.
“Non l’ho visto” rispose lui, nuovamente, mentre girava le chiavi nella toppa “E comunque quando lunedì sei tornata a casa non lo avevi” uscì di casa e chiuse la porta con un tonfo sordo.
Ambra si bloccò sul posto e strabuzzò gli occhi, voltandosi piano verso la porta della sua camera. “COSA?”
 
 
***


“Vaffanculo” disse sottovoce, mentre vedeva il semaforo diventare rosso nonostante la corsa che aveva fatto.
Era tutto il giorno che imprecava e per il momento non aveva intenzione di finirla lì.
Non ne stava andando bene una. Per di più, pur di poter girare in città indisturbata, aveva recuperato la sua vecchia carta d’identità, scaduta. Ma prima o poi sarebbe andata a denunciarne la ‘perdita’, anche perché non aveva la più pallida idea di come rintracciare quei tipi e di certo non voleva stare ad aspettare loro.
Si grattò furiosamente la testa. Fece un respiro profondo e cercò di darsi una calmata. Almeno con Richard voleva cercare di non arrabbiarsi.
Riuscì finalmente ad attraversare la strada. Richard era già in piazza, seduto su una panchina. Gambe divaricate e gomiti poggiati sulle ginocchia.
Ambra gli si avvicinò e gli rivolse un sorriso. Era il primo vero sorriso che riusciva a fare dopo qualche giorno di buio.
Richard alzò gli occhi e si mise in piedi. Ambra gli corse incontro e lo abbracciò stretto, prima di stampargli dei baci sulle labbra.
“Dio, Ambra” disse lui, dopo averle dato un altro bacio “Non sai quanto mi ero preoccupato”
Ambra lo strinse ancora più forte.
“Mi spieghi che diavolo è successo?” domandò lui, allentando un po’ la presa per guardarla meglio in viso.
La ragazza sospirò appena.
“È complicata la questione…” cominciò “Però se ti va, andiamo in un bar e parliamo”
Avevano scelto un bar particolarmente frequentato. Ma la scelta non era stata casuale. Ambra aveva voluto un posto in cui poter parlare comodamente, ma senza essere sentiti. Per questo un bar pieno di gente era l’ideale: troppo casino perché la gente capisse cosa si stessero dicendo.
“Questi sono per te”
Ambra poggiò sul tavolino un piccolo sacchetto, precisamente di fronte al suo caffè. Richard lo prese e tirò fuori dei biscotti tondi, dal colorito chiaro ma invitante.
“Li hai fatti tu?” domandò curioso, annusandoli poi “E sono alle mandorle?”
Ambra annuì sorridente.
Richard si alzò, fece il giro del tavolo e le diede un bacio sulle labbra. “Grazie” sussurrò.
Ambra si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, continuando a sorridere.
“Dunque” disse lui, dopo aver assaggiato uno dei suoi biscotti e aver mangiato con gusto – cosa che riempì la rossa di gioia “Dimmi tutto”
Ambra sospirò, sfumando lentamente il sorriso in un’espressione seria.
“Non cominciare ad alzare gli occhi al cielo appena te lo dico, per favore” disse Ambra, dopo aver ricevuto il suo caffè e avervi versato una bustina di zucchero.
Richard annuì vagamente. Era troppo curioso di sapere cosa le fosse successo, anche perché nei giorni prima non gli aveva accennato nulla.
“C’entrano le mie origini” cominciò Ambra “E diciamo che… Richard” sospirò il suo nome, non appena lo vide alzare un sopracciglio.
“Ti ho chiesto per favore”
“Non ho detto nulla, Ambra” ribatté subito lui, alzando una mano, mentre con l’altra girava il suo caffè amaro.
“Sì, ma hai alzato un sopracciglio” disse lei “Lo so che fai fatica a pensare che non ti stia mentendo, quando parlo delle mie origini. Ma per una volta ti chiedo di farlo”
Richard smise di girare il suo caffè, distogliendo lo sguardo da lei. Ne bevette un sorso e poi poggiò la tazzina sul piatto.
“Va bene. Ti chiedo scusa”
Ambra annuì, accennando un sorriso. “Dicevo… Ho incontrato dei cacciatori”
“Quelli cattivi?” ridacchiò Richard, ripassando mentalmente quello che tempo addietro le aveva raccontato.
Da quello che era riuscito a carpire, secondo Ambra c’erano altri due mondi. Quello degli elementi, in cui le persone controllavano i quattro elementi naturali (il mondo da cui lei sosteneva di provenire) e uno chiamato dei “cacciatori”. Discendenti di antichi nemici degli elementi. Oggigiorno vivevano in due mondi separati, ma in pace.
“Sì, diciamo che anticamente erano i nemici degli elementi” rispiegò lei “Però ti ho anche detto che le cose ormai si sono sistemate. Il punto è che quelli che ho incontrato sono una… gang, credo”
Richard continuava ad osservarla, senza proferire parola come lei aveva chiesto.
“E insomma, pensano che io sia in combutta con un’altra gang che è loro rivale, ma non ho capito perché. Forse vivono nascosti e non vogliono farsi trovare”
“E come fanno a dire che c’entri tu?” la interruppe Richard.
Ambra si bloccò. Non aveva pensato a come dirgli questa cosa. Non voleva coinvolgerlo più di tanto, perciò raccontargli una mezza verità pensava sarebbe stata la soluzione ideale. Ma non aveva contato quel dettaglio.
Imbastì velocemente una scusa: “Ehm… Diciamo che risulto essere l’unico elemento qui a Milano” mentì.
Richard alzò un sopracciglio. Prese un altro sorso di caffè, finendolo.
“E dove ti hanno portato?” domandò.
Ambra non diede a vedere il piccolo sospiro di sollievo. A quel punto poteva non mentire più.
“Non lo so. Un attimo prima ero in università, un attimo dopo ero in questa… rimessa, questo casolare. In mezzo al nulla!”
“E non sai dov’è” concluse per lei il giovane.
“No, perché poi per riportarmi a casa mi hanno bendato per tutto il tragitto in auto” spiegò.
Richard si sistemò meglio sulla sedia. “Pensavo ti avessero riportato a casa volando”
Ambra corrugò le sopracciglia. “Ti ho chiesto per fav-“
“Sì, lo so. Ma non mi hai mai dato nessuna prova, nessuna. Ho solo la tua parola. Per carità, io di te mi fido ciecamente, ma su questa tua storia del passato sono ancora scettico. Che ti costa far svolazzare un fazzoletto per farmi vedere che non menti?”
Lo disse e nel mentre aveva estratto uno dei tovagliolini di carta posti sul tavolo, sventolandoglielo davanti agli occhi per qualche secondo.
Ambra spiegò che non poteva perché era vietato per legge. Ma si astenne ampiamente dal dire che, il motivo, era anche che lei non sapeva proprio come usare il suo potere. Non lo aveva mai praticato in vita sua.
“Lo so che tu mi prendi per pazza” disse la rossa ad un tratto “Ma ti assicuro che io ti sto dicendo la verità”
Richard si allungò sul tavolo, poggiandoci i gomiti. Le prese le mani tra le sue.
“Piccola… Non pensare che io metta in dubbio la tua sanità mentale” ridacchiò appena mentre lo diceva “Ma non mi sai dare delle prove. E nessun altro mi ha mai detto qualcosa del genere”
“Perché non provi a chiedere a mio fratello?”
“Tempo fa mi hai detto che sei stata adottata, perciò tuo fratello è… normale” mormorò Richard, incespicando sull’ultima parola. Non voleva comunque offenderla.
“Ma che motivo avrebbe di mentirti?” domandò di nuovo lei, sospirando appena e guardandolo con sguardo implorante.
“Beh… Per dar corda alla sua unica sorellina?” tentò lui, piegando appena il capo.
Ambra lasciò la presa delle sue mani e si massaggiò vagamente le tempie. Lo sapeva. Doveva aspettarselo. Conosceva Richard e il suo scetticismo. Avrebbe dovuto fare come con Giovanni. Mentire spudoratamente e chiuderla lì.
Inoltre, vista la situazione che si era creata in casa, non poteva neanche contare sull’appoggio del fratello. Era già tanto se non le aveva tolto il saluto.
Ambra stava per rispondere alla provocazione, quando un cameriere si avvicinò al tavolo per interromperli.
“Vi chiedo scusa, ma sono costretto a farvi alzare. C’è tanta gente che sta aspettando un tavolino libero” sorrise a entrambi “Vi aspetto in cassa per il pagamento”
Entrambi annuirono e ringraziarono il cameriere e si alzarono.
“Offro io, non ti preoccupare” disse Richard, mentre sistemava la sedia.
“Ma no, figurati” ribatté lei, mentre tirava fuori dalla tasca le monetine. Anche questo era un problema: non aveva il portafoglio e nemmeno un portamonete. Si era portata qualche spiccio giusto per non girare senza soldi, ma li aveva rifilati tutti nella tasca del giacchetto.
Riuscì a tirare fuori dei centesimi e a poggiarli sul tavolo. Li contò velocemente, costatando che ne mancavano una decina per arrivare all’euro pieno.
“Ambra…” disse Richard, ridendo ancora e cercando di bloccarla. La rossa non demorse.
Si accorse che non riusciva a tirare fuori il resto delle monete perché c’era qualcosa che bloccava la tasca. Si ricordò in quel momento della copia della lettera che Jeim le aveva passato. La tirò fuori dalla tasca, ancora piegata in quattro, e la mise sul tavolo.
Riuscì a prendere anche il resto delle monete che le servivano.
“Cos’è?” fece Richard, allungando la mano e prendendo la lettera. La aprì senza pensarci, incuriosito.
“Niente” rispose di getto Ambra, letteralmente strappandogliela dalla mano.
Richard alzò le mani. “Va bene, scusa. Iniziano ad esserci dei segreti tra di noi?”
Ambra deglutì. “Magari ti sto preparando un regalo e questo sarebbe un indizio. Tu che ne sai?”
Richard strinse le labbra e le diede le spalle, dicendole che andava a pagare.
E no, con tutta la fatica che aveva fatto per tirare fuori i soldi, non avrebbe lasciato che le pagasse il caffè.
Si appuntò mentalmente di far sparire quella lettera. Magari se la sarebbe imparata a memoria, di modo da non dimenticarla ma non averla più in giro. Rischiava di finire in mani sbagliate. E per quanto a Richard potesse voler un bene dell’anima, sentiva che lui poteva essere una di quelle persone sbagliate.
Perciò, quando era ritornata a casa dopo quell’uscita, aveva optato per la soluzione più classica per eliminare delle lettere: bruciarla.
Purtroppo, non aveva il potere del fuoco, altrimenti si sarebbe divertita; ma aveva un fratello che, lo sapeva, ogni tanto fumava. Gli aveva scoperto delle sigarette quando, una volta, aveva indossato una sua felpa.
Di nascosto, mentre suo fratello cucinava, si era avvicinata all’appendiabiti e, dalla tasca sinistra del giubbotto di Giovanni, aveva tirato fuori l’accendino.
Si era diretta in bagno e aveva cominciato a bruciarla. Ed è stato in quel momento che realizzò che, purtroppo, la storia non sarebbe finita così presto come sperava. Nonostante fossero minuti interi che stesse dando fuoco alla carta, questa non si stava minimamente incenerendo. Era ancora esattamente come nuova, intonsa. Eppure sembrava in tutto e per tutto un normalissimo foglio di carta, anche al tatto non aveva nulla di strano.
Fece un’ultima prova, mettendola sotto l’acqua. Ma la carta non si stava bagnando, neanche un po’. Sembrava impermeabile.
Le venne in mente un’unica possibile soluzione: quella lettera non proveniva dal mondo in cui si trovava.

 
 












 
Angolo Autrice
Per quanto sia piuttosto tranquillo, questo capitolo lo trovo davvero utile per comprendere le persone principali che ruotano intorno alla vita di Ambra. Due ragazzi, due umani, ma con pensieri diversi tra loro e modi diversi di reagire. Sarà importante soprattutto per gli avvenimenti futuri.
Ringrazio chi sta leggendo i capitoli, chi sta seguendo la storia e chi ha già recensito per volte.
Mando a tutti un grande abbraccio!
 
 
 
  
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