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Autore: Scarlet Jaeger    08/02/2021    4 recensioni
Seguito di "It's my life".
Kai si trova a dover fare i conti con il suo passato.
Saya è innamorata e preoccupata sempre di più per Kai, nonostante lui continui a tenerla a distanza, cosa che la porterà a cercare di toglierselo dalla testa.
Yuri incontra di nuovo Julia e Boris sarà atratto da una misteriosa ragazza.
In più sta per iniziare un nuovo, particolare, campionato!
Come reagiranno i nostri protagonisti?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Julia Fernandez, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Yuri
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 27 – Pieces
 
 
I know I'm finally yours
So di essere finalmente tuo
I find everything I thought I lost before
Ho trovato tutto ciò che credevo di aver perso prima 
You call my name
Chiami il mio nome
I come to you in pieces
Vengo da te in pezzi
So you can make me whole
Così che tu possa rendermi intero”

Red - Pieces

 
 
 
 
 
Saya, dopo aver assistito al bacio che Mira aveva dato al suo compagno, era scappata dal cortile a gambe levate e si era rifugiata in un angolo appartato del giardino, intenta a lasciarsi addietro l’accaduto.
In un primo momento avrebbe voluto tornare in classe, per quello aveva preso la direzione dell’ingresso, ma poi aveva convenuto che tornare in aula non avrebbe fatto bene alla sua causa, perché sicuramente sarebbe stata braccata dalla curiosità dei loro compagni, quindi decise per l’opzione del cortile. Probabilmente la notizia di ciò che era successo tra lei e Mira, e quello successo tra Mira e Kai, aveva già fatto il giro della scuola e lei non aveva voglia di essere di nuovo al centro delle polemiche o dell’attenzioni di tutti. Lo era già stata con Fujima e non avrebbe voluto replicare l’esperienza.
Inoltre non seppe dire perché era scappata così, in fondo il suo compagno non aveva fatto nulla di male, eppure di fronte a quel bacio rubato si era sentita così ferita che non era riuscita a sostenere lo sguardo leggermente scioccato di Kai. Gli occhi spaesati ed impauriti che aveva intravisto l’attimo prima di dargli le spalle le avevano stretto il cuore, ma non era comunque riuscita a rimanere al suo fianco, anche se sapeva che quello ad essersi sentito incredibilmente in colpa sarebbe stato lui. Saya era sicura che si sarebbe tormentato, così come si era tormentato quando aveva dato un pugno ad Hiruta, e lei non avrebbe voluto che succedesse di nuovo. Non voleva vedere Kai tormentarsi ancora per qualcosa, eppure in quel momento molto delicato non era riuscita a rimanere al suo fianco.
Ed anche lei si tormentò per quello.
Si chiese inoltre cosa avesse voluto realmente Mira da lui, soprattutto dopo aver perso l’incontro. Non era stata lei a dire che avrebbe rinunciato a lui se avesse perso lo scontro? Invece non aveva mantenuto la parola…non che lei se lo sarebbe aspettato comunque, ma almeno aveva sperato nella sua lealtà.
Desiderava Kai a tal punto? Al punto di baciarlo di fronte alla sua stessa ragazza?
Ovviamente la nipote del presidente Ditenji non ce l’aveva con il suo compagno, o meglio non solo, però non era riuscita a cancellare dalla mente quel bacio, né il fatto che lui non fosse riuscito a sottrarsi a quel pericoloso avvicinamento. Era durato tutto una manciata di secondi, eppure era rimasto impalato al suo posto senza fare nulla, e quella consapevolezza l’aveva incredibilmente amareggiata. Pensava che dopo aver vinto l’incontro avrebbe potuto tirare un sospiro di sollievo, soprattutto dopo essersi presa la sua rivincita per il posto da titolare nella squadra di ginnastica ritmica, ed invece Mira Nakamura era riuscita ad indispettirla ancora una volta.  
Era riuscita a raggiungere e baciare la persona a lei più cara.
La persona che lei amava con tutto il suo cuore.
La persona che credeva sarebbe stata solamente sua.
Ovviamente non poteva pretendere di tenere Kai inchiodato a sé per sempre, soprattutto nell’eventualità che lui avesse ricambiato in qualche modo i sentimenti della sua spasimante, doveva riconoscerlo, anche se per lei era alquanto assurdo, non dopo quanto entrambi avevano lottato per stare insieme. Eppure non era una cosa da escludere. In fondo i sentimenti delle persone non mutano con estrema facilità? E lei non avrebbe pregato il russo di rimanerle accanto per sempre se lui non avesse voluto. Ci avrebbe sofferto, quasi annientando sé stessa, quello era ovvio, ma se quello fosse stato il suo volere lei non avrebbe potuto fare altro.
Però, in seguito a quegli assurdi pensieri, si lasciò cadere in ginocchio sull’erba del prato e dette libero sfogo alle lacrime che per tutto quel tempo avevano minacciato di sgorgarle dagli occhi. La sua mente era così pervasa dalla disperazione che non provò nemmeno ad opporsi all’inevitabile, e si ritrovò a singhiozzare con le spalle afflosciate ed i pugni serrati sull’erba fresca.
 
 
Kai invece era rimasto impalato ad osservare il punto in cui Saya era sparita, con espressione basita ed i pugni serrati, senza che la sua mente fosse riuscita ad elaborare a pieno ciò che era appena successo.
Era stato baciato da Mira Nakamura, ed il tutto era accaduto sotto gli occhi della sua compagna e quelli di tutti gli altri studenti, ma la cosa più assurda era che dopo averlo baciato a spregio quella ragazza lo aveva anche minacciato. Era stata brava a non farsi sentire da nessuno, facendo passare il tutto come un bacio dettato dalla disperazione per dei sentimenti non ricambiati, eppure Kai sapeva che dietro quel gesto c’era stato molto altro. Era chiaro oramai che quella strana ragazza non avesse mai avuto intenzione di conquistarlo, o di portarlo via a Saya per fare un torto a lei, ma non riusciva neanche a capire il perché della strana frase che gli aveva intimato sottovoce.
“Ti rovinerò la vita come la tua famiglia ha rovinato la mia”
Cosa aveva fatto di tanto orribile la sua famiglia per far sì che quella ragazza avesse architettato tutto quell’assurdo piano per colpirlo a tradimento?
Inoltre si sentì così tanto indispettito che gli sembrò di essere tornato ai primi giorni di scuola, quando veniva minacciato dagli Shall Killer per conto di Fujima.
Tuttavia in un primo momento non riuscì neanche a capire lo strano comportamento tenuto dalla sua fidanzata, che era scappata con sguardo disperato senza dire una parola, come se fosse stato lui a volere tutto quello. Però riuscì a capire che se fosse successo l’inverso, e fosse stata lei ad essere stata baciata a tradimento da qualcuno che aveva in tutti i modi cercato di portargliela via, anche lui si sarebbe sentito alla stessa maniera.
Non poteva certo biasimarla per quello.
L’unica cosa che avrebbe dovuto fare in quel momento sarebbe stata quella di provare a tranquillizzarla, perché Saya non avrebbe dovuto dubitare dei suoi sentimenti nemmeno per un attimo. Non dopo che lui era riuscito ad aprirgli il suo cuore, mettendo da parte sia l’orgoglio che le ferite lasciate dal suo passato.
Non avrebbe mai voluto vedere andare tutto in fumo per un fraintendimento.
Così, dopo aver digrignato i denti in una smorfia sofferta, si lanciò all’inseguimento della sua compagna.
Provò a cercarla in classe, in palestra, ed infine sul tetto, ma di Saya non c’era nemmeno l’ombra.
«Maledizione», imprecò a denti stretti quando chiuse la porta del terrazzo con fin troppo impeto, lasciando che il tonfo provocato surclassasse il silenzio.
Tuttavia decretò che non fosse il caso di farsi prendere dal panico, così decise di recuperare in aula i suoi effetti e di uscire definitivamente dall’edificio. Inoltre non aveva minimamente voglia di andare al Club di Basket quel giorno. Era troppo sconvolto per colpa di quello che era successo con Mira, e troppo in pensiero per Saya per riuscire a concentrarsi a dovere, e se non fosse riuscito almeno a risolvere i dissapori con lei non sarebbe stato in grado di giocare serenamente.
Continuò a cercarla per tutto il cortile, ma riuscì finalmente a trovarla quando ormai la speranza di rivederla stava iniziando a vacillare. La trovò accasciata a terra, furente ed in lacrime, e la consapevolezza che lei stesse di nuovo piangendo per lui gli fece sorgere sul volto una smorfia sofferta.
Si era ripromesso di provare a farla felice, invece era riuscito a ferirla di nuovo, anche se inconsapevolmente, ed il peso di quella colpa riuscì a serrargli lo stomaco.
Rimase a fissare le spalle della sua compagna per qualche secondo, con gli occhi ametista che scintillavano nella sua direzione, indeciso sul da farsi, ma il pensiero di stare di nuovo per perdere Saya per colpa della sua insicurezza riuscì a fargli riprendere quell’attimo di lucidità necessaria per raggiungerla, e lo fece a passo risoluto e dopo essersi dato coraggio con un copioso sospiro.
«Hey», la richiamò quando le si inginocchiò accanto, nonostante lo avesse fatto con voce leggermente titubante, e lei alzò di scatto la schiena con un gridolino spaventato, che lo fece sussultare a sua volta, ma quando notò la disperazione riflessa nelle ametiste di lei, Kai non poté che sentire il suo stomaco contrarsi ancora.
In quel momento però non riuscì a proferire parola, tanta era l’amarezza provata per colpa della sua codardia, quindi per cercare di farla tranquillizzare provò con l’unico modo che conosceva. Le circondò le spalle e l’attirò a sé in un sentito abbraccio, in cui rimase per degli attimi che sembrarono infiniti. Le poggiò una guancia sulla fronte e la tenne stretta per riuscire a calmarla, e solo quando i suoi singhiozzi si furono assestati decise di riprendere parola, nonostante fosse rimasto fermo in quella posizione per tutto il tempo. In fondo la sua vicinanza era riuscita a tranquillizzare anche lui.
«Ve meglio?», le chiese con voce lieve, riaprendo gli occhi ed osservando un punto indefinito del giardino, pur di non spostare la guancia dalla sua fronte.
«No», ammise però lei, con voce nasale ed incrinata, che fece perdere di nuovo un colpo al cuore al povero Kai.
«Perché sei fuggita?», le domandò con tono sofferto, nonostante dentro di sé già sapesse la risposta, ma lei non rispose e rimase in silenzio per altri interminabili secondi, tempo che lui impiegò per tormentarsi ancora.
«Quel bacio mi ha sconvolta», ammise poi con amarezza, allontanando il ragazzo da sé con una leggera spinta, gesto che gli fece serrare la mascella in una smorfia amareggiata. Ma fu lo sguardo incredibilmente accusatorio che lei gli lanciò a turbarlo di più, cosa che lo costrinse a serrare anche i pugni oltre che la mascella.
«Non ha sconvolto solo te», asserì stizzito, nonostante il sospiro che seguitò quelle parole. «Non sono stato io a volerlo!», commentò poi tra i denti, abbassando leggermente la testa in modo da far scivolare la frangia argentea davanti i suoi occhi, che non sentiva bruciare dal giorno in cui lei gli aveva dato le spalle per sparire con Akira Mato.
Saya però si alzò da terra con un balzo e con passo risentito ed espressione delusa gli dette di nuovo le spalle, probabilmente per sottrarsi ancora una volta all’ennesima discussione. Non si sentiva psicologicamente pronta ad un litigio, o a mettere fine della loro relazione, perché era più spaventata dal conoscere le motivazioni che lo avevano spinto a rimanere incollato a quel bacio piuttosto che ad una possibile sfuriata.
Non era pronta a perderlo di nuovo.
Kei invece non era pronto a lasciarla andare, né era pronto a vederla andare via perché non era riuscito a riacquistare la sua fiducia. Ed inoltre non era pronto a darla vinta a Mira, non dopo che lei l’aveva minacciato di rovinargli la vita, nonostante in quel momento gli sembrò che ci stesse riuscendo davvero. E la consapevolezza che in qualche modo lei avesse architettato tutto lo imbestialì non poco.
«Ferma!», la bloccò come era solito fare, prendendola per un braccio e fermandola contro l’albero come l’ultima volta, ma quel gesto fece sorgere l’ennesimo sorrisetto amareggiato sul volto della sua compagna.
Tuttavia lui non volle demordere, perché troppe volte era stato sul punto di perderla per colpa della sua insicurezza e del suo orgoglio, ma ora che lei era davvero sua avrebbe fatto di tutto per tenersela stretta.
Non sarebbe stata una ragazza arrivata da chissà dove a rovinare la vita di Kai Hiwatari!
«Lasciami Kai!», gli intimò però lei, cercando di divincolarsi da quella stretta come meglio poté, ma lui era molto più potente di lei e gli bastarono pochi secondi per farla desistere dal continuare.
«No, voglio che tu mi ascolti!», si ritrovò a ringhiarle contro, con la voce che a stento era uscita dai denti stretti, per la frustrazione di essere di nuovo al punto di partenza, come il giorno in cui aveva messo da parte l’orgoglio e l’aveva fatta sua.
«Io non voglio ascoltarti!», gli rispose lei, di nuovo sull’orlo delle lacrime, e dopo aver notato la disperazione dipinta sul volto della sua compagna allentò leggermente la presa, tanto da calmarla ma non abbastanza per lasciarla andare.
«Io invece voglio che tu mi ascolti!», parlò di nuovo tra i denti, con un tono di voce talmente sofferto che Saya dovette ammutolirsi per un attimo e ripiantare i suoi occhi sul viso di Kai, per riuscire a capire il vero stato d’animo del ragazzo. Fino a quel momento era stata perentoria nella sua decisione, convinta che fosse stata solamente lei a stare così male, ma dopo aver visto gli occhi del suo compagno farsi incredibilmente lucidi, e dopo aver scorto sul suo volto sempre impassibile la stessa disperazione che lo aveva mosso la prima volta che l’aveva baciata, non se la sentì di essere ancora così egoista. In fondo era giusto ascoltare anche le sue motivazioni, ma in quel momento era stata così tanto presa dalla rabbia che non era riuscita a pensare lucidamente.
«Dimmi solo se hai intenzione di ricambiare quella ragazza e facciamola finita Kai…Non ho voglia di stare ancora male per colpa vostra!», lo accusò, e Kai dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per mantenersi calmo e cercare una risposta razionale a quell’accusa, perché in un primo momento non era riuscito a pensare a nulla che non fosse dettato dalla rabbia. In fondo, dopo tutto quello che si erano detti e quello che avevano passato, come poteva Saya parlare con così tanta leggerezza e mettere in discussione i suoi sentimenti? Si sentì ferito, ma non volle comportarsi come al solito, né ferirla ancora di più, perché era estremamente sicuro che quelle parole non potevano essere sincere.
Era troppo arrabbiata.
«Intenzione di ricambiare quella ragazza?! Ma dì, sei impazzita?!», ringhiò, cercando comunque di tenere a bada anche la sua rabbia, perché nonostante cercasse in tutti i modi di risolvere quella situazione, quelle parole così accusatorie l’avevano comunque ferito. E poi non avrebbe mai potuto ricambiare i sentimenti di Mira, nemmeno se lei non lo avesse minacciato, perché nel suo cuore c’era una persona ben precisa ed in quel momento gli era di fronte. Era lei la persona che il suo cuore aveva sempre ricercato, la persona che era rimasta incisa in quel cuore di ghiaccio da più tempo di quanto lui ci tenesse ad ammettere, e non sarebbe stata una qualsiasi ed anonima ragazza a surclassarla. Nessuna sarebbe riuscita a fare una cosa del genere. Non nel suo cuore, e volle ricordarglielo.
«Non mi interessa di Mira Nakamura, né di quello che prova o quello che ha provato a fare, come non mi è mai importato di nessuna delle ragazze che ho sempre avuto al seguito. L’unica persona di cui mi interessa, l’unica di cui mi sia mai importato, in questo momento non sta avendo la minima fiducia in me», le rese noto con il tono di voce alquanto ferito. Aveva anche abbassato di nuovo gli occhi e la frangia argentea era finita per nasconderli alla vista della sua compagna, che dopo quelle parole non era riuscita a fare altro se non serrare la mascella con colpevolezza. Tuttavia non riuscì a dire nulla, nonostante il suo cuore avesse iniziato a battere dall’emozione per quelle parole, che non erano assolutamente da Kai. Eppure in quel momento si sentì emozionata, allo stesso modo di quando si erano concessi l’uno all’altra, e solo in quel momento riuscì a tranquillizzarsi, nonostante ci fosse ancora una cosa che non le era andata del tutto giù, e che le era rimasta di traverso come un boccone indigesto.
«Allora perché sei rimasto impalato? Perché non ti sei sottratto a quel bacio?», gli chiese con frustrazione, irrigidendo i muscoli del corpo per prepararsi ad una risposta che probabilmente non le sarebbe piaciuta. Però Kai si accorse della tensione che era scesa tra loro, così come si accorse dello stato d’animo preoccupato della sua compagna, ma lui aveva passato quasi tutta la pausa pranzo a cercare una possibile risposta a quella domanda, per cui non esitò nemmeno un momento prima di prendere parola.
«Perché sono rimasto scioccato da quel gesto inaspettato. Non avrei mai pensato che sarebbe stata così audace da fare una cosa del genere di fronte a tutti, o comunque di fronte a te», sospirò, per cercare di buttare fuori tutto quello che si era tenuto dentro, e lo fece liberando un braccio di Saya dalla sua stretta e portando una mano tra i capelli con fare nervoso. Lei però osservò quella reazione con occhi curiosi, osservando come gli occhi ametista del compagno fossero velati da uno strato di colpevolezza, che difficilmente era riuscita a captare in quello sguardo solitamente fiero, e solo in quel momento riuscì a capire quanto lui fosse veramente dispiaciuto per quanto era successo.
«Quindi non hai intenzione di cedere alle sue avance?», insistette ancora lei, con fare titubante, senza muoversi dalla sua posizione impalata contro l’albero nemmeno per un momento. Attese una reazione da parte del compagno con il fiato sospeso, ma quando lui alzò il suo sguardo risoluto di nuovo nei suoi occhi non ebbe più dubbi a riguardo.
Kai di rimando la guardò per qualche istante, come per intimargli la risposta solo con quell’occhiata, ma non gli bastò ammonirla in quel modo, come era assolutamente certo che non sarebbero bastate solo le parole. Così, con altrettanta risolutezza, accorciò la distanza che c’era tra i loro volti e rapì le sue labbra in un bacio appassionato, che la lasciò boccheggiante per qualche secondo.
«No, non ne ho mai avuta intenzione», le intimò la risposta a fior di labbra, ancora ansimante per quel bacio decisamente più appagante di quello che gli aveva rubato la ragazza che lo aveva minacciato. E ci tenne a dirglielo. «E poi questo è un bacio, non quello che mi ha bruscamente strappato quella ragazza prima di minacciarmi…», le rese noto con una smorfia, quando si staccò definitivamente da lei per tornare in posizione eretta, ma Saya dopo l’ascolto di quelle parole era rimasta interdetta per qualche secondo, apparentemente più calma ma molto più confusa di prima. Ma in fondo Kai aveva l’innato potere di esporre con una nonchalance disarmante concetti anche gravi, quindi non ci mise molto a ricomporsi.
«In che senso minacciato?», chiese, interdetta, e solo allora il ragazzo assunse la sua solita postura a braccia conserte, mostrando sul volto la sua solita espressione stizzita.
«”Ti rovinerò la vita come la tua famiglia ha rovinato la mia” mi ha detto all’orecchio, in modo che l’avessi potuta sentire solamente io», dichiarò con una smorfia e sotto quella dichiarazione Saya non riuscì a non sgranare gli occhi alla sorpresa, iniziando probabilmente a capire tutto.
«Ѐ una minaccia pesante…», convenne di dire, spostando leggermente la testa di lato come faceva tutte le volte che non capiva alcune cose.
«Già…», sospirò poi in risposta lui, chiudendo gli occhi per qualche secondo, ma le parole della sua compagna fecero sì che riportasse la sua attenzione su di lei.
«E tu non hai la minima idea di cosa voglia dire, giusto?», gli chiese ancora, appoggiandosi di nuovo con la schiena al tronco dell’albero ed osservando i muscoli facciali di Hiwatari tendersi sotto quella domanda.
«Giusto», le rispose lui dopo alcuni attimi di silenzio, nonostante l’impassibilità che ancora capeggiava sul suo volto.
«Quindi non ha mai avuto intenzione di conquistarti», ringhiò, decisamente furiosa, «era tutto meticolosamente calcolato!», concluse, e quella constatazione finì per stizzire anche lei oltre che il suo compagno, nonostante lui fosse arrivato a quella conclusione ben prima di lei.
«Ed ha convenuto di colpire me per arrivare a te. Sono sicura che il suo continuo indispettirmi fosse stato un pretesto per arrivare a te, anche se non capisco perché accettare la mia sfida, e soprattutto perché voler mettere in palio te per la vittoria se non le è mai importato nulla di conquistarti», insistette, portandosi anche due dita al mento con fare pensoso, ma il sospiro di Kai la fece desistere dal continuare a pensare a possibili congetture.
«Come hai detto tu, voleva solo arrivare a me. Il come arrivarci non le è mai importato…», continuò lui, con una smorfia di disappunto disegnata sulle labbra. «Ma sono molto curioso di scoprire perché ce l’abbia tanto con me!», concluse poi, risoluto come solo lui sapeva essere.
«Tu…sei sicuro di non conoscerla? Sei sicuro di non averle fatto nulla?», gli chiese poi Saya, titubante, ma il respiro le morì in gola quando vide gli occhi taglienti del suo compagno perforarla con un’occhiata ammonitrice.
«Ok, come non detto, ho capito, non è come Fujima…», sospirò infine, alzando le mani in segno di resa.
«No, ma se anche fosse io non mi ricordo, per cui sono molto curioso di scoprirlo», ci tenne a dire la sua, prima di voltarle le spalle e far ricadere di nuovo il silenzio tra loro.
«Ed è giusto che sia così», gli disse poi Saya, avanzando di quei pochi passi che la dividevano dalla schiena del compagno, fino a che non gli circondò la vita con le mani e non appoggiò la fronte alla sua spalla, accanto ai ciuffi scuri dei capelli che cadevano dalla coda bassa che era solito portare. Poggiò poi le mani sul petto del ragazzo ed ascoltò con un sorriso l’eco del suo respiro e del suo battito leggermente accelerato, nonostante lui si fosse irrigidito sotto quel gesto. Non si era ancora abituato a quei piccoli gesti d’affetto, tuttavia prese le mani di lei tra le sue e le strinse quel tanto per farle sentire che non l’avrebbe mai abbandonata. Non ci sarebbe mai riuscito a farglielo presente con le parole, per cui convenne di provarci in quel modo.
«Kai?», lo richiamò poi, quando oramai il silenzio era rotto solamente dal fruscio del vento, che smuoveva i capelli di entrambi come le fronde degli alberi.
«Mh?»
«Non ho voglia di andare al club», gli disse lei con voce ancora più titubante, stringendo di più la presa che aveva fatto sul suo petto, come ad intimargli che non avrebbe voluto sottrarsi così presto a quell’abbraccio.
E lui capì le sue intenzioni.
«Nemmeno io», le rispose con un sorrisetto piuttosto saccente, nonostante Saya non avesse potuto vederlo dalla sua posizione, ma poi con un gesto repentino le spostò le mani dal petto e si voltò fino a che non riuscì a guardarla negli occhi.
«Vai a prendere le tue cose, ti aspetto vicino al cancello. E se dovessi incontrare Yuri o Boris, dì loro di non rompere le scatole!», disse poi stizzito, nonostante il sorrisetto che ancora faceva capolino sulle sue labbra.
«Che intenzioni hai?», gli chiese però lei, assottigliando lo sguardo per capire cosa avesse in mente.
«Lo scoprirai…».
Kai le soffiò poi la risposta esattamente vicino l’orecchio, facendole così correre dei brividi di piacere lungo la schiena, cosa che la fece avvampare come tutte le volte in cui lui le stava vicino. Soprattutto dopo aver condiviso con il ragazzo dei momenti molto speciali…
Così non le rimase altro da fare che voltargli le spalle con un sorrisetto malizioso, mentre con uno scatto da far invidia al più rapido corridore del Giappone, corse in aula a recuperare la sua cartella.
 
 
 
 
Boris invece, dopo aver lanciato uno sguardo preoccupato in direzione di Kai, e dopo che lui si fu lanciato dietro Saya, aveva convenuto di seguire dentro la scuola la sua nuova amica.
Il tutto inoltre era avvenuto sotto gli sguardi perplessi e leggermente allucinati di Yuri e Julia, che non ci stavano più capendo nulla di ciò che stava succedendo ai loro amici. Avevano visto Saya inviperita, Mira risoluta, Kai alterato e Boris amareggiato, ma il perché di tutte quelle reazioni non lo avevano capito a pieno. Avevano capito che la Nakamura voleva conquistare Hiwatari, che Boris aveva una cotta per quella strana ragazza e che la nipote del presidente Ditenji era gelosa della nuova arrivata, ma oltre quello o del perché fossero tutti scappati dal cortile della scuola, lasciando loro basiti, non lo avevano ancora compreso. In più Kuznetsov aveva scelto di seguire Mira verso l’entrata dell’edificio, piuttosto che affiancarsi a loro per provare anche solo a spiegare cosa stava succedendo, per cui entrambi convennero che raggiungere i loro club sarebbe stato un’espediente migliore che rimanere imbambolati nel giardino.
Nel frattempo il russo era riuscito a raggiungere la sconfitta, che col suo passo spedito era riuscita a raggiungere gli armadietti, e con la sua solita nonchalance si stava cambiando le scarpe senza minimamente averlo degnato della sua considerazione.
Il che lo aveva lasciato incredibilmente indispettito.
«Hey!», la richiamò quando riuscì ad arrivarle accanto, ma lei aveva sul volto un’aria così arcigna che in un primo momento rimase interdetto da quella visione. Non lo aveva nemmeno guardato, ma era riuscito a capire che fosse incredibilmente arrabbiata.
In più non seppe dire perché, ma anche lui si stava sentendo esattamente come lei, perché averla vista baciare Hiwatari con così tanto impeto gli aveva lasciato dentro un’amarezza che difficilmente sarebbe andata via, nonostante a Kai non fosse importato nulla di quel bacio.
«Hey, mi stai ascoltando?», insistette, provando a fermarla per un braccio quando lei chiuse l’armadietto, riuscendo così a farla voltare, ma allentò la presa quando notò le sue ametiste incredibilmente accusatorie.
«Lasciami», gli ringhiò contro lei, nonostante sul suo volto fosse sorta un’espressione sofferta oltre che adirata, cosa che convinse il russo a lasciarla definitivamente andare. Gli aveva anche voltato le spalle, e lui rimase per qualche secondo ad osservare la lunga coda corvina che le ballava lungo la schiena ad ogni passo, ma poi si convinse a seguirla. Non voleva lasciarla andare via così, né voleva andarci di mezzo perché era stata rifiutata. Lui le aveva intimato più volte di lasciar perdere Kai, ma lei non lo aveva ascoltato ed ora se la prendeva con lui? Era inconcepibile per Kuznetsov, ed anche se non era il tipo adatto per consolare una ragazza che era stata appena scaricata, lui voleva a tutti i costi provarci.
Non era intenzionato a lasciar perdere quella causa.
«Aspetta!!», le gridò infatti dietro, riprendendo a parlare quando fu riuscito ad accostarsi a lei, che imperterrita continuava a salire le scale come se lui non fosse stato realmente lì con lei.  «Io te lo avevo detto che non ci sarebbe stato nulla da fare con Hiwatari. Te lo avevo detto che non avrebbe ricambiato!», la punse nell’orgoglio con voce risoluta e fu solo allora che lei si fermò, appena raggiunse il pianerottolo del secondo piano. Si voltò poi a perforarlo con lo sguardo, con gli occhi assottigliati in un’espressione incredibilmente divertita, molto in contrasto con quella che lui aveva scorto su quel volto non molti secondi prima.
«E cosa dovrei fare, ringraziarti?», lo rimbeccò, e quel tono di voce così saccente gli fece serrare la mascella per un attimo, ma lei riprese a parlare prima che lui potesse rispondere a quella strana accusa. «Tu non sai niente Boris Kuznetsov, per cui ti pregherei di non insistere!», lo mise a tacere con un’altra occhiata fulminante, prima che gli voltasse le spalle e continuasse la sua camminata verso la classe.
«Ok, non insisto, ma posso sapere cosa ti è saltato in mente per baciarlo in mezzo al cortile?», riprese parola lui, dopo essersi convinto a raggiungerla di nuovo, ma sotto quelle parole la vide sospirare con fare indispettito.
«Non sono affari tuoi!», asserì però lei, dopo che fu arrivata al suo banco per prendere i suoi effetti personali. Mise tutto nella cartella con movimenti stizziti e quando fu pronta gli voltò di nuovo le spalle e lo lasciò imbambolato al centro della sua classe. Si fermò solamente quando arrivò a varcare la porta dell’aula, ma seppe per certo di avere gli occhi di Boris addosso, e fu per quello che riprese parola.
«Ci vediamo domani», convenne di dirgli, perché in fondo si rese conto anche lei di essere stata molto dura nei suoi confronti. In fondo Boris aveva solo voluto metterla al corrente di come stavano le cose, probabilmente per non farla soffrire. Era uno strano ragazzo, come lei stessa gli aveva spesso detto, ma non riusciva ad avercela con lui. La sua vicinanza le aveva scaldato un po’ il cuore, e dovette ammettere anche quello…
«No, aspetta, non vai al club?», le chiese però lui con fare curioso, anche se un po’ se lo sarebbe dovuto aspettare, ma vide le spalle di Mira alzarsi leggermente sotto quella domanda, e lui non poté fare altro che sospirare silenziosamente, perché così non avrebbe potuto osservarla come l’aveva osservata meticolosamente per tutta la settimana. Oramai era diventato per lui un appuntamento fisso, alla quale non era mai riuscito a mancare, e finalmente aveva trovato anche lui una persona da guardare come Kai e Yuri guardavano rispettivamente Saya e Julia, con l’unica differenza che Mira non lo guardava con gli stessi occhi con cui le compagne guardavano i suoi amici. Ma, soprattutto, andare al club di Basket sapendo che quando fosse approdato nella palestra di ginnastica ritmica non avrebbe trovato quella ragazza che volteggiava in mezzo al campo non sarebbe stata la stessa cosa. Si chiese anche da quando era diventato così calcolatore, ma quella ragazza aveva fatto impazzire gli ingranaggi del suo cervello fin dal primo momento in cui l’aveva incontrata, ed era stato assolutamente certo che era quella la ragazza che aveva aspettato per tutto quel tempo. Era lei che aveva fatto battere di nuovo quel cuore di ghiaccio, e non sarebbe stata la delusione che le aveva dato giustamente Kai ad allontanarla da lui.
«No», gli rispose lei dopo alcuni secondi di silenzio, che servirono al russo per tornare di nuovo con i piedi per terra, «non ne ho voglia, sono stanca. Ci vediamo», gli disse poi, senza minimamente voltarsi a guardarlo negli occhi, e senza aspettare una risposta da parte del ragazzo sparì nella semi oscurità del corridoio, lasciandolo basito in mezzo alla classe oramai vuota.
“Non posso crederci…”, pensò Boris, quando portò le braccia conserte al petto per ripercorrere con la mente tutto quello che era stato costretto a vivere quel giorno. Aveva assistito al bacio che Mira aveva dato a Kai, senza che fosse riuscito a muovere un solo muscolo, ed aveva osservato il susseguirsi degli eventi con espressione scioccata, nonostante lo scombussolamento che aveva sentito dentro. Inoltre, nonostante avesse visto le espressioni perplesse di Yuri e Julia, aveva preferito seguire la sua nuova amica piuttosto che ragguagliare il suo migliore amico. Si sentì un po’ una merda a ripensarci, soprattutto dopo che ebbe convenuto di saltare anch’egli gli allenamenti, ma con lui si sarebbe potuto chiarire in seguito.
«Mi perdonerà…», sussurrò infatti tra sé e sé, ripensando proprio al compagno russo ed al fatto che quel giorno nemmeno lui sarebbe andato al club. Aveva in mente di fare una cosa, e se non si fosse sbrigato non sarebbe riuscito a farla.
Così corse fino alla sua classe, dove per fortuna non c’era più nessuno, e dopo aver preso la sua cartella si diresse a gambe levate fino all’uscita dell’edificio.
Si fermò solamente quando ne varcò il cancello, ed approfittò della cosa per cercare la figura della ragazza che oramai conosceva fin troppo bene. Voleva delle spiegazioni, o capire i suoi pensieri e comportamenti, per cui decise di seguirla per vedere dove abitasse o lavorasse. Sapeva che non era buona educazione spiare la gente, ma la sua mente era così tanto provata da tutti quegli avvenimenti che si lasciò di nuovo prendere dai vecchi insegnamenti della Borg.
Quella ragazza lo aveva provato fin nel profondo…
“Eccola”, annunciò tra sé e sé con fare trionfante, quando scorse la coda alta della ragazza sparire dietro l’angolo di un palazzo. Fu allora che riprese la sua corsa, stando attento a starle a debita distanza. Il suo buon senso gli impediva di farsi beccare in flagrante, mentre il suo orgoglio gli impediva di raggiungerla e proporle di accompagnarla, quindi convenne che seguirla in silenzio sarebbe stata la cosa più giusta da fare in quel momento.
Sperò solo che non dovesse prendere la metro, sennò l’avrebbe scoperto subito e non avrebbe più potuto portare a conclusione il suo piano. Ma Mira continuò a camminare con nonchalance per circa un quarto d’ora, tempo che lui impiegò per rimanere a svariati metri di distanza da lei con il cuore in gola. Camminava rasentando il muro dei palazzi, così da poter erroneamente pensare di mimetizzarsi con essi se lei si fosse voltata, ma per fortuna arrivarono alla loro meta senza che lei si fosse minimamente accorta di lui.
E per lui quello fu un bene.
Arrivarono di fronte ad una schiera di appartamenti, quelli con le scale in vista e le porte posizionate l’una accanto all’altra. Non dovevano neanche essere molto grandi come case, forse addirittura monolocali, ma in quel momento Boris non volle pensarci e si acquattò nel vicolo di fronte, per riuscire ad osservare in quale porta sarebbe entrata la ragazza.
Riuscì a tirare un sospiro di sollievo solo dopo che lei fu entrata dentro uno degli appartamenti posizionati al secondo piano, ma dopo che la ragazza fu sparita dalla sua vista, la consapevolezza di essere in un posto in cui assolutamente non avrebbe dovuto essere si prese gioco di lui.
«Ed ora che faccio?», chiese ad alta voce, come se ci fosse stato qualcuno che avrebbe potuto rispondere alla sua domanda, e lo fece portandosi due dita al mento con fare pensoso. A quell’ora avrebbero dovuto essere entrambi al club, e se Mira aveva un appuntamento di lavoro non sarebbe uscita da casa sua prima di altre due ore.
Maledisse sé stesso e la sua impulsività, impedendosi però di dare un calcio al muro, ma quando alzò gli occhi verso la strada si accorse di un piccolo bar con i tavoli posizionati lungo il marciapiede, e solo in quel momento i suoi occhi si illuminarono. Da quella posizione avrebbe potuto tenere d’occhio il condominio dalla quale sarebbe uscita la ragazza e lui avrebbe potuto perdere tempo bevendo qualcosa.
Così, con fare trionfante, scelse il tavolo migliore e continuò a sorseggiare la sua stessa consumazione fino a che la sua lunga attesa non fu ripagata.
Quando scorse la capigliatura scura di Mira uscire dalla porta del suo appartamento, con la sua solita aria impassibile, pagò di fretta il conto e si dileguò per raggiungere la sua posizione appartata di prima, attendendo di vedere in quale direzione sarebbe andata la sua amica.
Camminarono di nuovo per circa quindici minuti, fino a che Boris non iniziò a stufarsi di quel lungo peregrinare, così tanto che non riuscì nemmeno più a capire in che quartiere fosse finito, né come avrebbe fatto a tornare a casa del presidente Ditenji, ma in quel momento i suoi occhi erano fissi sulla schiena di Mira, e la osservò fino a che non la vide bloccarsi di fronte ad una persona. Fu allora che si nascose dietro la pianta di un negozio, abbastanza vicino ai due per sentire le loro parole.
«Allora tesoro, ci vediamo dopo?», le disse la persona che le stava di fronte e da quella posizione Boris poté notare che era un ragazzone alto, vestito di tutto punto quasi fosse un figlio di papà. Aveva una corporatura muscolosa, di quelle che si ottengono sfondandosi di palestra, un viso dalla mascella prosperosa ed alcuni ciuffi di capelli biondi che uscivano da una bandana arancione legata sulla testa, mentre i luminosi occhi azzurri guardavano Mira come se avesse voluto saltarle addosso da un momento all’altro.
«No, mi dispiace, oggi sono di turno», le rispose lei con nonchalance, e sotto quella strana affermazione, detta apparentemente senza un minimo di sentimento, il russo alzò un sopracciglio. Inoltre non riuscì minimamente a capire cosa c’entrasse lei con quell’energumeno, né come facessero a conoscersi, o a quanto pare a frequentarsi. Quello che ebbe però fu solamente una gran voglia di picchiarlo, per il modo grezzo con cui si era rivolto a lei, ma desistette dal farlo per continuare ad osservare quello che stava succedendo tra loro.
Vide tuttavia l’energumeno afferrarle il polso con poca grazia, ed in quel momento fu anche pronto per partire a dargli un cazzotto sul volto e liberare la sua amica da quell’insistenza, ma lei era rimasta impalata al suo posto, con il polso ancora stretto nella mano del nuovo arrivato, e non sembrava né spaventata né impensierita, ed anche se Boris non poteva vedere il suo volto, la sua postura gli fece capire che fosse solamente scocciata da quell’interruzione.
«Tzè, spero per te che sia vero!», le ringhiò quasi contro a denti stretti l’energumeno, mollandola poi dalla sua presa per impettirsi appena, «ricordati che io ti pago per i tuoi servigi!», le disse infine, e quella strana constatazione scioccò così tanto Boris che rimase impalato dietro una pianta con la bocca spalancata.
“Che diavolo significa?”, pensò tra sé e sé, ma quando l’energumeno gli passò accanto ebbe un attimo di lucidità per rialzare lo sguardo sulla ragazza, che con nonchalance aveva ripreso a camminare verso la sua meta, così non gli restò altro da fare che continuare a seguirla, nonostante avesse la mente pervasa da mille pensieri.
Chi era veramente Mira Nakamura?
Che lavoro faceva davvero quella ragazza?
Perché aveva insistito così tanto con Kai, tanto da dargli un bacio di fronte a Saya?
Non ci stava più capendo nulla, ma quando la vide entrare dentro un locale si decise a guardare meglio da vicino, ed inoltre non avrebbe voluto che i suoi assurdi pensieri avessero potuto influire su ciò che aveva appena visto, perché magari aveva potuto fraintendere. Solo lei avrebbe potuto dirgli la verità, anche se per un momento dubitò di tutto quello che lei gli aveva raccontato fin dal suo primo giorno di scuola.
Però, quando si avvicinò al vetro dell’apparente ristorante in cui era appena entrata Mira, non notò nulla di strano. Era un ristorante normale, con i tavoli disseminati in modo ordinato nella grande sala, e dove il barista al bancone stava asciugando con tranquillità alcuni bicchieri appena tirati fuori dalla lavastoviglie. Anche quando Mira uscì dalla porta, che probabilmente doveva essere il loro camerino, non sembrava avere nulla di diverso dalle comuni cameriere. Aveva un completo composto da un paio di pantaloni neri ed una camicia bianca in stile occidentale, con un grembiule dello stesso colore dei pantaloni legato in vita ed i capelli raccolti in una crocchia. Inoltre, senza degnare di un saluto o della sua considerazione i suoi colleghi e colleghe, aveva iniziato a dedicarsi all’apparecchiatura dei tavoli.
Boris invece era rimasto ad osservarla per tutto il tempo che impiegò per sistemare la sala, e lo fece con occhi curiosi ed espressione confusa, fino a che il sole non iniziò a tramontare. Solo in quel momento convenne che fosse per lui l’ora di tornare a casa, prima che Yuri avesse iniziato a dare di matto per la sua assenza. Doveva inoltre trovare una scusa convincente da dare al suo capitano, e prepararsi alla ramanzina sull’essere ligi ai propri doveri…
Si staccò così dalla vetrata, stando attento di nuovo a non dare troppo nell’occhio, o non farsi beccare dalla Nakamura o dalle sue colleghe, e poi, dopo aver dato l’ultima fugace occhiata alla ragazza, voltò le spalle al ristorante e cercò la prima stazione utile della metropolitana.
Chi sei veramente Mira Nakamura?”
Fine capitolo 27
 
 
 
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Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati in questo capitolo, che chiameremo “Boris lo stalker” xD questa ragazza lo ha totalmente rincitrullito U.U xD ma se avrà un lieto fine lo scopriremo alla fine, perché sono una brutta persona xD
Bene, come sempre se non faccio soffrire la povera Saya non sono contenta, ci voleva una breve discussione eheheheh
Ok, credo che non ci sia null’altro da dire e che il capitolo parli da sé U.U sono sempre più curiosa di sapere le vostre congetture su Mira, soprattutto dopo questo capitolo (ed il bello deve ancora venire, ripeto U.U xD)
Come sempre mi scuso per gli eventuali errori, e passo a ringraziare i recensori (siete speciali *^*), chi ha messo la storia tra le seguite, ricordate, preferite, e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui :3
Al prossimo aggiornamento!!
  
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