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Autore: Kimando714    10/02/2021    0 recensioni
Giulia ha solo quindici anni quando impara che, nella vita, non si può mai sapere in anticipo che direzione prenderà l’indomani. Questa certezza la trova durante una comune mattina di novembre, quando il suo tragitto incrocia (quasi) del tutto casualmente quello di Filippo, finendo tra le sue braccia.
E cadendo subito dopo a causa dell’urto.
Un momento all’apparenza insignificante come tanti altri, ma che, come Giulia scoprirà andando avanti nel suo cammino, potrebbe assumere una luce piuttosto differente.
“Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi” - (Italo Calvino)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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CAPITOLO 67 - GUILTY ALL THE SAME


 
 
You’re guilty all the same
Too sick to be ashamed
You want to point your finger
But there’s no one else to blame
You’re guilty all the same
(Linkin Park - "Guilty all the same")*
 
-Vado un attimo in bagno, visto che oggi non abbiamo fretta-.
Giulia l’aveva mugugnato a mezza voce, senza entusiasmo, troppo stanca per poter anche solo fingerlo. Non si voltò verso Valerio, anche se si sentiva addosso il suo sguardo.
-Ti aspetto qui o ci vediamo all’auto?- le chiese dopo qualche secondo, quando si ritrovarono di fronte ad uno dei bagni femminili del pianterreno.
Giulia alzò le spalle, stavolta girandosi e riservandogli un sorriso di circostanza:
-Vai pure, ti raggiungo tra qualche minuto-.
Non aspettò ad osservare Valerio allontanarsi per il corridoio, diretto all’uscita che dava direttamente sul parcheggio per raggiungere la sua auto. Era la prima volta, dopo aver finalmente avuto la patente, che aveva usato la macchina per venire a scuola; ora che era il momento di tornare a casa, Giulia si sentiva quasi sollevata dal fatto che le avesse offerto un passaggio. Dopo l’ennesima giornata pesante come quella la voglia di passare del tempo in corriera, ad aspettare la sua fermata, era sotto i piedi.
Era un copione che si stava ripetendo più o meno dall’ultima settimana di gennaio, quando il punto culminante della tensione era stata l’uscita delle materie d’esame e la sensazione che, da lì in avanti, le cose sarebbero solo potuto peggiorare. Non le era passato il nervosismo nemmeno in quei primi giorni di febbraio, quando al momento non erano fissate né verifiche né interrogazioni, forse perché, quando non c’era la scuola a renderla inquieta, ci pensava comunque Caterina. Solo uno stupido o un cieco non si sarebbe accorto dei cambiamenti che stavano avvenendo, e Giulia la conosceva troppo bene per non poter notare quante cose strane aveva iniziato a fare in quelle ultime quasi due settimane.
Uscì dal bagno qualche minuto dopo, guardandosi intorno nei corridoi quasi aspettandosi di vederla in giro da qualche parte, e la sorpresa sarebbe stata ugualmente poca sia nel trovarla da sola o con Giovanni. Anche se non ne aveva più parlato con Alessio, le sue insolite sortite non sembravano essere finite: era passato solo qualche giorno dall’ultima volta in cui Giulia l’aveva vista di nuovo sola con Giovanni, in un angolo abbastanza deserto di un corridoio. Era successo di nuovo per caso, di nuovo dopo averle rifilato una scusa, e di nuovo era tornata come se niente fosse, senza accennare a Giovanni nemmeno per sbaglio.
Ormai ci aveva fatto l’abitudine ad andarsene in giro per la scuola aspettandosi di trovarli da soli a confabulare tra loro.
Non capitò in quel breve lasso di tempo che le servì per avviarsi dal bagno all’uscita sul retro. Forse Caterina, per una volta, aveva semplicemente fatto le solite azioni che faceva sempre per tornare a casa: avviarsi subito alla corriera non appena suonata la campanella, senza invece trattenersi a Piano per chissà quale motivo.
Uscì dalla scuola con calma, senza trovare più la solita calca di studenti che vi era ogni giorno al minuto esatto in cui finiva l’ultima ora; chi doveva prendere la corriera doveva già aver camminato velocemente, lasciando ora strada libera a Giulia.
La giornata del 6 febbraio era gelida come le precedenti, ma perlomeno soleggiata; era una sensazione abbastanza piacevole camminare sotto il sole tiepido invernale, mentre cercava di individuare l’auto di Valerio in mezzo a tutte le altre che erano nel parcheggio, già meno pieno rispetto a come doveva essere solo pochi minuti prima.
Allungò il collo, finalmente riuscendo a riconoscere l’auto, posteggiata al centro della terza fila, Valerio in piedi lì accanto assorto con lo sguardo abbassato il cellulare che teneva in mano. Bastarono pochi attimi a Giulia per arrivare nelle vicinanze.
-Ci sono- disse ad alta voce, per far sì che Valerio si accorgesse della sua presenza – Possiamo partire-.
-Chiamo mia mamma per avvisarla che stiamo per partire da qui- le rispose lui, alzando gli occhi solo per pochi secondi, prima di digitare qualcosa sul cellulare – Almeno sa che se non arrivo entro mezz’ora può cominciare a preoccuparsi-.
Giulia si lasciò andare ad una risata leggera – era piuttosto consapevole che avrebbe dovuto fare lo stesso anche lei con la sua, di madre, quando avrebbe finalmente cominciato a guidare da sola-, aspettando pazientemente accanto alla portiera ancora chiusa dell’auto. Immaginava che la telefonata non sarebbe durata più di un minuto.
Si guardò intorno distrattamente, ascoltando con poca attenzione la breve conversazione che aveva iniziato Valerio da pochi secondi, dopo che sua madre doveva aver risposto alla chiamata.
Fu in quel momento, in maniera totalmente imprevista ed inaspettata, che Giulia si ritrovò a sgranare gli occhi dopo aver riconosciuto la figura di Caterina, vicino alle scalinate da cui lei stessa era scesa dopo aver varcato la soglia dell’uscita sul retro dell’edificio.
Per un attimo credette di aver visto male, ma guardando con più attenzione – dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte-, Giulia non ebbe più alcun dubbio: era Caterina la persona che stava camminando proprio lì, davanti alla prima fila di auto nel parcheggio, inconsapevole che lei e Valerio erano ancora fermi lì per i minuti di ritardo accumulati da quando era suonata l’ultima campanella di scuola.
Giulia sbuffò piano, incredula: si era quasi sentita colpevole quando, poco prima di uscire, si era aspettata di intravederla da qualche parte con Giovanni, di nuovo mentendole o nascondendole chissà cosa, ma ora che si ritrovava di nuovo ad avere ragione, con Caterina che per l’ennesima volta sembrava intenzionata a rimanere a Piano più del solito e non a tornare a casa, provò un nervosismo che non aveva mai sentito.
Aveva sempre pensato che, se quegli avvistamenti casuali e strani fossero continuati, le avrebbe chiesto direttamente cosa stava succedendo. Ora, invece, sembrava che il destino avesse deciso al posto suo, mettendola direttamente di fronte consapevolmente alla realtà dei fatti.
Giulia la seguì con lo sguardo, scostandosi con un gesto secco una ciocca di capelli finita davanti agli occhi, e non poté fare a meno di irrigidirsi ancor di più quando notò la persona verso la quale Caterina si stava dirigendo.
Anche guardandolo così da distante, il sorriso di Giovanni sembrava più felice che mai; era all’angolo del parcheggio, accanto all’ultima auto della fila, un po’ difficile da notare da dove Giulia era ferma. Era lui senza dubbio, e ogni incertezza sarebbe stata comunque sepolta nel momento stesso in cui Caterina lo aveva finalmente raggiunto, fermandoglisi di fronte, salutandolo con un atteggiamento che Giulia avrebbe descritto solamente come intimo. Giovanni le cinse le spalle con un braccio, anche se, almeno da quella distanza, Giulia notò che Caterina non sembrava rilassata quanto lui. Non sembrava nemmeno infastidita dalla sua vicinanza, anche se continuava a non sorridere particolarmente. Giulia si trattenne a stento dall’andare da loro giusto per vedere che scusa avrebbero trovato per spiegare quell’incontro.
Rimase impietrita, in ogni caso, tra lo sgomento e la rabbia, quando si ritrovò ad osservare Giovanni  avvicinarsi pericolosamente al viso di Caterina, baciandola velocemente.
Quella – quel bacio che non si sarebbe mai aspettata di vedere- era l’ultima cosa che si era mai aspettata in quelle due ultime settimane.
Non ebbe la forza di pensare a nient’altro, se non che ora il momento delle spiegazioni era giunto sul serio.
 
*
 
Si rigirò nel letto di nuovo, nervosamente, senza riuscire ancora a prendere sonno nonostante la mezzanotte fosse già passata e alla sveglia mancassero meno di sei ore.
Giulia sospirò a fondo, consapevole che i troppi pensieri che aveva in testa non le stavano permettendo di lasciarsi scivolare nel sonno ristoratore di cui, dopo una giornata simile, aveva davvero bisogno.
Era probabile che le ore d’insonnia si sarebbero protratte ancora per un po’, inevitabilmente, almeno fino a quando non sarebbe giunta ad una conclusione. E la sua incapacità a dormire era, in qualsiasi caso, la cosa meno rilevante in tutto quel caos.
L’immagine del bacio tra Giovanni e Caterina tornò a fare capolino tra i suoi ricordi. Era qualcosa che era successo così tante volte durante la giornata che ormai cominciava a farci l’abitudine.
Non riusciva a capire se ciò che la stava tenendo sveglia fosse la rabbia, il senso di colpa o la sorpresa per tutto quello: era arrabbiata più che mai con entrambi, soprattutto con Caterina per non averle detto nulla, per averle mentito per settimane, cosa che probabilmente avrebbe continuato a fare se non l’avesse vista per caso quel giorno. La meraviglia, poi, accompagnava di pari passo il suo nervoso: si poteva aspettare che Giovanni, ora che Caterina non stava più con Nicola, si sarebbe fatto avanti, ma non si era del tutto aspettata succedesse sul serio o che Caterina cedesse alle sue avances. Non subito, perlomeno. Non così presto.
E quel senso di colpa che sembrava essere tornato non faceva altro che colpire Giulia ancor di più: forse non era stata abbastanza comprensiva con Caterina, forse l’aveva lasciata troppo a se stessa e in balia del suo dolore.
Non le era stata abbastanza accanto?
Giulia chiuse gli occhi, stremata e confusa. Nell’ultimo mese aveva cercato il più possibile di distrarla, di non farle ricordare quella sofferenza derivata dall’addio a Nicola, ma a quanto pareva non era stato sufficiente. Forse Giovanni ci era riuscito meglio di lei? Si rifiutava di crederlo, ma il dubbio le si era instillato dentro, e sembrava non volersene andare.
“Devo parlarle” si ritrovò a pensare. Ci aveva pensato per tutto il giorno, al come e al quando, consapevole che la mattina che presto sarebbe giunta sarebbe stata l’unica occasione che poteva avere per, finalmente, affrontare Caterina. Sarebbe andata da lei, con le occhiaie visibili di quella notte tormentata, a chiederle che stava succedendo.
Doveva farlo quel giorno stesso, ad ogni costo. Sabato e domenica si sarebbe trovata a Venezia, e non riusciva neanche a concepire l’idea di dover aspettare fino a lunedì per parlare.
Doveva essere quel giorno.
Doveva almeno provarci, nonostante tutto.
 
*
 
Le ore di lezione passarono più in fretta di quel che aveva sperato, e alla campanella del primo intervallo Giulia si ritrovò inevitabilmente impreparata di fronte a ciò che l’aspettava.
Aveva passato la gran parte del tempo lanciando occhiate di sottecchi a Caterina, seduta accanto a lei: non le sembrava che stesse bene, ma quell’aspetto stanco e svogliato ormai le sembrava appartenere già da un mese. Per il resto, sembrava tutto come al solito: non doveva essersi accorta di Giulia il giorno precedente – forse non si era nemmeno ricordata che lei e Valerio si sarebbero trovati in parcheggio quel giorno, e il dubbio di essere stata beccata nemmeno la sfiorava-, totalmente inconsapevole che non appena sarebbe iniziato l’intervallo Giulia l’avrebbe trascinata in una qualche zona sufficientemente tranquilla per parlare.
Quando la campanella del primo intervallo suonò, Giulia aspettò qualche attimo prima di alzarsi. Le sembrò quasi che le due ore appena passate non fossero state sufficienti per prendere abbastanza coraggio, né per decidere fino in fondo cosa le sarebbe convenuto dirle subito. Le rimaneva solo l’improvvisazione.
Fece un respiro profondo, e finalmente si alzò, dirigendosi verso la porta della classe.
Caterina la seguì, in silenzio, almeno fino a quando Giulia non si fermò di scatto girandosi verso di lei:
-Puoi venire con me?- le chiese senza preamboli.
Caterina annuì, apparendo piuttosto tranquilla:
-Devi prendere il tuo solito caffè? Ti accompagno-.
-In realtà no- Giulia sospirò, stringendosi nelle spalle, e facendo qualche altro passo – Ma dovresti seguirmi lo stesso-.
Caterina la fissò stordita e confusa, ma non ebbe il tempo di ribattere nulla: Giulia cominciò a camminare a passo svelto lungo il corridoio, senza aggiungere nulla.
Non aveva idea di quale potesse essere il luogo più appartato della scuola, ma non le venne in mente nulla di meglio dell’atrio della scuola: niente studenti nelle vicinanze, e solo qualche professore che entrava o usciva dall’edificio. Di certo, tra tutti, era il luogo più silenzioso del Virgilio in piena ricreazione.
Si fermò accanto alla colonna portante al centro dell’atrio, aspettando che fosse Caterina la prima a parlare, disorientata e presa in contropiede:
-Si può sapere che c’è?- Caterina la guardò incuriosita, fermandosi di fronte a lei. Giulia si prese qualche altro attimo: di come aveva deciso di iniziare il proprio discorso, ora, non ricordava praticamente nulla, il nervosismo che le impediva di far affidamento sulla memoria. Si doveva affidare solamente al proprio istinto, sperando di non complicare maggiormente le cose.
-Dobbiamo parlare-.
-Di cosa?-.
La reazione di Caterina non si fece attendere: aveva parlato con meno slancio, più esitante. Forse non voleva davvero sapere nemmeno la risposta.
Giulia sbuffò, scuotendo il capo, rendendosi conto che andare al nocciolo della questione subito era forse l’unico modo che aveva per iniziare:
-Ti ho vista con Giovanni ieri- mormorò, cercando di non cedere alla tentazione di scostare lo sguardo da Caterina – Mentre vi baciavate-.
Caterina sbiancò in viso all’istante, gli occhi scuri sgranati.
-Mi hai seguita?-.
Giulia si morse il labbro inferiore, scuotendo il capo:
-No, è stato un caso. Valerio si era offerto di portarmi a casa in auto, e quindi eravamo nel parcheggio anche noi- disse a mezza voce, vagamente offesa per la domanda di Caterina – Vi ho visti da lontano-.
Passarono diversi secondi di teso silenzio, prima che Caterina sbuffasse debolmente, scuotendo il capo:
-Beh, non sto più con Nicola, quindi non lo sto tradendo o cose del genere- sibilò, con voce infastidita e nervosa. Sembrava piuttosto a disagio nel restare lì, e per un attimo Giulia ebbe il dubbio che si sarebbe girata sui tacchi e se ne sarebbe andata senza dire null’altro.
-L’hai lasciato per lui?-.
Giulia non riuscì a trattenere oltre quella domanda che si era tenuta dentro dal giorno prima.
-O ti ha convinta che con lui saresti stata meglio?-.
Aveva pensato a lungo a quell’evenienza. D’altro canto, quale migliore situazione per Giovanni approfittarsi di un momento di debolezza di Caterina lungo mesi, mentre era ai ferri corti con Nicola, e con quest’ultimo lontano da lei? Poteva essere stato facile influenzarla.
Caterina smise di evitare il suo sguardo, tornando a puntare gli occhi su di lei. Sembrava quasi disgustata, il viso contratto in un’espressione di rabbia:
-Sul serio mi stai facendo questa domanda?- le chiese, trattenendosi a stento dall’alzare troppo la voce – Tu che sai cos’è successo al mio compleanno?-.
-Lo so che c’entra soprattutto quello per aver mollato Nicola- si affrettò a dire Giulia – Però ti ho vista baciare Giovanni ieri, e non riesco a non pensare che possa c’entrare anche lui-.
Giulia la guardò in attesa, allargando le braccia con fare rassegnato: aveva sempre pensato che quella conversazione sarebbe stata complicata, ma non si era aspettata che lo sarebbe stata davvero così tanto.
-No- Caterina la guardò ancor più duramente di prima – Non l’ho lasciato per Giovanni, e non mi ha nemmeno convinta lui a lasciare Nicola-.
Sbuffò ancora una volta, facendo qualche passo più indietro:
-Abbiamo finito?- chiese con tono aspro.
-No, abbiamo appena iniziato- anche Giulia si ritrovò a muovere alcuni passi, ma nella direzione di Caterina, tornando ad esserle di fronte a poca distanza – Sarei dovuta venire da te a parlarti molto prima di oggi-.
-O invece potresti startene fuori da una storia che non ti riguarda-.
-E vederti stare sempre peggio?-.
A dispetto del nervosismo che la stava ancora animando, Giulia parlò con calma inaspettata, quasi stesse provando a spiegare un concetto complicato con parole più semplici possibili:
-Potrei fregarmene e dire di arrangiarti, dire che fai bene a divertirti con lui, e lasciarti soffrire come evidentemente stai facendo- parlò ancora, a mezza voce – Ma mi pare che la situazione sia già abbastanza dolorosa così, senza complicare le cose-.
Fece ancora un altro passo, fregandosene dello sguardo ancora in parte ostile che Caterina le stava rivolgendo. In un gesto istintivo, allungò la mano, stringendo piano le dita intorno al polso dell’altra.
-Dimmi che sta succedendo tra te e Giovanni-.
Non aveva idea se dopo quella sua richiesta Caterina sarebbe rimasta. Giulia lasciò andare pian piano il suo polso, senza però smettere di osservarla. Sembrava, oltre che nervosa, esitante. La facciata fatta di rabbia che Caterina le aveva rivolto fino a quel momento sembrava essere crollata nel giro di pochi secondi, per lasciar emergere ciò che per davvero la stava animando: l’insicurezza.
C’era insicurezza nel suo sguardo ed anche nei suoi gesti, nel suo silenzio prolungato. Forse si stava domandando a quale prezzo sarebbe arrivata la sincerità che le aveva appena chiesto Giulia, e quali conseguenze avrebbe portato con sé. L’unica speranza di Giulia era che, a dispetto delle premesse, decidesse di fidarsi di lei.
Passarono altri secondi prima che Caterina annuisse piano, abbassando il volto, e facendo qualche passo vero delle sedie vicino alla parete che separava l’atrio dall’aula magna. Giulia la seguì, sedendosi a sua volta su una di quelle sedie, ed aspettando pazientemente che Caterina dicesse qualcosa.
-Non stiamo insieme-.
Caterina lo disse con voce a malapena udibile, senza alzare lo sguardo dalle sue mani che teneva appoggiate sopra le cosce.
-Però sono successe cose … - si morse il labbro inferiore, arrossendo appena – Ci stiamo vedendo da qualche settimana. Dal giorno del suo compleanno-.
Giulia annuì, cercando di non far trapelare niente che Caterina potesse considerare come un giudizio. Ora che però ne aveva la conferma, le sue sortite a Piano cominciavano a prendere senso: c’entrava effettivamente Giovanni come aveva pensato, e nel modo in cui aveva scoperto solo il giorno prima.
-Provi qualcosa per lui?- le chiese, cercando di apparire calma nonostante la punta di fastidio che le aveva fatto provare anche solo pensare a quella eventualità.
Si sentì inevitabilmente sollevata quando Caterina scosse il capo in segno di diniego.
-L’unica cosa certa è che lui prova qualcosa per me-.
“Su questo non ci sono mai stati dubbi”.
-Mi è stato vicino quando è scoppiato tutto il casino con Nicola. Si è sempre preoccupato di chiedermi come stavo, cosa pensavo, di consigliarmi su come cercare di risolvere le cose con lui- proseguì ancora Caterina, con voce malferma – Non ha mai cercato di convincermi a lasciarlo, semmai il contrario-.
Giulia ascoltò attentamente, sorpresa. Era stata convinta fino a pochi minuti prima che Giovanni potesse averla in qualche modo spinta a lasciare Nicola, ma quel che Caterina aveva appena detto rimescolava tutte le carte in gioco.
Non riuscì a non sentirsi in parte colpevole per averlo considerato così bassamente. Forse, dovette ammettere, l’antipatia che provava per lui l’aveva resa meno oggettiva.
-Era l’unico che sembrava capirmi sul serio- Caterina si decise finalmente ad alzare il volto, tornando a guardarla – Non era la stessa cosa come quando parlavo con te o con Alessio. Voi due siete anche amici di Nicola … Lui no-.
Anche quello era piuttosto ovvio, ma era altrettanto ovvio che il suo giudizio era stato offuscato da tutto ciò che Caterina non le aveva detto, e dall’ostilità nei confronti di Giovanni. Si sentì stupida e sollevata allo stesso tempo.
-Avresti potuto dirmelo-.
Caterina la guardò a tratti divertita, con espressione egualmente amareggiata:
-Non ti sei mai fidata di lui. Probabilmente non l’avresti fatto nemmeno in questo caso-.
Giulia si morse il labbro inferiore, consapevole che Caterina aveva ragione:
-Ammetto che continua a non piacermi come persona, ma ora che so come stanno le cose magari non lo reputo così approfittatore come prima-.
Sospirò pesantemente, quasi stremata nonostante quella conversazione non fosse neanche vicina alla sua fine. Si chiese come sarebbe andata se non si fosse trovata in quel parcheggio proprio il giorno prima. Probabilmente avrebbe continuato a rimanere all’oscuro di tutto, forse ancora a lungo. Per quanto le avesse fatto male vedere quel bacio, non poteva fare a meno di considerarlo come una manna dal cielo: era stato l’unico gesto talmente evidente da spingerla verso la verità.
Si prese qualche secondo di silenzio prima di dire ad alta voce ciò che stava pensando da diverso tempo:
-Però questa cosa che avete deve finire, lo sai?-.
Caterina non sembrò affatto sorpresa, ma le chiese comunque:
-Perché?-.
-Perché il metodo chiodo scaccia chiodo non ha mai portato a nulla di buono- concluse Giulia, senza giri di parole – Se tu non provi lo stesso che prova lui per te, è come se te ne stessi solo approfittando. E lo so che non lo stai costringendo, però quando si renderà conto di come stanno le cose ci starà solo male, e ti sentirai in colpa anche tu-.
Caterina la guardò a disagio, esitante:
-Magari mi innamorerò anche io di lui con il tempo- disse con così poca convinzione che a Giulia parve evidente che non ci credeva nemmeno lei.
-Forse- buttò lì Giulia, alzando le spalle – Ma devi darti tempo. Stai ancora pensando a Nicola, a che servirebbe iniziare qualcosa con qualcun altro in questo modo?-.
Sospirò ancora una volta, consapevole di essere stata schietta e dura, ma altrettanto consapevole che in quel momento Caterina aveva bisogno di sincerità e non di qualcuno che le indorasse la pillola.
-Vi farete solo del male-.
Caterina non disse nulla, lo sguardo di nuovo abbassato e perso nel vuoto. Sembrava pensierosa, e Giulia non riuscì a non chiedersi cosa potesse passarle per la testa in quel momento: stava riflettendo su ciò che le aveva appena detto? Stava pensando che aveva ragione, o che forse poteva anche dare una chance a lei e Giovanni?
In qualsiasi caso, Giulia non le chiese nient’altro. Qualcosa le diceva che, dopo quel giorno, Caterina si sarebbe aperta con lei molto più di quanto non avesse fatto negli ultimi mesi.
La sentì sospirare a fondo, schiarendosi poi la gola:
-Hai detto che eri con Valerio quando ci hai visti- mormorò, incerta – Quindi lo sa anche lui?-.
-Non vi ha notati, ma gliel’ho detto- ammise Giulia – Mi ha vista troppo scossa e mi ha chiesto cos’avevo, e gliel’ho detto. Almeno non rischierà di scoprirlo per caso e prendersi male come è successo a me-.
Osservò Caterina annuire: non sembrava particolarmente contrariata dal fatto che lo sapessero già in due persone. Doveva aver messo in conto la possibilità di farsi beccare.
-Credo che sarebbe meglio dirlo anche agli altri- Giulia lo buttò lì quasi casualmente, ma attirando lo sguardo di Caterina su di sé – Intendo Alessio, Pietro e Filippo-.
Era qualcosa a cui aveva pensato per diverso tempo, il giorno precedente. Non aveva idea se lei e Giovanni si fossero trovati insieme solo a Piano o anche Torre San Donato, ma erano entrambi posti che, in un qualsiasi weekend di ritorno da Venezia, anche il resto del gruppo poteva frequentare. Non osava nemmeno immaginare cosa sarebbe potuto succedere se, analogamente a quello che era accaduto il giorno prima, uno di loro avesse incrociato Caterina e Giovanni insieme ed in evidente atteggiamento intimo.
-Intendi dirglielo domani, quando andrai a Venezia?- le chiese Caterina in un filo di voce.
Giulia annuì:
-Sì. Prima che magari vengano a scoprirlo da soli- si spiegò meglio, cercando di rassicurarla – Non so come potrebbero prenderla, ma almeno così sapranno e terranno la bocca chiusa con Nicola-.
“Se dovesse venire a saperlo anche lui …”.
Giulia inorridì alla sola idea.
-Sì, è decisamente meglio se ci parlo io per spiegare come stanno le cose-.
Caterina le sembrò ancora in parte dubbiosa, ma si limitò ad annuire senza aggiungere niente. Di certo avrebbe passato l’indomani nell’ansia, prospettò Giulia. Di sicuro l’avrebbe vissuta con agitazione lei stessa, perché poteva solo immaginare con quanto poco entusiasmo avrebbero appreso quella notizia. In una vicenda simile, però, cercare di mantenere un segreto del genere, continuando a mentire, non aveva alcun senso: preferiva dire chiaro e tondo come stavano le cose, ed evitare altri guai.
Si sentì comunque in colpa verso Nicola: tenerlo all’oscuro era allo stesso tempo crudele e ragionevole. Sapere di Caterina e Giovanni non avrebbe fatto altro che peggiorare il suo stato d’animo, che – come Filippo si premurava di farle sapere praticamente ogni giorno- era già abbastanza a terra così.
Vedeva quello stesso senso di colpa anche in Caterina, e la stessa sofferenza che doveva essere in Nicola. E doveva essere anche il dolore di Giovanni, che per quanto non le piacesse, doveva ammettere che cominciava a farle seriamente pena.
-Pensavo ti saresti incazzata molto di più-.
Giulia si distrasse dai suoi pensieri dopo quelle parole a malapena sussurrate di Caterina. L’aveva detto con amaro sarcasmo, un sorriso vuoto a tirarle le labbra.
-Non sono proprio tranquilla, però ora comprendo molto di più come mai sono successe certe cose- Giulia soppesò a lungo quelle parole, scandendole con lentezza. Le si avvicinò ulteriormente, portando un braccio a cingerle le spalle, in uno spontaneo gesto d’affetto:
-E poi incazzarmi e basta senza darti una mano non farebbe di me la tua migliore amica-.
 


“Ha qualche volta
I suoi segreti l’amistà” - Vincenzo Monti
 
*
 
“La colpa è proprio l’unico fardello che gli esseri umani non possono sopportare da soli” - Anaïs Nin


 
-Vent’anni! Vent’anni, e la mia povera anima prava deve trovarsi a festeggiare un così gramo compleanno con voi in casa! Ah, mi sento così vecchio- Pietro si buttò svogliatamente sul divano, tenendo saldamente in mano un bicchiere traboccante di vodka, stando ben attento a non versarne nemmeno un po’.
-Te l’avevo detto che potevamo festeggiare da qualche parte, ma sei tu che hai insistito per restare qui- replicò Alessio, cercando di trattenersi dalle risate di fronte all’occhiataccia minacciosa che l’altro gli aveva appena scoccato.
Giulia scosse il capo, divertita e ridendo appena: le erano mancate quelle serate senza alcun senso, con la compagnia di Filippo, l’ubriachezza di Pietro, e le frecciatine che gli lanciava puntualmente Alessio.
Si trovavano nel piccolo salotto dell’appartamento già da un’ora, e Giulia si stava ancora chiedendo se avrebbe mai trovato il coraggio sufficiente per prendere la parola e iniziare a parlare di tutto quel che riguardava Caterina. Aveva speso il tempo del suo viaggio in treno pensandoci e ripensandoci decine di volte, immaginandosi mille discorsi diversi, e scenari possibili che sarebbero seguiti. Ci aveva rinunciato quando era dovuta finalmente scendere dal treno, con Filippo che l’aveva accolta calorosamente non appena era scesa, incontrandola già al binario.
Era consapevole che molto probabilmente l’atmosfera della festa ne sarebbe risultata rovinata, ma non aveva molta altra scelta.
Sul tavolino vicino al divano se ne stavano le più svariate bottiglie di alcolici, pronti all’uso nel caso qualcuno di loro avesse bisogno di un bicchiere: Pietro, già brillo, ma ancora non del tutto ubriaco, ne aveva usufruito più di tutti. Anche Giulia aveva buttato giù una bottiglia di birra, in un ultima speranza che l’alcool le desse la spinta necessaria per buttarsi.
La mancanza di Nicola e Caterina si stava facendo sentire, inevitabilmente. Le si era stretto il cuore nel vedere il loro gruppo così rimpicciolito, ed era stata comunque poco consolatoria la notizia che Nicola forse sarebbe arrivato più tardi, ad un orario imprecisato. Era qualcosa che Giulia non aveva calcolato; non poteva permettersi di attendere il suo arrivo per parlare.
-E tu quando hai intenzione di presentarci la tua nuova fidanzata?-.
Giulia alzò gli occhi di scatto, piuttosto confusa da quel che Filippo aveva appena detto.
“Che storia è questa?”.
Quando si voltò verso gli altri due, l’atmosfera era già cambiata del tutto, e sebbene Filippo avesse parlato con un ghigno divertito stampato in viso, le espressioni di Alessio e Pietro non erano altrettanto vivaci.
Giulia non riuscì a capire a chi fosse rivolta quella domanda fino a quando non fu Alessio a parlare per primo:
-Non sono fidanzato- mugugnò con espressione fredda.
Filippo non sembrò affatto scoraggiato:
-Un uccellino mi ha detto diversamente-.
Giulia spostò lo sguardo su tutti e tre, ancor più disorientata: si era persa qualcosa?
Era evidente che sì, c’era qualcosa che non le avevano detto. Alessio sembrava piuttosto infastidito che Filippo avesse portato all’attenzione l’argomento, ma non era rabbuiato quanto le sembrò Pietro: era rimasto in silenzio, lo sguardo perso chissà dove.
Alessio sbuffò ironicamente:
-L’uccellino che te lo ha detto doveva essere piuttosto ubriaco- mormorò, lanciando un’occhiata a Pietro di sottecchi, di cui il diretto interessato nemmeno si accorse.
A quel punto, Giulia si dichiarò definitivamente sconfitta nel cercare di capirci qualcosa.
-Ma di cosa state parlando?-.
-Di niente- si affrettò a tagliare corto Alessio, piuttosto bruscamente.
-È un po’ timido, non vuole condividere con noi le sue avventure amorose- Pietro parlò per la prima volta, una vena canzonatoria nella voce.
Alessio gli rivolse un’altra occhiataccia:
-Perché non ce ne sono-.
-Come vuoi- Filippo fu celere a intromettersi per quietare quello che, a poco a poco, sembrava star trasformandosi in altro che non era una pacata discussione – Altra birra?-.
Giulia se ne fece passare una bottiglia, amareggiata.
Non aveva idea a chi o cosa avessero appena sottinteso – e le interessava solo in parte, almeno in quel frangente-, ma chiunque si sarebbe reso conto che quel che era appena successo non aveva fatto altro che minare la già fragile vivacità che c’era. Si sentì così scoraggiata da non riuscire nemmeno a bere per il groppo in gola che sentì formarsi, lasciando la birra abbandonata sul pavimento.
-Va tutto bene?-.
Filippo le si avvicinò sorridente, accorciando la distanza tra loro sui cuscini che avevano messo sopra il tappeto del salotto per potersi sedere più comodamente.
-Sei piuttosto silenziosa oggi. Sei stanca?-.
-Solo un po’- rispose Giulia, accoccolandosi contro la sua spalla, e portando il viso nell’incavo del collo, inspirando forte per sentirne il profumo.
Le mancavano da morire quei momenti di intimità con Filippo: andava a Venezia ogni volta che poteva, e anche quando Filippo tornava a Torre San Donato cercavano sempre di vedersi almeno una volta. Il tempo sembrava comunque sempre insufficiente, e la lontananza non aveva fatto altro che far rimpiangere a Giulia i tempi in cui Filippo ancora era al Virgilio. Le mancava vederlo ogni giorno, e le telefonate e i pochi incontri sopperivano solo minimamente a quel senso di vuoto a cui si era dovuta abituare a forza. Ora, lì tra le braccia di Filippo, si sentiva più tranquilla. Si sentiva protetta, sostenuta anche con la sua sola presenza.
Forse era proprio questo che aveva spinto Caterina verso Giovanni: la voglia e il bisogno di sentire qualcuno accanto, anche se poteva essere la persona sbagliata al momento sbagliato.
-Come sta Nicola?- Giulia si staccò a malincuore da Filippo, tornando ad alzare il capo verso di lui per guardarlo in viso.
-Vorrei poter dire che sta meglio- Filippo sospirò forte, sconsolato – Ma non credo sia così. Anche dopo tutto questo tempo non credo gli vada molto meglio … Sembra solo più distaccato. Lo sai com’è, tende sempre a tenersi tutto dentro, con il solo risultato che alla prima occasione scoppierà definitivamente. E sarà solo peggio-.
-Già, lo so bene- Giulia scosse il capo, rassegnata. Aveva come l’impressione che quella fatidica occasione si sarebbe presentata sottoforma di Giovanni: era quasi certa che prima o poi, in un modo o nell’altro, Nicola sarebbe venuto a sapere tutta la verità in qualsiasi caso. Poteva solo sperare che fosse Caterina stessa a dirglielo.
-A tale proposito … - la voce di Giulia apparve insicura, mentre spostava lo sguardo da Filippo a Pietro e ad Alessio – Vi dovrei parlare. O meglio, vi dovrei dire delle cose che è meglio sappiate-.
-Ho come l’impressione che non sia nulla di positivo- ribatté Alessio, posando sul tavolino il suo bicchiere, ormai vuoto.
-Non saprei dire se sono cose negative o positive- cercò di spiegarsi Giulia, consapevole che si era buttata in quella situazione proprio in quel momento per puro istinto – Non credo che qualcuno di voi sappia già ciò che sto per dire. E oltre a questo, devo pregarvi di non dire nulla a Nicola: peggiorerebbe solo le cose, e non è il caso di inveire così tanto-.
-Riguarda Caterina?- stavolta fu Filippo a prendere parola, accigliato.
Giulia annuì, incapace di proseguire. Sentiva gli sguardi di tutti e tre su di sé, in attesa di sapere cosa ci fosse di così importante da sapere.
-La verità è che … - iniziò Giulia, portandosi poi le mani davanti agli occhi, in un gesto difensivo – Dio, è così difficile da spiegare-.
-Dillo e basta senza troppi fronzoli- la incitò Pietro impaziente, come se fosse la cosa più ovvia.
“Fosse facile anche così”.
Giulia li guardò ancora una volta uno a uno, chiedendosi se stesse facendo la cosa giusta. O forse non c’erano cose giuste che si potevano fare in una situazione simile, solo come meno peggiori di altre.
Avrebbero avuto comprensione verso Caterina? O l’avrebbero giudicata malamente, pur non sapendo completamente come stavano le cose?
Sospirò, convinta che, in qualsiasi caso, doveva fare un tentativo.
-Diciamo che Caterina si sta vedendo con un altro-.
Si era ripromessa di dirlo il più velocemente possibile, ma invece le parole le erano uscite in poco più di un sussurro strascicato. A giudicare dalle espressioni vacue degli altri, però, dovevano essere state sufficientemente intendibili.
-Volevo che lo sapeste prima di scoprirlo per vie traverse-.
Per i primi secondi si ricredette quasi sul fatto che avessero davvero capito quel che aveva appena detto: se ne stavano tutti in silenzio, gli occhi sbarrati tra la sorpresa e l’incredulità. Passò almeno un minuto intero, prima che Pietro si mettesse più composto a sedere e la guardasse con fare corrucciato:
-Che cazzo di storia è questa?-.
Si alzò di scatto dal divano, tenendo gli occhi ancora puntati verso Giulia:
-Non dirmi che è chi penso che sia-.
Giulia lo guardò tristemente:
-Penso tu abbia indovinato, invece-.
Prima che Pietro potesse dire qualcosa, fu Filippo a parlare:
-Aspettate, di chi state parlando?- domandò in fretta, in allarme.
-Del tizio che le correva dietro quando eravamo ancora al liceo pure noi- gli rispose Pietro, lasciandosi ricadere sul divano, scuotendo appena il capo.
-Lui?- Filippo sgranò ancor di più gli occhi – Ma è vero, Giulia?-.
A lei non rimase altro che confermare:
-È lui, è vero-.
Filippo la guardò ancor più spaesato:
-Ma che diavolo le è venuto in mente?-.
Giulia sospirò, sentendosi vagamente in difficoltà.
-È una storia lunga, e non credo dovrei essere io a parlarvene- si alzò in piedi, spostando lo sguardo su tutti, e cercando di essere il più convincente possibile – Però con Caterina eravamo d’accordo di dirvi almeno questo. E vi pregherei di non farne parola con Nicola, almeno per ora-.
-Non credi che Nicola dovrebbe saperlo, invece?- Filippo alzò il viso verso di lei, l’espressione piuttosto indecisa – Credo che stia ancora un po’ sperando che le cose tra loro si sistemino, ma se lei ha già voltato pagina … -.
“Nessuno di loro ha davvero voltato pagina” si ritrovò a pensare Giulia.
-Glielo dirà lei, nel caso-.
Decise di rimettersi seduta, le gambe che le tremavano e che le impedivano di sentirsi a suo agio restando in piedi. Non aveva idea se li aveva convinti a sufficienza da tenere quella cosa per loro stessi, e dalle loro espressioni era difficile capire cosa stesse passando loro per la testa. Quando posò gli occhi su Alessio, che fino a quel momento non aveva aperto bocca, dalla sua espressione enigmatica riuscì a capire ancora meno. Aveva sperato di trovare un appoggio in lui, ma la verità era che era quello che riusciva a leggere meno, in quel momento.
-Sentite, non è che la cosa faccia impazzire di gioia anche me. Ma è una situazione più complicata di quel che sembra, e capisco che tu e Pietro siete amici di Nicola da più tempo, ma provate anche a mettervi nei panni di Caterina- disse ancora, riportando di nuovo lo sguardo su Filippo – Non se la sta passando bene neanche lei-.
Lo osservò guardarla di rimando, l’incertezza che ancora gli adombrava il viso.
-E in ogni caso, anche se non ci fosse Giovanni, dubito che una riconciliazione sarebbe così facile, ora come ora- Giulia scosse il capo rassegnata – Nicola dovrebbe almeno provare a parlarle, prima-.
Per la prima volta da quando aveva dato loro la notizia, cadde il silenzio nella stanza. Per lunghi attimi Giulia credette che il discorso fosse finito lì, con nessuno in vena di aggiungere altro. Non era sicura di essere riuscita perfettamente nel suo intento, e ciò la rammaricava. E poi non riusciva a capire quel silenzio troppo prolungato di Alessio: sembrava quasi indifferente, o troppo attento ad ascoltare per riuscire a dire qualcosa.
Passarono alcuni minuti prima che Pietro parlasse di nuovo:
-In effetti forse al momento è meglio non dirgli nulla-.
Sbuffò debolmente, lasciandosi andare ad una risata ironica:
-Certo che bisogna riconoscere una certa tenacia al buon Giovanni. Solo in pochi riescono ad uscire dalla friendzone-.
Giulia fu quasi tentata di puntualizzare che, in verità, Giovanni non era affatto uscito dalla friendzone – era solo Caterina che aveva sperato di poter sostituire la presenza di Nicola con la sua, speranza ormai evidentemente vana-, quando venne interrotta da qualcun altro.
-Come fai a sapere con certezza che si stanno frequentando?-.
Alessio aveva parlato con voce bassa, monocorde, rivolgendole uno sguardo piuttosto freddo.
-Te l’ha detto lei?-.
-Non esattamente- rispose Giulia, senza entrare nei dettagli.
Alessio alzò un sopracciglio:
-L’hai spiata?-.
Giulia lo guardò incerta: sembrava ora più ostile che indifferente.
-No, li ho visti per caso qualche giorno fa e poi ne abbiamo parlato-.
-Per caso-.
-Sì, esatto- Giulia lo guardò di rimando, rendendosi conto che in quel momento Alessio non sembrava per niente la persona con cui si era confidata a lungo sui suoi dubbi su Caterina in quell’ultimo mese – Non mi credi?-.
Lo osservò mentre si metteva in piedi, muovendo qualche passo diretto altrove, lontano da loro.
-È che sembra che ultimamente ti diverta parecchia a mettere il naso in affari che non sono tuoi-.
Giulia rimase immobile, in silenzio, anche quando vide Alessio allontanarsi definitivamente dalla stanza a passi veloci, ignorando gli sguardi altrettanti sorpresi di Filippo e Pietro.
“Che diavolo gli è preso?”.
Spostò gli occhi nella direzione di Filippo, e poi in quella di Pietro, ritrovandosi a fissare la stessa espressione stupita che doveva aver dipinta in viso.
E per quanto Giulia stesse cercando di convincersi del contrario, la reazione di Alessio le sembrava sempre più quella di una persona che si aspettava di sentire esattamente ciò che Giulia aveva appena detto.
Come se avesse sempre qualcosa di più.


 
“Era ovvio che sarebbe finita così”.
Si passò ancora una volta le mani sul viso, bagnate dall’acqua fredda che scendeva dal rubinetto e che andava a colpire il fondo del lavandino.
Alessio alzò appena il capo, ritrovandosi di fronte il vetro dello specchio del bagno: la superficie gli rimandava indietro il suo riflesso, l’immagine di un volto crucciato e ferito, con le piccole gocce d’acqua che gli correvano lungo la pelle pallida e macchiata dalle piccole efelidi sul naso.
Era stato un cretino.
Era stato stupido riversare su Giulia il suo nervosismo e il rimpianto che provava da settimane, reagendo a quella maniera e in un modo che ora, a ripensarci, lo faceva vergognare di sé.
Con un gesto veloce richiuse il rubinetto, tornando a poggiare le mani sui bordi del lavandino, e fissando ancora una volta il riflesso dei propri occhi sul vetro.
In quelle iridi azzurre rivedeva lo stesso senso di colpevolezza che non lo aveva abbandonato per tutto quell’ultimo mese. E ora che aveva avuto l’ennesima conferma che faceva bene a sentirsi così, riusciva a malapena a sopportare di vedersi persino riflesso in uno specchio.
Aveva sempre saputo che, prima o poi, Giulia sarebbe giunta alla sua stessa conclusione – che per Caterina c’era qualcun altro, in quel momento, qualcun altro a sorreggerla nonostante tutte le implicazioni che ciò comportava-, e che gli avrebbe sbattuto la realtà dei fatti in faccia in maniera così violenta e improvvisa che non sarebbe mai potuto essere pronto.
Aveva sbagliato di nuovo, in maniera così palese che non riusciva quasi a crederci.
Alessio scosse il capo, sospirando a fondo: ricordava bene come l’anno passato Caterina non lo avesse lasciato solo nemmeno un istante, anche a rischio di venire scacciata a male parole. Ed ora che le parti si erano invertite, lui non aveva fatto altro che mentire, e aspettare un qualche segno che non era giunto.
Era stato così stupido.
Sussultò quando sentì bussare alla porta socchiusa, ma non si stupì molto quando vide entrare Giulia, esitante sulla soglia:
-Posso entrare?-.
Alessio annuì in silenzio, scostando velocemente lo sguardo da lei, incapace di sostenere i suoi occhi.
-Mi dici che ti è preso?- Giulia non sembrava arrabbiata, ma solo confusa e incerta – Non riesco a capirti. Immagino sia per Caterina, ma perché hai reagito così?-.
Immaginava che sarebbe arrivata e che gli avrebbe posto quella domanda, ma lo stava facendo nel momento più sbagliato possibile, quello in cui non ancora voleva aggrapparsi alla certezza che, in fin dei conti, anche lui aveva creduto di agire nel bene.
-Non mi è preso niente- borbottò, a mezza voce –  È che sono stanco di questa storia-.
Ricordò da quanto tempo era che Giulia cercava di scoprire cosa ci fosse tra Caterina e Giovanni. Ricordò anche quando gli aveva rinfacciato del bacio che c’era stato tra lui stesso e Caterina, come a mettere le due cose sullo stesso piano – facendolo sentire sbagliato, ancor di più di quanto non si era sentito all’epoca. Erano tutti ottimi motivi per sfogare ancora su di lei la sua frustrazione accumulata, anche se sapeva che se ne sarebbe pentito in un secondo momento.
-E poi spiegami: sul serio li hai visti per caso?- iniziò a dire, con voce dura – È un mese che la tieni osservata, e poi magicamente, per puro caso, la vedi con un altro? Che stavano facendo per darti la certezza che si stanno frequentando?-.
-Li ho visti baciarsi, e sì, è stato per caso- Giulia gli rispose a tono, entrando del tutto in bagno e richiudendo la porta alle sue spalle – Puoi credermi o no, ma non cambierà la realtà dei fatti-.
“Quindi è davvero sicuro che c’è qualcosa tra di loro”.
-E me lo ha detto anche lei- continuò Giulia, le braccia incrociate sul petto – Non stanno insieme, ma si vedono, passano del tempo insieme. Si frequentano-.
Alessio sbuffò appena:
-E la cosa ti stupisce?-.
-Sì, un po’ sì-.
Osservò Giulia attraverso il riflesso che rimandava lo specchio, mentre gli si avvicinava ancora di qualche passo.
-Perché ho l’impressione che tu lo sapessi già?-.
Non c’erano vie di fughe possibili dopo quella domanda. Sapeva già che qualsiasi cosa avrebbe tentato di dire non sarebbe risultata abbastanza convincente.
-Perché lo avevo già intuito dall’inizio dell’anno-.
Giulia lo guardò vagamente stupita, forse addirittura incredula.
-Erano usciti insieme anche durante le vacanze di Natale- disse ancora, ricordando quando Nicola aveva accennato a quell’uscita, con Caterina che non aveva mai specificato con chi fosse come se fosse qualcosa da nascondere – O almeno quasi certamente era con lui-.
-Cosa?- Giulia gli si avvicinò ulteriormente, rossa in viso – Che storia è questa?-.
Alessio scrollò le spalle, già stanco di quella conversazione:
-Fatti bastare questo. Non è che ne sappia tanto di più neanche io-.
-Perché non me lo hai mai detto?-.
Gli occhi di Giulia indugiarono sul suo viso, lo sguardo ferito di chi sapeva di essere stata volontariamente tenuta all’oscuro dalla stessa persona a cui aveva confidato tutti i suoi dubbi per mesi.
-Perché non sono cazzi nostri-.
Alessio lo disse aspramente, rimarcando ogni singola parola. Lanciò un’occhiata veloce oltre le spalle di Giulia, ringraziando che la porta fosse chiusa: non avrebbe voluto che anche Pietro e Filippo sentissero ciò che si stavano dicendo, anche se di certo prima o poi anche loro ne sarebbero venuti a conoscenza.
-È la sua vita, non la nostra- disse ancora, ripetendo le parole che si era detto per tutto quell’ultimo mese, ogni volta che ripensava a Nicola e anche a Caterina – Può fare quel che le pare con chi le pare, non credi?-.
-Ma non è lucida!- Giulia alzò la voce, forse trattenendosi a stento dall’urlare – Sta facendo tutto questo perché sta soffrendo, perché non sa nemmeno lei cosa vuole, e … -.
-Cosa cazzo ne sai tu di come sta lei?- Alessio la interruppe alzando la voce a sua volta, stavolta girandosi verso di lei per fronteggiarla.
Giulia era rossa in viso per la rabbia e il nervosismo, e Alessio sapeva che ormai erano giunti al punto in cui nessuno di loro si sarebbe trattenuto.
-Pensi che non mi senta in colpa per non aver detto niente a Nicola?- disse ancora, abbassando solo di poco il tono di voce – Sì, mi sento in colpa, mi sento in colpa ogni volta che sono con lui, ma in ogni caso non era compito mio dirgli cosa stava facendo Caterina. Sono solo loro due che se la devono sbrigare, non devo farlo io per loro. E neanche tu-.
Alessio si sentì gelare sotto lo sguardo fermo, attonito e duro di Giulia. La vide ferma ed immobile, intenta ad osservarlo nel peggiore dei modi che potessero esistere.
-Non lo faresti neanche per evitare che persone a cui tieni sbaglino e ci stiano ancora peggio?- replicò stizzita – Con tutta questa storia ci staranno male Nicola, Caterina e pure Giovanni! Quando avremmo potuto evitarlo-.
-E come?- Alessio sbuffò sonoramente, la calma che stava scomparendo sempre di più – Mettendoli in una gabbia? Gli puntiamo una pistola alla testa?-.
Era piuttosto sicuro che il sarcasmo con cui aveva venato le sue ultime parole non aveva fatto altro che infastidire Giulia ancor di più.
-No, parlando-.
Lo guardò ancor più malamente, quasi con disprezzo.
-Spiegando a Caterina che non le serviva qualcun altro per stare meglio dopo la rottura con Nicola- alzò le spalle, scuotendo il capo – E dicendo a Nicola che se vuole sistemare almeno un po’ le cose, allora deve fare qualcosa e non aspettare che le cose succedano da sole-.
“Se le cose fossero davvero così facili …”.
Alessio scostò lo sguardo, abbassando il volto. Si sentiva sconfitto, nonostante sapesse di avere in parte ragione – come in parte poteva averla Giulia.
Avrebbe solamente voluto evitare anche quel litigio, evitare le urla che si erano rivolti, evitare quel crollo che ormai stava coinvolgendo tutti loro.
Si chiese se, entro poco, uno tra Filippo e Pietro sarebbe venuto a bussare alla porta, chiedendo cosa stesse succedendo. Dovevano aver sentito le grida, forse un po’ ovattate per lo spazio che intercorreva tra il bagno e il salotto, ma dovevano aver percepito qualcosa.
Come se non fosse già piuttosto evidente che qualcosa non andava.
-Avresti potuto evitare tutto questo-.
Stavolta Giulia aveva parlato in poco più di un sussurro. Non era diminuita la rabbia che faceva percepire, e per un attimo Alessio si ritrovò a pensare che avrebbe preferito sentirla urlare ancora, piuttosto che ascoltare quelle parole uscitele così stanche.
-Non è compito mio evitarlo-.
Alessio si sentì esausto, la voglia di scappare il più distante da lì che si faceva sempre più forte.
-E neanche tuo- disse ancora, guardando Giulia – Mettitelo in testa: questo non è un tuo problema. È loro-.
Giulia continuò a rimanere in silenzio; era davvero peggio che se avesse iniziato a gridare a pieni polmoni, ma quasi nel tentativo di riempire quello spazio vuoto, Alessio non riuscì a frenarsi:
-Se per rialzarsi e cominciare a darsi una svegliata hanno bisogno di sbattere addosso ad un muro, allora lasciaglielo fare-.
“Tanto ormai non cambierà più niente pensare a quel che potevamo fare”.
Giulia continuò a guardarlo con espressione enigmatica, vuota. Fece solo qualche passo indietro, fino a quando non arrivò ad accostare la porta ancora chiusa del bagno.
-Ci sono altri modi per ricominciare- iniziò a parlare, la voce piatta – Senza bisogno di aggiungere altra sofferenza-.
Allungò una mano verso la maniglia, abbassandola e aprendo la porta in uno spiraglio.
-E tu dovresti saperlo meglio di tutti, ma evidentemente ti faceva troppo comodo continuare a farti i cazzi tuoi-.
Non si voltò verso di lui mentre usciva, e Alessio se ne sentì sollevato. Almeno si era risparmiata di vedere la sua espressione contratta dal senso di colpa e dal malessere.
 
*
 
I troppi pensieri di quegli ultimi giorni sarebbero bastati da soli per fargli scoppiare la testa; di certo non sarebbe servito anche iniziare la settimana con il nuovo corso di matematica discreta.
Pietro scarabocchiò distrattamente il bordo della  pagina del libro aperto davanti a sé, scrutando con indifferenza le scritte nere stampate sul foglio, accompagnate da alcuni schemi a lui ancora incomprensibili.
Cominciavano ad esserci troppe cose incomprensibili nella sua vita, si ritrovò a pensare con una punta di amaro sarcasmo.
Da quando Giulia aveva parlato della situazione di Caterina, non aveva fatto altro che pensare a quante cose stessero cambiando così velocemente tra tutti loro: Caterina e Nicola che nemmeno si parlavano più e forse non sarebbero mai tornati a farlo, Giulia a cui c’erano voluti mesi per capire come fossero andate sul serio le cose e che ora litigava con Alessio. E di nuovo Alessio, che sembrava sempre più un estraneo al loro gruppo di amici, concentrato su qualcuno altro che fino ad un mese prima nemmeno conosceva.
C’erano davvero tante cose che gli erano ancora difficili da capire, tranne una: si stavano tutti allontanando.
Ripensò con una stretta al cuore quel che era successo sabato. Ricordava benissimo gli sguardi accigliati che si erano scambiati lui e Filippo quando, inaspettatamente, avevano iniziato a sentire le urla di Alessio e Giulia.
Quando poi erano usciti dal bagno – entrambi con la faccia più nera che si potesse immaginare- né Pietro né Filippo avevano provato a chieder loro cosa fosse successo.
Nemmeno quando poi Filippo e Giulia se ne erano andati Pietro aveva cercato di avvicinarsi ad Alessio. Lo aveva visto troppo chiuso in se stesso, e lui era già troppo brillo per poter sostenere un dialogo serio.
Ora che erano passati un paio di giorni e la lucidità necessaria era tornata, non era difficile notare che qualcosa in Alessio ancora non andava. Pietro riusciva a leggerglielo in faccia: non aveva quasi spiaccicato parola per tutta la domenica, isolandosi in camera sua senza quasi uscire. Quella mattina si era svegliato tardi, facendo arrivare entrambi in ritardo a quella lezione.
Ed ora, sedutogli accanto, Pietro riusciva a notare ancor di più l’indifferenza e la difficoltà di Alessio in quei giorni. Non ci voleva un genio per capire che quello stato fosse conseguenza della discussione avuta con Giulia, ma per quanto si sforzasse di intuire non riusciva a capire cosa quella discussione riguardasse esattamente. Vederlo così, in quello stato di apatia, gli faceva perfino dimenticare il senso di rabbia che aveva provato nelle ultime settimane verso Alessio stesso e verso se stesso.
Abbassò gli occhi sul suo quaderno: aveva scritto a malapena due righe di appunti, quando la lezione stava durando già più di un’ora. Ormai era inutile cercare di recuperare un po’ di concentrazione.
-Stai ascoltando?- Pietro cercò di parlare più a bassa voce possibile, sperando di non essersi fatto notare da nessuno. Erano in una delle prime file, lontani da Nicola che invece, arrivato prima di loro, aveva preso posto in una delle ultime.
Avrebbe dovuto lasciar perdere, cercare di ascoltare la lezione, e provare a parlargli in un secondo momento fuori da lì, ma non era riuscito a frenarsi nemmeno di fronte all’eventualità di farsi beccare dalla professoressa che stava ancora spiegando.
Alessio si mosse appena verso di lui, colto di sorpresa; gli rivolse solo una breve occhiata, come per accertarsi che Pietro stesse parlando proprio con lui.
-Non proprio- borbottò in risposta, piuttosto sinceramente, continuando a tenere lo sguardo dritto davanti a sé, ben attento a non incrociare di nuovo gli occhi neri di Pietro.
-Come stai?-.
Pietro si morse il labbro inferiore, sperando in una risposta dell’altro, ed aspettandosi già quale esito avrebbe avuto. Vide Alessio scuotere appena il capo, un sorriso amaro appena accennato a disegnargli le labbra:
-Credo che tu lo sappia già-.
-Dici bene- annuì Pietro, consapevole che così facendo non ne avrebbe cavato un ragno dal buco – Che è successo tra te e Giulia?-.
Pietro si voltò di scatto, nello sentire lo schiarirsi di voce dell’insegnante che stava ancora spiegando qualche astrusa formula matematica. Le lanciò una veloce occhiata, e la vide puntare per alcuni lunghi secondi lo sguardo proprio nella sua direzione, per poi tornare con gli occhi di nuovo sulla lavagna dietro di sé.
Pietro sospirò piano, leggermente nervoso: sperò che quello sguardo puntato su di lui fosse solo una coincidenza, qualcosa di cui non preoccuparsi. Non aveva la minima intenzione di iniziare male un corso iniziato giusto quel giorno, inimicandosela già. Aveva già abbastanza problemi irrisolti, ed uno di quelli gli stava proprio seduto di fianco, ancora in silenzio.
Riportò di nuovo lo sguardo verso Alessio, attendendo una sua risposta, cercando di non far trasparire troppo la sua assenza di calma.
Alessio scosse con fare seccato il capo:
-Abbiamo litigato- sospirò infine, dopo aver lanciato una veloce occhiata verso l’amico – Divergenza di opinioni-.
-Su Caterina, immagino- replicò Pietro, cercando di parlare con il tono più basso possibile. Non insistette troppo: glielo leggeva in faccia che non avrebbe aggiunto altro. O almeno, non avrebbe detto altro proprio in quel frangente, durante una lezione, costretto a parlare a bassa voce e velocemente per non disturbare troppo.
-Parliamone più tardi, la Cavalieri ci sta fissando- Alessio parlò a denti stretti, come se per pronunciare quelle parole potesse a malapena muovere le labbra. Pietro si girò nuovamente, portando come Alessio gli occhi dritti davanti a sé: si morse il labbro inferiore quando, con sua somma desolazione, si accorse che Alessio aveva ragione. Sentiva lo sguardo della donna fisso su di sé, nonostante stesse continuando a spiegare come se nulla fosse.
Pietro sbuffò, rassegnato: non solo si era fatto sicuramente beccare, ma non si era fatto dire da Alessio nemmeno nulla che non immaginasse già.
Strinse nervosamente la penna nella mano destra, rassegnandosi a concentrarsi di nuovo sulla lezione.
 


Alzarsi da quelle sedie per cambiare aula fu un sollievo: erano solo alle prime due ore per quella giornata, e Pietro già si sentiva stanco da morire.
Seguì Alessio verso la porta d’uscita, nel tentativo di ricongiungersi a Nicola nella calca di studenti che come loro stavano uscendo dall’aula, ma si bloccò preoccupato quando vide chi li stava aspettando sulla soglia.
Il sorriso rigido e piuttosto finto che Giada Cavalieri – nonché loro insegnante di matematica discreta per quel semestre- stava rivolgendo sia a Pietro che ad Alessio gli fece presagire il peggio.
-Potete aspettare un minuto voi due?- la voce chiara e diretta della donna arrivò a Pietro come una mazzata.
“Ottimo modo per iniziare il corso”.
Alessio gli lanciò una breve occhiata, prima di annuire rivolgendosi a lei, lasciando perdere sin da subito qualsiasi protesta.
Pietro rimase in silenzio, rassegnato nel seguirli verso la cattedra dell’aula, aspettando che anche gli ultimi studenti uscissero da lì, aspettandosi che la ramanzina della giornata sarebbe iniziata di lì a poco. Quando finalmente non rimasero che loro tre, nell’ampio spazio vuoto della sala ora vuota, la Cavalieri tornò a rivolgersi ad entrambi con lo stesso sorriso tanto affabile quanto falso:
-Spero che la vostra conversazione durante la mia lezione sia stata perlomeno interessante. Ne è valsa la pena?-.
Pietro abbassò lo sguardo, imbarazzato come non mai, prima di rialzarlo e trovarsi gli occhi chiari dell’insegnante fissi su di lui. Si sentì ancor più in imbarazzo.
-Erano le prime ore di lezione di questo corso, che è tutto fuorché semplice ed immediato- proseguì lei, le braccia incrociate contro il petto ed ora l’aria decisamente più severa di prima – Parliamoci chiaro: non è affar mio se a voi non interessa della matematica. A nessun ventenne interessa davvero, d’altro canto. Se volete continuare a frequentare, però, la prossima volta cercate almeno di non mettervi a discutere davanti a me mentre spiego la mia lezione. Siete stati piuttosto fastidiosi-.
Da come parlava, e da come si comportava, la Cavalieri non sembrava una tipa stupida, e nemmeno sprovvista: nella sua voce non c’era alcuna esitazione, e nel sorriso ambiguo che ancora le tirava le labbra non v’era alcuna sorta di insicurezza. Riusciva ad incutere un certo timore e soggezione molto più di certi professori di mezza età con alle spalle vent’anni di carriera; l’aria saccente con cui si stava rivolgendo a lui ed Alessio in un qualche modo si sposava male con la giovane età che dimostrava – Pietro non le avrebbe dato più di trentacinque anni, a giudicare dai lineamenti delicati del viso, e forse ad un primo sguardo non gliene avrebbe dato nemmeno una trentina.
-Ci dispiace- Alessio esordì qualche attimo dopo, facendola voltare verso di lui – Non era nostra intenzione disturbarla, e capisco perfettamente il suo punto di vista. Non succederà più-.
Pietro sospirò a fondo, dandosi dell’idiota mentalmente: non era giusto che si scusasse Alessio anche per primo, quando era stato lui ad iniziare. Avrebbe dovuto dire qualcosa subito, ma le parole sembravano non riuscire ad uscirgli di bocca.
-Va bene- riprese lei, annuendo soddisfatta, facendo muovere i capelli biondi perfettamente acconciati mentre scostava lo sguardo da Alessio – Lei non ha nulla da dire?-.
Pietro si trattenne dallo sbuffare per lo sconforto, o per il nervosismo, mentre cercava di pensare a qualcosa da dire.
-Mi scuso anche io- disse, cercando di non apparire esitante – Vedrà che la prossima volta presteremo tutta la nostra attenzione esclusivamente alla lezione-.
-Lo spero per entrambi, perché gli esami non si passano con i miracoli-.
Pietro annuì, aspettando con trepidazione il momento in cui finalmente l’avrebbe lasciato andare, ma la professoressa lo stava tenendo ancora fissato con sguardo serio.
-Mi può dire il suo nome?-.
Pietro non poté fare altro che maledirsi, nel momento in cui la sua voce apparse più che insicura nel rispondere più sommessamente di quanto non avrebbe voluto. Doveva già aver deciso di prendere di mira solo lui, dato che non ripeté la stessa domanda anche ad Alessio.
Di nuovo quella sensazione di disagio si impadronì di lui, quando un accenno di sorriso tornò di nuovo sul volto giovane della Cavalieri:
-La tengo d’occhio, Cadorna. Se lo ricordi- disse lei infine – Anzi, ricordatevelo entrambi-.
Pietro annuì ancora una volta, prima di lanciare una veloce occhiata ad Alessio e girarsi, e camminare finalmente verso l’uscita.
 



 
 

*il copyright della canzone appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI

E finalmente è arrivata la svolta che probabilmente cambierà un po' di cose: Giulia, anche se per pura coincidenza, ha infine scoperto che l'amicizia di Caterina e Giovanni sembra essersi evoluta in altro ... Non è venuta a saperlo proprio nel migliore dei modi, ma ha avuto di certo un risvolto positivo: dopo tanto tempo e tanti silenzi, si sono finalmente aperte l'una con l'altra e questo dialogo ha condotto verso un'unica direzione... First reaction: shock. Shock because la nostra Giulia, dopo questo confronto, ha iniziato a rivalutare Giovanni. Pur continuando a non provare grande simpatia verso di lui, la nostra protagonista ha infatti capito che il ragazzo non ha mai agito in malafede. Con la stessa lucidità, però, Giulia capisce che il rapporto tra Giovanni e l'amica, ora come ora, non avrà vita lunga e rischia invece di fare soffrire molte persone.
E diciamo che l'aria ottimistica di certo non arriva durante il ritrovo a quattro del giorno successivo: 
dall'aria di festa iniziale siamo arrivati ad un'atmosfera piuttosto pesante ... L'idea di Giulia di dare la notizia della frequentazione di Caterina e Giovanni non ha avuto effetti molto positivi. Alessio, in particolar modo, sembra aver avuto la conferma definitiva ai sospetti che si portava dietro da un po' di tempo ... E non sembra averla presa benissimo, arrivando persino a sfogarsi ingiustamente su Giulia. Vi aspettavate una reazione simile? E riusciranno a tener effettivamente questo segreto lontano da Nicola?
In ogni caso, se qualcuno aveva avuto dubbi, dopo questo capitolo non ne avrà più: il gruppo sta scoppiando sempre più. Prima la rottura tra Caterina e Nicola, poi la tensione tra Pietro e Alessio (anche se continuano a parlare ancora), e ora anche Giulia ed Alessio decisamente ai ferri corti .. Secondo voi, ripensando alle loro posizioni e ai loro punti di vista, c'è qualcuno che ha ragione e qualcuno che ha invece torto? O pensate che la ragione si trovi nel mezzo? Diteci un po' la vostra opinione nell'attesa di un eventuale chiarimento o secondo confronto.
Come se non bastassero i casini già presenti, Pietro ha anche la brillante idea di farne scoppiare altri in università ... Insomma, un periodo piuttosto sfortunato per tutti! Finirà mai?

Per ora, senza potervi dire nulla di quel che accadrà, vi diamo appuntamento a mercoledì 24 febbraio per un nuovo sfavillante capitolo!

Kiara & Greyjoy


 
   
 
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