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Autore: Kimando714    24/02/2021    0 recensioni
Giulia ha solo quindici anni quando impara che, nella vita, non si può mai sapere in anticipo che direzione prenderà l’indomani. Questa certezza la trova durante una comune mattina di novembre, quando il suo tragitto incrocia (quasi) del tutto casualmente quello di Filippo, finendo tra le sue braccia.
E cadendo subito dopo a causa dell’urto.
Un momento all’apparenza insignificante come tanti altri, ma che, come Giulia scoprirà andando avanti nel suo cammino, potrebbe assumere una luce piuttosto differente.
“Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi” - (Italo Calvino)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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CAPITOLO 68 - BREAKING THE HABIT
 



 
Won't be long 'til everybody knows
 
“Pensa sempre a quanto è lungo l’inverno” - Marco Porcio Catone

 
L’aria fredda gli pizzicava la pelle del viso non coperta dalla lana della sciarpa, rendo le sue guance arrossate e in netto contrasto con il candore del resto del volto.
Giovanni cercò di accelerare il passo, camminando il più velocemente possibile, in un disperato tentativo di riscaldarsi almeno un po’: aveva sempre odiato quella sensazione di freddo pungente che accompagnava l’inverno, ma il gelo che lo avvolgeva non sembrava poter essere attenuato molto facilmente. Si strinse nelle spalle, attraversando la strada dopo aver controllato che nessuna auto stesse arrivando. Era ormai giunto quasi alla sua meta, e a quel pensiero non poté fare a meno di sospirare sconfitto tra sé e sé.
Non ricordava un’altra volta in cui era mai arrivato a scuola con così tanto anticipo: prima di quegli ultimi mesi spesso si ritrovava a dover correre per non tardare troppo, magari arrivando proprio al suono della seconda campanella. In quei quasi due mesi era cambiato tutto, forse anche troppo: si ritrovava perfino a camminare velocemente non per non arrivare in ritardo, ma per arrivare ancor di più in anticipo.
Probabilmente Caterina doveva già stare ad aspettarlo.
Era difficile discernere la felicità e l’amarezza ogni volta che si ritrovava a pensarlo.
S’immaginò mentre lo stava aspettando alla fermata delle corriere, dove avevano deciso di vedersi quella mattina, magari mentre si guardava intorno per cercare di intravederlo arrivare.
Forse quella sarebbe stata l’ultima mattina in cui si sarebbero visti – sarebbe stata l’ultima se solo Giovanni avrebbe trovato la forza di dirle quello che gli ronzava in testa già da un po’ di tempo, se finalmente sarebbe riuscito a dare un taglio a ciò che stavano facendo.
Erano passate settimane da quando Caterina gli aveva raccontato che Giulia era venuta a sapere di loro. Non gli aveva raccontato cosa si erano dette, ma Giovanni poteva intuirlo comunque: si immaginava la disapprovazione di Giulia, il suo essere contraria alla loro storia. Glielo leggeva negli occhi ogni volta che la incrociava nei corridoi di scuola: più di una volta si sarebbe aspettato di vedersela venire di fronte, magari per minacciarlo o semplicemente sfogarsi contro di lui, ma non era mai successo. Non si era messa in mezzo.
E poi c’era sempre qualcos’altro negli sguardi che gli rivolgeva. Era qualcosa di diverso dall’ostilità che gli aveva sempre rivolto senza nemmeno troppo nasconderlo, qualcosa di diverso anche dall’antipatia. Qualcosa che Giovanni non era riuscito a decifrare, ma che gli era sembrato come venata di una certa tristezza che, però, non avrebbe saputo spiegare.
Forse era la stessa cosa che aveva anche lui nello sguardo, quando la consapevolezza si faceva più forte e la certezza che lui e Caterina fossero stati due stupidi si faceva sempre più fondata.  Era stato un errore lasciarsi trascinare dall’amore e dal dolore, e le conseguenze cominciavano a farsi sempre più pesanti sulle sue spalle.
Arrivò finalmente all’ultimo incrocio che si frapponeva tra lui e la strada in cui si trovava la fermata. Non gli ci volle che un colpo d’occhio per individuare Caterina: non c’erano molti ragazzi oltre a lei, non a quell’ora della mattina, ma sapeva che l’avrebbe comunque individuata subito anche se ce ne fossero stati mille.
Se ne stava ferma, la schiena appoggiata ad un muretto che delimitava la strada, il sole pallido che sbucava dalle nuvole a riscaldarla appena. Sembrava completamente persa nei suoi pensieri, voltata nella direzione opposta a quella da dove stava giungendo lui.
 
I've seen her smiling
The sunlight is shining on her now
She couldn't stay here
She knows you won't let her down
 
Aveva lo sguardo perso nel vuoto, ma Giovanni sapeva, dentro di sé, chi in realtà stesse guardando, con lo sguardo del ricordo. Nonostante Nicola fosse lontano, distante da lei e da quel luogo, Giovanni sapeva che Caterina stava pensando a lui. Vedeva Nicola quando guardava Giovanni in faccia, quando gli parlava, o quando stavano insieme. Era sempre apparso così chiaro che provare a negarlo, e tentare ancora di farlo, sarebbe equivalso ad una sconfitta ancor più bruciante.
Non era Giovanni che stava aspettando lì, appoggiata a quel muretto, ma lui. Anche se non sarebbe mai arrivato.
Giovanni se ne stette fermo, maledicendosi per tutto il male che si stava facendo, e che si stava facendo anche Caterina.
Probabilmente se non lo avrebbe visto arrivare non si sarebbe dannata troppo: si sarebbe allontanata verso la scuola, magari sorpresa, magari a tratti delusa, ma non certo troppo sofferente.
Un sentimento piuttosto diverso da quello che avrebbe provato lui a ruoli invertiti.
Sapeva che gli sarebbe costato molto lasciarla andare, anche se a quel punto anche andare avanti risultava sempre più arduo. Non si era mai sentito così egoista in vita sua, e sapeva che prima o poi gli si sarebbe ritorto contro: perché non trovava la forza per far finire tutto? Perché non riusciva ad imporsi su quei sentimenti così sbagliati?
Con il senno di poi, capiva solo ora quanto avevano corso e quanto per questo stavano pagando. Per quanto il suo amore potesse essere sincero, non era altrettanto sincero anche il loro rapporto.
Paradossalmente lo era molto di più quando si parlavano a malapena, quando ancora si vedevano per quelle ripetizioni d’inglese. Ora, a ripensarci, quelli sembravano bei tempi, in cui tutto sembrava normale e che ogni cosa non potesse cambiare per il meglio.
Erano sempre stati in tre, in quella storia, Giovanni lo ammise con amarezza: ogni volta che lo baciava immaginava come Caterina potesse sentirsi in colpa, verso se stessa, verso di lui, e verso Nicola.
Prima o poi quella catena si sarebbe spezzata, ma quello poteva accadere solamente se uno tra di loro avrebbe deciso finalmente di dare una svolta. Nonostante i migliori propositi, Giovanni non era sicuro di poter essere proprio lui, quella persona.
 
You know she couldn't stay here with you
You know she had to go
Even though she couldn't stay here with you
You know you're not alone
 
Forse ci doveva solo provare, e tutto il resto sarebbe venuto da sé, ma la sola idea di iniziare, la sola idea di pronunciare a voce alta quelle parole che aveva in testa lo destabilizzava.
Trasse un profondo respiro, muovendo qualche passo insicuro per attraversare la strada. Gli parve che fosse passato un secolo quando, finalmente, arrivò a distare da Caterina solo pochi metri.
Quando la vide girarsi nella sua direzione le era ormai accanto, indeciso ed afflitto anche più di prima, ma deciso a non farlo trasparire.
-Cominciavo a pensare che non saresti arrivato-.
Caterina esordì accennando ad un sorriso veloce, che Giovanni cercò di ricambiare suo malgrado.
Gli risultava difficile pensare di doverla lasciare proprio in quel momento, dopo quel sorriso, a quella vicinanza tra di loro. Si schiarì la voce, in un intento impacciato di prendere tempo.
-Stavo pensando ad una cosa, mentre camminavo fino a qui- la voce gli risultò troppo poco convinta, e Giovanni non poté fare a meno di credere che quello fosse un pessimo inizio per mollare qualcuno – Pensavo a noi due-.
-E cosa pensavi su noi due?-.
Gli occhi di Caterina lo scrutavano, scuri e silenziosi, attendendo che Giovanni proseguisse.
“Che stiamo sbagliando. Tu non ti meriti questo, e nemmeno io. Tu pensi ancora a lui, e io tengo troppo a te per vederti così”.
Con gli occhi di Caterina davanti, però, sembrava tutto più difficile, quasi impossibile da realizzare – anche se quella era la verità.
Giovanni si morse il labbro inferiore nervosamente, sentendo sulla punta della lingua quelle parole che ormai gli ronzavano quotidianamente in testa, senza però riuscire a pronunciarle.
-Niente, solo ricordi- Giovanni si morse il labbro inferiore senza sapere bene cosa dire ora, non trovando nemmeno termini adatti con cui chiamare se stesso in quel momento –  È che è già passato un mese da quando ci siamo baciati la prima volta-.
Si sentì così dannatamente codardo.
 
No matter what you think you did wrong
She knew she had to go all along
No matter what you think you did wrong
She knew she had to go all along
 
Scorse nelle iridi scure di Caterina un tratto di incredulità, quasi di delusione.
Come poteva aspettare che lei potesse ricambiarlo, quando sbagliava sempre? Si sentiva come un’inadatta alternativa a Nicola, qualcuno con cui Caterina stava solo per cercare un modo maldestro per distrarsi.
-Già- disse flebilmente lei, scostando lo sguardo e puntandolo in una direzione casuale, ma ben lontana dagli occhi di Giovanni – Sembra che febbraio sia un mese pieno di ricorrenze e anniversari-.
Più che in qualsiasi altro momento, Giovanni avvertì di nuovo il fantasma di Nicola incombere su di loro, talmente vivido da sembrare quasi presente, proprio lì accanto.
Sospirò tra sé e sé, sconfitto.
-Non aspettarmi oggi, all’uscita da scuola- Caterina lo riportò alla realtà, cambiando argomento e lasciando Giovanni disorientato per i primi secondi – Un mio amico dovrebbe darmi un passaggio-.
-Chi è?-.
Non riuscì a trattenersi dal domandarlo, non riuscendo a farsi venire in mente nessuno. Caterina lo guardò negli occhi, prima di scostare lo sguardo e rispondergli indifferente:
-Un amico che non vedo da un po’. Non lo conosci-.
A Giovanni non rimase altro che annuire, deluso per quella risposta e per se stesso.
Non ce l’avrebbe mai fatta a lasciare Caterina, così come lei non avrebbe chiuso con lui.
Non gli rimaneva altro che sperare che qualcun altro si facesse avanti, per il bene di entrambi.
Sperava solo che le cose cambiassero presto.
 
I see her shining
The sunlight's crying for her now
She wouldn't stay here
She knows you won't let her down
 
*
 
Aveva rimuginato su quella decisione per giorni interi, prima di decidere di metterla finalmente in atto. Si era chiesto a lungo cosa ne avrebbe ricavato da quel suo ritorno, ma credeva che non l’avrebbe mai potuto scoprire se prima non ci provava.
Le strade di Piano gli stavano dando una certa nostalgia, che gli stava attanagliando inevitabilmente la bocca dello stomaco, facendolo sentire un po’ più agitato di quel che sperava di essere. Provò una certa mancanza per gli anni della scuola, contro ogni pronostico provò mancanza perfino per i quotidiani viaggi in corriera. Eppure, quello che provava in quel momento – seduto dentro alla sua auto, nel parcheggio del Virgilio -, non era soltanto malinconia per gli anni passati. C’era dell’agitazione che lo teneva sul chi vive, quando avrebbe solamente voluto sciogliersi di più.
Era tornato a casa in quei giorni in un momento impulsivo, senza nemmeno pensare che avrebbe perso diverse ore di lezione spalmate in quei giorni della settimana. Si era sentito in colpa, terribilmente in colpa a pensare a quanto sarebbe rimasto indietro, ma si era ripetuto mille volte che lo stava facendo per un buon motivo, e che avrebbe sempre potuto guardare gli appunti di Pietro per rimettersi in pari.
Controllò l’ora dal display del cellulare: mancava poco alla fine dell’ultima ora di scuola.
Si era sentito sollevato quando la sera precedente, dopo averle scritto un messaggio nel pomeriggio, Caterina gli aveva finalmente risposto, accettando il passaggio da scuola fino a casa che lui le aveva offerto.
Non era ancora del tutto convinto che fosse stata una buona idea, ma non escludeva risvolti inaspettati. Forse, contro ogni previsione, avrebbero potuto iniziare a risanare quel distacco che c’era stato anche tra loro, spiegarsi e cercare di capire; forse era ciò in cui sperava di più, perché per quanto avesse cercato di non pensarci, ora si rendeva pienamente conto di quanto gli fosse mancava Caterina in quegli ultimi mesi.
Alessio uscì dall’auto, incapace di rimanersene calmo nell’attesa che suonasse anche l’ultima campanella. Non aveva idea di cosa avrebbe detto a Caterina, e si ritrovava quasi a disagio a pensarci, ma ormai era lì, e l’ipotesi di andarsene non lo toccava minimamente. Non si sarebbe tirato indietro proprio giunto a quel punto.
Appoggiato contro l’auto, e guardando nervoso verso la scuola, sentì il trillo acuto della campanella provenire dall’interno dell’edificio. Non passò molto tempo, poi, a quando poté osservare i primi studenti uscire dal retro, proprio di fronte al parcheggio. Si costrinse a cercare di calmarsi, mentre cercava di intravedere Caterina: apparirle nervoso già da subito non avrebbe aiutato nessuno dei due.
Dopo almeno un minuto Alessio fu sicuro di vederla uscire, diretta poi proprio verso il parcheggio – verso di lui.
Si sforzò di sorridere, mentre attendeva che Caterina percorresse gli ultimi metri che li separavano, dopo averlo individuato in mezzo a tutte quelle auto. Vide che anche lei stava sorridendo nella sua direzione, forse addirittura con più convinzione di quanta non ne avesse lui stesso.
-Non sei cambiato molto dall’ultima volta che ti ho visto-.
La voce di Caterina, giunta finalmente di fronte ad Alessio, non parve a disagio o forzatamente tranquilla: sembrava del tutto sincera, come il sorriso che gli stava rivolgendo.
-Nemmeno tu, a quanto pare- le rispose lui, osservandola. Si ritrovò completamente impreparato quando vide Caterina avvicinarsi ulteriormente, fino ad arrivare ad abbracciarlo.
In quel momento, mentre ricambiava la stretta e la stringeva contro di sé, Alessio non poté fare a meno di sentire il groppo alla gola crescere sempre di più.
In quell’abbraccio sembravano essere racchiusi tutti i sentimenti contrastanti che provava in quel momento, come se fosse un punto di contatto tra due persone che si erano perse già da tempo contro il volere di entrambi.
E tutto ciò non faceva altro che rendere il tutto più difficile.
 


Il viaggio in auto non stava andando male, almeno fino a quel momento, anche il fatto che si trovassero lì da neanche cinque minuti lasciava Alessio ancora interdetto su quel che sarebbe potuto venire dopo.
A ben guardarla, però, sotto quell’apparenza spensierata, Caterina appariva ben più pensierosa e chiusa in se stessa di quanto Alessio aveva sperato. Gli sembrava di rivedere il se stesso di un anno prima: sembrava avessero un modo fin troppo simile di reagire al dolore, probabilmente anche con lo stesso bisogno di avere qualcuno vicino nonostante l’aver provato ad allontanare tutti.
-A scuola come va?- tenendo lo sguardo fisso sulla strada, Alessio parlò con il tono più casuale possibile. Fu un pessimo tentativo di rendere la situazione meno fredda, ma non gli era venuto in mente nient’altro. Non aveva ancora idea di come avrebbe potuto portare l’argomento su Giovanni, quindi tanto valeva improvvisare.
-Come al solito- rispose Caterina, e con la coda dell’occhio Alessio la vide girarsi verso il finestrino – Non è la scuola in sé ad essere uno dei miei tanti problemi-.
-Problemi di che genere?- Alessio frenò appena, approfittandone per voltarsi velocemente verso Caterina: continuava a guardare altrove, verso l’esterno, ora più rigida e meno rilassata.
-Immagino tu sappia già che intendo-.
Alessio non disse nulla, in parte stupito: non si era del tutto aspettato che fosse Caterina stessa ad andare in argomento.
-Credevo che dopo quel che hai saputo da Giulia ti saresti fatto vivo per parlare molto prima- disse ancora Caterina, con voce atona – Non vuoi farmi anche tu la paternale?-.
-Non era mia intenzione fartela-.
Alessio sospirò a fondo, un po’ scoraggiato anche se non del tutto sorpreso. Ci fu un silenzio parecchio teso, subito dopo quelle sue parole, durante il quale non seppe cos’altro dire.
-Allora perché sei qui?-.
Avvertì Caterina sospirare a fondo, e parlare in quello che era stato poco più di un sussurro appena udibile. Sembrava più stanca che frustrata, o anche solo arrabbiata, e in un certo senso quella fu una sensazione anche peggiore. Gli parve di tornare a qualche settimana prima, quando Giulia gli aveva rivolto parole piene di livore solo sussurrando, rendendole ancora più difficili da affrontare che se fossero state grida piene d’ira.
Non aveva intenzione di ripetere lo stesso copione. Era giunto fin lì per spezzare il cerchio, per uscire da quell’abitudine a lasciarsi cullare dalla casualità delle cose, per smetterla di voltarsi dall’altra parte.
-Per te-.
Alessio tenne le mani strette sul volante,  accarezzando l’idea di accostare l’auto per poter finalmente guardare in faccia Caterina.
-Per sapere come stavi-.
-Lo sai già-.
Caterina gli parve quasi sull’orlo delle lacrime, e quella sensazione non fece altro che inquietarlo ancor di più. Alessio si decise ad accostare l’auto, al lato della strada; non appena l’auto fu ferma si girò verso Caterina, osservandone lo sguardo crucciato e in difficoltà.
-No che non lo so, invece- mormorò, a mezza voce – So quello che mi ha detto Giulia, ma erano parole sue, non tue-.
Caterina mantenne lo sguardo fisso altrove, senza mai incrociare il suo, evidentemente troppo vulnerabile per farlo.
-Perché non mi hai mai richiamato?-.
-Non avevo nulla da dire- disse lei, con un filo di voce – E poi non sapevo se ti interessasse davvero saperlo. Non è che ti sei più fatto vivo da queste parti nemmeno tu-.
-Perché avevo paura di scoprire cosa mi avresti detto- ammise Alessio, sospirando pesantemente – Forse una parte di me ha sperato che non richiamassi mai proprio per questo-.
Girò la chiave, spegnendo il motore dell’auto e guardandosi attorno. La campagna che li circondava appariva desolata e solcata dalla nebbia invernale, in un paesaggio che lo fece sentire ancora più vuoto.
-Però è stata una cazzata. Sarei dovuto esserci prima-.
-Prima che trovassi consolazione in qualcun altro?-.
-No, prima che arrivasse questo momento-.
Caterina sbuffò, scuotendo la testa, ed in quel momento Alessio capì quanto aveva sbagliato a non fare prima ciò che aveva fatto quel giorno.
Quando Giulia gli aveva parlato non si immaginava davvero di poter vedere Caterina così a terra. Aveva sperato che Giulia avesse esagerato per la propria preoccupazione o per l’arrabbiatura; ora che però l’aveva di fronte, era visibile quanto Caterina apparisse provata da quegli eventi, insicura di sé e delle sue scelte.
Gli sembrò di essere di fronte al vecchio se stesso.
-Ora hai capito quanto sia difficile stare accanto ad una persona che soffre- mormorò Caterina, lo sguardo abbassato e il respiro veloce – E sai anche bene quanto sia complicato uscire da certe situazioni-.
Fece una pausa, scuotendo appena il capo:
-Il non sapere cosa fare, cosa pensare … Lo sai che intendo-.
-Lo so- Alessio abbassò a sua volta lo sguardo – E so anche che se tu non ci fossi stata non ce l’avrei fatta da solo-.
Portò una mano sul ginocchio di Caterina, come per ricordarle la sua presenza lì, accanto a lei.
-In quel periodo avrei tanto voluto parlare a mio padre. Fargli sapere quanto male stavo, dirgli quanto fosse stato bastardo, o tutto quello che era cambiato dalla sua assenza. Non ne ho avuto ancora l’occasione, e questo mi tormenta ancora, in certi momenti- sentì il groppo in gola rendergli difficile persino parlare così a bassa voce come aveva fatto, ma si sforzò di non fermarsi – E tu, che ne hai la possibilità, forse dovresti parlare con Nicola. Non puoi capire come andare avanti se prima non comprendi appieno quel che hai passato-.
Non sapeva quanto quelle parole sarebbero state efficaci, e quanto l’avrebbero aiutata. Non sapeva nemmeno se quelle erano state le cose più giuste da dire.
-Dovresti davvero parlargli. Con calma, senza la rabbia che provavi mesi fa- disse ancora – Solo così avrai le idee più chiare-.
Alessio si ritrovava lì accanto a lei, insicuro ed esitante: non aveva programmato di consigliarle di parlare con Nicola, né aveva previsto di tornare a parlare di quella che era stata la sua vita fino a sei mesi prima. Forse era esattamente così che si sentiva anche Caterina in quel momento: totalmente in balia degli eventi, incapace di pensare ad un modo che potesse funzionare per tornare ad avere un po’ di controllo.
-Non credo avrei il coraggio di parlargli, a meno di non trovarmelo di fronte- farfugliò lei, sbuffando appena – E poi non sa ancora nulla di me e Giovanni, e dirglielo … Non so come reagirebbe-.
-Credo che in fondo spererebbe solo di vederti felice, anche senza di lui- le mormorò Alessio, con sincerità.
Per un po’ nessuno di loro due disse più altro, ma Alessio non accennò a rimettere in moto l’auto. Si sentì già parecchio drenato di ogni energia, ed erano bastati pochi minuti di conversazione con Caterina per arrivare a quel punto.
-Se ci fosse Nicola qui al mio posto, gli diresti le stesse cose?-.
Si voltò verso Caterina, che aveva parlato con voce a malapena udibile nonostante nell’auto regnasse il silenzio. Si avvertivano solo in lontananza le auto sfrecciare lungo la strada, superando il punto in cui erano fermi loro.
-Gli diresti di venirmi a parlare?- insistette ancora Caterina, per la prima volta alzando lo sguardo velato di lacrime su di lui – O preferiresti tenerlo ancora al riparo da quel che potrebbe scoprire?-.
Alessio ricambiò lo sguardo, senza riuscire a dire nulla.
-Gli diresti di parlarmi, Alessio?-.
Rimase in silenzio, incapace di formulare una risposta perfino nella sua mente. Si ritrovava davanti ad un bivio, lo stesso a cui si bloccava ogni giorno da quasi due mesi, e di fronte al quale non aveva idea di che strada prendere.
 
*
 
Parcheggiò l’auto in uno dei tanti posti lasciati liberi nella piazza di Sesto Levante, girando le chiavi per spegnere il motore subito dopo. Quando scese gli bastò guardarsi intorno una volta per individuare la persona con cui doveva incontrarsi. Giulia era in piedi davanti al municipio, le mani che sorreggevano il manubrio della bici con cui doveva essere arrivata fin lì.
Alessio infilò le chiavi dell’auto nella tasca del cappotto, dopo averla chiusa a chiave, incamminandosi verso di lei. Anche se dall’espressione che aveva in volto Giulia sembrava tranquilla, preferì non giungere a conclusioni affrettate.
-Ciao- la salutò quando le arrivò di fronte, ricevendo in risposta un cenno del capo.
-Vieni- disse lei, muovendo qualche passo – Ci sono dei gradini su cui possiamo sederci qua vicino-.
La seguì in silenzio, fino all’angolo della piazza, dove il portico di fronte al quale l’aveva aspettato scendeva in basso sfociando in una scalinata larga. Giulia lasciò la bici appoggiata sul cavalletto sul marciapiede, prima di andarsi a sedere su uno dei gradini, seguita da Alessio, ancora in silenzio.
-Ti sei perso venendo fin qui?-.
-No- Alessio scosse il capo – E comunque se non fossi stato sicuro della strada avrei usato Google Maps. Serve a quello, no?-.
Giulia alzò le spalle:
-Magari sei uno di quelli che riesce a perdersi pure usando quello-.
In una qualsiasi altra situazione Alessio sapeva che avrebbe riso a quella battuta. In quel momento però sentiva la stessa tensione che l’aveva reso insicuro nel viaggio in auto con Caterina, e non riuscì a fare altro che rimanere di nuovo in silenzio. Giulia sembrò intuirlo, perché si voltò di più verso di lui, guardandolo a lungo:
-Allora? Come mai siamo qui? Voglio dire, sei tu che mi hai chiesto di vederci- iniziò a dire, con tono curioso – Tra parentesi, che ci fai da queste parti durante la settimana? Non hai lezione?-.
Alessio si sentì girare la testa di fronte a quella cascata di parole improvvisa.
-Fai troppe domande- esalò, sgranando gli occhi – Sì, avevo lezione, però avevo bisogno di cambiare aria per qualche giorno. E di fare alcune cose-.
Si morse il labbro inferiore, sospirando appena.
-Tra cui quella per cui siamo qui-.
Era da quando lui e Giulia avevano litigato che gli ronzava per la testa il bisogno di chiarire. Alice era stata piuttosto decisiva nel fargli decidere che, già che era lì, non poteva perdere l’occasione di parlare con Giulia. Non le aveva spiegato esattamente cos’era successo – in fin dei conti avrebbe dovuto spiegare molto di più per farle capire il motivo per cui avevano litigato a quel modo, e non aveva alcuna intenzione di immergersi in spiegazioni così lunghe e dettagliate-, ma Alice aveva capito comunque quanto la cosa lo stesse tormentando. Alessio ricordava ancora quel che gli aveva detto: che non valeva la pena lasciare le cose così in sospeso con un’amica a cui teneva solo per uno stupido litigio.
Non aveva idea se Giulia fosse dello stesso parere, ma quando le aveva scritto qualche ora prima per chiederle di vedersi aveva cercato di prendere il suo sì come un segno positivo. Aveva guidato fino a lì, nella piazza dove Giulia stessa gli aveva detto che avrebbero potuto vedersi e non essere disturbati mentre erano insieme, con la speranza che Alice avesse ragione.
Ora che aveva gli occhi di Giulia su di sé, ci sperava ancor di più.
-Hai la mia attenzione- la sentì dire.
“È arrivato il momento”.
Alessio abbassò lo sguardo nuovamente, sapendo già che sarebbe stato difficile trovare le parole giuste per spiegarsi.
-Volevo scusarmi- esalò, con voce incerta – Non avrei dovuto urlarti addosso, né usare certi toni. Ero nervoso, ma questa non è una giustificazione-.
Si morse il labbro inferiore, azzardando un’occhiata di sottecchi verso Giulia: forse era una sua impressione, ma gli parve di notare il suo volto addolcirsi, mentre lo osservava di rimando.
-Mi dispiace-.
Per qualche secondo nessuno di loro disse nulla, il rombo delle auto che passavano lungo la strada l’unica cosa che spezzasse il silenzio altrimenti assoluto.
Quando Giulia sospirò, sul punto di parlare, Alessio non seppe cosa potersi aspettare.
-Beh, se dobbiamo essere sinceri, ho fatto la stessa cosa anche io- mormorò lei, scuotendo appena il capo con amarezza – Volevo chiamarti già la settimana scorsa, però … -.
-Non sapevi se avrei risposto?-.
Giulia annuì subito:
-Una cosa del genere-.
Alessio annuì a sua volta. Forse sarebbe davvero andata così, perché ripensando a come aveva passato le settimane precedenti non era del tutto sicuro che sarebbe stato in grado di affrontare una discussione del genere. In un modo o nell’altro, sentiva che il momento giusto era quello che stavano vivendo in quel frangente.
-Siamo già abbastanza incasinati, non c’è bisogno di litigare anche tra noi- disse ancora Giulia, con pentimento nella voce.
-Lo so, lo so- si affrettò a sussurrare Alessio. Si prese qualche altro secondo per riordinare le idee prima di proseguire:
-Però continuo a pensare ancora quel che ho detto. Cioè … Non possiamo impedire a qualcun altro di fare qualcosa solo per paura che poi ci possa star male. È vero che a Caterina e Nicola è successo, però sono state decisioni che hanno preso loro- cercò di spiegarsi, con calma – Però forse avremmo fatto meglio a consigliarli un po’, stare più accanto ad entrambi e non lasciarli completamente a se stessi-.
-Già- replicò Giulia, con un velo di malinconia nella voce – È che non riesco a non sentirmi in colpa per non essere andata a chiedere spiegazioni a Caterina prima di tutta questa baraonda-.
Alessio la comprendeva, forse in quel momento più che mai. Quando avevano litigato non si era soffermato a pensare che anche per Giulia doveva essere stata dura la consapevolezza di non esserci stata abbastanza, in un modo quasi analogo a quello in cui lui era stato altrettanto assente.
E al modo in cui si sentiva ogni volta che vedeva Nicola, sapendo che ancora non aveva idea di cosa stesse succedendo nelle vite di tutti loro.
-Un po’ mi sento così verso Nicola- confessò in un sussurro a malapena udibile – È che è all’oscuro di tutto … -.
“Chissà per quanto durerà ancora”.
Per un po’ non disse nulla, prima di aggiungere:
-Ho parlato con Caterina oggi-.
Giulia non apparve affatto sorpresa della cosa, dettaglio che gli fece presupporre che fosse già a conoscenza della cosa.
-Sì, mi ha detto che saresti venuto a prenderla a scuola- confermò, in effetti, Giulia – E per inciso, non le ho detto nulla del nostro litigio. L’ho detto solo a Filippo perché ha insistito nel chiedermi cosa fosse successo, però non gli ho anche detto di non prendersela con te-.
-Ah- fu l’unica cosa che riuscì a dire Alessio, vagamente colto alla sprovvista. Effettivamente aveva senso che si fosse confidata almeno con Filippo, anche se l’atteggiamento piuttosto pacifico che aveva avuto nei suoi confronti le poche volte che si erano incontrati durante quelle ultime settimane gli avevano più fatto pensare che non ne sapesse nulla. Il fatto che Giulia si fosse premurata di dirgli di non intervenire poteva essere una buona ragione per spiegare come mai non gli avesse detto nulla.
-Comunque credo che da oggi in poi le cose andranno un po’ meglio- continuò Alessio, tornando a ripensare alla conversazione avuta con Caterina qualche ora prima – Forse avremmo tutti dovuto fare qualcosa prima, però credo che ci sia ancora margine di miglioramento-.
Giulia annuì, pensierosa. Doveva ancora sentirsi comunque in colpa, un po’ come si sentiva Alessio, ma era sicuro che pian piano anche lei si sarebbe sentita meno pressata.
Non era da lui, ma cominciava ad intravedere una flebile luce in fondo a quel tunnel.
-Quindi siamo ancora amici?-.
Lo disse con voce incerta, dopo almeno un minuto in cui nessuno di loro due aveva detto nulla. Quando trovò il coraggio di girarsi verso Giulia la trovò con un ghigno divertito stampato in viso.
-Abbiamo mai smesso di esserlo, Raggio di sole?-.
Alessio sbuffò al nomignolo, bloccandosi quando Giulia gli dette un paio di pacche leggere sul fianco.
-Tanto lo so che ti piace come soprannome- disse ancora lei, ridendo. Per una volta anche Alessio si lasciò andare ad una risata: in un modo o nell’altro cominciava a sentirsi più leggero.
Probabilmente era una sensazione destinata ad amplificarsi quando, di lì a pochi giorni, avrebbe compiuto l’ultima cosa che aveva deciso di fare.
-Ho anche intenzione di parlare con Nicola-.
Giulia sgranò gli occhi nell’immediato:
-Per dirgli cosa?-.
-Non voglio dirgli di Giovanni- specificò Alessio, in fretta – Solo … Non lo so, dirgli che parlando le cose si risolvono meglio. E che forse farebbe bene ad andare da Caterina a parlarle-.
Per un attimo Giulia tacque, lo sguardo perso nel vuoto, probabilmente riflettendo su ciò che si era appena sentita dire. Quando finalmente aprì bocca per parlare di nuovo, Alessio sperò ardentemente che fosse d’accordo.
-Potrebbe essere una buona idea-.
“O potrebbe portare ad altri casini, ma non lo sapremo fino a quando non succederà”
-Speriamo- esalò Alessio.
 
*
 
I don’t know how I got this way
I know it’s not alright
So I’m breaking the habit
Tonight
 
Il resto della settimana era passato senza che riuscisse a trovare il coraggio sufficiente per tornare a Venezia. Era stato facile dire a Giulia ciò che avrebbe fatto, diverso era metterlo in atto. I primi giorni di marzo erano passati nella nebbia del dubbio più totale, senza che questa riuscisse a dissiparsi offrendogli la soluzione migliore.
La rassegnazione di Alessio era giunta nel weekend, quando ormai si era deciso di far ritorno a Venezia e convintosi che doveva perlomeno provare ad andare da Nicola. Il risultato poi non poteva essere certo.
Era quello che si stava domandano lungo le calli veneziane, quando la sera stava ormai calando per le ultime ore di quella domenica. L’appartamento di Nicola e Filippo non era troppo distante da quello suo e di Pietro, e quando arrivò di fronte al vecchio palazzo si rese conto che erano passati troppi pochi minuti per riuscire a mettere a tacere definitivamente l’ansia che si sentiva addosso.
Entrò nell’atrio a quell’ora vuoto, dopo aver trovato il portone del palazzo già aperto, e dirigendosi con passo cadenzato verso le scale che lo avrebbero portato al primo piano. Per quanto stesse cercando di andare lentamente per recuperare ulteriore tempo, non si stupì quando, dopo appena un minuto, si ritrovò davanti alla porta d’ebano dell’appartamento.
Pigiò appena sul campanello, sospirando a fondo e ritrovandosi a sperare per qualche breve attimo che non ci fosse nessuno, ma le sue speranze si dissolsero nel momento in cui si ritrovò davanti il viso pallido e più scavato del solito di Nicola. Ad Alessio non rimase che spiaccicare pacato un saluto, cercando di non apparire teso.
-Come mai sei qui?- la sorpresa di Nicola si poteva leggere negli occhi chiari spalancati. Si spostò dalla porta per far entrare Alessio, richiudendola subito dopo con un tonfo che risuonò nell’appartamento.
Nicola doveva essere solo in casa: per quanto Alessio si stesse sforzando di avvertire un qualche rumore che rivelasse la presenza di Filippo, non intercettò nulla.
-Ero in giro da queste parti, ed ho pensato di fare un salto a vedere come stavi- Alessio si voltò verso l’amico, seguendolo verso il salotto dell’appartamento – Filippo è in casa?-.
-È uscito per ordinare delle pizze per cena-  spiegò Nicola, rimanendo in piedi di fronte ad Alessio, ora seduto sul divano al centro della sala – Io non avevo molta voglia di uscire-.
Alessio annuì, semplicemente: si sentiva in totale soggezione, soprattutto per il fatto che gli occhi di Nicola sembravano squadrarlo da capo a piedi, come a voler leggergli nella mente la vera ragione per la quale si trovava lì senza alcun preavviso.
-Pensavo aveste già cenato- commentò casualmente Alessio. Erano da poco passate le nove, e quando era uscito di casa aveva sperato di non arrivare in un momento in cui avrebbe potuto disturbare. A quanto pareva sarebbe stato il terzo incomodo a cena.
-Ci siamo presi un po’ tardi- replicò Nicola, sedendosi in un angolo del divano, incrociando le gambe – In realtà non ho nemmeno molta fame-.
Alessio annuì, evitando di dire che pure lui si era sentito allo stesso modo un’ora prima, e che alla fine aveva mangiato poco niente perché l’ansia gli aveva chiuso la bocca dello stomaco.
Per un po’ nessuno di loro disse nulla, e fu in quel momento che Alessio decise che era giunto l’attimo giusto.
-Hai intenzione di tornare a Torre San Donato il prossimo weekend?- Alessio cercò di sembrare il più indifferente possibile, alzando il capo verso Nicola – Per il tuo compleanno, intendo-.
-Non ne sono così sicuro- Nicola storse il naso, alzando le spalle con indifferenza.
-È per via … - Alessio si morse il labbro inferiore, indeciso se continuare o meno a parlare – Per Caterina?-.
Nicola non sembrava voler rispondere, perlomeno non subito. Abbassò appena il capo, gli occhi fissi in una direzione ignota, senza che però stesse fissando qualcosa di preciso.
Alessio si morse il labbro inferiore, intimorito: sapeva di aver appena toccato il tasto dolente dell’altro, e il fatto di aver appena cominciato l’opera non prometteva nulla di buono.
-Non credo farebbe ormai molta differenza tornare o no a Torre San Donato per lei- parlò infine Nicola, mormorando appena con tono spento – Tanto non ci vedremmo comunque-.
-Perché invece non provi a scriverle?- tentò Alessio, prendendo un respiro profondo – Ormai sono passati due mesi, le acque si sono calmate. Non credi sia il momento giusto per parlarle?-.
-E cosa cambierebbe?- si lasciò sfuggire Nicola, con voce scoraggiata.
Alessio si passò la lingua sulle labbra secche, prendendosi qualche attimo per pensare. C’erano così tante cose ancora in sospeso tra Caterina e Nicola, e così tante cose che avrebbero dovuto ancora dirsi che quasi gli sembrava ovvio cosa sarebbe cambiato.
-Avreste un po’ di chiusura entrambi- mormorò infine – O magari scoprireste che chiarendovi potreste comunque non tagliare del tutto il legame che avete-.
Nicola sembrò preso contropiede, l’espressione confusa e la fronte solcata da rughe.
-Il fatto è che la situazione in cui siete non fa bene a nessuno di voi due- continuò Alessio – Per quanto io, Giulia, o Filippo e Pietro cerchiamo di darvi una mano non basta, e non serve. Dovete essere voi due a chiarirvi tra voi-.
Alessio si alzò di scatto dal divano su cui si trovava, gironzolando agitatamente lungo lo spazio del salotto. Si stava facendo prendere troppo la mano, ma non credeva di avere molte altre scelte: doveva convincerlo.
Doveva convincerlo, e sperare che quella fosse la vera soluzione di cui tutti loro necessitavano in quel momento.
-Devi tornare, Nicola. Devi andare a Torre San Donato, da lei. Anche solo per capire e comprendere meglio ciò che state passando- Alessio si fermò, di nuovo di fronte all’altro. Non sapeva che altro avrebbe dovuto aggiungere, che altro invece avrebbe dovuto tacere. Aveva finalmente tratto il dado, e non aveva la minima idea di che sarebbe successo da quel momento in poi.
L’aver spezzato quel ciclo di silenzio lo faceva intimorire, e lo faceva sperare di aver fatto la scelta migliore.
Passarono alcuni secondi prima che anche Nicola alzasse il viso verso di lui, lo sguardo confuso e a tratti circospetto con gli occhi azzurri che indugiavano sul suo viso teso:
-A cosa servirebbe, ormai?-.
“Ha bisogno di te più di quanto non ne avesse bisogno prima”.
-Se ci tieni ancora a lei, in un qualche modo, allora devi andare là e farglielo sapere-.
In quel momento, scrutando le iridi profonde di Nicola, Alessio colse qualcosa di diverso negli occhi dell’altro, come se il legame con il dolore che ancora viveva in lui fosse ancora presente, ma affievolito.
Sperava solo di averci visto giusto.
 

“Ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi la responsabilità di cambiarle” - Denis Waitley








*il copyright delle canzoni (Linkin Park - "She couldn't", “Breaking the habit”) appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Nuova settimana e nuovo capitolo! Il 68 inizia una ventina di giorni dopo il capitolo precedente, e si apre con il POV di Giovanni, che come possiamo notare non se la sta passando troppo bene. I suoi timori stanno prendendo sempre più vita, e ha come l'impressione che tra lui e Caterina non finirà affatto bene ... Questa sensazione però non basta a dargli il coraggio necessario a troncare la loro specie di storia.
Ma per quanto riguarda il resto del capitolo, che potremmo tranquillamente rinominare "Alessio incontra gente”, come potremmo dire con una frase di lokiana memoria: "The sun will shine on us again"! Molte cose sono ancora da risolvere, ma persino Alessio inizia ad essere più ottimista sui risvolti di tutta la situazione. In questo suo pellegrinaggio nelle terre di nessuno ehm, volevamo dire nelle terre del Veneto, (chissà come sarebbe stato questo "viaggio" se fosse stato limitato da zone rosse, lockdown o altre restrizioni... ) abbiamo infatti visto che il miglioramento è iniziato con Caterina, è proseguito con Giulia, ed è terminato con Nicola. E a proposito di quest’ultimo, secondo voi seguirà il consiglio di Alessio o farà di testa sua? Anche perché, come abbiamo potuto constatare, Caterina non è minimamente intenzionata a fare il primo passo con lui. Questa mossa, dunque, dovrà esserci da parte di Nicola, altrimenti la situazione tra loro rimarrà sempre un po' in stallo.
Appuntamento a mercoledì 10 marzo per scoprire quale sarà la decisione di Nicola!
Kiara & Greyjoy
 
PS: sì, è vero, l’appuntamento con il capitolo 69 sarà tra due settimane, ma ciò non vuole dire che il prossimo mercoledì mancherà una pubblicazione.
Ebbene sì: a marzo, e probabilmente poi ad aprile, pubblicheremo sempre qui anche un paio di racconti slegati da Walk of Life. Stay tuned!

 
 


 
 
 
   
 
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