Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: AlsoSprachVelociraptor    10/02/2021    0 recensioni
Nel 2018 Shizuka Higashikata, la figlia adottiva di Josuke, vive una vita monotona nella tranquilla Morioh-cho.
Una notte la sua vita prenderà una svolta drastica, e il destino la porterà nella misteriosa città italiana di La Bassa, a svelare i segreti nascosti nella sua fitta nebbia e nel suo sottosuolo, combattere antichi pericoli e fare nuove amicizie, il tutto sulle rive di un fiume dagli strani poteri.
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Terza riscrittura, e possibilmente quella finale, dell'attesa fanpart di JoJo postata per la prima volta qui su EFP nel lontano 2015.
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Prequel: “La battaglia che non cambiò nulla (o quasi)”
*Spoiler per JoJo parti 1, 2, 3, 4 e 6*
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Aggiornamenti saltuari.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Josuke Higashikata, Jotaro Kujo, Nuovo personaggio, Okuyasu Nijimura
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Dopo una settimana in ospedale e un’altra passata a casa, Shizuka stava meglio.

Certo, era difficile abituarsi a questo nuovo look- i suoi nuovi occhi rossi non passavano di certo inosservati. Se al buio potevano sembrare neri, alla luce, anche solo la più flebile, quella scintilla di rosso vivo- rosso sangue- si faceva evidente e inquietante. 

A dir la verità, Shizuka non la odiava. Shizuka non odiava niente della sua nuova condizione, se così poteva chiamarla. Non odiava quel colore incredibile di occhi, né il colore perlaceo e così raffinato della sua pelle, né il fatto che effettivamente si sentisse più forte. Meglio.

Quel sangue era incredibile. O forse era il veleno vampiro. O forse era la grande forza vitale e gioia di vivere che aveva contraddistinto nonno Joseph per quasi tutta la sua vita, almeno fino a quando sua moglie era viva. in qualsiasi caso, qualsiasi cosa fosse, anche lei ora si sentiva più viva di prima.

“Mi è tornata la moto, ma non posso usarla. Non posso uscire di casa e papà non vuole che vada a sbattere da qualche altra parte o che un altro vampiro mi usi come apericena.” ridacchiò Shizuka al telefono con Mao, mentre si scontravano in un videogioco 1vs1 di guerra alla PlayStation. 

In realtà, Shizuka non aveva così tanta voglia di uscire. Ogni volta che il sole la colpiva in faccia, sentiva la pelle come pizzicare, ed era costretta a ridurre gli occhi a due fessure, perchè ora la luce sembrava molto più luminosa e il buio era un po’ meno buio. 

“Beh, ragione ha.” borbottò Mao. Shizuka sorrise istintivamente mentre il suo personaggio si accovacciava dietro a un muro e aspettava che l’amica facesse un passo falso per spararle. Quando Mao era concentrata su qualcos’altro che non fosse parlare, tornava al suo difetto di pronuncia- dire le frasi al contrario. Solo dopo anni di logopedia era riuscita a dire le parole nell’ordine giusto, ma le bastava solo distrarsi per ritornare in quel vecchio vizio che si portava dietro fin da piccolissima. Non importava. 

Quando vide la sagoma del personaggio di Mao, Shizuka fece saltare il suo. Premette i tasti così velocemente che Mao nemmeno capì cosa stava succedendo. Riuscì ad evitare tutti i colpi che il povero soldato di Mao aveva sparato, e lo headshottò a freddo e a distanza ravvicinata.

Dagli auricolari di Shizuka provenì il grido disperato di Mao che gettava a terra il joystick. “Fai come ma!?!” gridò. 

Shizuka non lo sapeva. Si sentiva semplicemente più agile, anche se l’agilità consisteva nel premere tasti su un aggeggio di plastica.

“GG, Mao.”

“Cazzo col!!”

Shizuka ridacchiò e si preparò a iniziare una nuova partita. Era divertente far arrabbiare Mao quando giocavano. Mao non era particolarmente brava nei videogiochi in quanto lei non faceva quello tutto al giorno- si era trovata un lavoretto, e una volta risparmiati abbastanza soldi avrebbe ricominciato gli studi. Shizuka invece aveva tutto il giorno il tempo da spendere sulle varie console a giocare ai suoi amati FPS, e sognare di essere l’eroina della propria avventura. 

“Shizuka, spegni i videogiochi.”

“Una partita e spengo tutto…”

“No Shizuka, ora.”

Odiava quando suo padre faceva così. Josuke era sempre stato decisamente prepotente da quanto le avevano detto Okuyasu e Koichi, ma quando lo era così tanto, Shizuka avrebbe voluto strozzarlo. Salutò al volo l’amica e fu costretta a spegnere la console mentre Josuke si sedeva al suo fianco sul divano.

Oh no…

“Che c’è?” borbottò Shizuka, poco convinta. Josuke era quasi espressivo, e l’espressione era la preoccupazione. Forse un po’ di tristezza.

“Si sono da poco svolti i funerali di tuo nonno Joseph, a New York”

“E noi non ci siamo andati.”

Josuke negò. Sapevano entrambi che non erano i benvenuti in casa Joestar.

“Ma è arrivato un pacco dagli Stati Uniti ed è indirizzato a te. Vuoi aprirlo?”

Josuke le porse il pacco. Non era particolarmente grosso, né pesante. Shizuka lo ispezionò tra le mani. “L’hai già aperto e poi l’hai richiuso con Crazy Diamond?”
Josuke alzò le spalle. “Ho solo sbirciato.”

Arrivava da New York, aveva una scritta sul fianco e recitava "per Shizuka" con una rosellina stilizzata vicino. La scrittura tutta arzigogolata, molto carina ma appena tremante, e il pacco profumava di fiori esotici e delicati. "Zia Holly?"

"Credo."

Shizuka aprì il pacco con poca difficoltà, ma prima che si aprisse del tutto le sue dita sprofondarono dentro al pacco e colpirono qualcosa di estremamente soffice. Josuke quasi rise all'espressione di pura confusione della figlia.

Tirò fuori il contenuto. Era una sciarpa, lunghissima e così morbida e leggera da sembrare fatta d'aria. Doveva essere molto vecchia, perché il vivido rosso della sciarpa in alcuni punti stava quasi virando sul grigio. Era comunque intrecciata con un punto che Shizuka non aveva mai visto, e anche il materiale le sembrava sconosciuto. 

Sul fondo della scatola c'era anche una lettera.

Sì, era da Holly.

"Questa è la sciarpa di nonna Lisa Lisa- Elisabeth. È stata la più grande guerriera delle Onde Concentriche mai esistita, e questa era la sua sciarpa di una seta speciale con cui trasmetteva le onde. Non so bene come funzioni. Ma papà l'ha custodita per tutti questi anni, e ora io voglio che la abbia tu. Servirà più a te che a me. Buona avventura!"

Shizuka smise di leggere. Il suo sguardo si fece confuso. "Mi servirà? Buona avventura? Cosa intende dire?"

Il sospiro prolungato e pieno di preoccupazione di Josuke le mandò una scossa di euforia lungo la spina dorsale. Potrebbe essere…?

"Jotaro… mi ha chiamato, poco fa. Mi ha detto che tu potresti facilmente sviluppare le onde col sangue del vecchio, e che… che sarebbe meglio se venissi anche tu a La Bassa. Partiamo tra una settimana, il primo di Marzo."

Josuke non riuscì a finire la frase perché il grido di Shizuka di pura felicità ed emozione gli trapassò le orecchie. Lei gli si buttò al collo e saltò sul divano e quasi pianse dall'emozione, mentre Josuke rimase fermo, statuario e immobile. Si morse il labbro inferiore con violenza tra i denti, perché ancora quella sensazione nel fondo del suo stomaco gli diceva che non era la cosa giusta.

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Un volo dall'aeroporto internazionale della città di S. fino all'aeroporto di Villafranca di Verona, il più vicino a La Bassa, durava diciassette ore continue e senza nessuno scalo. Avevano preso un aereo speciale della Fondazione Speedwagon, per destare meno sospetti e viaggiare da soli, senza incorrere in problemi durante il volo. A quanto le aveva detto Josuke, la loro famiglia aveva qualche problema con gli aerei. 

Avevano sorvolato Venezia, le aveva detto Yukako che era seduta assieme a suo marito nei posti dietro al suo. Non che Shizuka l'avesse vista, insonnolita come era. 

L'aereo toccò il suolo quasi al tramonto, e una volta arrivati al terminal dell'aeroporto Catullo di Verona era ormai il crepuscolo.

Shizuka notò, anche se a fatica, che degli inservienti stavano piazzando strane reti metalliche ai muri, e stavano accendendo manualmente delle luci vicino al marciapiede, fuori dall'aeroporto.

"Tranquilli, sono solo precauzioni per quello che succede di notte da queste parti. Siete al sicuro." Rispose la donna che stava controllando i loro biglietti, con un pesantissimo accento strisciante e che sembrava incunearsi nelle parole italiane a forza. 

"C'è un’auto della SPWfoundation che ci aspetta qua fuori, e anche quella sembra 'rinforzata'." Lesse Okuyasu sulla brochure che gli avevano lasciato. "Una certa associazione o banda fa queste modifiche… strano che non ne riportino il nome."

Okuyasu era stato designato come guidatore perché, oltre a essere il più bravo a guidare tra loro, era anche l'unico che aveva dormito beatamente in aereo, e ora sembrava vispo e riposato come una rosa.

Usciti dal terminal, il paesaggio lì colpí.

L'orizzonte era piatto, completamente piatto. Il crepuscolo stava spingendo il rosso del cielo già pronto alla notte contro quell'orizzonte piatto come un mare. Un mare di campagne, case, fiumi, un mare di nulla, un oceano di strade sperdute incastrate nel puzzle di coltivazioni, boschi, minuscoli centri abitati.

La Pianura Padana li accolse così, nel suo vuoto abissale che sembrava volerli trascinare con sé.

Josuke era quello che sembrava esserci rimasto peggio. 

Aveva sempre immaginato l'Italia come un posto glamour, pieno di piccoli borghi tipici e grandi centri abitati alla moda e pieni di persone agiate e modaiole.

Non.. quello.

Inspirò profondamente dal naso.

"Che posto di.."

   
 
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