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Autore: Joy    12/02/2021    5 recensioni
Il piano di sopra è un vero inferno, Dean ne ha visti diversi come quello: il primo gli ha portato via sua madre, quando aveva solo quattro anni. È da allora che odia il fuoco, ed è per questo che passa la vita a combatterlo.
Destiel
Pompieri AU
[Scritta per la Else Where Challenge, gruppo facebook Hurt/Comfort Italia]
Genere: Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Benny, Bobby, Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Questo doveva essere l'ultimo capitolo, MA... non ho finito, perdonatemi! ç_ç

Ci sarà un terzo capitolo che arriverà con molta calma, perché l'ispirazione in questo periodo viene, se ne va e spesso non ritorna... ^^

 

Buona lettura.

 

* fugge spargendo feels*

 

 

 

 

2.

 

 

La prima cosa che fa dopo aver trovato il volantino, è mandare un messaggio a Cas, nascondere il cellulare nella tasca interna della sua giacca da civile e rinchiudersi in bagno.

Mentre l'acqua della doccia gli scorre sulla pelle accaldata, gli attraversano la mente le parole di suo padre sul decoro e la dignità e si sente come se avesse gettato alle ortiche l'eredità di una vita intera.

Almeno Sam, pensa, sembra intenzionato a mandare avanti il buon nome della famiglia: si sposerà in primavera, Jessica ha detto .

Lui invece non riesce a fare altro che cedere ai propri desideri nella doccia della caserma, fingendo che le mani non siano le sue.

 

In tarda mattinata è libero di lasciare l'infermeria.

L'aria è gelida e il cielo terso, inala l'ossigeno lentamente, lo trattiene a lungo ed è sollevato di constatare che quella semplice azione non innesca più la tosse soffocante della sera precedente.

Percorre a piedi il tragitto che lo separa da casa, non si preoccupa neanche di chiudere la cerniera del suo giaccone: gli piace l'aria fresca e pungente, e il tessuto della felpa è leggero e morbido sulla sua pelle.

Certe volte la divisa da pompiere gli pesa sulle spalle, come immagina che dovesse pesare l'armatura di un soldato medievale. Altre invece, senza di essa, si sente nudo. Perso.

Nella sua vita tutto ha un peso, persino l'aria che respira a volte è lieve e altre densa come melma che gli incolla i polmoni.

Sente il cellulare vibrare e vorrebbe che il volantino nella sua tasca non fosse così pesante.

 

***

 

6:00 pm davanti al locale, gli ha scritto Cas.

Dean è pronto per le 5:00.

Arriva sul posto con mezz'ora d'anticipo. Si caccia in tasca le mani guantate, esala una nuvoletta di vapore dalle labbra e prega con tutto il cuore di non sembrare un adolescente al primo appuntamento, anche se in effetti, è proprio così che si sente.

Riconosce Cas dall'altro lato della strada prima ancora che accenni ad attraversare.

Sa che è lui, anche se l'ha visto solo due volte e mai in abiti civili: riconosce la posa delle sue spalle e il modo in cui si muove, e poi indossa una sciarpa blu e per Dean ogni sfumatura d'azzurro è da collegare a lui.

“Ciao” gli dice semplicemente, quando lo raggiunge.

La sua espressione è aperta in un sorriso onesto e contagioso, sembra più giovane in mezzo a quella via affollata, sotto le luci a neon delle insegne e con il naso arrossato dal freddo.

E Dean, che fino a pochi istanti prima non ha desiderato altro che mostrarsi maturo, si rimangia i suoi stessi pensieri in un battito di ciglia, perché all'improvviso tutto ciò che vuole, è quella gioia infantile e spensierata che sembra bella solo ora che l'ha vista su di lui.

Adesso capisce cosa intendeva suo padre per colpo di fulmine.

Vorrebbe poterglielo dire, che aveva ragione, ma suo padre si riferiva sempre alle ragazze e Dean non ha mai avuto il coraggio di spiegargli che per lui l'amore ha sempre avuto pronomi maschili.

Il locale è accogliente e non particolarmente affollato, si siedono ad un tavolo interno, lontano dalla vetrata e Cas stempera l'imbarazzo porgendogli l'elenco delle bevute.

Dean lo scorre distrattamente e dopo aver ordinato poggia i gomiti sul tavolo e punta lo sguardo dritto nel suo.

“Bè Castiel, non ti ho ancora ringraziato per ieri, sembra che convenga averti vicino.”

Cas arrossisce appena e si sposta indietro per consentire alla cameriera di posare i boccali di birra sul tavolo.

“Immagino che dipenda dai punti di vista, la mia famiglia non sarebbe d'accordo” risponde.

E nonostante l'amarezza delle parole, mantiene sul viso un sorriso dolce.

Dean inganna la sua momentanea carenza d'ossigeno, ingollando un sorso di birra.

“Pecora nera della famiglia?” riesce a chiedere subito dopo.

Cas annuisce.

“Mio padre e i miei fratelli sono nell'esercito, ma la carriera militare non faceva per me” afferra il suo boccale e manda giù un sorso. “Così me ne sono andato.”

“Una scelta coraggiosa. Alla tua famiglia mancherai...”

Dean non riesce neanche a pensare di allontanarsi da Sam, ma Cas scrolla le spalle con triste noncuranza.

“A mio padre non importa, e a me” trattiene il fiato per un istante “smetterà d'importare, prima o poi.”

Non c'è dolore nella sue parole, solo una lieve malinconia tinta di rimpianto. Dean la conosce, è la stessa che prova quando pensa a ciò sarebbe potuto essere, ma non è stato.

“Immagino non sia così per te” riprende Cas dopo un po'. “Tu sei il degno erede di tuo padre.”

Dean abbassa la testa e vorrebbe dirgli che no, proprio no. Non si sente all'altezza di suo padre e di certo non sarà mai forte come lui, ma non può dirglielo: la gente, i suoi colleghi, tutti si aspettano questo da lui.

Quando si decide a rialzare gli occhi, lo sguardo di Cas è di una tale intensità che a Dean sembra quasi possa leggergli dentro.

“Scusa” gli dice infatti con tono comprensivo. “Non avrei dovuto” e posa una mano sulla sua.

A Dean manca un battito, sente qualcosa che gli capriola nel petto e non riesce ad impedirsi di ritrarre la mano, anche se non vuole.

Anche se quel calore riveste di nuovo significato il concetto di contatto fisico.

Per Dean l'universo non è mai stato così perfetto come nel istante in cui ha sentito la mano di Cas sulla sua, né tanto stronzo da costringerlo a ritirarla.

Per paura di cosa, poi? Dean non lo sa.

Ma a quanto parte il karma non ha finito con lui, perché nella sua insensata ritirata, finisce con l'urtare il boccale ancora pieno, rovesciandolo sul tavolo.

“Cazzo!” sbotta risollevandolo quando ormai è troppo tardi.

Cas sobbalza con le maniche già fradice di birra e dopo un istante di stupore scoppia a ridere.

Dean borbotta una sequela di scuse sconnesse, mentre la cameriera arriva in suo soccorso armata di straccio e spugna.

“Mi dispiace” seguita, nonostante il danno sia già stato in parte rimediato.

Ma il sorriso di Cas non accenna a crollare, scuote appena la testa “E' stata colpa mia” gli dice leggero, ripiegando sugli avambracci le maniche bagnate.

E Dean non può fare a meno di notare l'inchiostro sottopelle che marchia entrambi i suoi polsi: è una catena nera che li avvolge a doppio giro, così spessa che Dean ne sente il peso solo a guardarla.

Allunga d'istinto le dita a sfiorargli la pelle tatuata e Cas che ha seguito il suo sguardo, sobbalza a disagio.

“Scusa” gli dice, con tono a malapena udibile. “Non sono abituato a tutto questo...”

“Contatto?” conclude Dean per lui.

Quello annuisce, ma non ritrae le mani e Dean ringrazia che Cas abbia più autocontrollo di lui, perché davvero non riesce a smettere di seguire con le dita gli anelli scuri di quelle catene.

Si chiede come sia possibile provare una tale appagante comunione di anime e allo stesso tempo una così intensa paura di sfiorarsi.

Dean apre la bocca e subito dopo la richiude: ha un perché in bilico sulle labbra, ma gli occhi di Cas lo stanno supplicando di non chiedere e Dean semplicemente non riesce a parlare.

Si limita a muovere i pollici sulla sua pelle finché Cas non volta le mani e allaccia le dita alle sue.

“Dean” gli dice piano. “Forse dovremmo andare, ora” e sorride del suo cenno d'assenso.

Non lo lascia però, neanche mentre paga il conto, neanche mentre escono dal locale e si immettono nella via ancora trafficata.

“Facciamo una parte di strada insieme?” gli chiede

E Dean, che di quelle mani unite ha una fottuta paura, non riesce a far altro che riporre la sua fiducia in lui e annuire.

 

***

 

“Non è la tua squadra” gli dice Cas, mentre si allaccia gli stivali. “Non sei tenuto a venire.”

Dean afferra la giacca della sua tuta e se la infila.

“Voglio esserci” dichiara allegro. “Non mi perderei mai il peggiore dei cliché.”

Cas ride. A Dean piace quando ride.

“Non dirmi che non ti era mai capitato di recuperare un gattino da un albero” commenta leggero.

“Mai” ribatte quello secco. “Billie mi convoca sempre nei casi più pericolosi.”

“Perché sei il migliore, amico” vocia Benny dall'altro lato della stanza, mentre si toglie la divisa del turno precedente e si prepara ad andare a casa.

“Perché è stronza” lo corregge Dean.

O forse, pensa, perché quella è la missione dei Winchester: risolvere situazioni impossibili o morire nel tentativo.

E qualcosa dei suoi pensieri deve essere arrivato a Cas, perché improvvisamente il suo sguardo si addolcisce, una mano gli plana sulla spalla e l'altra gli porge le chiavi dell'autoscala.

“Andiamo, allora?” gli chiede bonario, come se lo stesse invitando ad uscire.

Dean ne è a malapena consapevole, ma Cas riesce a spegnere la sua rabbia, il suo odio e qualsiasi cosa dentro di lui sia fonte di dolore con il solo tocco di una mano.

Ha quasi paura del potere che ha su di lui.

Poi Cas solleva un sopracciglio, rammentandogli l'importanza del tempo nel loro lavoro e Dean scaccia in automatico tutti i pensieri che gli affollano la testa e si dirige deciso verso il garage della caserma.

Perché qualsiasi missione per lui ha la priorità assoluta sul resto, fosse anche un maledetto gatto su un albero.

 

Il gattino che sono stati chiamati a salvare, sembra una piccola tigre obesa.

“Come diavolo ha fatto ad arrampicarsi lassù” si lascia sfuggire Dean, mentre manovra l'autoscala nella posizione migliore. “Non ha un aspetto particolarmente agile...”

“Sarà almeno quindici chili” gli risponde Cas dall'altro lato del microfono, mentre in vetta alla scala allunga le braccia verso la bestiola.

Quella si ritrae all'istante, scendendo di un paio di rami.

“Dannazione” sbotta Cas, ma il tono è ironico e Dean non può fare a meno di sorridere a sua volta.

“Vengo ad aiutarti” lo avvisa. “Aziono i comandi dall'alto.”

“Non è necessario...” ma quando abbassa lo sguardo, Dean è già fuori dall'abitacolo e si sta arrampicando sul ramo più basso.

“Lo prendi tu se va in alto, io se va in basso” gli dice.

“Cristo Dean,” si lascia sfuggire Cas rassegnato “adesso capisco perché sei la disperazione di Shurley.”

Poi estrae dalla tasca una manciata di croccantini, scorte tattiche della caserma, e dopo aver attirato il gatto a sé, lo afferra per depositarlo al sicuro nel cestello.

“Così non è giusto!” s'indigna Dean Winchester, un istante prima che il ramo ceda sotto il suo peso facendolo rovinare a terra.

Quando si rialza, il gatto è tra le braccia del suo padrone e Cas è in piedi di fronte a lui con un espressione divertita stampata sul volto.

“Possibile che tu riesca a metterti in pericolo anche salvando un gatto da un albero?” gli chiede ironico.

Dean scuote via con le mani la terra e le foglie dalla sua tuta, sfila un rametto che gli è conficcato nel giubbotto all'altezza della schiena e solleva le spalle con noncuranza.

“Dev'essere il mio destino” risponde con un risolino forzato, il viso che gli va a fuoco per l'imbarazzo.

Quando trova il coraggio d'incrociare lo sguardo di Cas, però, si accorge che il suo sorriso è completamente scomparso.

 

***

 

“Sammy, ti ho già detto che sto ben-”

“Dove cavolo li hai visti due incidenti in due giorni?!”

“Bè, Bobby ti dice anche quante volte vado in bagno, per caso? E comunque il gatto non conta!”

“Ero a un metro e mezzo dal terreno, Sam...”

“No Sammy, alscoltam-”

“Sam... Prometto che starò attento, ok? Ora siediti e respira.”

“Sei seduto, Sammy?”

“Bravo. Continua a respirare, piano.”

“Così... Ecco il mio fratellino.”

“Va meglio, vero?”

“Ora dimmi di te. Come vanno i preparativi per il matrimonio dell'anno?”

“Stai scherzando vero? Cosa significa niente alcolici?!”

“E Jessica è d'accordo?”

“Sinceramente Sam, non so come faccia a sopportarti.”

Dean sente il campanello rimbombare tra le pareti del suo appartamento.

“No, non riattaccare Sam. Raccontami qualcos'altro. Sei sempre seduto, vero?”

Attraversa l'ingresso, con il telefono all'orecchio e apre la porta.

Castiel, sulla soglia, la mano ancora sollevata all'altezza del campanello, gli rivolge un sorriso timido.

Dean spalanca gli occhi in un moto di stupore e gli fa cenno d'entrare.

“In riva all'oceano? Davvero Sammy, non ci sono limiti al tuo sentimentalismo” continua ostentando una disinvoltura che non possiede.

“Certo, certo. È stata un'idea di Jessica, ovvio.”

Solleva gli occhi al cielo e indica a Cas il divano.

“È rientrata?” prosegue, sparendo dietro l'angolo della cucina. “Dalle un bacio da parte mie e dille che ha tutta la mia comp-”

Scoppia a ridere, incastra il cellulare tra la spalla e l'orecchio e apre il frigo.

“Ovvio che sto scherzando. Ti voglio bene, Sammy.”

Torna in salotto e porge a Cas una delle birre che ha recuperato.

“Ma certo che ci sarò, che razza di fratello pensi che sia?!”

Cas l'accetta con un silenzioso ringraziamento.

“Molto divertente Sammy. Davvero molto divertente” seguita in tono sarcastico, aggrottando la fronte di fronte al sorriso ilare che è improvvisamente spuntato sul volto di Cas.

“Jessica è con te ora?”

“Va bene allora, ci sentiamo domani?”

“Stammi bene, Sammy.”

Dean chiude la chiamata e getta il telefono sul tavolino.

“Come hai fatto a sapere dove abito?”

Cas ingolla un sorso di birra.

“L'ho chiesto a Bobby Singer” risponde tranquillo.

“Quel vecchio impiccione” borbotta, lasciandosi cadere sulla poltrona e stappando la propria birra. “Mai una volta che si faccia i cavoli suoi.”

Cas ride e si passa la bottiglia da una mano all'altra.

“Non è stata colpa sua” ammette. “Gli ho detto che eri caduto e che dovevo darti questa” e gli getta in grembo un tubetto di crema.

Grazie tante” esclama Dean sarcastico. “Adesso è chiaro come Sam sapesse del gatto.”

Poi solleva il tubetto con sguardo circospetto.

“Crema per le contusioni?”

“Sei caduto di spalla” gli fa notare Cas gentilmente “ e nel farlo hai spezzato un ramo con la schiena. Immagino non sia piacevole.”

“Non è niente” si schermisce Dean.

Cas gli risponde con uno sguardo interrogativo e i suoi occhi sono così intensi che sente formicolare ogni centimetro di pelle.

“Vieni qui” gli dice. “Se la mettiamo subito sul livido, starai molto meglio.”

E Dean vorrebbe davvero rimanere da solo a leccarsi le ferite, ma ricorda fin troppo bene il calore delle sue mani e quella premura nello sguardo, quasi volesse dirgli sono qui per te; ed è una sensazione nuova, dolce e Dean non riesce dire no a quegli occhi.

Non vuole.

Ricambia lo sguardo per pochi istanti, prima di spostarsi sul divano accanto a lui, sollevando la maglietta.

Sono decisamente troppo blu, pensa.

Senza la barriera della maglietta, le dita di Cas sono elettriche sulla sua pelle. La crema è fredda sulla parte livida, Cas la stende con delicatezza, a dire il vero lo sfiora appena, ma per Dean è comunque troppo, quel contatto.

Si forza di reprimere il tremito che lo scuote e Cas gli posa l'altra mano sulla spalla sana.

“Sam è tuo fratello?” gli chiede per smorzare l'imbarazzo.

“Sì, è mio fratello minore” biascica Dean, chiudendo gli occhi e appoggiandosi leggermente alla mano che lo sta sostenendo.

“Sembrate molto uniti” commenta Cas, mentre estende le sue attenzioni anche al livido che ha sul fianco.

“Siamo rimasti solo noi.”

C'è una punta d'amarezza in quella frase, Dean se ne rende conto, non sa come gli sia uscita, sta sempre attento a non lasciar trapelare la tristezza che lo pervade quando pensa al suo passato, ma il punto è che Cas sembra sentirla ugualmente e comunque nasconderla non ha mai avuto molto senso.

“E tu Cas, sei in contatto con i tuoi fratelli?” riprende evasivo.

“Loro mi chiamano spesso.”

E nel suo tono, Dean legge qualcosa che lo spinge a non proseguire.

Forse, pensa, sono più simili di quanto avesse immaginato.

È Cas comunque a decidere di continuare.

“Vorrebbero che tornassi a casa” spiega. Poi si scosta da lui e richiude il tubetto di crema. “Ma io...” esita. “Dean, io...”

Dean si volta verso di lui: ha il viso chino sui polsi avvolti dalle catene.

“Io non...” ritenta.

Dean vi avvolge le dita intorno; i tatuaggi scompaiono sotto la sua presa. Solleva gli occhi e Cas gli rimanda uno sguardo dolente, che per metà è rassegnazione e per metà... speranza?

Dean quella non sa riconoscerla.

Il tremito sì, invece.

È quello che gli impedisce di parlare e crea una vibrazione appena percettibile della sua bocca.

“Cas...” mormora.

Poi lo tira verso di sé e spegne quel tremore con le labbra.

 

 

  
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