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Autore: Severa Crouch    12/02/2021    3 recensioni
Hogwarts. 2021. Ci sono giochi che sono pericolosi.
Il Torneo Tremaghi sembra esigere, anche questa volta, il suo tributo di sangue, come impareranno Louis Weasley e James Sirius Potter. I giochi di potere rischieranno di far precipitare il mondo magico in una partita a scacchi, come scopriranno Teddy Lupin e Roland Lestrange. I sentimenti, tuttavia, sono il gioco più pericoloso che si possa giocare e sarà una lezione appresa da Scorpius, Rose e Albus. Infine, ci sono giochi innocenti che rischiano di trasformarsi in tragedia. Chiedete agli Scamander.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuova generazione di streghe e maghi, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Teddy Lupin
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo 2 - Incertezze iniziali


 
Hogwarts, 1 settembre 2021


Scorpius era in ansia.

Non che fosse una novità, ma non era mai capitato che quello stato d’ansia sopraggiungesse prima della fine del banchetto di inizio anno. Insomma, solitamente l’arrivo a Hogwarts era un momento di gioia, persino per lui che si rivedeva con Albus dopo un’estate trascorsa lontano. Stava percorrendo i corridoi seguendo la corrente di Serpeverde diretti alla sala comune e Albus gli camminava al fianco, come sempre.

“Che succede, Scorpius?”

Sospirò. Non voleva preoccupare Albus, erano solo sue sciocche paranoie, e probabilmente nessuno degli scenari che il suo cervello gli raffigurava si sarebbe realizzato. Decise di attuare un percorso inverso rispetto al solito e lasciarsi convincere da Albus che tutto sarebbe andato bene. Guardò il suo migliore amico e si soffermò sugli occhi verdi, luminosi anche nella penombra dei sotterranei.

“Tu come la vedi la sospensione del campionato di Quidditch?” domandò cautamente.

“Credevo che a noi il Quidditch non interessasse…” si limitò a rispondere con una scrollata di spalle. Scorpius sorrise per quell’affermazione così spensierata, testò ancora di più il terreno: “Sì, ma questo significa che l’intera squadra di Quidditch, tra cui Fredericks e Bowker, saranno sempre in sala comune…”

Albus alzò le sopracciglia a quell’affermazione e un sorrisetto furbo incurvò le sue labbra: “Credevo che avresti pensato subito che Rose non sarà più impegnata con gli allenamenti… Insomma, hai sentito il piano di allenamenti che Ruth e James avevano organizzato.”

Le labbra di Scorpius si incurvarono in un sorriso. Era così abituato a cercare di non pensare a Rose che, in effetti, aveva finito per non pensarci. Eppure, l’ultima estate era stata diversa. Non solo perché suo padre aveva permesso a lui e Albus di vedersi, e un Potter aveva messo piede al Malfoy Manor su invito, ma persino Rose si era unita a loro e aveva iniziato a rivolgergli la parola negli incontri a casa Potter che erano succeduti a quel primo incontro nel Wiltshire.

Arrossì nel confessare ad Albus: “Non ci avevo pensato!”

Albus ridacchiò, le mani in tasca e un sorriso obliquo sul volto: “Perdi colpi, amico mio! Qualcuno penserà che non ti importi più tanto di lei…”

“Oh, no! Rose è fantastica!” si affrettò a chiarire, “Meravigliosa! E sono felice che abbia iniziato a parlare con entrambi, ma… insomma, non sono ancora abituato a pensare di poter sperare di trascorrere del tempo con lei.” Scorpius sentì di essere diventato rosso fino alle punte dei suoi capelli, tanto che avrebbero potuto scambiarlo per un Weasley. Albus al suo fianco rideva di gusto, gli diede una pacca sulla spalla esclamando: “Non preoccuparti, non le faremo sapere che non è stata il tuo primo pensiero.”

“Sono stato distratto dalla paura di diventare il bersaglio della squadra di Quidditch di Serpeverde… Insomma, ti ricordi quando al secondo anno avevano proposto di accoglierci in squadra come bersaglio per i Bolidi?”

Albus sembrava più tranquillo, sicuro di sé, come se nell’ultimo anno fosse improvvisamente cresciuto e avesse smesso di angosciarsi per qualsiasi cosa. Persino il rapporto con suo padre e il resto della sua famiglia sembrava migliorato, come se tutti avessero finalmente accettato la natura Serpeverde di Albus.

Il resto della scuola, tuttavia, la pensava diversamente, e le voci sul Potter sbagliato e il figlio di Voldemort non erano cessate del tutto. Certo, dopo quanto accaduto con Delphini Riddle avevano smesso di tormentarli, ma Scorpius aveva sentito chiaramente qualcuno nei corridoi dire: “Se Voldemort ha avuto una figlia, chi ce lo dice che non ce ne siano altri in giro? Insomma, una l’affidi ai Lestrange, l’altro ai Malfoy. E dopo che lei è finita ad Azkaban, chiunque terrebbe un basso profilo, no?”

Quando aveva sentito quelle cattiverie, Scorpius si era detto che non era bastato nemmeno seguire Albus nel tentativo di salvare il mondo magico dal ritorno di Voldemort, quelle voci l’avrebbero perseguitato per sempre. Non importava che quando avevano assistito alla morte dei nonni di Albus per mano di Voldemort, lui e suo padre avevano tremato di paura e, come ogni Malfoy che si rispetti, avevano nascosto l’evidenza.

Nel dormitorio sistemarono le proprie cose e si infilarono il pigiama, stanchi dal lungo viaggio e dalle emozioni del banchetto di inizio anno. Scorpius sedeva sul suo letto, mentre Albus si cambiava, indugiò un po’ troppo con lo sguardo sul corpo esile del suo amico e Albus se ne accorse.

“Che c’è?” gli domandò con un sorriso.

“Hai preso colore.”

Scorpius disse la prima cosa che gli venne in mente, nemmeno lui sapeva perché si fosse soffermato a guardare il petto di Albus. Lo aveva visto cambiarsi un milione di volte e altrettante erano stati in bagno insieme, specie quando rischiavano di fare tardi a lezione, quando Albus non voleva svegliarsi. Eppure, questa volta sembrava tutto diverso.

Albus portò il braccio sullo stomaco per notare le differenze di colore e sorrise: “Hai visto? Questo è frutto delle giornate a Villa Conchiglia da zio Bill! Ho passato una settimana a leggere in spiaggia tutto il ciclo di romanzi che mi hai consigliato!”

“Sembra che tu sia appena tornato dalla Costa Azzurra!” scherzò Scorpius.

“Beh anche tu sei meno pallido del solito,” notò Albus. Finì di infilarsi il pigiama e sedette sul suo materasso con le gambe incrociate e i gomiti appoggiati sulle ginocchia. Scorpius annuì, arrossì al pensiero che anche Albus lo avesse guardato mentre si cambiava. “Con mio padre siamo stati qualche giorno in Cornovaglia dai Lestrange.”

“Siete sempre attratti dal lato oscuro?” scherzò Albus.

“Beh, si sono ammorbiditi di molto, rispetto a un tempo, mi ha detto papà. I nonni sono rimasti in contatto e ogni tanto capita di andare. Ti ricordo che Rabastan è il Capitano di Serpeverde che al secondo anno ci ha difeso da Frederiks e Bowker.”

“Lo so, lo so, non volevo offendere i tuoi amici Mangiamorte…” Albus rideva e Scorpius scosse la testa ridendo in rimando: “Sei un’idiota, Potter!”

“Anche tu, Malfoy!”
 

 
***
 
Hogwarts, 1 settembre 2021
 
La sala comune di Grifondoro era il luogo che per Rose sapeva di casa più di ogni altro luogo. Forse era il calore dei cuscini, la presenza di Hugo, Lily, James e Louis, e naturalmente Polly, che facevano sì che non si sentisse mai sola e che, senza il controllo ministeriale di sua madre, potesse tirare il fiato e respirare.

Era seduta su un divano con Polly Chapman, la sua compagna di dormitorio, nonché migliore amica, intente a raccontarsi le loro rispettive vacanze estive. Polly aveva viaggiato per l’Europa con i suoi genitori. I suoi occhi verdi si illuminavano mentre raccontava dei campi di tulipani in Olanda e dei panorami norvegesi dove, insieme ai suoi genitori, aveva incontrato alcuni maghi esperti di Antiche Rune.

Rose la invidiava, perché la sua estate era stata circoscritta al Devon tra la Tana, Villa Conchiglia, il giardino di casa sua e alcune escursioni per la Londra Babbana. Una volta era stata anche da Scorpius nel Wiltshire, nonostante gli sbuffi di suo padre che aveva dovuto accompagnarla via Metropolvere. Avrebbe voluto viaggiare anche lei, ma sua madre era stata troppo impegnata con il Ministero della Magia perché riuscissero a partire (una delle controindicazioni dell’essere figlia del Ministro della Magia). A quanto pareva, però, gli impegni di sua madre erano volti ad annullarle il campionato di Quidditch organizzando uno stupido torneo di magia a cui lei nemmeno avrebbe potuto partecipare.

La mano di Karl si posò sul suo ginocchio attirando l’attenzione di Rose che spostò lo sguardo da Polly al suo ginocchio. Sbuffò nel vedere Karl seduto per terra, ai suoi piedi, che la osservava con gli occhi da cucciolo. “Parliamo, Rose, ti prego,” la implorò.

“Alzati, Karl, non essere patetico,” sbottò.

“Voglio solo dimostrarti quanto sia dispiaciuto…”

Rose sospirò, lo prese per mano e uscirono dalla sala comune, troppo affollata di sguardi, mezzi sorrisi e orecchie. Avrebbero avuto un’ora prima che scattasse il coprifuoco, così si diressero al primo corridoio sotto la torre di Grifondoro e si sedettero per terra sotto una finestra.

“Rose, mi dispiace non averti chiamato per tutta l’estate. Non so nemmeno io perché non l’ho fatto, forse non sapevo cosa dire, mi sento stupido.”

“Lo sei, Karl, sei un vero idiota,” annuì Rose che venne attratta verso di lui, posò la testa sulla spalla di lui e tornò a inspirare il suo buon profumo. Rose chiuse gli occhi, sentiva ogni resistenza venire meno e lo stomaco fare un leggero sobbalzo.

“Scusami, mi sei mancata,” disse, “sul serio. Non come quell’idiota di William che ogni sera chiamava la ragazza e poi ci provava con ogni tipa che incontrava.”

“William il ragazzo di Polly?” domandò Rose mentre ripensava ai racconti entusiasti di Polly e delle videochiamate con William. L’aveva persino invidiata e si era domandata perché Karl non prendesse esempio dal suo amico. In quel momento, tuttavia, non sapeva se sentirsi più stupida per aver pensato una simile cosa o per essersi arrabbiata con Karl.
“Proprio lui,” annuì Karl, “Io non ti ho chiamata perché sono un’idiota che passava le serate in giardino a sistemare il barbacue e fare sfide di bevute con i ragazzi, ed ero così distratto da non averne nemmeno approfittato. Forse hai ragione, sono proprio un’idiota.”

Rose alzò lo sguardo verso di lui, si scambiarono un sorriso e, prima che se ne rendesse conto, sentì le sue labbra rispondere al bacio di Karl. Non era riuscita a resistere nemmeno la prima sera, pensò con disappunto mentre tremava e accoglieva la lingua di Karl nella sua bocca.

Tornò in sala comune poco prima del coprifuoco, con le guance in fiamme e i capelli scompigliati. Si era controllata durante tutto il tragitto, sapeva di essere in ordine, nonostante l’uniforme si fosse spiegazzata nei tentativi di Karl di infilare una mano sotto la camicetta.

In uno slancio di autocontrollo, Rose si era allontanata, aveva fermato Karl, gli aveva detto che aveva bisogno di tempo e lui doveva farsi perdonare in qualche modo per tutto quel silenzio. Quando emerse dal buco del ritratto, la prima cosa che Rose incrociò furono gli occhi al cielo di James.

“Hai già perdonato l’idiota?” le domandò Louis con una punta di sarcasmo nella voce. Lanciò un’occhiataccia a Karl e gli indicò la strada per i dormitori con l’espressione di chi avrebbe tirato fuori la bacchetta se lo avesse avuto sotto gli occhi ancora a lungo. Karl, tuttavia, non si lasciò intimorire. Era una delle cose che Rose apprezzava più di lui, il fatto che non si facesse mettere i piedi in testa da Louis e James che rischiavano di diventare eccessivamente protettivi nei suoi confronti.

Recuperò un sorriso sfrontato e si avvicinò a Rose prendendole le mani. Le posò un bacio sulla fronte sapendo che lei avrebbe alzato lo sguardo verso di lui, le sorrise e le disse: “Buonanotte, mia dolce Rose.” Si congedò con un baciamano e poi le sussurrò: “A domani.”

Le guance di Rose diventarono ancora più rosse, mentre nello stomaco qualcosa si agitava e una parte di lei la stava implorando di perdonarlo, di riprendere il discorso interrotto lo scorso anno e di smetterla di perdere altro tempo stando lontana da lui. Rose, tuttavia, aveva un’altra parte dentro di sé che le sussurrava di non comportarsi come una patetica ragazzina, di farsi rispettare e di esigere che lui dimostrasse di essere pentito.

“Sparisci,” disse Louis mentre Karl si soffermava a guardarla prima di entrare nel dormitorio. Suo cugino le circondò le spalle con un braccio e la guidò sul divano dove era seduto fino a poco tempo fa con James, Anne Thomas e Sarah McDonald.

“E così l’idiota è tornato…” mormorò James.

Anne guardò il ragazzo e gli posò una mano sul ginocchio: “James, per favore, siete troppo intimidatori. Lasciatela in pace. Sono sicura che Rose ha tutti gli elementi per valutare Jenkins.”

“Siamo preoccupati per te, cuginetta, insomma, lui è un viscido,” intervenne Louis.

“No, Louis, Karl non è un viscido, è solo un’idiota,” disse senza riuscire a nascondere un sorriso.

“Un idiota molto carino,” le concesse Sarah. Louis le rivolse un’occhiataccia e lei disse: “Biondo, occhio azzurro, fisico atletico, no, forse non è per nulla il mio tipo.” Rose sorrise e Sarah l’attirò a sé: “Lascia perdere i tuoi cugini. Sappi che se si comporta male o ti manca di rispetto, ci penseremo noi ad affatturarlo, anche se i tuoi voti ti consentono di affrontarlo senza problemi.”

“Grazie, credo che sia meglio che vada a letto anch’io, è stato un viaggio stancante, e la sospensione del campionato di Quidditch è qualcosa difficile da mandare giù.”

“Non dirlo a noi. È il nostro ultimo anno e credevamo di chiudere in bellezza la nostra permanenza a Hogwarts, e invece…”

“Magari potremo vincere il Torneo Tremaghi!” esclamò James, “Abbiamo l’età per partecipare.”

“Sono prove pericolose. Tuo padre e sua madre,” Anne indicò Louis, “hanno rischiato di essere uccisi durante l’ultimo torneo.”

“Credo che sia il prezzo da pagare per la gloria eterna. Come dici tu, siamo i figli di due campioni Tremaghi. Louis tu che fai?”

“Ovviamente mi iscriverò e ti batterò: mia madre era la campionessa di Beauxbatons e non posso essere da meno.”

“Beh, mio padre era il campione di Hogwarts e ha sconfitto Voldemort.”

“Sì, James, ce lo ricordi sempre. A dirla tutta, Cedric Diggory era il campione di Hogwarts, tuo padre era l’unico iscritto di una scuola che non partecipava e quindi è stato scelto senza alcun confronto. Non c’è prova che fosse effettivamente il migliore.”

“Beh, ha vinto!”

“Sì, ma grazie all’aiuto di un Mangiamorte psicopatico! Facile così! Ti concedo che ha salvato zia Gabrielle…”

Rose osservava il battibecco tra James e Louis, improvvisamente Karl Jenkins sparì come argomento di conversazione e lei fu libera di andare in dormitorio e infilarsi il pigiama.

L’indomani si ritrovò Karl accanto non appena prese posto in Sala Grande per la colazione, sembrava un koala attaccato al suo ramo. “Ti prego, Karl, ho bisogno di svegliarmi prima,” si lamentò allungando un braccio verso la scatola con le miscele di tè.

“Lo so, ma voglio starti vicino e farmi perdonare. Seguiamo le lezioni insieme?” le propose sorridente.

Rose l’osservò scettica e concesse: “Solo se me le farai seguire effettivamente. Se inizi a distrarmi ti rispedisco dai tuoi amici. Quest’anno abbiamo i G.U.F.O. e non intendo rimanere indietro già al primo giorno.”

“D’accordo, farò il bravo.” Le posò sulla guancia un bacio che sapeva di succo di zucca e bacon. Rose sorrise e si disse che, dopo tutto, non le dispiaceva averlo così vicino. Hugo arrivò con i capelli arruffati e osservò perplesso Jenkins.

“Alla fine ti sei fatto perdonare, eh?”

Karl esclamò: “Tua sorella è una strega magnanima e di buon cuore.”

“Si vede che non la conosci bene…” mormorò Hugo poco prima che la Sala Grande venne invasa dal rumore del frullare di ali di gufi, civette e barbagianni. Un allocco planò sopra la testa di Hugo lasciando una lettera dalla busta rossa. Rose trattenne le risate e prese per mano Karl mentre Hugo si domandava: “E adesso cos’ho fatto per meritarmi una Strillettera?”

“HUGO WEASLEY GRANGER!! HAI LASCIATO UNA SCIA DI DISORDINE CHE DALLA TUA STANZA HA INFESTATO IL RESTO DELLA CASA COME CACCA DI TROLL!! SE NON TI DAI UNA REGOLATA, PASSERAI LE VACANZE DI NATALE IN PUNIZIONE!!”

Hugo si scompigliò i capelli divertito, scrollò le spalle in direzione di Karl e gli disse: “Poco male. C’è il Torneo Tremaghi, la mamma dovrebbe sapere che non torneremo a casa per Natale per via del Ballo del Ceppo!”

Rose alzò gli occhi al cielo sconsolata. “Sei il solito senza speranze…”

“Ma tu non potevi avvisarmi?” le domandò Hugo mentre dava fuoco alla Strillettera.

“Che sei un Troll che dissemina schifezze in giro per casa? Dovresti saperlo, oramai, e poi, come mi hai detto lo scorso anno, non sono tua madre, quindi ho lasciato che fosse mamma ad avvisarti.”

“Te l’ho detto che è senza cuore!”esclamò Hugo a Karl strappandogli una risata, “Altro che strega magnanima!” Infilò in bocca una fetta di pane tostato con burro e marmellata e venne raggiunto da Lily con la sua cascata di ricci rossi, seguita dalle sue amiche Claire e Alyson.

La professoressa Robins, Direttrice di Grifondoro, passò dal loro tavolo distribuendo gli orari delle lezioni. Rose vide che alla prima ora aveva Erbologia con Serpeverde.

“Signorina Weasley, lei e il signor Jenkins fareste meglio ad avviarvi verso le serre se non volete arrivare in ritardo a lezione.” Rose annuì al consiglio della sua Direttrice e si avviò insieme a Karl in direzione delle serre. Lungo il tragitto incontrarono Albus e Scorpius. Quei due li osservavano con il sopracciglio alzato. Karl le domandò: “Anche quei due sfigati sanno di quest’estate?”

“Modera i termini, Jenkins,” lo bacchettò Rose, “se non fosse stato per loro avrei trascorso l’estate completamente da sola. Anzi, credo proprio che potremo dividere il tavolo insieme a loro. Neville ci fa sempre lavorare a coppie.”

Il sorriso obliquo che comparve sul volto di Albus le strappò una risatina. Scorpius le si affiancò sussurrandole sottovoce: “Sei perfida, Rose, sei sicura che non staresti meglio a Serpeverde?”

“Non mi provocare, Malfoy, sono un Grifondoro e non ho paura di usare gli artigli!”

 
***
 
Londra, domenica 5 settembre 2021

 
La settimana si era trascinata lentamente. Gli studenti erano partiti per Hogwarts senza incidenti e, a quanto riferivano i colleghi francesi e quelli scandinavi, lo stesso era avvenuto con gli studenti delle altre scuole. Teddy aveva tirato un sospiro di sollievo e l’idea di trascorrere l’anno a Hogwarts con Victoire e rivedere i suoi cugini preferiti era qualcosa in grado di fargli tornare il sorriso.

Sentì il corpo di Victoire stiracchiarsi e rotolare su un fianco vicino a lui. “Buongiorno,” le sussurrò. Lei rispose con un mugolio pigro, la sua testa si infilò nell’incavo della spalla e il braccio leggero di lei circondò il suo petto. Teddy sentì il corpo nudo di lei sotto il cotone sottile della camicia da notte, le posò un bacio sulla fronte e sospirò.

“I miei ci aspettano per pranzo,” gli disse mentre lui era impegnato a sollevarle la camicia da notte.

“Abbiamo un po’ di tempo, no?”

“Se saltiamo la colazione, sì,” ridacchiò Victoire agitandosi sotto le lenzuola. Teddy le morse il collo mentre saliva su di lei, “ma io qui ho un delizioso croissant!” Le strappò una risata, cui seguirono baci, carezze e sospiri che presto divennero gemiti di piacere. Continuarono sotto la doccia e si prepararono con delle espressioni fin troppo sorridenti.

“Mio padre alzerà gli occhi al cielo se ti presenti con i capelli rosa,” ridacchiò Victoire.

“È il colore della felicità, lo sai, e del romanticismo, e io ti amo immensamente. Dovrebbe essere felice di sapere quanto sua figlia è amata.”

“Sì, teoricamente lo è, ma diciamo che non ama avere troppi dettagli.” Victoire si fiondò di nuovo sulle sue labbra poco prima di infilarsi nel camino diretti a Villa Conchiglia.

Quando comparvero nel salotto di Villa Conchiglia, Teddy fu invaso dai ricordi dell’infanzia. Dopo Grimmauld Place, abitata da zio Harry, Villa Conchiglia era il posto che più di tutti sapeva di casa, di estate e di felicità. Fleur e Bill andarono loro incontro sorridenti, abbracciarono sia lui che Victoire mentre Dominique e Albert fecero capolino dalla cucina.

“Dodò!” Teddy le andò incontro per salutarla. “Cosa si dice al San Mungo? Sai che abbiamo arrestato Goyle?”

“Abbiamo letto sulla Gazzetta del Profeta, Vic, grazie per la tua operazione! Adesso le corsie stanno tornando ad essere gestibili,” disse Albert Goldstein, l’ex Corvonero che frequentava Dominique dai tempi di Hogwarts e che era spuntato dal salotto.

Entrambi avevano intrapreso l’Accademia di Medimagia del San Mungo e adesso, oltre a due Auror, in famiglia potevano contare ben due Guaritori e due dipendenti della Gringott. Durante le cene di famiglia si scherzava sul fatto che anche Louis un giorno si sarebbe sposato con una collega, come suo padre e le sue sorelle.

Victoire alzò gli occhi al cielo mentre si lasciava cadere sul divano di casa in un modo poco elegante. “Ne parliamo a tavola, magari,” la riprese Fleur facendole segno di andare in sala da pranzo. Era il suo modo per farle notare di essere arrivata quasi in ritardo. La madre di Victoire era riuscita ad eliminare ogni residuo di francese grazie al corso di teatro a cui si era iscritta con Bill lo scorso anno e ogni volta che si incontravano la sua pronuncia migliorava notevolmente.
Teddy sapeva che Fleur amava che qualcuno notasse i suoi sforzi così le sorrise: “La tua pronuncia è sempre più impeccabile!”

“Oh, merci cherie!” cinguettò allegra mentre guidava la famiglia in sala da pranzo. Victoire gli lanciò un’occhiata e Teddy si strinse nelle spalle, non riusciva a trattare Fleur con lo stesso distacco che si dovrebbe mantenere con la suocera, per lui era stata come una seconda o terza mamma, insieme a nonna Andromeda e Ginny. Fleur sapeva di infanzia, di gelati dopo una nuotata e di pesce grigliato nelle sere di estate. Sarebbe stato fuori luogo iniziare a trattarla diversamente solo perché aveva sposato Victoire. Lo stesso valeva per Bill, anche se il loro rapporto era cambiato da quando Teddy si era affacciato all’adolescenza. Forse Bill si era accorto di quanto stesse mutando il legame tra Teddy e Victoire e la gelosia verso la sua bambina lo aveva indotto a mantenere un distacco amichevole, diverso dal rapporto che Teddy aveva con Harry che, insieme a Bill, era la sua figura paterna di riferimento.

Intorno a quella tavola candida, Teddy rivide nonna Andromeda, si abbracciarono e finirono seduti vicini. Bill versò il vino a tutti i commensali, decisamente maggiorenni, e Teddy levò il calice per un brindisi: “A Victoire che ha messo fine al traffico di pozioni illegali!”

Si scambiarono un sorriso complice, Victoire alzò gli occhi al cielo e spiegò: “Non è tutto merito mio.”

“Sì, certo, la squadra,” la interruppe Bill, “Sei troppo modesta! Goditi questo momento!”

“No, non posso perché se Roland Lestrange non ci avesse detto che Goyle tagliava le pozioni con la Belladonna, beh, a quest’ora le corsie del San Mungo sarebbero piene di avvelenati.” Victoire guardò la sorella e aggiunse: “Ci ha detto che collabora con il San Mungo.”

“Sì, è vero, ci sono pozioni che noi non possiamo preparare da quando zia Hermione ha messo la stretta alle Arti Oscure, alcune hanno ingredienti proibiti, altre diminuiscono la sofferenza del paziente, e Lestrange è il migliore a cui rivolgersi.

Del resto, sua mamma è una Turner…” Dodò annuiva mentre Albert raccontava della collaborazione di Roland con l’Ospedale San Mungo. “Ovviamente cerchiamo di coinvolgerlo il meno possibile, ma ci sono dei momenti in cui il suo intervento è necessario. Speriamo che questo giro di avvelenati finisca e che possiamo tornare alla solita e vecchia routine.”

“Aspetta a dirlo, non sai l’ultima novità di zia Hermione…” disse Victoire.

Bill strinse il bordo del tavolo preparandosi al peggio, ma Teddy anticipò la moglie: “Vuol dirvi che Hogwarts quest’anno ospiterà il Torneo Tremaghi.”

“Sacrebleu!” sfuggì a Fleur. Bill e Fleur si scambiarono uno sguardo ed entrambi esclamarono: “Louis!”

“Beh, non avete nulla da temere,” disse Teddy, “zia Hermione vuole che io e Vic, insieme ad altri colleghi del Ministero, trascorriamo a Hogwarts tutto il periodo del torneo per evitare che si ripropongano incidenti simili a quelli dell’ultima volta. Nessun mago oscuro si infiltrerà tra le mura di Hogwarts.”

“Nessuno a parte Roddie Lestrange…” lo corresse Victoire.

Teddy sospirò: “Sì, ma dai, lui lavora all’Ufficio Cooperazione Magica Internazionale, non ha nessuna voglia di tornare a Hogwarts e di sicuro non vorrà boicottare il torneo.”

“Da quando sei diventato amico dei Lestrange?” lo provocò Dominique. Teddy sorrise divertito da quella provocazione, mentre sua nonna si era irrigidita nell’udire quel cognome. “Diciamo che ho imparato a non partire prevenuto. Da qui ad esserne amico ce ne corre.” Andromeda allungò una mano sulla sua in segno di approvazione. “Nonna, non preoccuparti.”

“Invece, Rabastan che fine ha fatto?” domandò Albert, “Frequentava il tuo anno, vero, Dodò?”

Dominique annuì mentre mandava giù il filetto di orata. Spostò gli occhi azzurri verso il suo ragazzo e disse: “Dalle voci che circolano tra i compagni di scuola, pare che dopo i M.A.G.O. sia scomparso dalla circolazione.”
 

 
***

 
Rodolphus era in sala da pranzo con sua madre quando Polly interruppe i loro discorsi avvisando che la signorina Yaxley era arrivata. Le andò incontro sorridente: “Alex, tesoro!”

“Roddie!” esclamò felice, poi si voltò verso la mamma e accennò un inchino, “Madame Lestrange, grazie per la disponibilità!”

“È un piacere, cara! Ti stavamo aspettando, ho preparato la sala da pranzo.” La mamma li precedette rientrando in sala in modo da dare il tempo al figlio di salutare la fidanzata. Roddie rimaneva sempre colpito dalla discrezione con cui sua madre cercava di evitargli ogni imbarazzo. Certo, i suoi fratelli si divertivano a sottolineare che la mamma facesse il tifo per lui perché replicava la sua storia d’amore, ma erano solo sciocchezze: lui e Alex non avevano nulla in comune con la mamma e il papà. Ad esempio, lui non era stato ad Azkaban e non c’era stato alcun matrimonio con una pazza come Bellatrix.

Incrociò gli occhi di Alexandra e si scambiarono un bacio veloce prima di raggiungere la mamma in sala da pranzo.

“Roddie mi ha detto che intendi organizzare un… brunch con le amiche, giusto?”

“Sì, esatto, stavo valutando l’apparecchiatura e volevo una tua opinione in merito.”

Sua mamma si emozionò nel sentire quella richiesta: “Ti aiuto volentieri, anche se temo di non aver mai partecipato a un brunch.”

“È meno formale di un pranzo, l’atmosfera è più rilassata, simile a un thè, però ci sono anche piatti dolci e salati.”

“Tutti insieme?” Roddie ridacchiò nell’osservare le sopracciglia della mamma sollevarsi sorprese mentre Alexandra annuiva.

“Suppongo che converrà apparecchiare come per la prima colazione tradizionale, allora,” disse sua mamma. Agitò la bacchetta e sul tavolo comparve una bella tovaglia bianca con il servizio a fiori coordinato con le tazze. “Per non ingombrare la tavola e lasciare gli ospiti liberi di scegliere cosa preferiscono, ti suggerisco di tenere l’occorrente per il tè e il caffè sul carrello e di servirlo a chi ne farà richiesta.”

“In teoria possono servirsi da soli,” disse Alexandra.

“Oh, Salazar, no, ti prego! Sei tu la padrona di casa, chiedi a un elfo domestico di sovraintendere le operazioni o provvedi tu. Non permettere che gli ospiti si servano da soli!”

“D’accordo.” Alexandra si voltò verso di lui e gli disse: “Lo sapevo che da Mulciber avevano sbagliato qualcosa.”

“Cara, dimentica tutto quello che hai visto dai Mulciber, la povera Eloise da anni inverte il posto del calice del vino rosso e del bianco, non puoi pretendere che la figlia sappia ricevere gli ospiti come si deve.” Roddie ridacchiò scambiandosi uno sguardo divertito con Alexandra. La mamma completò l’apparecchiatura con una composizione di fiori freschi, aggiungendo: “Piccola, mi raccomando, non strafare perché la tavola sarà coperta da pietanze e dovrai consentire agli ospiti di raggiungere i piatti da portata e di posizionarli sul tavolo. Senza dimenticare le tazze di chi prenderà anche il tè e il caffè.”

“Grazie, credo che così sia perfetto. Qualcuno mi aveva suggerito una tovaglia colorata, ma non ero convinta.”

“Oh, no, una tavola immacolata è quanto di meglio ci sia per far sentire gli ospiti a casa!” esclamò convinta.

“Non è ancora l’ora di pranzo!” la voce di Roland li sorprese in sala da pranzo, Roddie si voltò verso il fratello e gli spiegò:

“Stavamo chiedendo una consulenza alla mamma. Alex vuole organizzare un brunch per comunicare alle amiche il nostro fidanzamento.” Roland gli cinse le spalle con il braccio, sorrise ad Alexandra e disse: “E così anche tu fai il grande passo! Vieni di là con papà, ho un sacco di cose da raccontarvi.”

“Tipo che ti hanno fermato gli Auror?” domandò Roddie con un ghigno divertito.

“Oh, ma andiamo, Lupin non si fa mai i fatti suoi! Ma tu come fai a vederlo se stai rinchiuso al Quinto Livello, alla Cooperazione Internazionale?”

Roddie sorrise sornione al fratello: “Prima di tutto, non sono rinchiuso, due, lo dirò a tavola, credo che a breve rivedremo anche Rab. O, almeno, io rivedrò Rab!”

“In che senso rivedrai Rab?” la voce della mamma arrivò alle sue spalle, Alexandra gli fece cenno che avevano finito e la tavola era già pronta per il pranzo. “Andiamo in salone da papà, così vi do la notizia a tutti,” disse Rodolphus guidando il fratello, la mamma e la fidanzata verso il salone di quella che era ancora casa sua. Aveva deciso di attendere il matrimonio prima di andare a vivere con Alexandra, gli sembrava corretto e un gesto di rispetto nei confronti degli Yaxley che lo avevano cresciuto come un figlio.

In salone trovarono il papà intento a chiacchierare con Orion e Sybil, mentre i bambini, Ezra e Alexandra giocavano con il piccolo Rod, il primogenito di Roland e Lucile. Alexandra gli si avvicinò e sussurrò: “Mi sa che abbiamo finito i nomi, dovremo improvvisare…” Roddie sorrise al pensiero che a breve, dopo il matrimonio la prossima estate, probabilmente sarebbe diventato papà come i suoi fratelli. Non vedeva l’ora di iniziare la sua vita con la donna che amava.

Lucile comparve poco dopo e raggiunse il marito, i loro genitori sembravano felici di avere i figli a casa con le rispettive compagne e i nipotini. Ezra, il più grande dei nipotini corse incontro alla nonna con le braccia aperte. La mamma si chinò a prendere il nipotino e riempirlo di baci, mentre anche gli altri nipoti la raggiungevano per avere la loro dose di coccole.

“Tua mamma è sempre così dolce con i bambini! Ricordo che da piccola la adoravo, anche perché non mi trattava da scema come alcune zie e si vedeva che era affezionata a me!” gli sussurrò Alexandra. Roddie sospirò. La mamma era sempre così affettuosa con i bambini perché da piccola aveva avuto una madre anaffettiva e ricordava continuamente quanto un bambino necessitasse di sentirsi amato. Lui era stato fortunato, aveva avuto la madre migliore che si potesse desiderare, e anche il padre migliore, nonostante il mondo li definisse dei criminali di guerra per lui erano i genitori migliori del mondo.

“Qual è la notizia che devi darci, Roddie?” domandò la mamma che era curiosa di saperne di più. Lei aveva sofferto molto quando Rabastan era partito dopo il diploma e quando aveva deciso di trasferirsi dopo che Delphi era stata arrestata.

“Il venti di agosto ho fatto una riunione con il Ministro Granger e Hogwarts ospiterà il Torneo Tremaghi, c’è la probabilità che Rabastan arrivi, no?”

“Ma tu cosa c’entri?” domandò suo padre.

“Il Ministro ha chiesto ad alcuni del Ministero di soggiornare a Hogwarts durante tutta la durata del Torneo Tremaghi, anche per questo motivo con Alexandra abbiamo deciso di sposarci a Lughnasadh e non a Litha, quando sarei ancora impegnato con il torneo.”

“Non potete scegliere un’altra data?” La domanda di suo padre li colse impreparati, si scambiarono uno sguardo sorpreso con Alexandra. Roddie notò che la mamma aveva allungato rapidamente la mano su quella del papà e da quel gesto capì che avevano appena commesso un passo falso rievocando qualche ricordo spiacevole.

“Sì, ma il sabba, i riti…” farfugliò cercando di spiegare perché avessero scelto quella data.

Suo padre sospirò: “Il punto è che Lughnasadh è la data del primo matrimonio di mio padre con la prima moglie, Agatha Yaxley, ed è stato un matrimonio infelice, così come il mio con Bellatrix, celebrato lo stesso giorno. Temo che quel sabba non porti bene alla nostra famiglia. Senza contare tutti gli sfortunati tentativi di unione tra i Lestrange e gli Yaxley. Mi auguro con tutto il cuore che voi possiate mettere fine a questa serie di unioni infelici, proprio perché nessuno di noi ha interferito.”

Roddie sentì la sua fidanzata stringergli la mano e annuire: “Credo che allora ci siano sufficienti indizi per spostare le nozze. Alla fine, non è fondamentale celebrarlo in occasione di un sabba. Possiamo sposarci a luglio, l’effetto di Litha ci sarà ancora e avremo tutta l’estate per la luna di miele, cosa ne pensi?”

“Ha senso. Abbiamo appena finito di vivere sotto il peso di una profezia, non voglio attirarmi altra sfortuna,” sospirò. Alexandra sembrava sollevata, stringeva grata le sue mani, Rodolphus le posò un bacio sulla fronte. “Mi dispiace che dovrò lasciarti i preparativi del matrimonio sulle tue spalle.”

“Beh, credo che chiederò aiuto alle mamme. Alla fine, tu e tua madre la pensate sempre allo stesso modo.”

Quella frase fece scoppiare a ridere Roland e Orion che si sembravano fare uno sforzo incredibile per non partire con il solito repertorio di battute sul suo attaccamento materno. Cosa ci poteva fare se con la mamma c’era sempre stata un’affinità incredibile? Poi, grazie ai suoi consigli stava facendo carriera al Ministero della Magia, ed era certo che avrebbe organizzato un altro matrimonio impeccabile.

 
***
 
Beauxbatons, sabato 4 settembre 2020

La prima settimana di scuola era ufficialmente finita e Philomène Lestrange si trovava nella sala studio intenta a finire il suo tema di incantesimi. Di fronte a lei, Eric Lagrand, il suo ragazzo, lavorava al compito di Divinazione. Il giorno prima, Madame Petit lo aveva rimproverato davanti tutta la classe per aver improvvisato l’oroscopo dando delle risposte incompatibili con il quadro astrale corrente.

Tutti loro sapevano che Eric aveva inventato l’oroscopo perché aveva fatto tardi al club dei duellanti, ma naturalmente quella non era una scusa accettabile da Madame Petit che, per punizione, gli aveva assegnato cinquanta centimetri di tema sul procedimento per la creazione di un oroscopo corretto. Adesso, Eric stava sbuffando tra le carte astrali e il manuale di Divinazione perché avrebbe dovuto consegnare entro sera il suo elaborato. La professoressa, infatti, si era arrabbiata moltissimo per il tentativo (patetico e per nulla convincente) di Eric di spacciare per veri gli oroscopi che aveva redatto, così che aveva avuto solo ventiquattro ore per lavorare al tema.

“Non ne posso più di queste sciocchezze astrali,” sbuffò esasperato.

Philomène scoppiò a ridere e si scambiò uno sguardo di intesa con Nadine, la sua migliore amica che era alle prese con i compiti di Trasfigurazione e cercava di trasformare il suo gufo in uno sgabello, con poco successo, a quanto sembrava.

“Scusate il ritardo, ragazzi, in biblioteca c’era una fila incredibile per prendere i libri e ho dovuto persino litigare con una del sesto anno. Quella stordita non voleva credere che avessi prenotato il libro prima di lei!” Jean Paul si sedette sbuffando al tavolo, alzò lo sguardo verso Eric e gli domandò: “Sei ancora alle prese con Divinazione?”

“Sì, dannazione! Ho quasi finito, se Nadine la pianta con il suo stupido gufo!”

“Va a studiare in biblioteca se vuoi il silenzio, Eric, l’aula studio serve proprio per esercitarsi con gli incantesimi e si può parlare,” ribatté Nadine piccata, il suo gufo fece un verso altrettanto seccato che le strappò una risatina. Philomène allungò una mano su quella di Eric, gli sussurrò: “Porta pazienza, hai quasi finito!”

Madame Fournier, la loro insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, entrò nell’aula studio facendo istintivamente piombare in un silenzio sospeso gli studenti intorno ai vari tavoli. Avvolta nella sua veste blu scura e con i capelli raccolti in uno chignon sotto l’ampio cappello da strega, si avvicinò al tavolo attirando l’attenzione dell’intero gruppo di studio.

“Mademoiselle Lestrange, potrebbe cortesemente seguirmi nell’ufficio della Preside?” Philomène si scambiò uno sguardo con i suoi compagni. Non aveva alcuna idea del motivo per cui la preside volesse parlare con lei, poi le venne un sospettò. La voce le tremò leggermente quando domandò: “È successo qualcosa a Cyrille o a casa?”

La professoressa Fournier le sorrise, le rughe ai lati degli occhi si raggrinzirono un po’ nel gesto, sembrava volerla rassicurare. “No, non è successo nulla di grave, la preside desidera parlarle.”

Non le rimase altro che seguirla nell’ufficio di Madame Maxime. In sette anni a Beauxbatons, Philomène non era mai stata nell’ufficio della preside. Si trovava sul lato principale del palazzo, proprio sopra il portone di ingresso e godeva di una meravigliosa vista sulla fontana d’oro e sui giardini che si aprivano sulla destra. In quel momento, approfittando della bella giornata, si intravedevano numerosi studenti intenti a leggere o passeggiare all’aperto. L’ufficio della preside era sontuoso come il resto del castello, con le pareti di un azzurro pastello intarsiate da decori in oro sul lato delle finestre, mentre il lato interno della sala era decorato da un arazzo magico, dove il blu, l’azzurro e il carta da zucchero erano intrecciati con fili d’oro che rappresentavano gli studenti più illustri della scuola. Perenelle e Nicolas Flamel la salutarono con un cenno del capo a cui Philomène rispose con un inchino.

In fondo alla sala, su una poltrona enorme e dietro un altrettanto imponente scrivania, Madame Maxime la invitava ad accomodarsi sulle poltroncine poste di fronte a lei insieme a Madame Fournier.

“Si starà domandando perché l’ho convocata, Mademoiselle Lestrange…” esordì facendo comparire un servizio da tè per tre accompagnato da un’alzatina di dolcetti. Madame Fournier servì il tè e Philomène prese un delizioso macaron alla rosa.

“Ammetto di essere molto curiosa, preside.”

“Come sai, la nostra Accademia di Magia parteciperà a una nuova edizione del Torneo Tremaghi. La professoressa Fournier mi ha segnalato che non ti sei candidata a far parte della delegazione di probabili campioni che andrà a Hogwarts. Sei una delle nostre studentesse più brillanti. Vorrei sapere se c’è una ragione precisa.”

Philomène spalancò gli occhi sorpresa. Non avrebbe mai creduto che la preside potesse notare la sua mancata candidatura. Posò il piattino con la tazza sul tavolo della preside e recuperò una postura composta. “Vede, preside, temo che trascorrere l’ultimo anno impegnata in un Torneo magico, ancorché prestigioso come il Torneo Tremaghi, possa essere controproducente per la mia formazione. Come sa, dopo la scuola è mio interesse approfondire gli studi di Difesa contro le Arti Oscure e intraprendere il tirocinio per diventare insegnante. Non credo di potermi permettere un anno a Hogwarts.”

Madame Maxime e Madame Fournier si scambiarono uno sguardo, l’una annuì all’altra, come se in qualche modo già conoscessero le ragioni per cui lei non si era registrata tra gli studenti interessati a partecipare al Torneo Tremaghi.

“Mademoiselle Lestrange, le posso assicurare la sua formazione non ne risentirà in alcun modo. Durante l’anno a Hogwarts continuerete a fare lezione con i vostri insegnanti come se foste al castello,” la rassicurò Madame Maxime, “Gli insegnanti che vi accompagneranno copriranno le materie degli insegnanti che rimarranno a Beauxbatons. Madame Fournier, per esempio, oltre a Difesa contro le Arti Oscure vi farà lezione di Cura delle creature magiche, così come Monsieur Girard oltre a insegnare Incantesimi vi farà lezione di Trasfigurazione.”

Philomène guardò Madame Fournier, era la sua insegnante preferita, da giovane aveva insegnato a sua madre e persino suo padre le aveva detto che era molto valida. “Lei andrà a Hogwarts?” domandò sorpresa. Madame Fournier annuì: “Vorrei continuare a curare personalmente la sua preparazione, Mademoiselle Lestrange. Il Torneo Tremaghi è un’ottima occasione per mettere alla prova le grandi capacità magiche che ha dimostrato sinora. Io e la preside siamo convinte che lei è il Campione che potrebbe far vincere il Torneo a Beauxbatons. Come sa, siamo a un punto di distacco da Hogwarts, vorremmo che la nostra Accademia mantenesse intatto il prestigio e, se non dovesse essere sorteggiata come Campionessa, potrà dedicarsi a un programma di approfondimento finalizzato al tirocinio che intraprenderà dopo la scuola.”

Philomène si raddrizzò sulle spalle, sorpresa nell’udire quelle parole. “Mi onora sapere che abbiate tanta stima delle mie capacità magiche…”

“La preside ed io abbiamo cresciuto intere generazioni di maghi e streghe, Mademoiselle Lestrange, sappiamo riconoscere il talento quando lo vediamo. Vede, lei non ha solo la precisione nell’evocazione degli incantesimi, ma ha anche i riflessi pronti e una certa creatività. Sono tutte doti fondamentali per la partecipazione al Torneo Tremaghi.”

“In tal caso, mi fido di voi e accetto di venire, se è ancora possibile unirsi alla delegazione.”

“Naturalmente sì,” disse Madame Maxime alzandosi per darle la mano e congedarla.

Philomène si alzò e strinse la mano della preside, uscì congedandosi da Madame Fournier con un leggero inchino e corse in aula studio a dare la notizia ai suoi amici. Avrebbe dovuto avvisare anche Cyrille e scrivere a casa: papà sarebbe stato orgogliosissimo delle parole che Madame Maxime le aveva rivolto.

Incrociò Eric per il corridoio mentre tornava in aula studio. Philomène gli corse incontro per abbracciarlo ma venne ripresa da Madame Blanche, il ritratto di una dama del Settecento che era – appunto – vestita di bianco. “Contegno, ragazzi!” disse loro il ritratto. Eric le offrì il braccio e passeggiarono per il corridoio tornando in aula studio. Non appena furono fuori dalla vista di Madame Blanche ripresero a camminare normalmente ché se Jean Paul e Nadine li avessero visti passeggiare impettiti in quel modo li avrebbero presi in giro a non finire.

“Hai consegnato il tema a Madame Petit?” domandò Philomène incuriosita.

“Sì, mi ha messo anche Eccellente, sai?” Eric sembrava molto sollevato e soddisfatto del risultato ottenuto. I suoi occhi chiari erano tornati luminosi e sorrideva in un modo che faceva fare le capriole al suo stomaco.

“Alla fine ti va sempre bene!” commentò ridacchiando.

“Cosa voleva la preside?” Philomène gli fece segno di raggiungere gli altri in aula studio ché non aveva voglia di ripetere il racconto più e più volte.

“Cosa ci fa uno sgabello sul tavolo?” domandò Eric guardando Nadine e Jean Paul entrambi si sporgevano sul tavolo a guardare da vicino quell’oggetto.

“È il mio gufo!” esclamò Nadine che, finalmente, era riuscita a eseguire la trasfigurazione e contemplava il risultato soddisfatta analizzando ogni minimo dettaglio alla ricerca di piume o parti di gufo che fossero ancora visibili. Philomène, però, non stava più nella pelle, non riuscì nemmeno a sedersi, così saltellò al lato del tavolo esclamando allegra: “La preside mi ha convocato per convincermi a partecipare al Torneo Tremaghi, ritiene che io abbia le caratteristiche per poter essere la campionessa di Beauxbatons!”

Jean Paul ridacchiò divertito: “Certo, se non fosse che io sarò il campione di Beauxbatons!”

Nadine ed Eric lo smentirono sostenendo, ognuno dei due, di essere il futuro campione di Beauxbatons. Philomène appoggiò le mani sui fianchi e disse: “Beh, suppongo che presto vedremo chi di noi sarà effettivamente il campione della nostra scuola! Devo dirlo a Cyrille e scrivere a casa! Avete visto mio fratello?”

“Sì, è nel salotto del nostro dormitorio.”

“Me lo vai a chiamare?”

“Mandagli un Patronus, no?”

“Per la barba di Flamel quanto sei pigro, Eric!” sospirò Philomène. Tirò fuori la bacchetta ed esclamò: “Expecto Patronum!” La sua fidata poiana prese forma e si librò nell’aria. “Trova Cyrille e digli che la Preside mi ha chiesto di far parte della delegazione di Beauxbatons che andrà a Hogwarts per il Torneo Tremaghi. Chiedigli se vuole venire anche lui in Inghilterra o se preferisce rimanere a scuola.”

Dopo qualche minuto, Cyrille la raggiunse con la sua andatura rilassata e il sorrisetto sornione che aveva ereditato dal papà. “Allora siamo in partenza? Era ora che ti decidessi a partecipare al Torneo Tremaghi, nessuno dei tuoi amici sfigati può competere con te.”

“Attento a come parli, Lestrange,” esclamò quel permaloso di Jean Paul.

Cyrille scoppiò a ridere, scuoteva la testa divertito: “È un dato di fatto, Blanc, è inutile che te la prendi. Devo ricordarti le umiliazioni che Phil ti infligge costantemente al club dei duellanti?”

“Lascia perdere, Cy, lo sai che non sta bene vantarsi. A breve sapremo se la preside e Madame Fournier hanno ragione o no.”





 
Note:
Ho passato un sacco di tempo nel plottare come funziona l'Accademia di Magia di Beauxbatons, le differenze rispetto a Hogwarts, i dormitori, la vita, eccetera, ma ho deciso di provare ad applicare lo show don't tell, almeno ci provo, quindi avrete maggiori dettagli sul funzionamento della scuola quando i nostri amici francesi arriveranno a Hogwarts e conosceranno i corrispettivi inglesi. Nel frattempo, fatemi sapere cosa ne pensate di quanto avete visto.
Nel prossimo capitolo faremo un salto anche a Durmstrang.
Uno dei motivi che mi ha spinto a immaginare questo progetto usando l'idea del Torneo Tremaghi è proprio la voglia di cimentarmi nel worldbuilding delle altre scuole di magia, in modo da offrire qualcosa in più rispetto a quanto già visto/letto in Ghosts from the past.
Spero che l'idea vi possa piacere. 
Per quanto riguarda i nostri eroi inglesi, Rose è un po' confusa, ma del resto, come si può resistere al sorriso di Jenkins?
Per rendere esplicita la composizione del tavolo di Erbologia, vi posto un mini-video che ho realizzato con Karl, Rose, Albus e Scorpius, così vedrete anche i prestavolto che ho in mente. Più avanti magari ne creo altri anche per gli altri personaggi. Lo trovate qui, ho modificato la privacy così dovrebbe essere accessibile anche a chi non è iscritto a Facebook.



Spero che vi piaccia! Non mi dilungo molto e ci vediamo con il prossimo aggiornamento. Come sempre, per commenti, domande o curiosità, io sono a vostra disposizione.
Un abbraccio,
Sev
   
 
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