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Autore: PrincessintheNorth    13/02/2021    1 recensioni
Nuova edizione della mia precedente fanfic "Family", migliorata ed ampliata!
Sono passati tre anni dalla caduta di Galbatorix.
Murtagh é andato via, a Nord, dove ha messo su famiglia.
Ma una chiamata da Eragon, suo fratello, lo farà tornare indietro ...
"- Cosa c’è?
Deglutì nervosamente. – Ho … ho bisogno di un favore. Cioè, in realtà non proprio, ma …
-O sai cosa dire o me ne vado.
- Devi tornare a Ilirea."
Se vi ho incuriositi passate a leggere!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Morzan, Murtagh, Nuovo Personaggio, Selena | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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MORZAN
 
Se c’era una cosa che odiavo fare, era starmene seduto ad aspettare: avevo ovviato alla parte dell’immobilità percorrendo il corridoio principale della residenza di Lionsgate almeno cento volte, ma l’attesa era snervante.
Ormai erano ore che Lyron e una squadra di maghi esperti nelle arti curative si erano serrati nella stanza di Kate e Murtagh, e nessuno si era degnato di uscire per accennarmi qualcosa sulle loro condizioni.
L’unico pensiero che mi dava un po’ di conforto era la certezza che non fossero in pericolo di vita, ma quell’informazione me l’aveva data Dracarys, mica tutti quei medici che stavo pagando profumatamente. Non era riuscita a spiegarmi bene il come, ma aveva in qualche modo percepito che il pericolo più grande era passato. E sebbene la consapevolezza che avrei rivisto mio figlio in vita fosse d’aiuto, non era sufficiente a dissipare tutta la preoccupazione che continuavo a provare dal momento in cui l’avevo visto su quella spiaggia, in un mare di sangue. In quel momento mi ero sentito letteralmente morire, come se il sangue che stillava copioso dalle sue ferite fosse il mio: cos’avrei fatto senza di lui, o senza Eragon, o Idril? Perdere uno di loro sarebbe stato un dolore troppo grande da sopportare.
Per un momento, per quel brevissimo momento in cui avevo davvero creduto che fosse morto, avevo percepito il mio cuore stringersi fin quasi a fermarsi; c’erano volute Mavis e Kate, insieme a quella strana manifestazione vocale, per farmi svegliare e farmi vedere che sì, era ferito gravemente, ma ancora vivo.
Nel pensare a Mavis e Katherine, non potei impedirmi di sorridere. Non pensavo che, in questa vita, avrei davvero rivisto mia sorella e la piccoletta che aspettava. E forse, se non avessi avuto Murtagh, morente, fra le braccia, avrei apprezzato quell’incontro ancora di più.
Ma il passato non poteva essere cambiato. E, come aveva detto Mavis, dovevo piantarla di attribuirmi colpe non mie. Galbatorix aveva usato su di me un incantesimo troppo potente perché, con la poca esperienza che avevo cent’anni fa, potessi contrastarlo: era stato lui ad ucciderle, non io. E accusando me stesso e la mia ovvia inesperienza non facevo altro che il suo gioco. Il gioco è bello quando dura poco, dicevo a Murtagh quando, da piccolo, si divertiva a prendermi in giro e mettermi le mosche nella minestra. E io avevo fatto sì che quello di Galbatorix durasse un secolo.
Il “deficiente” che Mavis mi aveva rivolto era perfettamente giustificato.
Continuare a rimuginare non ti porterà a niente, Dracarys commentò. Era acciambellata nella sua torre, e sentivo che stava per addormentarsi. Aveva speso tutte le sue energie per volare il più velocemente possibile da Teirm a Lionsgate e per mantenere in vita Katie e Murtagh, e sapevo che voleva solo farsi un riposino. Evidentemente, il mio continuo agitarmi non la stava aiutando. Ti suggerirei di andare a dormire, visto che stai letteralmente tremando dalla stanchezza, ma so anche se sei troppo testardo ed idiota per seguire un consiglio intelligente.
Non posso mettermi a fare sonnellini di bellezza, sbuffai. Lyron potrebbe uscire con delle informazioni in ogni momento.
Tuttavia, lei aveva ragione: starmene lì a consumare il tappeto a furia di camminarci su non era esattamente una cosa utile. E lei meritava di dormire.
Rifletti. Cosa dovrei fare?
Informare Selena dello stato di salute di Murtagh, per prima cosa. Ma era sera tardi, ormai, e sapevo che se le avessi detto la verità non sarebbe riuscita a chiudere occhio.
Visto che sopravviverà, non c’è motivo di allarmarla. Glielo dirò domani, con calma.
Sapevo benissimo che, a causa di quella mia decisione, mi sarei beccato una strigliata tremenda, ma io avevo avuto una giornata schifosa, e molto probabilmente lei aveva passato la sua correndo dietro ai nostri nipoti e a nostra figlia.
Se posso pensarci domani, lo faccio.
In effetti, tutte le cose che in teoria avevo da fare erano rimandabili, ed io ero talmente stanco da non avere alcuna voglia di farle.
«Ehi!»
La voce di Derek risuonò nel corridoio, e pochi attimi dopo era lì di fronte a me, con la nostra nuova nipotina in braccio, che si guardava intorno con gli occhi spalancati.
«Scusa il ritardo. La piccola aveva fame e mi sono fermato in un villaggio per trovarle una balia» fece. «Kate e Murtagh?»
Prima ancora che potessi rispondere, Lyron uscì dalla stanza, stanco e con le mani insanguinate. Probabilmente notando le nostre espressioni ben poco serene, si affrettò a darci qualche spiegazione.
«Clinicamente parlando, sono fuori pericolo» disse, sollevandomi un enorme peso dal cuore. Certo, sapevo benissimo che di Dracarys potevo fidarmi, ma sentir dire quelle parole da un medico faceva tutto un altro effetto. «Siamo riusciti a guarire tutti gli organi lesi. Il problema è che nessuno dei due dà segni di risveglio o reazione agli stimoli esterni, e le loro coscienze sono irraggiungibili persino ai loro draghi. Penso che sia una condizione passeggera, legata alla massiccia perdita di sangue e forze. È molto probabile che si risveglino in tempi brevi, ma … c’è pur sempre la possibilità che ciò non avvenga. Il rischio è che siano intrappolati in un coma perenne» tutta la calma che avevo ottenuto svanì in un attimo. Il solo pensiero che Murtagh potesse rimanere in coma per chissà quanto tempo, una condizione ben peggiore della morte, mi riempiva di dolore ed angoscia. Sapevo che molto probabilmente non sarebbe accaduto, ma la mia mente non riusciva a non focalizzarsi sul fatto che, comunque, poteva succedere.
«Grazie» fu tutto ciò che riuscii a sussurrare, e persino farlo mi costò uno sforzo sovrumano.
Lyron annuì rapidamente, e poi spostò la propria attenzione sulla bambina, che lo guardava con un’espressione allegra e curiosa.
Le fece una carezza sui capelli e poi tornò a rivolgersi a me e Derek, stavolta con un tono più serio. «Maestà, lord Morzan, è fondamentale che visiti la bambina. Essendo nata prematura, anche se non di molto, potrebbe sviluppare difficoltà respiratorie, e devo assicurarmi che cresca ad un ritmo fisiologico».
Quando mai una giornata iniziata malissimo può finire appena meglio, sospirai fra me e me. Derek, la cui smorfia rifletteva i miei pensieri, mise la bimba in braccio a Lyron e lo seguimmo nel suo studio.
Ovviamente non gli ci volle molto per accertare che mia nipote era la bimba più sana che potesse esserci: respirava normalmente, il suo cuore batteva ad un ritmo perfetto, e aveva tutti i riflessi che le servivano, suzione inclusa. Era solo un po’ più piccola degli altri neonati.
«Sta bene» disse infatti, stavolta dandola a me. Era così piccola e leggera che sembrava quasi di non averla in braccio. Nel giro di due secondi, si mise comoda fra le mie braccia e si addormentò. Chiaramente, anche lei non aveva avuto il miglior primo giorno di vita possibile. «Evidentemente il fatto di essere nata da due Cavalieri ha cambiato qualcosa anche nel suo sviluppo fetale, perché un normale neonato umano prematuro non respirerebbe così bene. Ma sarà il caso di trovarle un nome».
«Ha dei genitori per quello» Derek obiettò. «Hai detto che si sveglieranno, no? Non c’è bisogno di affrettare le cose. Inoltre, se a Kate non piacesse il nome, mi scuoierebbe».
«Ha ragione» io dissi invece. «Sappiamo che si sveglieranno, ma non quando. Non possiamo continuare a chiamarla “la bambina”. E penso che sia Kate che Murtagh saranno talmente felici di vederla viva che, del nome, non gli importerà nulla».
Alla fine, Derek annuì. «Pensiamoci domattina, però. Adesso troveremmo solamente nomi improbabili. Ah, ho chiesto ad Eragon di andare a prendere i bambini, Selena e Miranda ad Osilon. Ora che la guerra è finita non c’è più bisogno di tenerli separati dai genitori».
«E se non si svegliassero in tempo?» gli ricordai. «Cosa pensi che accadrebbe se i piccoli li vedessero conciati così?»
«Faremo sì che si sveglino in tempo» insistette. «Lyron dice che il problema è l’eccessiva perdita di forze, no? Gliene daremo un po’ dalle nostre riserve. Inoltre, a Miranda Katie è mancata come l’aria. Non era giusto prolungare oltre la sua sofferenza».
A quel punto entrammo nella stanza dove i ragazzi riposavano: e pur sapendo che sarebbero sopravvissuti, vederli in quelle condizioni fece male come un ariete nello stomaco.
Erano stati lavati e cambiati, ma nonostante ciò erano ancora mortalmente pallidi, e se non fosse stato per il lentissimo movimento delle loro casse toraciche li avrei scambiati per due cadaveri. Entrambi erano praticamente sepolti sotto una montagna di coperte e pellicce, ma nonostante ciò non c’era una goccia di sudore sulle loro fronti. Era evidente che stavano ancora combattendo per sopravvivere.
È tutta colpa mia.
Se non fossi stato così stupido da farmi ingannare nuovamente da Galbatorix, né Murtagh né Kate si sarebbero trovati in quelle condizioni. Non avrei mai dovuto insistere affinché Murtagh tornasse all’accampamento: era chiaro come il sole che lui voleva restare con Kate a Lionsgate, e l’avevo trascinato in battaglia comunque. Per colpa mia, entrambi avevano rischiato la vita, e sarebbero morti se Mavis e Kate non gliel’avessero impedito: per colpa mia, si erano trovati costretti a far nascere la loro bambina prima del tempo per darle una speranza di vita.
Di nuovo, mi ero lasciato ingannare e sopraffare dal tiranno e mio figlio era finito a tanto così dal morire. Solo che, stavolta, avevo messo in pericolo anche la vita di sua moglie e di sua figlia.
Improvvisamente, sentii di non meritare più di tenere quella bambina fra le braccia: non quando era a causa mia se aveva rischiato di morire assiderata o sbranata dagli avvoltoi a pochi minuti di vita.
«Prendila» feci e la misi in braccio a Derek, forse troppo bruscamente, perché lei si svegliò ed iniziò a piangere. Sia Kate che Murtagh si agitarono leggermente nel sentirla, ma nessuno dei due aprì gli occhi.
«Ma che ti prende?» lui domandò stranito, iniziando a cullarla per farla calmare.
«Devo … devo schiarirmi le idee» dissi rapidamente e corsi fuori, senza una meta.
L’unica cosa che sapevo era che, almeno per il momento, non potevo stare accanto a Murtagh e alla sua famiglia: non quando gli avevo portato già così tanto dolore. Non quando l’avevo messa in pericolo in quella maniera.
«Aspetta!»
L’urgenza ed il panico nella sua voce furono sufficienti a bloccarmi sull’uscio: capendo che non mi stava chiamando solamente per prendere un tè insieme, tornai indietro.
Sul volto di Derek non c’era alcuna traccia di colore, e fissava i ragazzi con un’espressione di puro orrore.
«Le loro coscienze … non riesco a percepirle» sussurrò.
«Lyron ha già detto che sono irraggiungibili, e lo saranno ancora per un po’» obiettai, ma nonostante ciò sentii l’ansia iniziare ad affondare i suoi artigli nel mio stomaco. Avevo anche io la percezione che qualcosa stesse andando terribilmente storto.
«Sai anche tu che c’è una gran bella differenza tra irraggiungibile ed impercettibile» replicò in fretta, la voce tremante di paura. «È … Morzan, loro non sono qui. Le loro menti, o anime, chiamale come vuoi, non sono qui, nei loro corpi».
«In tal caso non dovrebbero essere morti?»
«Appunto! Non ho idea di cosa stia accadendo!» sbottò. «Com’è possibile che loro siano qui ma le loro coscienze no?»
Non ne avevo idea: questa era la dura verità.  
E se fossimo davvero arrivati troppo tardi?
 
BELLE, IL GIORNO DOPO
 
Quando mi svegliai, la prima cosa che feci fu controllare il calendario che avevo fatto con la nonna Miranda.
Visto che volevo proprio che la mia sorellina nascesse, avevo deciso di contare i giorni fino a quello in cui sarebbe arrivata: la nonna aveva detto che la data più probabile, secondo lo zio Jasper, era il venti ottobre, e così avevo cerchiato quel giorno, così da ricordarmelo. Controllando le caselle dei giorni mi resi conto che era il venticinque settembre: mancava sempre meno. Cancellai il numero con il pezzo di carbone che Evan aveva preso dal fabbro, che era anche il nostro maestro, e poi andai giù per fare colazione.
Le nonne erano già sveglie, e anche Idril, la mia zia più piccola di me, ma non sembravano tanto contente. Fissavano le loro tazze di tè con aria preoccupata, senza berne neanche un po’.
Che strano.
«Ciao!» le salutai ed entrambe saltarono su dalla paura. Ma non mi avevano vista entrare? Eppure ora ero una bimba grande, avevo ben quattro anni. Era difficile non vedermi, anche se papà diceva che ero super bravissima a nascondermi. Beh, ovvio che lo ero: avevo imparato da Mellie.
«Belle, tesoro …» la nonna Miranda sospirò, alzandosi e prendendomi in braccio. «Che ci fai già sveglia? È ancora molto presto».
E che ne sapevo io? Mi ero semplicemente svegliata e non avevo più sonno. Quando glielo spiegai, lei annuì e mi diede un bacino sulla fronte.
La nonna Selena mi tagliò una fetta di torta al cioccolato e la guarnì con panna montata e frutti di bosco, e mi versò anche una tazza di tè. Era bella come sempre, ma sembrava non aver dormito parecchio: aveva gli stessi segni scuri sotto gli occhi e la stessa espressione stanchissima che aveva la mia mamma prima che partisse per la missione.
«Nonna hai un altro bimbo nella pancia?» domandai incuriosita.
Lei spalancò gli occhi, come se non si aspettasse proprio che facessi quella domanda. «Cosa? No, Belle, non … non ho un altro bimbo in arrivo. Perché, ti sembro forse più grassa?» ridacchiò.
«No, però hai la faccia un po’ stanca. Anche la mamma ce l’aveva e diceva che era per via della mia sorellina» le dissi. La nonna aggrottò un attimo le sopracciglia, ma poi sorrise.
«Sai, Belle, quando i bimbi sono piccoli come Idril tendono a dormire molto poco di notte» mi spiegò. «E dunque le mamme devono stare sveglie per accudirli. Presto anche alla tua mamma toccherà».
Nel senso che la sorellina avrebbe impedito alla mamma di dormire? Ma che modi erano quelli?! Poi come avrebbe fatto la mamma a trovare le energie per giocare con me ed i miei fratelli? La cosa mi lasciò esterrefatta, e anche un po’ offesa.
«Fa’ colazione, ora» mi esortò la nonna Miranda mettendomi lo zucchero nel tè, e così divorai la mia fetta di torta, che era davvero buona.
«Quando viene il papà a prenderci per andare dalla mamma?» chiesi.
«Oh, molto presto» fece la nonna Selena, anche se con una voce un po’ più acuta del solito. Ma che aveva?
«Potrebbe arrivare già entro tre giorni» concluse la nonna Miranda, lanciando uno sguardo intenso alla nonna. «Perché ritornerà. Ritorneranno tutti».
La nonna Selena deglutì ed annuì. «Lo so» mormorò. «Lo so. È che … la battaglia è iniziata quasi due giorni fa, ormai, e non abbiamo ancora ricevuto notizie di nessuno. Belle, quando hai finito di mangiare va a vestirti. Fra due ore andiamo da Elemmìrion per la lezione di magia».
Il pensiero della lezione mi mise ancora più di buonumore: mi divertivo sempre tantissimo ad imparare gli incantesimi, anche se una volta avevo, per sbaglio, fatto saltare in aria un sacco di farina. Il giorno prima il fabbro amico di papà aveva insegnato a me ed Evan come far aprire e chiudere i petali di un fiore: Killian era ancora troppo piccolo per imparare le cose difficilissime, però aveva imparato a farli volare, i fiori.
Voglio diventare brava come la mamma, un giorno, decisi correndo su per le scale ed entrando nella cameretta. Aprii la mia scatola e tirai fuori i vestiti che volevo, per poi mettermeli come mi aveva insegnato la mamma, anche se a volte sbagliavo ancora e li mettevo al contrario. Voglio imparare anche io a fare tutte le cose fantastiche che fa lei.
Ma per diventare brava come la mamma, diceva sempre il maestro, dovevo studiare ancora.
In quel momento, l’albero-casa tremò, e Killian ed Evan si svegliarono, guardandosi intorno straniti. Io corsi verso la finestra e vidi che, lì vicino, c’era Saphira, che era bella quasi quanto Antares.
Lo zio Eragon saltò giù da lei e corse verso la sua mamma, che era la nonna Selena: vidi che parlavano, e poi la nonna cadde per terra ed iniziò a piangere. Anche l’altra nonna li raggiunse, parlò con lo zio, e si mise a piangere.
Oh, adesso lo devo sgridare, decisi e corsi in giardino. Non è che lo zio poteva prendere e far piangere le nonne! Se ci fosse stata la mamma gli avrebbe urlato in faccia “ma che razza di comportamento è questo?!”, ma visto che non c’era sarebbe toccato farlo a me.
«EHI!» gridai e uscii dalla porta, raggiungendolo. «Ma che razza di comportamento è questo?!»
Volevo continuare a parlare, ma quando vidi la sua espressione non riuscii ad andare avanti.
Anche lui stava piangendo.
Che avevano tutti da piangere? C’era un sacco di sole, e la torta al cioccolato era buonissima, e alla sorellina mancava sempre meno prima di nascere … era una bella giornata. Perché piangevano?
«Oh, Belle …» lui sussurrò e mi prese in braccio, dandomi un bacino sulla guancia. Non sapendo bene cosa fare, lo abbracciai, sperando che potesse farlo calmare un po’. Lui mi diede una bella strizzata e continuò a coccolarmi. Dopo qualche secondo, tornammo in cucina.
«Dimmi tutto» la nonna Miranda disse allo zio Eragon mentre ci sedevamo. Io colsi l’occasione per rubare un altro po’ di frutti di bosco, e per educazione (ma non certo perché mi andava) ne offrii un po’ allo zio, che però non li volle.
Meglio per me, commentai e provai a mangiarli, ma scoprii di non volerli più. Mi sentivo la pancia chiusa, forse perché ero preoccupata per tutti quei pianti.
«Katherine …» lo zio iniziò, e immediatamente riconobbi quel nome. Era la mia mamma! E poi lui si lanciò in una complicata e strana spiegazione che coinvolgeva un tizio dal nome strano (Galba-qualcosa) che cavalcava del fumo e la mamma che arrivava con Antares a spazzare via le ombre e a far cadere quel cattivo per terra. Istintivamente mi venne da sorridere: la mia mamma era la più tosta di tutte. Papà lo diceva sempre, ed aveva ragione. «Ad un certo punto, lei e Murtagh sono spariti» lo zio disse, nominando anche papà stavolta, con un tono di voce molto più grave che mi fece immediatamente smettere di sorridere. «Galbatorix deve aver fatto una qualche sorta di incantesimo. Non siamo stati in grado di localizzarli per una buona mezz’ora, e quando ci siamo riusciti … io sono rimasto a guidare le truppe, mentre Derek e papà li hanno raggiunti. Solo che sono arrivati troppo tardi … hanno sconfitto Galbatorix, ma hanno trovato …» lui si interruppe di nuovo e mi guardò, con una profonda ruga in mezzo alla fronte. «Belle, piccola, credo che i tuoi fratelli si siano svegliati. Potresti andare a controllare?»
«D’accordo» commentai ed andai. Una volta arrivata nella cameretta, trovai che effettivamente Evan e Killian erano svegli, e così giocammo un po’ insieme, anche se una piccola parte di me voleva tornare giù e sentire cos’era successo con la mamma, papà e Galba-qualcosa. Il mio attimo di distrazione mi costò caro, perché Evan riuscì a sconfiggere il mio orsetto con il suo.
«Vittoria per me!» esclamò buttandosi sul tappeto e poi correndo a saltare sul letto, facendomi arrabbiare tantissimo. Odiavo perdere, ma soprattutto odiavo quando me lo rinfacciavano. E così, con la magia, lo feci cadere dal letto sul proprio sedere. Sapevo che la mamma non voleva che lo facessi, ma non gli avevo fatto male, e soprattutto gli avevo dato quel che si meritava.
Lui mi si avventò addosso e iniziammo a fare la lotta, ma dopo un po’ le nonne ci interruppero.
«Adesso basta!» esclamò la nonna Miranda. «Cosa direbbero i vostri genitori se …» si interruppe all’improvviso, e le si riempirono di nuovo gli occhi di lacrime, e iniziò a singhiozzare.
«Miranda!» la nonna Selena la abbracciò, consolandola. «Rilassati. Non moriranno, tranquilla. Vedrai che andrà bene. Senti, adesso i piccoli li lasciamo con Eragon, d’accordo? Noi andiamo a sentire Morzan, vediamo che dice».
Tirando su col naso, la nonna annuì, ed entrambe uscirono.
Lo zio Eragon, dopo aver salutato Killian ed Evan, sorrise e ci chiese di sederci, e tutti e quattro formammo un cerchio sul tappeto.
«Devo dirvi una cosa molto importante» disse con un’aria seria che su di lui sembrava strana. Insomma, lui era quello che faceva le facce divertenti, anche se non buffe quanto quelle del papà. Poi sospirò e scosse la testa. «Dunque, sapete che la vostra mamma era andata in missione, vero?»
Ovvio che lo sapevamo. La mamma ce l’aveva detto giusto l’altro giorno, e papà parecchi mesi prima. Per chi ci aveva presi lo zio?
Quando annuimmo, lui continuò. «Una persona molto, molto cattiva ha rapito la vostra mamma mentre era in missione, e così noi siamo andati a salvarla. Abbiamo vinto, non preoccupatevi … abbiamo vinto, e ora questa persona non ci farà più nulla di male. Sfortunatamente, però, mentre lo combattevamo la vostra mamma ed il vostro papà si sono fatti un po’ male. Nulla di grave, certo … è che ogni tanto capita di farsi male quando si fa la lotta. Voi lo sapete bene».
In effetti, lo sapevo. Mi piaceva un sacco fare la lotta coi miei fratelli, ma a volte mi ritrovavo con dei lividi.
«Ma stanno bene?» Evan chiese.
«Sì, sì» lo zio disse, e mi sentii un po’ più tranquilla. «Adesso stanno facendo un po’ di nanna, perché si sono stancati molto e devono recuperare le forze. Vi andrebbe di andare a trovarli?»
Se mi andava? Me lo stava chiedendo davvero?!
«CERTO!» strillai insieme ai miei fratelli, incredula che, finalmente, potessi ritornare dalla mamma e dal papà. Era una cosa bellissima!
Lo zio sorrise e ci strinse tutti in un abbraccio. «Ottimo» fece. «Perché non incontrerete solamente il papà e la mamma. La vostra sorellina è nata!»
A quel punto rimasi davvero a bocca aperta: non ci potevo credere. Non solo avrei rivisto la mamma, ma era davvero persino nata una sorellina? Solo per me? Non sarei più stata l’unica bimba?
«È nata davvero?» chiesi sconvolta e felicissima. «Ed è una bimba?!»
Lui annuì. «Non l’ho ancora vista, ma da quanto i tuoi nonni mi hanno detto è bellissima e ti somiglia molto».
Era tutto bellissimo! Era la giornata più bella della mia vita, quella!
«Quando andiamo dalla mamma?» Killian domandò. Anche lui ed Evan erano felicissimi per la sorellina, avevano dei sorrisi enormi.
«Dunque» lo zio rifletté. «Maegor dovrebbe arrivare domani, e lui porterà le nonne. Noi invece partiremo oggi, dopo pranzo. Sapete cosa significa?» ci interrogò con un sorrisetto che mi ricordava moltissimo quello del papà quando organizzavamo insieme qualche scherzo alla mamma. Una volta le avevamo persino lanciato addosso un secchio pieno di acqua gelata, e lei si era infuriata tantissimo e aveva colpito papà sul sedere con la magia. Era stato mooolto divertente. «Che voi tre farete una fantastica gita a dorso di drago con lo zio più fico del mondo!»
Killian ed Evan scoppiarono a ridere, ed io rimasi sconvolta.
Aveva detto fico.
Una parolaccia.
E le nonne e la mamma e la zia Audrey dicevano sempre che non bisogna dire le parolacce mai e poi mai, per nessun motivo al mondo.
Sapevo quello che dovevo fare.
«NONNA!» urlai correndo fuori dalla cameretta e raggiungendo la cucina. Fortunatamente, sia la nonna Miranda che la nonna Selena erano lì, così lo zio Eragon, quel maleducato che usava le parolacce, si sarebbe beccato una sgridata sia dalla sua mamma che dalla mia nonna, che era la regina
Adesso sembravano entrambe un po’ più tranquille, per fortuna.
«Che succede?» chiese la nonna Selena.
Per un momento rimasi in silenzio, indecisa sul da farsi. Insomma, lui aveva detto una parolaccia, ma papà diceva sempre che fare la spia è una cosa orribile.
Poi però mi ricordai che lo zio Eragon mica mi aveva chiesto di non dire a nessuno della sua parolaccia, quindi avevo tutto il diritto di dirlo alla sua mamma.
«Eragon ha detto fico!»
Lei sorrise ed annuì. «Capisco. Tranquilla, adesso ci penso io … guarda» mi fece l’occhiolino e poi gridò. «Eragon! Vieni giù subito!»
Anche la mamma strillava così quando doveva chiamarci e noi eravamo lontani. Al solo pensiero, mi venne voglia di saltare dalla felicità. Non vedevo l’ora di essere di nuovo con lei.
E anche di mangiare la bistecchina impanata con la salsa magica che faceva.
Quando lo zio arrivò, la nonna lo obbligò a sedersi: e poi, facendoci ridere tutti come dei matti, gli diede venti tirate d’orecchie.



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Ciao a tutti!
Lo so, sono in ritardo. Di nuovo, in maniera imperdonabile. Ma ehi!, capitolo extra-long in segno di pace :)

Che ne pensate? Fatemelo sapere, mi raccomando!
Alla prossima!

 
   
 
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