Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: Fafanella    14/02/2021    9 recensioni
Un po' di romanticismo abbinato al Natale non guasta mai.
Il ramoscello di vischio ha un unico significato, anche dove questa festa viene vissuta diversamente.
1) Kojiro e Maki.
2) Genzo e Naoko.
3) Ryo e Yukari.
4) Jun e Yayoi
5) Hikaru e Yoshiko
6) Taro e Kumi
7) Tsubasa e Sanae
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: quasi tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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14 FEBBRAIO O 14 MARZO?
 
 
 
Guardo con ammirazione l'immagine di Aoba e Misugi in uno scatto che è comparso su alcune riviste del paese, la loro presenza insieme a quella serata di beneficenza ha scatenato il gossip. Nonostante lui abbia un fan club da quando era ragazzino, le sue sostenitrici hanno accolto la presenza di Yayoi al suo fianco, come la favola che si realizza. Alla fine lei è una ragazza come tante altre, la sua non è una famiglia d'élite, eppure sembrava veramente una principessa, impeccabile tanto quanto il suo cavaliere.
"Manager!" mi fa sobbalzare così Tsubasa, arrivandomi alle spalle.
"Capitano mi hai spaventata..."
"Cosa guardavi con tanta ammirazione?" mi domanda riponendo qualcosa nella tasca destra della giacca della tuta.
"La tua amica d'infanzia, ha fatto un figurone alla festa, sui giornali ripropongono ancora le sue foto nonostante sia passato più di un mese"
"Cosa sono tutte quelle buste d'immondizia?"
"Io ti parlo di una favola e tu di immondizia, che amarezza!"
Mi fissa sbattendo le palpebre più volte prima di mettersi a ridere e affermare "Funzioniamo per questo secondo me!"
Ora sono io a sbattere le palpebre incredula: ha usato un noi? Ha detto FUNZIONIAMO? 
Ok, prima di partire per il Brasile si è battuto per me e in un certo senso si è dichiarato, però il nostro rapporto non è cambiato, tranne forse per il fatto che mi chiama ogni giorno. E lo so che mi vuole bene, questo non è in discussione, ma è come se volesse evitare di farlo evolvere. Non mi ha mai toccata, neanche sfiorata per sbaglio, nessun primo bacio, neanche un prendersi per mano.
Si avvicina alla sacca dei palloni, ogni suo movimento è calibrato e tranquillo mentre la apre senza però estrarne nessuno, troppo tranquillo, non è da lui. Poi rialza i suoi occhi su di me come in attesa di qualcosa, ma sono troppo stordita persino per ricordarmi il mio nome.
"Non mi hai risposto" afferma.
"A... a cosa? Al funzioniamo? Noi, noi funzioniamo?"
"No, quello è un dato di fatto, è la realtà fra me e te, fra NOI. Volevo una risposta per le buste."
"Fra noi. C'è... C'è una... una realtà, fra me e te?"
"Siamo il capitano e la manager no? Anche se io sono in Brasile adesso, tranne per questi pochi giorni, tu sei come una mia prosecuzione ..."
Inizio a sbattere il piede ritmicamente, questo discorso mi sta snervando così lo interrompo "Io sono una tua prosecuzione? Certo sono una tua costola. Facciamo che TU lo sei di me..." assottiglio gli occhi ma non si lascia intimidire, fa un passo verso di me e afferma sicuro "So benissimo di esserlo."
"Che?" chiedo sbalordita.
"Io sono..."
"CAPITANO CREDEVO FOSSI GIA' PARTITO" urla Ryo da lontano, avvicinandosi aggiunge "VISTO CHE VAI VIA SEMPRE ALLA CHETICHELLA."
"Non urlare!" diciamo all'unisono io e Tsubasa.
"Vi preferisco separati" ammette avvilito.
Il capitano mi guarda e mi fa l'occhiolino facendomi arrossire, ma evito di mostrarlo troppo quel rossore.
Arriva Taro che sembra risplendere di luce propria, così mi porto le mani al viso come a volermi proteggere e lo punzecchio "Mi stai accecando con la tua gioia, potresti brillare di meno cortesemente?"
Lui mi fa una linguaccia mentre Kumi arriva incurante di ciò che ho appena detto e lo abbraccia alle spalle. Lo vedo sorridere di più e accarezzare delicatamente le braccia che lo cingono in vita. Voltandosi la induce a spostarsi di fianco, la guarda e la saluta "Ciao" poi incurante di tutti si china leggermente, ma lei si allontana arrossendo e lo ammonisce "Non davanti a tutti."
"Volevo baciarti sulla fronte in verità, sei tu ad essere maliziosa" le sorride in un modo tenerissimo e aggiunge "Cherie."
Kumi gli si fionda ancora fra le braccia e borbotta "Ha ragione Ishizaki, il francese fa effetto."
Scoppiamo tutti a ridere, mentre lei si nasconde passando in tutte le tonalità del rosso e Taro le accarezza i capelli con un’espressione beata che non gli avevo mai visto.
La voce di Yukari, non proprio tranquilla, spezza il momento "Cosa significa che aveva ragione Ryo, com'è uscito l'argomento francese con un asino come lui?"
"Volevo impararlo per farti piacere" spiega l'interessato camminando con noncuranza e con le braccia dietro la nuca prosegue "Ma Misaki è un pessimo insegnante."
"Sì, certo, immagino. E perché volevi fare questa cosa per farmi piacere?"
Si ferma e la passa ai raggi X facendola agitare e imbarazzare, capisce al volo e lo ammonisce "Volevi ti saltassi addosso? Pervertito!"
"Dovresti essere contenta che vorrei tenerti sempre avvinghiata a me, vuol dire che mi piaci tanto, parecchio, ma proprio..."
"Smettila, sei un maiale, non sono cose da dirsi queste..."
"Scusami, dovrei farti cadere da una scala più spesso allor..." non termina la frase gli arriva una pallonata in pieno viso, tanto da far dire a Tsubasa "Wow non è che vorresti entrare in squadra Nishimoto?"
"Ma perché ti sei arrabbiata, tanto le tue amiche lo sanno sicuramente e anche questi due di conseguenza" e indica Taro e il capitano.
"Sapere cosa?" chiede Genzo appena arrivato.
Io e Tsubasa gli facciamo segno di ammutolirsi, ma lui che ci prova gusto a torturare la gente "Del fatto che ti piace l'albero di ciliegio là giù, Nishimoto? Sei proprio una cattiva ragazza, rubi i posti del cuore delle tue amiche."
Yukari avvampa violentemente mentre sibila a Ryo "Sappi che non hai più il permesso di baciarmi, ranocchio dalla bocca larga" sta per allontanarsi ma indugia un attimo nei miei occhi, esprimendo tutto il suo rammarico come se mi avesse effettivamente privato di qualcosa.
La rassicuro "Non ti devi preoccupare... l'albero sta lì, chissà quanti bei momenti ha visto e custodito" poi portando le mani ai fianchi e allargando un po' le gambe affermo sconsolata "e comunque non credo proprio che il tontolone abbia abbinato quell'albero a qualcosa, quindi..." recupero un pallone dalla sacca e con un movimento fluido del piede lo faccio ribalzare sul ginocchio destro e con un altro rimbalzo mi finisce in mano.
"Ah, devo spezzare una lancia per il capitano, si è fatto pestare dal pugile" gioca Genzo spintonando Taro per infastidire anche Kumi, che è ancora avvinghiata a lui.
"Non è corretto, è stato Tsubasa a pestare Kanda e me lo ricordo benissimo, non ho bisogno di suggerimenti e soprattutto il capitano non ha bisogno di essere difeso" preciso e gli passo il pallone.
Lo stoppa di petto e lo lascia atterrare al suolo bloccandolo sotto il suo piede "Pensi veramente quello che hai detto?" mi domanda con voce ferma e dispiaciuta.
"Che hai pestato tu Kanda? Sì, ricordo perfettamente che lo hai fatto volare con un calcio poderoso, quindi sì."
"Non intendevo quello. Pensi veramente che io non ricordi i momenti che abbiamo passato insieme?" si imbarazza leggermente e abbassa un po' la voce, ma i suoi occhi sono fissi nei miei e non intendono spostarsi.
"Non è il momento adesso, i ragazzi non ti avranno più con loro a breve e avevate deciso di allenarvi insieme, state sprecando del tempo prezioso." 
"Certo" fa roteare il pallone e con lo stesso timbro "Ragazzi in campo, non dobbiamo sprecare del tempo prezioso... NOI!" toglie la giacca e la piega sulla panchina senza più guardarmi in volto.
Quel noi mi stordisce come uno schiaffo inaspettato, tanto da restare imbambolata mentre loro si incamminano.
Si è arrabbiato?
Cioè lui che non mi sfiora neanche per sbaglio, si è arrabbiato?
Lui che sa perfettamente di essere la mia ragione di vita, si è arrabbiato?
Lui che fra qualche giorno tornerà in Brasile e non rivedrò più per chissà quanto, si è arrabbiato?
NON HA CAPITO NIENTE.
Come una furia entro in campo e gli sbarro la strada, braccia incrociate sotto il seno e con atteggiamento ostile, anzi no, furioso "NON TE LO PUOI PROPRIO PERMETTERE, LO SAI?"
"Io dico di sì."
“Quindi hai capito di cosa parlo?”
“Di male in peggio. Anego sono arrabbiato al momento, non mi sembra opportuno che continui a sfidarmi.”
"Ferito nell’orgoglio? Ok hai fatto il romantico accettando la sfida di Kanda, ti sei battuto per me, solo che ti sei dimenticato cosa sarebbe dovuto venire dopo quel gesto..." inizio a battere il piede nervosamente "Ammetto però che lo sappiamo..."
"Sappiamo cosa?" risponde con stizza.
"Che io ti piaccio e tu mi piaci..."
"Sei in errore, tu non mi piaci..."
Nel mio petto il cuore va in mille pezzi e sento gli occhi riempirsi di lacrime, in un attimo la frase di prima acquista un senso diverso: io e lui funzioniamo nei nostri ruoli, non come coppia, non è mai esistita una coppia formata da noi. Il mio orgoglio mi impedisce di far scendere anche solo una lacrima e con distacco replico, impedendogli di terminare "Certo, hai agito da capitano anche in quel caso. Il pugile aveva minacciato un componente della tua squadra e... io sono la manager, una tua prosecuzione, hai detto così" mantengo un portamento fiero e concludo "Ho tratto le conclusioni sbagliate, quindi non ho altro da dire, chiedo scusa per l’invasione di campo" mando giù il magone e con calma mi volto per volatilizzarmi.

"TESTARDA E IMPULSIVA, QUESTO SEI. NON MI ASCOLTI MAI FINO IN FONDO, TRAI SEMPRE LE CONCLUSIONI" mi urla con rabbia.
Mi chiedo dove sia finito il ragazzo timido e dolce. Forse però lo avevo idealizzato e non l'ho mai conosciuto veramente, che cretina. Il nodo alla gola si fa sempre più serrato e sto quasi per cedere quando mi sento afferrare per un braccio e il mio corpo è costretto a girarsi contro la mia volontà, i suoi occhi sono furenti mentre i miei sono colmi di liquida tristezza.
La sua mano calda mi trasmette un brivido violento che mi irrita al punto da non riuscire a trattenermi “Adesso mi tocchi? Adesso che hai chiarito che non ti piaccio, non hai nessun diritto di toccarmi. Non ti è concessa questa confidenza. Lasciami immediatamente capitano.”
Apre la sua mano permettendomi di allontanarmi da lui.
“Come vuoi manager” afferma con tono autorevole.
Prendo quei sacchi pieni del vischio che quel cretino di Ryo aveva sparso ovunque e che ovviamente, non si era preso la briga di togliere e buttare. Quello scemo lo aveva fatto per spronare Tsubasa, ma a quanto pare anche lui, e tutti gli altri, hanno preso un abbaglio. Senza voltarmi e senza recuperare le mie cose, lascio la scuola, non ho voglia di restare qui.
 
Rientro in campo e mi fissano tutti, Ryo si avvicina e tenta di dirmi qualcosa “In difesa Ryo” tuono senza dargli modo di aprire bocca e invito gli altri “Riprendiamo con gli allenamenti.”
Taro mi fissa con apprensione e così mi ripeto “Ho detto riprendiamo.”
Fa cenno agli altri e finalmente torniamo a giocare.
Nella mia testa ci sono solo i suoi occhi colmi di lacrime e delusioni, quello smarrimento di non aver compreso veramente e di essersi illusa che potesse esserci qualcosa che secondo lei non c’è.
Le sue parole che mi rimbombano come un martello pneumatico “Adesso mi tocchi?”
Come può pensare che ci sia solo un semplice piacersi fra noi, come?
Come può credere che non brucio dalla voglia di poterla stringere a me in ogni momento, come?
Come può pensare che non ricordo ogni singolo istante passato insieme… Freno il mio incedere verso la porta di Genzo e esclamo “MALEDIZIONE, MI FARA’ IMPAZZIRE…” faccio dietro front più veloce della luce e, afferrando la giacca sulla panchina, corro da lei.
In lontananza il coro da stadio dei miei compagni, le urla di Genzo “NON FARMI DIVENTARE ZIO A QUEST’ETA’…” e Taro che lo ammonisce, mi fanno inciampare senza cadere, così procedo verso la mia meta.
 
Nel buttare i sacchi, uno si è aperto e non so perché, ho raccolto un ramoscello di vischio e ora lo sto facendo roteare fra le dita rimproverandolo “Con me non hai fatto il tuo dovere, non sei servito a niente, dovrei bruciarti” mentre cammino avanti e indietro nella mia stanza senza riuscire a smettere di piangere.
Nelle scale la voce di mia madre “Sanae noi andiamo, prepareresti tu la cena?”
Apro la porta, urlo un “Sì!”  e la richiudo.
 
Arrivato davanti casa sua poggio le mani sulle ginocchia e cerco di respirare, mi sollevo e faccio qualche passo… “Tsubasa non sapevo fossi qui?”
“Buongiorno Signora Nakazawa, riparto fra qualche giorno, sono venuto a sbrigare delle faccende burocratiche” mi inchino, poi sorrido al fratellino della manager e gli scompiglio i capelli.
“Sanae è in camera sua, ma è di pessimo umore” poi mi squadra e mi sorride affermando “Ma forse tu puoi rimediare, visto che sei corso da lei in pantaloncini e scarpini.”
Mi passo una mano dietro la testa e abbozzo un sorriso tirato, mi supera dandomi una pacca sulla spalla e mi invita ad entrare.
Salgo le scale a quattro alla volta, sono certo che dovrò combattere questa volta per farmi ascoltare, perché diavolo deve essere così cocciuta?
Io non ho il diritto di toccarla? Io??? Mi sale quella agitazione che solo lei è in grado di creare dentro di me e apro la porta della sua stanza, senza neanche bussare.
Si girà atterrita e quando mi mette a fuoco diventa la solita indomabile Anego, mani suoi fianchi, gambe divaricate e sguardo truce “Come ti permetti di entrare in casa mia in questo modo?”
“Tua madre” rispondo serio e con voce ferma.
“Bhè nella mia stanza non ci puoi più entrare. ESCI FUORI DI QUI!”
“NO!”
“Non abbiamo più niente da dirci. Sono stata una stupida, ho frainteso il tuo gesto, quante volte mi vuoi umiliare ancora?”
“NON HAI CAPITO NIENTE” sospiro “Tu sei la mia gioia e la mia sofferenza, e non mi piaci perché sarebbe riduttivo come definizione del sentimento che provo per te. Hai invaso e ingombrato la mia vita, sei il vuoto logorante dell’assenza che non so come, sei tu stessa a riempire della tua presenza. Io sento la tua mancanza anche solo se penso di starti lontano, e questo nonostante mi sia imposto di non sfiorarti neanche, perché sono sicuro che se solo toccassi la tua pelle, assaporassi il tuo sapore e respirassi il tuo profumo non avrei più la forza per perseguire quel sogno, che persino ai tuoi occhi è più importante di te. Mi sono arrabbiato perché pensi cose sbagliate, ricordo ogni singolo istante passato con te, sotto quel ciliegio, le nostre chiacchierate tornando a casa, le liti e i sorrisi spontanei se solo incappiamo l’uno nell’altra, l’adrenalina di saperti sempre al mio fianco in ogni nuova prova. Però non sei con me in Brasile, dove sarei dovuto tornare oggi, ma non riesco a lasciarti questa volta. Mi sento un cretino, perché nonostante tutte le limitazioni che mi sono imposto e che di riflesso ho imposto anche a te, non riesco a prendere quel dannato aereo”
 
La sua voce è calma e bassa, i suoi occhi limpidi e sinceri, con quella punta di imbarazzo, che lo riportano sul piedistallo da cui l’ho fatto precipitare.
Si avvicina a me e con la stessa mano che in campo mi ha afferrata con forza, adesso mi accarezza. Un brivido mi attraversa il corpo mentre le lacrime mi solcano le guance, eppure una rabbia incontenibile si fa spazio in quel mare di emozioni che sto provando. Senza pensarci inizio a picchiarlo con quel ramoscello di vischio e furiosa “Perché non me le hai dette prima queste cose? Decidi tutto tu, ma hai detto che funzioniamo, non è vero, non funzioniamo proprio se non mi rendi partecipe di quello che ti affligge. Poi…” stringo la giacca della sua felpa con la mano libera “Non hai pensato che forse, un abbraccio o una carezza potrebbero consolare entrambi e potrebbero essere proprio ciò che ci occorre per di affrontare tutta questa sofferenza, sapere che la volta successiva potrebbero esserci altri momenti di tenerezza, che potrebbero trasformarsi in ricordi consolatori?”
Con la mano che mi sta ancora accarezzando il braccio mi spinge verso il muro alle mie spalle e con l’altra, blocca il vischio sopra le nostre teste. Fa fondere i nostri corpi, si nasconde nell’incavo della mia spalla e mi respira. Lentamente lascio la presa della sua felpa e gli accarezzo la testa sussurrando “Non decidere da solo la prossima volta…” mi allontano di poco per poterlo guardare negli occhi e prendendogli il viso fra le mani termino “Perché prendi sempre la decisione sbagliata” e rido divertita.
“Te l’ho detto che funzioniamo: io sbaglio e tu mi rimproveri. Funzioniamo benissimo.”
Rido ancora e con una naturalezza disarmante mi bacia.
Un bacio tenero e dolce, fatto di sole labbra che si toccano appena, dura il tempo di un battito di ali ma è dirompente quanto una cascata che si schianta nella valle sottostante.
“Mi farai impazzire” sussurra sulle mie labbra prima di baciarmi ancora. La mano che reggeva insieme a me il vischio, scivola lungo il mio braccio, giù oltre l’ascella e scende lungo le costole per poi deviare sulla mia schiena per stringermi a lui con possesso. Le labbra assaporano con calma le mie, quando entrambi le schiudiamo un po’, gli sento fare un sospiro beato. Con gentilezza approfondisce quei tocchi fra le nostre lingue e quando le mie mani finiscono sul suo collo, per tenerlo attaccato a me, ci allontana dal muro per sedersi sul letto e porta me cavalcioni su di lui.
In quel momento sentiamo un boato provenire dalla strada, ci stacchiamo e ci guardiamo increduli, mentre lui poggia la testa sulla mia spalla e sconsolato “Non ci credo, mi hanno seguito…”
“Certo, cosa ti aspettavi, c’è la regina delle pettegole in Giappone, ma in Germania non ci sta mai?” poi mi ricordo un pettegolezzo “E lo sai che si è preso una sbandata per la piccola Hyuga?”
Alza la testa e con un po’ di imbarazzo “Non pensiamoci adesso, almeno fino a quando non rischierà di morire per mano del grande Hyuga, invece…”
“Invece Yoshiko mi ha detto che con Matsuyama…” mi zittisce con un dito sulle mie labbra senza riuscire a frenarmi "Non sai lo scoop? Hyuga ha conosciuto i genitori di Maki..." preme con più forza quel suo dito e prende qualcosa dalla tasca della giacca affermando “E’ per te, sono rimasto un giorno in più anche per questo. Non sarò qui il 14 marzo e volevo…”
E’ una scultura di cioccolato bianco, un fantomatico calciatore con un pallone sotto il piede e il numero 10 sulle spalle.
“Questo per dirmi che da ora in poi ti posso mangiare?”
Si porta una mano dietro la testa e con un leggero imbarazzo “Se vuoi.”
In strada quei cretini continuano ad urlare, scoppiamo a ridere e decidiamo che non abbiamo voglia di sentire le loro battutine, quindi li ignoriamo creando la nostra bolla d’amore.
 
 
 
 N.B. GRAZIE A CHI HA SEGUITO CON AFFETTO QUESTA PICCOLA RACCOLTA DI ONE.
   
 
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