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Autore: Alarnis    15/02/2021    4 recensioni
"Quel giorno fu lei a restare ferita, solo ora se ne rendeva conto."
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti ^-^
Mi spiace aver tardato ad aggiornare, ma sto' cercando di fare un buon lavoro, così vi prego di perdonarmi.
Grazie a tutti quelli che leggeranno e commenteranno!

Capitolo 10 Incertezze dal passato

 
“So’ che non amate i consigli..” la affiancò a cavallo Mavio, grattandosi con l’indice la tempia: il pesante cappuccio del mantello, afflosciava sul collo la maglia metallica in più pieghe che sembravano infastidirlo, la fronte sgombera dai capelli castano miele, trattenuti da una fascetta orizzontale che gli cingeva il capo, come d’uso tra molti soldati e nobili.
Lavinia ne percepì l’imbarazzo di parlarle così francamente, oltreché per la voce che teneva sospesa la frase, anche per i lineamenti del volto, tirati in un forzato sorriso. Entrambi, sapevano benissimo fosse vero quell’aspetto del carattere di Lavinia, tanto era il tempo che si conoscevano: restia a confidarsi e palesare incertezze.
Le rughe più marcate, nel volto del soldato, raccontavano il passare degli anni: per Lavinia dalla fanciullezza alla maturità, per Mavio dall’irrequietezza della giovinezza all’equilibrio dell’età adulta che ormai, oltre la trentina, lo rendeva cauto e misurato negli approcci.
Lavia accennò un sorriso tagliente che sembrò disapprovarne l’ardire di giudicarla, mentre come se fosse infastidita dall’umidità veloce pulì gli occhi lucidi. La pioggia non cessava di bagnarle le guance, confondendo le pene del suo cuore agli occhi del fidato soldato. Fradici, i mantelli pregni ormai d’acqua pesavano sulle spalle. Anche i cavalli avanzavano chini, quasi abbattuti, dondolando la testa a confermare un generale abbattimento, in sintonia con i propri cavalieri. Palafreno non faceva eccezione, spendendo un’andatura da ronzino fiaccato, che le sue carezze non risollevavano nel passo. Il percorso sgombro d’ostacoli tuttavia poteva mantenerli rilassati: una campagna silenziosa, d’erbe basse, che permetteva un calpestio sicuro.
Mavio si sistemò il cappuccio del mantello nel parlarle, quasi lo sfruttasse come un nascondiglio.
Suvvia, parla! rimuginò Lavia.
Mavio era l’unico che poteva osare parlarle a quel modo, in maniera così franca: del resto ne avevano passate tante assieme…
Mai una volta mi hai tradita, rifletté Lavia riconoscente. Neppure di fronte a Gregorio o meglio di fronte alla sua vigliaccheria.
Ricordò quel “Metteresti in pericolo chi ami!” che aveva detto Mavio a Moros, convincendolo a lasciare Montetardo due anni prima. Nello stretto corridoio che anticipava le prigioni, la punta della spada di Mavio aveva sfidato la punta di quella tempestivamente recuperata da Moros, sfiorandola in un suono brillante di metallo che s’era divulgato vibrante tra le vuote e annerite pareti; scivolando su quella di Moros semplicemente accompagnandola verso terra, inclinandola leggermente, guidandola senza inimicizia. La voce ferma di Mavio che dettava l’unica strada percorribile per Moros “Non hai scelta.”. Mavio, gli occhi neri severi, aveva usato parole crude ma sagge, di cui Lavinia continuava a rendergli merito. Le avesse pronunciate lei, Moros le avrebbe rinnegate, giustificandole come un residuo d’amore o credendole monito di un odio crudele che chiedeva vendetta, quanto di egoismo, a protezione degli interessi e della vita di Gregorio.
“Hai sfuggito la morte. Allontana l’ombra della prigionia. Non la tollereresti!” aveva consigliato brutale e comprensivo allo stesso tempo il buon Mavio. Lavinia ne ricordò il viso, che si manteneva rigido, ostile all’apparenza, mentre spartiva la stessa altezza di quello di Moros che gli era di fronte.
Solo apparenza, null’altro, perché Lavinia vi aveva riconosciuto bontà d’animo nel coprire un’evasione che poteva significare speranza e non disfatta, in quanto unica garanzia di vita per Moros.
Quel funesto giorno, di quel patto di lealtà e di amicizia, a terra morto era rimasto Bastiano, vile sicario di Gregorio, che di quella prigione avrebbe dovuto fare la tomba di Moros a dispetto delle preghiere di Nicandro, garantite a voce da Gregorio, ma lontane dall’essere lealmente esaudite.
“Sono un soldato, non un assassino!” parole di cui Guglielmo sarebbe stato fiero, nelle labbra di Mavio, che confidava “A Guglielmo Montetardo giurai fedeltà, così rientra la sua discendenza, prescritta nello stesso giovane che mi fu affidato il giorno che ci incontrammo!”; s’era giustificato Mavio, chinandosi sul ginocchio di fronte a Moros. Fosse sufficiente garanzia per lasciare Montetardo?
Lavinia ricordò d’aver trattenuto il fiato, pregando, sperando facessero breccia nell’ostilità e determinazione di Moros di non fuggire da solo da Montetardo. La spada del giovane, infatti, risollevata e rivolta verso chi considerava un ostacolo tra lui e la libertà del cugino.
La testa curva di Mavio, che non temeva ritorsioni perché giustizia parlava per lui, l’aveva commossa nel giorno in cui aveva lottato con le punture delle pupille che volevano dilatarsi e sciogliersi in un pianto dirotto.
“Moros, vattene!! O sarò costretta a ucciderti con le mie mani!” aveva invece pronunciato aggressiva: parole che i suoi denti stringevano una ad una, restii a farle uscire. Va’ via!, implorava il suo cuore, che per una volta ubbidisse. Un’unica volta per amore e non per un ordine altero e meschino.
Lavinia ricordò di aver strappato il mantello al cadavere di Bastiano, lanciandolo a Moros perché capisse che non c’era più tempo e potesse confondersi nella fuga: quasi un gesto di premura che cancellava ogni debito tra loro. Averle salvato la vita in battaglia. Una vita tuttavia strappata a Guglielmo, che aveva data la propria in cambio delle vite di entrambi, nella speranza che condividessero il futuro assieme. Ora, quel futuro, non sarebbe più esistito.
Sfoderando la spada, a cascata i lunghi capelli bruni, le erano scesi a inombrarle il volto, blando tentativo di mascherare la disperazione di non vederlo mai più, considerandolo da quell’istante fuggiasco… loro nemico. Suo nemico.
“Mi avevi fatto una promessa!” l’aveva aggredita Moros, l’indice inclemente verso di lei, rabbioso, mentre il tempo si accorciava e assottigliava un tentativo di fuga che non poteva più essere rimandato.
Quasi il proprio animo avesse voluto trattenerlo era avanzata; il braccio si era allungato a lui, così la sua mano, fino sulla punta delle dita, quasi il desiderio di toccarlo, di osare di spartirne la sorte. L’amarezza di sapere entrambi che non avrebbe potuto seguirlo, perché il suo posto era là.
Non avrebbero dunque mai spartito la stessa altezza? Essergli compagna? Sarebbero stati come la luna ed il sole.
Il bel volto di Moros negava, senza parole, di aver anche solo pensato di amarla. Aver confuso malvagità con amore. Perché le streghe non possono mutare in fate… come lui l’aveva appellata al loro primo incontro.
Bene, trattenne un respiro, sollevando le spalle. Ora, come non poteva riconoscere un amico in quel viso, leggermente più rugoso negli anni; che non chiedeva motivazioni ora, come non le aveva chieste in passato, capendo e rispettando un sentimento chiamato amore, tra il proprio comandante, Lavia, e il giovane Moros.
Sospirò, per far tacere il passato. Un respiro lungo e liberatorio, mentre si svuotava dalle incertezze che il suo cuore di donna non riusciva a spegnere.
“Infatti!” replicò altezzosa, tagliando corto un discorso che non voleva cominciare.
Sapeva che Mavio ignorava il suo stato emotivo, o meglio non poteva immaginarsene la causa in quel momento, ma era comunque seccante giustificarsi con lui per la sua scelta di tornare a Rocca Lisia senza il prigioniero che Gregorio si aspettava.
Immaginò quel dialogo, un banco di prova prima di un confronto con il fratello.
I capelli appiccicati più che sulla fronte, ai lati del viso, le provocarono un fastidioso solletico mentre le finirono sulle labbra. Li allontanò.
“Cerca di essere più diretto!” accordò amichevole, sottolineando il proprio carattere pratico. Sbuffò perché si sbrigasse a parlare, non condividendo quel modo di agire,
Ripensò per l’ennesima volta a Moros o meglio al compiacimento di Guglielmo quando sottolineava avessero lo stesso carattere.
Moros non aveva timore nel parlarle, anzi non esitava a criticarla, a dispetto delle ritorsioni a cui sarebbe andato incontro.
“Non lo sopporti, solo perché ti tiene testa!” ironizzava Guglielmo, pungolandola, picchiettandole il naso scherzoso, mentre lei rispondeva pestando i piedi e stringendo i pugni delle mani, stirandoli lungo i fianchi, a trattenere un’esplosione di rabbia per stabilire “Non lo sopporto!”.
E Guglielmo? Si limitava a sorriderle.
Come le mancava quel sorriso, che illuminava le sue giornate, come il sole ristora i fiori del prato, rifletté.
Lei rispondeva “Mi infastidisce con quel suo modo di fare presuntuoso!”, iniziando a camminare su e giù per la stanza, sviolinando il suo pensiero; incontenibile di tacere su un argomento che le stava a cuore. E Guglielmo si limitava a sorridere, lasciandola libera di parlare, di confidare le pene che albergavano nel suo inesperto e giovane cuore.
Poi, le forti mani di Guglielmo la raggiungevano alle sue, con tenerezza, stringendole con affetto e i suoi occhi azzurri si armonizzavano ai suoi marroni “Lasciati guidare da quest’ardore, ma non lasciarti consumare.”.
Come poteva non consumarsi per quella fiamma che ardeva in lei ma che si sentiva di dover spegnere? Lei aveva di scatto, scostato il volto di lato, abbassando lo sguardo: le guance divenute una fiamma “Io non volevo parlare male di lui.”. Non riusciva neppure a nominarne il nome, Moros, senza figurarselo davanti ed ora non era diverso a dispetto di ciò che si riprometteva…
La sua voce che sviolinava a Guglielmo “Non posso farne a meno, dopo come mi ha trattata nella foresta.”: la foresta in cui era iniziata la loro storia… Ed il suo tutore l’aveva trattenuta “Lavinia!”, facendola sentire una cerbiatta in fuga. “Confida in lui.” parole così lontane, ma che le risuonavano nelle orecchie, come nuove dopo il ritrovamento della freccia.
“Perché non continuare le ricerche?” sviolinò d’un fiato Mavio, riportandola al presente.
“Avevamo perso le sue tracce!” precisò seccata, tornando al proprio incarico “Un dispiego di forze inutili.”. In guerra come in amore non si poteva essere indecisi e lei, non era una leziosa contessina smorfiosa, quindi basta perdere tempo con i se. Se fosse rimasto? Moros, sarebbe morto!
“Era azzardato seguirli al fiume?” proseguì inclemente Mavio, invitandola ad essere più esaustiva e più esplicita. Meno titubante e quasi irrisorio lui, questa volta. Ora sì che riconosceva un camerata, si disse Lavia.
Era soddisfatta della sua vita; cercò di farsene una ragione. Doveva pensare a Ludovico. A lui e basta!
“Era azzardato seguirli ovunque.” sentenziò, tuttavia concedendo una spiegazione maggiormente accurata “Li abbiamo braccati, ma a questo punto è più importante intuire il loro agire e prevedere le loro mosse.” precisò e Mavio sembrò approvare.
“L’insoddisfazione dei contadini può essere d’appoggio al trono di Ludovico!” approvò Mavio.
“Sicuramente fungerà da incentivo al suo desiderio di riconquistare Rocca Lisia.” accordò lei.
“Perfetto, si sta’ riorganizzando.” rise Mavio, ma inarcò le sopraciglia, sfiancato di quella risoluzione che significava battaglia in vista.
A Lavia sfuggì un sorriso. “E’ certo, che lo stia facendo!” lo guardò di storto, tanto da farlo frenare l’andatura per ritirarsi di qualche posizione rispetto a lei.
“E’ come un fuoco a cui dobbiamo togliere la legna!” suggerì pacata, mentre Mavio si riallineava, incitando il proprio destriero a rivedere l’andatura “Sapremo trovarlo?”abbassò il capo Mavio, in ascolto.
“Sapremo dove è stato e con tutta probabilità dove ritornerà!” approvò lei “Sempre che il pugnale sia suo o dei suoi uomini.”: meglio non cantare Vittoria! prima del tempo.
“Questo basterà a vostro fratello?” corrugò la fronte Mavio.
“Questo basterà a Nicandro!” sentenziò lei.
“Tuttavia come è fuggito, così potrebbe decidere di stupirci e fare un’improvvisata!” ammise velatamente la sua preoccupazione nel non sapere il come fosse riuscito a uscire dalla rocca.
“Tornerà a Rocca Lisia, dunque?” aggiunse indignato Mavio, titubante di quell’evoluzione che sembrava un azzardo.
“Credo sia ciò che spera mio fratello Gregorio!” concluse lei brillante. Di certo non si aspettavano si arrendesse senza colpo ferire.
   
 
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