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Autore: Scarlet Jaeger    17/02/2021    2 recensioni
Seguito di "It's my life".
Kai si trova a dover fare i conti con il suo passato.
Saya è innamorata e preoccupata sempre di più per Kai, nonostante lui continui a tenerla a distanza, cosa che la porterà a cercare di toglierselo dalla testa.
Yuri incontra di nuovo Julia e Boris sarà atratto da una misteriosa ragazza.
In più sta per iniziare un nuovo, particolare, campionato!
Come reagiranno i nostri protagonisti?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Julia Fernandez, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Yuri
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 29 – All about us
 
 
 
If they hurt you
E se fanno male a te
They hurt me
Fanno male a me
So we’ll rise up
Quindi ci faremo coraggio
Won’t stop
Non ci fermeremo
And it’s all about us
Ed è tutto su di noi
 
T.a.t.u - All About Us
 
 
 
 
 
Dranzer e Death Dranzer si dettero la caccia fin dal momento in cui vennero lanciati sul suolo del cortile, e nessuno dei due risparmiò i colpi all’altro.
Kai mandava il suo Beyblade all’attacco, nonostante non avesse ancora in mente una strategia vincente, mentre Mira incitava il suo a difendersi ed a contrattaccare, e tutto avveniva sotto gli sguardi preoccupati dei loro amici.
Saya e Boris erano ancora fermi vicino ad un albero, non molto lontani dal campo di gioco, mentre Yuri e Julia si erano tenuti più a distanza rispetto agli altri, nonostante anche loro fossero stati curiosi di assistere a quella strana gara. Inoltre molti altri studenti erano accorsi ad assistere a quella sfida, perché era estremamente difficile vedere Kai esporsi così. Solo una volta lo aveva fatto, ed era stato quando aveva sfidato Fujima a pugni nella palestra della scuola.
«Sembra fin troppo sicura di sé…», si lasciò sfuggire Saya, iniziando a torturarsi un’unghia del pollice con i denti, presa dal nervosismo, ma Kai non sembrava né in difficoltà né impensierito e quello la fece ben sperare. Boris invece era rimasto fermo nella sua posizione, ad altalenare il suo sguardo dalla ragazza al suo compagno, impossibilitato a decidere chi dei due fosse in vantaggio sull’altro. Tuttavia decise di non rispondere a quell’ammissione, perché sarebbe andato a discapito di uno dei due, e lui voleva fin troppo bene ad entrambi per schierarsi. Per quanto cercava di fare il duro o il menefreghista, voleva bene anche a Kai, così come aveva imparato a voler bene a quella strana ragazza.
Avrebbe inoltre voluto davvero sapere cosa le stava passando per la testa…
Dopo l’ennesimo attacco scongiurato, Mira si fece più impettita, mentre il ragazzo assunse un’espressione incredibilmente contrariata. Oramai erano più di dieci minuti che stavano andando avanti in quel modo, e sicuramente sia Dranzer che Death Dranzer stavano iniziando a risentirne, esattamente come i loro Bladers.
«Non ti stai impegnando abbastanza…», lo sbeffeggiò però lei, cosa che gli fece storcere leggermente il naso.
«Se è per questo nemmeno tu…», ci tenne a ricordarle, perché aveva visto la potenza di cui era capace nell’incontro che aveva combattuto contro Saya, e quei ridicoli attacchi non potevano di certo essere paragonati a quelli di allora, mentre lui si era solamente comportato di conseguenza.
«No…infatti», fece spallucce lei, iniziando così ad indispettirlo più di quanto già non fosse.
«Allora dimmi cosa vuoi Mira Nakamura, e facciamola finita!», soffiò poi tra i denti Kai, portando le braccia al petto nel suo solito atteggiamento impettito.
«Cosa voglio?», lo sbeffeggiò ancora, con un sorrisetto che indispose sia il diretto interessato che tutti i suoi amici. Tuttavia lei non si fece fermare da ciò, e portando le mani suoi fianchi si fece più divertita. «Credo di avertelo detto cosa voglio da te, Hiwatari!», gli ricordò, ed a Kai tornarono subito alla mente le sue parole.
«So cosa vuoi da me, voglio solo sapere perché. Io non ti conosco, né ti ho mai vista, quindi sarebbe carino dirmi per quale motivo sei venuta fin qua per minacciarmi!», le rese noto e solo allora riuscì a scorgere sul volto della giovane una leggera smorfia di disapprovazione, che deturpò per un attimo la sua impassibilità.
«Ma certo», ridacchiò, «vuoi sapere che cos’ha fatto la tua famiglia, non è vero?», lasciò la frase in sospeso di proposito, perché sapeva che Kai si stava tormentando per cercare una possibile risposta a quella domanda, ma decise di accontentarlo solo quando notò i suoi occhi ametista che scintillavano di rabbia.
«La tua famiglia mi ha portato via mia madre!», gli rese noto con nonchalance, nonostante il tono di voce duro che usò per ragguagliarlo, e quell’ammissione lo lasciò incredibilmente sconcertato.
Saya invece aggrottò le sopracciglia, perché non riusciva a stare dietro a quell’assurdo discorso, mentre Boris si era leggermente accigliato, perché Mira non gli aveva mai fatto quella confessione. Solo in quel momento riuscì però a capire di essere stato solamente usato per i suoi scopi, nonostante l’idea lo avesse sfiorato già da tempo.
«Nakamura è il cognome della donna che mi ha cresciuta, che fino a poche settimane fa credevo fosse mia zia, ma prima di morire mi ha raccontato la verità», iniziò, e la sua espressione si fece furente, così come il suo tono di voce si fece più accusatorio, e sotto quelle parole Boris perse un battito. «Mi ha raccontato della mia vera madre, e di cosa le fosse accaduto», insistette lei, lasciando ancora in sospeso la frase per tormentare il suo interlocutore. Poi si fece più risoluta, ed assottigliando lo sguardo in un’espressione sofferta decise di infierirgli il colpo di grazia. «Il nome di mia madre era Alina. Alina Volkova, ti dice nulla?», concluse infine, catturando con lo sguardo ametista quello dello stesso colore di Kai, ed osservò gli occhi del russo sgranarsi appena sotto quella confessione, mentre Death Dranzer cozzò contro Dranzer, facendolo indietreggiare fino ai piedi del suo possessore.
«Cosa?!», proferì lui in risposta, sciogliendo così la posizione impettita, scioccato da quell’ammissione, mentre Mira si beò del suo sguardo allucinato per tutto il tempo.
«Non…non è possibile!», soffiò invece Saya, con in volto l’espressione molto simile a quella del compagno.
«Cosa?», le chiese invece Boris, che non ci stava più capendo nulla di quello strano discorso, ma lei si voltò verso l’amico con sguardo sofferto, che di nuovo finì per stringergli il cuore.
«Alina Volkova è…era…la mamma di Kai…è morta quando lui era molto piccolo», gli rispose, riportando poi la sua attenzione verso il campo di gara, per non perdersi nemmeno un momento di ciò che sarebbe successo, mentre Boris era rimasto impalato al suo posto, con gli occhi sgranati e la bocca spalancata.
Stava iniziando a capire.
«Sei sorpreso Hiwatari?», ridacchiò poi Mira, indisponendolo ancora di più, così tanto che lanciò di nuovo Dranzer all’attacco, ma il Bey della ragazza fu bravo ad attutire il colpo.
«Non più di me quando l’ho scoperto», gli rese poi noto, con una smorfia contrariata. «Sono il frutto di un tradimento Kai», ringhiò poi, «ma avrei potuto vivere degnamente se tuo nonno non avesse interferito!», gli gridò contro, «tuo padre era via per lavoro, ma tuo nonno riuscì a scoprire la relazione extraconiugale di nostra madre, facendola così finire», digrignò i denti, «ma quando lei scoprì di essere incinta di me, era così spaventata all’idea che potevo essere figlia del suo amante che portò avanti la gravidanza in gran segreto, grazie alla sua più fidata inserviente. Tuo nonno in quel periodo risiedeva a Mosca, per cui non le fu difficile tenerlo nascosto a tutti, compreso tuo padre. Ma ovviamente non poteva tenermi, non quando tuo nonno sapeva la verità sulla sua relazione, e pensando che avesse potuto farmi del male, mi affidò alla sua stessa governante. L’ultima cosa che fece per me fu darmi il mio nome, ma presi il cognome di Ayako Nakamura, la donna che mi ha cresciuta fino ad oggi», concluse, stringendo la mascella ed i pugni con fare sofferto, mentre Kai era rimasto a fissarla scioccato, con l’espressione incredibilmente a contrasto con la sua solita impassibilità.
Nel frattempo Death Dranzer attaccò il Bey blu, che resistette all’offensiva con una certa riluttanza.
«Non è stato facile per noi andare avanti. Lei era una donna sola, senza nulla, ed io ero molto piccola. Si è sempre fatta in quattro per crescermi, anche facendo straordinari come prostituta», gridò, sull’orlo delle lacrime, perché erano ricordi che le facevano sempre un certo effetto. «Usciva la mattina preso e tornava a la sera tardi, ed io rimanevo spesso da sola. Pur di aiutarla ho iniziato anche io a lavorare molto giovane, e da quando mi ha lasciata ho dovuto prendere le redini del suo lavoro, puoi immaginare quale, perché non sarei mai riuscita a portare avanti degnamente la mia vita se non avessi fatto qualche straordinario. Da quel giorno mi è crollato il mondo addosso. Se tuo nonno non avesse interferito, probabilmente oggi ci sarei io al tuo posto, e forse tu non saresti mai nato!», lo accusò infine, con le ametiste che scintillavano furenti verso di lui, che invece era rimasto pietrificato al suo posto.
«Kai!», gridò di rimando Saya, cercando di farlo riprendere da quella presunta trance.
Boris invece era rimasto freddato da quelle constatazioni, perché finalmente era riuscito a capire il motivo degli strani comportamenti di Mira. Era oramai chiaro che avesse voluto vendicarsi per quello che la famiglia Hiwatari aveva fatto a sua madre, ed aveva voluto farlo vendicandosi di Kai, ma in fondo anche lui era stato solamente una vittima. Anche la sua vita era stata rovinata da suo nonno, ed infatti ci tenne a dirglielo…
Si riprese dopo aver sentito il richiamo della sua compagna, e dopo aver visto il suo bel volto rigato dalle lacrime. Così prese una copiosa boccata d’aria, richiamando a sé anche la sua preziosa Aquila, che lo aveva sempre aiutato nei momenti più disperati.
«Capisco quello che hai passato, davvero, ma non risolverai nulla prendendotela con me!», le disse, mentre il bagliore scaturito dal suo Beyblade si faceva sempre più intenso. «Come?!», sbottò invece Mira, adirata, richiamando anch’ella il potere del suo Bit Power.
«Non sei stata l’unica a cui mio nonno ha rovinato la vita!», le disse furente, perché in fondo lui non aveva di certo passato un’infanzia migliore della sua…
«Mia madre è morta quando ero molto piccolo. Mio padre mi ha abbandonato dopo la sua morte, mentre mio nonno mi ha portato in Russia, in un posto da cui sono uscito per mera fortuna, ed a cui sono sopravvissuto solo grazie al ricordo di una persona importante…», si voltò ad incrociare lo guardo ametista di Saya, che in risposta sgranò gli occhi, colpita da quell’ammissione, perché non avrebbe mai pensato che Kai l’avesse potuta ammettere di fronte a tutta la scuola. Ma in quel momento anche lui era pervaso dalla rabbia, la stessa rabbia che aveva ostentato sua sorella fino a pochi secondi prima.
«Tu non puoi neanche immaginare cosa io abbia dovuto subire in quel monastero», ringhiò, «ciò che noi abbiamo dovuto subire!», indicò poi Yuri e Boris, che rimasero con il fiato sospeso per tutto il tempo di quell’ammissione. «Per cui non venirmi a dire di essere stata solamente tu ad aver sofferto!», gridò infine, quando l’Aquila rossa si manifestò luminosa ed imponente di fronte a tutti i presenti, parandosi a difesa del suo Blader come aveva fatto con Saya sui ghiacci del lago Bajkal.
Mira invece rimase interdetta sotto quelle parole, così tanto che sgranò gli occhi ed osservò in tralice la fenice di Kai in tutto il suo splendore. Aveva passato così tanto tempo a covare la sua vendetta nei confronti di quel ragazzo, che dopo aver appreso la sua verità non era più riuscita a sentire la rabbia, né tutto il resto.
Si sentì svuotata, nonostante avesse iniziato ad avvertire uno strano calore all’altezza del petto.
Tuttavia Death Dranzer era ancora in gioco, e lei non avrebbe voluto concludere l’incontro senza aver lottato, per questo attese che anche il suo fidato falco corresse in sua difesa.
«Questo è il capolinea», decretò Kai, «attacca Dranzer!», incitò così il suo Bey, che riprese stabilità aumentando la rotazione, partendo immediatamente all’attacco del Beyblade di Mira.
«Vai Death Dranzer, contrattacca!»
Nel momento esatto in cui i due rapaci si scontrarono, e nello stesso istante in cui le due trottole si scontrarono sul terreno sconnesso del cortile, ci fu un boato talmente assordante che fece tremare anche i vetri delle finestre dell’edificio. La luce abbagliante scaturita dai due colpi invece impossibilitò i presenti a vedere chi avesse vinto, ma quando il polverone si fu assestato, così come il vento e la luce, Saya corse a vedere come si fosse concluso quell’incontro, e ciò che vide la lasciò boccheggiante per un momento.
«D…dranzer è…», cercò di iniziare, spostando poi lo sguardo su Kai, che si stava reggendo in piedi con quale difficoltà. Evidentemente quell’intenso scontro lo aveva privato di tutte le sue energie.
«Non…non è possibile, sta ancora girando…», soffiò Mira, che invece era crollata in ginocchio sul prato, ma nonostante l’affannamento i suoi occhi stavano lampeggiando in direzione del Beyblade blu, con uno sguardo in un misto tra il meravigliato e l’orgoglioso.
Boris invece era rimasto ancora impalato al suo posto, e stava spostando il suo sguardo dal suo amico alla sua compagna, impossibilitato a fare altro. Avrebbe tanto voluto raggiungere Mira, ma si sentiva svuotato di ogni emozione. Quello scontro gli aveva innestato dentro alcuni dubbi, e nonostante avesse saputo che solo lei avrebbe potuto scioglierli, non si sentiva più tanto audace da andare a parlarle, per cui rimase con le mani incrociate dietro la nuca ad osservare l’evolversi della situazione.
Saya invece, dopo aver lanciato uno sguardo leggermente rassegnato in direzione della sua compagna di corso, che nel frattempo aveva spostato lo sguardo sul suo oramai inutilizzabile Death Dranzer, decise di recuperare il Bey di Kai dal campo, che oramai girava traballante vicino ad un ciuffo d’erba. Anche lei lo osservò con sguardo accigliato, accorgendosi così dei danni quasi irreparabili che aveva riportato.
«Ѐ messo proprio male…», si lasciò invece sfuggire Hiwatari, che con un notevole sforzo era riuscito a raggiungere la sua compagna.
«Un po’, ma riuscirò a ripararlo, te lo prometto!», gli disse Saya con un sorriso, che lui non si sentì di smentire. Poi le sorrise anche lui, e le scoccò un leggero bacio sulle labbra, lasciandola di nuovo piacevolmente colpita.
«Ne sono sicuro…», le dichiarò poi, parlandole a fior di labbra, prima di riporre Dranzer nella tasca dei pantaloni e spostare l’attenzione sulla sorella.
«Dovresti andare a parlarle…», gli rese poi noto la nipote del presidente Ditenji, dopo aver captato lo sguardo titubante del suo compagno. Lo spinse anche leggermente in direzione della ragazza, ma quando lui la guardò con un sopracciglio alzato, non capendo perché lo stesse spronando a raggiungere quella che fino a pochi istanti prima aveva voluto solamente la sua disfatta, lei lo spronò di nuovo con un sorriso.
«D’accordo…», alzò poi gli occhi al cielo, perché oramai sapeva che contro Saya non l’avrebbe mai potuta avere vinta, e riprendendo un po’ della sua risolutezza si diresse in direzione di Mira, sotto gli occhi curiosi ed attenti degli altri.
«Hey…», le disse una volta arrivatole di fronte, «prendi la mia mano, forza, ti aiuto a rialzarti», continuò poi, lasciandola incredibilmente confusa dopo quelle parole, perché non si sarebbe di certo aspettata un gesto simile da una persona fredda e scostante come lui.
Ma forse non era poi così impassibile e stronzo come lei aveva pensato…
«Cos...tu mi vuoi aiutare? Dopo tutto quello che ti ho fatto?», ci tenne però a chiedergli, con gli occhi ametista di nuovo sgranati in un’espressione meravigliata, cosa che fece di nuovo alzare gli occhi al cielo al povero Kai.
«Questa scena mi sembra di averla già vista», si lasciò invece sfuggire Saya, con una risatina incredibilmente divertita, alludendo alla sfida che avevano disputato circa due anni prima sui ghiacci del Lago Bajkal, ed erano le stesse parole che in quell’occasione aveva sentito proferire dalla voce del suo fidanzato, ma quella constatazione le costò l’occhiataccia che l’ammutolì seduta stante.
«Sì, ti voglio aiutare», disse poi con fermezza Kai, in direzione della sua sorellastra, e quell’insistenza riuscì a smuovere l’apparente coltre di ghiaccio della ragazza. Così, dopo aver afferrato la mano di quello che oramai poteva chiamare fratello, ed essere riuscita a fare leva sul terreno con le gambe, si fece aiutare a rimettersi in piedi.
«Grazie», gli rese poi noto, nonostante l’impacciamento e l’espressione leggermente buffa che le era sorta sul volto, perché probabilmente nemmeno lei era abituata a pronunciare quella parola.
«Figurati…», le rispose lui, con il suo stesso modo impacciato che fece ridacchiare Saya sotto i baffi.
Quei due erano proprio uguali!
«Mi dispiace», asserì poi lei, nonostante stesse guardando un punto indefinito del cortile scolastico, ma se avesse guardato quelle due coppie di occhi molto simili ai suoi, probabilmente non sarebbe stata in grado di ammettere le sue colpe.
«Non pensiamoci più…», le rispose invece Kai, facendo spallucce, e quel fatto costrinse Mira a riportare su di lui la sua attenzione.
«A grandi linee ero a conoscenza di quello che avete passato in quel monastero», riprese poi parola lei, «me…me ne ha parlato Boris…», ammise, titubante, spostando poi l’attenzione proprio sul diretto interessato, che quando si sentì perforato da quegli occhi violacei spostò il suo sguardo da un’altra parte con una leggera smorfia, cosa che costrinse lei ad abbassare il suo con amarezza.
«Ma la tua voglia di vendetta ha surclassato tutto il resto…», concluse infine Saya, ammettendo con un tono di voce che trasportava una certa rassegnazione quello che non era riuscita a dire la ragazza, mentre quest’ultima si sentì talmente colpita da quelle parole che annuì solamente.
«Beh, anche Kai in passato ha fatto scelte sbagliate», pronunciò ancora la nipote del presidente Ditenji, nonostante l’occhiata di disapprovazione che ricevette dal suo compagno, ma ovviamente lei non si fece fermare da ciò e continuò a parlare a Mira come se fosse un’amica di vecchia data, superando così ogni dissapore che le aveva rese protagoniste in quei giorni. «Però ha capito i suoi errori…», le sorrise, «e sono sicura che lo hai fatto anche tu», terminò, guardando poi il suo compagno con un altro dei suoi soliti sorrisi, probabilmente per tranquillizzarlo, mentre la ragazza aveva inconsapevolmente alzato il suo sguardo ametista in direzione di Boris, che continuava volutamente a snobbarla.
«Sai…dovresti provare a parlargli…», ridacchiò poi Saya, alludendo proprio all’amico, perché sapeva che Mira non gli era poi del tutto indifferente, ed a quanto pareva nemmeno lui a lei. Aveva portato avanti la farsa con Kai, ma era sicura che fosse Kuznetsov ad essere riuscito a sciogliere quel cuore di ghiaccio.
«Probabilmente mi odierà…», ammise però la ragazza, spostando poi lo sguardo da Boris per riportarlo sulla sua compagna.
«Io invece dico di no…», cercò di farle coraggio Saya, nonostante il leggero sbuffo che sentì in risposta, sia dalla ragazza che dal suo compagno, ma probabilmente l’ultima cosa che avrebbe voluto sentire Kai erano proprio quei discorsi mielosi.
«Ok», decretò infine Mira, «però, prima di andare, volevo scusarmi anche con te…», le disse poi, e quella strana resa fece accigliare la compagna di Kai, nonostante avesse capito a cosa lei si stesse riferendo. Probabilmente si sentiva in colpa per tutto quello che era stata costretta a vivere in quei giorni, sia per colpa del bacio dato al suo fidanzato, sia del fatto che fosse diventata titolare nel club di Ginnastica Ritmica, ma Saya non era una che portava rancore, e così, dopo aver capito le motivazioni che c'erano state dietro, e dopo essere stata certa che lei si fosse pentita, aveva deciso di lasciarsi tutto alle spalle.
«Non pensiamoci più, ok? Adesso la cosa più importante è che tu riacquisti la fiducia di Boris…per scusarti con noi hai sempre tempo…», fece spallucce, prendendo poi per mano Kai ed allontanandosi dal cortile per dare modo a Mira di raggiungere la fonte dei suoi pensieri.
 
 
 
 
Boris invece era così intento ad ignorare la ragazza che in un primo momento non si accorse che lei gli era appena arrivata di fronte, perché era rimasto tutto il tempo con il volto rivolto da tutt’altra parte, nonostante le orecchie tese per captare i discorsi degli amici. Era stato veramente molto curioso di sentire la versione della ragazza, o le sue scuse, ma il suo orgoglio gli aveva impedito di raggiungerla. Ciò nonostante era stata lei a raggiungere lui, e nonostante quello lo avesse reso particolarmente soddisfatto, cercò di mantenersi disinteressato, per continuare a gonfiare il suo ego e non farsi vedere particolarmente preso da lei.
«Hey…», lo richiamò però Mira, con fare titubante, e quella voce particolarmente rattristita lo convinse finalmente a voltarsi verso di lei, anche se le riservò un’occhiata particolarmente adirata, molto in contrasto con le espressioni divertite e disinvolte che le aveva mostrato nei giorni addietro.
«Che cosa vuoi?», le chiese rudemente, anche se si dette subito dello stupido per come l’aveva trattata. Si rese conto di aver assunto lo stesso comportamento che aveva tenuto Kai nei confronti di Saya per tutta la durata dell’anno scolastico, ed era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare. Si era dato tanto pensiero per fare la ramanzina a lui, e poi si comportava come tale? «Scusa», ci tenne infatti a dirle con un sospiro, dopo aver visto lo sguardo abbattuto di Mira abbassarsi per un attimo a terra. «Il tuo comportamento mi confonde…», ammise poi, e quelle parole costrinsero la ragazza a riportare le sue ametiste sull’amico, anch’ella sospirando. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare con lui quel discorso, e dopo essersi finalmente chiarita con Kai, adesso spettava a lui.
«Vorrei parlarti, e scusarmi, se vorrai ascoltarmi…», continuò lei, mantenendo una certa compostezza nonostante il batticuore. Oramai non poteva più mentire a sé stessa, perché quel ragazzo l’aveva attirata fin dal primo giorno in cui l’aveva visto, ma allora era stata troppo presa dai suoi scopi per dare ascolto al suo cuore, e poi non aveva voluto compromettersi, rischiando così di perdere la sua occasione di vendetta.
Ma in quel momento era tutto diverso, perché era finalmente libera dal tormento, e finalmente pronta a lottare per lui.
Fin dalla prima volta si era sentita serena e sicura al suo fianco, così tanto che era finita a parlargli del suo passato, omettendo naturalmente alcune cose che lei stessa aveva ammesso solo a Kai, ma Boris le era sembrato così simile a lei, che si era sentita subito in sintonia. Entrambi avevano sofferto per un passato che avrebbero volentieri cercato di dimenticare, e forse ognuno di loro avrebbe potuto curare il cuore dell’altro.
«D’accordo», sbruffò lui, notevolmente più calmo di poco prima, e quello costrinse Mira ad accennare un piccolo sorriso. «Ci rimangono altri dieci minuti prima di andare al club…», fece poi spallucce, spostando i suoi occhi azzurri in quelli di lei, che invece si spostarono subito a guardare in alto con espressione stizzita.
«Non ho nessuna intenzione di andare al club», lo ragguagliò, storcendo il labbro per fargli intendere tutte le sue intenzioni, ma lui si accigliò sotto quella strana reazione.
«Ma tu sei una delle titolari, ed il campionato si avvicina», le ricordò lui, ma lei fece spallucce allontanando la questione, come se oramai non gliene fosse fregato alcun che del club, o di tutto il resto…
«Ok, saltiamo il club», convenne poi, sconfitto, e dovette ammettere che anche lui non aveva poi tutta quella voglia di andare al club di Basket. Sarebbe stato il secondo giorno consecutivo di assenza, e forse Yuri gli avrebbe fatto una notevole ramanzina sull’essere ligio ai doveri, ma con lui si sarebbe potuto chiarire in seguito. In quel momento non voleva perdere l’occasione di rimanere da solo con quella ragazza, e di riuscire finalmente ad avere le sue agognate risposte.
«Bene», gli sorrise lei, prendendolo poi per un braccio e facendolo arrossire violentemente, «andiamo a casa mia», continuò in seguito, e quell’ammissione, detta quasi con nonchalance, dette a Kuznetsov il colpo di grazia.
«A…a casa tua?!», chiese infatti, impacciato, perché tutto si sarebbe aspettato tranne di ricevere quella strana proposta. Tuttavia sapeva dove fosse stata casa sua, ma non credeva che ci sarebbe potuto andare a così poca distanza di tempo. E poi credeva che non sarebbe stato saggio per lei rimanere sola con lui, perché l’eccitamento che Boris sentiva ogni qual volta che gli occhi di lei si posavano su di lui non sarebbe riuscito a tenerlo a bada a lungo. Lei gli aveva fatto un notevole effetto fin da subito, più di quanto gli avessero mai fatto tutte le altre ragazze con il quale era stato.
«Sì, qual è il problema?», domandò però lei, alzando leggermente un sopracciglio, perché non riusciva davvero a capire quale fosse il problema. La sua non era stata una richiesta fatta con malizia, perché voleva davvero riacquistare la sua fiducia, anche se dentro di sé non disprezzava certo l’idea di finire a letto con lui. Anzi, al solo pensiero diventava rossa come un pomodoro, nonostante la coltre di ghiaccio che voleva a tutti i costi mostrare al mondo. In fondo condivideva pur sempre i geni con Kai…
«Nulla, nessun problema…», le rese noto lui, voltandole così le spalle, «allora, andiamo?», chiese poi, attendendo che lei lo affiancasse, per dirigersi insieme verso quella che lui non avrebbe dovuto sapere fosse stata casa sua.
Quando arrivarono di fronte alla porta dell’appartamento di Mira, Boris mandò giù un copioso groppo di saliva ed attese pazientemente che lei gli desse il permesso di entrare, e quando lo fece si rese conto di camminare fin troppo impacciatamente, cosa che costrinse la ragazza a ridacchiare sotto i baffi. Tuttavia convenne di non metterlo in ulteriore imbarazzo.
«Non è grande, e forse è anche un po’ disordinata, ma almeno qui potremmo parlare tranquillamente senza venire interrotti», gli disse poi, togliendosi la giacca della divisa per riporla sull’attaccapanni, invitando lui a fare lo stesso.
«Figurati, non hai mai visto la mia stanza», le rispose lui, riassumendo finalmente la sua solita spensieratezza, e finalmente anche lei poté tornare a comportarsi di conseguenza.
«Immagino…», gli disse infatti, perforandolo con uno sguardo talmente eloquente che lo freddò sul posto, ma poi lei scoppiò a ridere e lui non poté che eguagliarla.
«Allora, è il caso di parlare, no?», le chiese poi, portando le mani dietro la nuca e facendo scorrere lo sguardo ovunque tranne che su di lei.
«Sì…», sospirò invece quest’ultima, invitandolo a sedersi sul divano, dove prese posto anche lei.
«Allora, a quanto pare la tua strana ossessione per Hiwatari era solo per finta…», spezzò il silenzio Boris, dicendo la prima cosa che gli era venuta in mente pur di dire qualcosa, e quando la vide annuire si decise a continuare. «E chi l’avrebbe mai detto che sei sua sorella…», sospirò poi, portandosi una mano tra i capelli con fare nervoso.
«Sorellastra», ci tenne però a puntualizzare lei, perché non avrebbe mai voluto avere nulla a che fare con l’altro ramo della sua famiglia. Li accomunava solamente la loro madre, scomparsa troppo presto per essere riuscita a conoscere Mira, o per essere riuscita a parlare a Kai di lei.
«Già, sorellastra…», si corresse lui, «e quindi per metà sei russa, come Kai», le disse poi, cercando di capire qualcosa in più su di lei, ma al suono di quelle parole la sentì solamente sospirare.
«A quanto pare…però non so chi sia mio padre. Nessuno lo sa, mia madre non ne ha mai parlato a nessuno…», ammise con amarezza, «e nonostante Hito Hiwatari avesse scoperto quella relazione extra coniugale, non ha mai detto a nessuno su chi fosse quest’uomo…»
«Capisco…», soffiò Boris, «nemmeno io so chi sia mio padre. Anche mia madre è morta quando ero molto piccolo. Sono sopravvissuto grazie a Yuri e, a malincuore, grazie a Vorkof», digrignò leggermente i denti, «come vedi, abbiamo tutti dei trascorsi molto simili…», si sentì di dirle, perché in fondo era una verità che non poteva essere contraddetta.
«Già», sospirò di nuovo lei, afflosciando leggermente le spalle, «mi dispiace per quello che vi ho fatto passare», disse poi, andando diretta al punto della questione, perché voleva a tutti i costi lasciarsi addietro quegli assurdi trascorsi.
«Non pensarci più…»
Boris, che per tutto il tempo di quella conversazione aveva cercato di non incrociare i suoi occhi, decise di riposare l’attenzione su di lei, nonostante avesse avvertito il suo cuore iniziare a battere più incessantemente del previsto. Tuttavia c’era una cosa che voleva chiederle, e che lo aveva turbato per tutto il tempo, ed anche se avrebbe dovuto ammettere di averla seguita, in quel momento era risoluto ad ascoltare la sua risposta.
«Senti», iniziò così, catturando la sua attenzione, «dispiace anche a me per quello che ho fatto, e prima che mi chieda cos’ho fatto, ecco, io, ieri ti ho seguita fino a casa, e poi fino a lavoro...», ammise, nonostante la leggera titubanza ed il leggero impacciamento, notando come Mira serrò la mascella sotto quelle parole, ma lui non demorse.
«Sono stato uno stupido, ma volevo davvero provare a capirti…», sospirò, «però, durante il tragitto, ti ho vista parlare con un energumeno e…», interruppe la frase, non sapendo con quali parole avrebbe dovuto continuare, ma venne interrotto dalle parole della ragazza.
«Ah, sì, quello…», gli disse lei, abbassando gli occhi per colpa della vergogna, «un…un cliente…», ammise poi, nonostante la mascella serrata ed i pugni tesi. Non avrebbe mai voluto che qualcuno, specialmente di sua conoscenza, fosse venuto a sapere alcune cose di lei, ma dopo averlo ammesso di fronte a tutti, era chiaro che avessero voluto spiegazioni, e Boris ne era un esempio. Rimase anche in silenzio dopo quell’ammissione, sicura che lui si sarebbe alzato da quel divano e l’avesse abbandonata a sé stessa, giudicandola per le sue azioni, ma lui non fece nulla di tutto ciò. Continuò a stare seduto sul divano, nonostante il piccolo sospiro, e continuò ad osservarla con il pelo dell’occhio.
«Hai detto che hai preso le redini del lavoro che faceva tua zia, o quello che era, gusto?…E per cliente intendi quello?», chiese poi, per cercare di capire se avesse compreso a pieno le parole della ragazza, ma lei si ritrovò solamente ad annuire, di nuovo impossibilitata a fare altro.
«So che mi stai giudicando, e non ti biasimo…», disse poi, dopo aver ripreso tutta l’audacia perduta, ma lui abbozzò una piccola risatina, probabilmente per cercare di allontanare la tenzione avvertita da entrambi.
«Sei fuori strada…», l’ammonì poi, allungandosi comodamente sullo schienale del divano, probabilmente per assumere una posizione che lo avesse mostrato più sicuro di sé. «E poi, se devo essere sincero, io ho fatto di peggio», ridacchiò, «intendo dire, negli anni della Borg…», concluse infine, più seriamente, perché, seppur in modo meno grave di quello che aveva subito Kai, anche lui era stato punito molte volte con violenze, a volte anche sessuali, per cui era forse l’unico, insieme ai suoi amici, che avessero potuto capire quella ragazza.
«Grazie», gli sorrise infine lei, finalmente libera da ogni tormento, perché in quel momento gli interessava solamente che lui l’avesse capita. Tutto il resto per lei sarebbe passato in secondo piano.
Però su di loro cadde il silenzio, ed entrambi iniziarono a dare la loro attenzione ad un punto indefinito della stanza, chi torturandosi i capelli, chi rigirando un piede a terra, fino a che non fu di nuovo lei a richiamare l’attenzione del ragazzo.
«Posso confermare quello che ti ho detto la prima volta?», gli disse, spostando di nuovo i suoi occhi su di lui, che avvertì di nuovo il suo cuore riprendere a battere repentinamente sotto quello sguardo violaceo.
«E cioè?», le domandò, aggrottando leggermente le sopracciglia, non capendo il senso di quell’assurda domanda.
«Sei un tipo strano, Boris Kuznetsov», ridacchiò poi, portandosi una mano a coprirsi la bocca, ma quella risata calda fece ridacchiare sotto i baffi anche lui.
«Lo so, faccio questo effetto», ammise, «ma, per lo meno, questa volta non hai sbagliato a pronunciare il mio cognome, Mira Nakamura…», si avvicinò pericolosamente a lei, spostandosi leggermente dalla sua posizione per guardarla profondamente negli occhi, cosa che la fece avvampare.
«Che…che hai intenzione di fare?», gli chiese, nonostante non si fosse minimamente spostata dalla sua posizione.
«Nulla che tu non voglia fare…», fece poi spallucce Boris, scoppiando a ridere e riportandosi con le spalle a contatto con lo schienale del divano, riassumendo una posizione disinvolta.
«Perché, se io volessi fare qualcosa, tu ci staresti?», gli chiese poi lei, spostando leggermente la testa di lato con fare confuso, nonostante il sorrisetto leggermente malizioso che le era salito sulle labbra.
Forse iniziava a capire quello strano ragazzo, ed in più iniziava ad eccitarla il suo modo di fare così burlone.
Lui però spostò repentinamente la testa verso di lei, con sguardo leggermente scioccato, perché non si sarebbe di certo aspettato una domanda del genere, alla quale non sapeva davvero cosa rispondere. Ci mise un bel po’ per ritrovare una certa razionalità.
«Beh, ecco, io…cioè, lo sai che non si gioca col fuoco?», convenne però di dirle, ed in fondo era vero. Se lei avesse continuato a provocarlo, lui non avrebbe più risposto delle sue azioni.
Purtroppo però successe qualcosa che lo sconvolse piacevolmente, così tanto che si ritrovò ad avvampare quando vide la ragazza salirgli a cavalcioni con uno scatto fulmineo, alla quale non era riuscito minimamente a sottrarsi.
Ma voleva davvero sottrarsi a tutto quello?
«Mi piace giocare col fuoco…», gli disse lei vicino al suo orecchio, e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso già troppo colmo di Boris.
«Te la sei cercata, Nakamura…», ridacchiò lui, ribaltando le posizioni con un colpo d’anca e bloccandola sul divano sotto di sé, ma lei non si mostrò minimamente spaventata e, anzi, quel suo sorrisetto sornione lo eccitò ancora di più.
«Era quello che volevo, Kuznetsov», lo minacciò, all’apice della malizia, prendendolo poi per il colletto della camicia ed avvicinandolo a sé, ma fu lui a rapire le labbra della ragazza, per regalarle finalmente il bacio che si era sognato di darle in tutti quei giorni.
Fine capitolo 29
 
 
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Colei che scrive:
Ce l’abbiamo fatta xD siamo arrivati alla presunta fine di questo tormento (per Kai e Boris!), e spero di non aver deluso le vostre aspettative >.< Non so come mi sia venuta l’idea di creare una portatrice degli stessi geni di Hiwatari xD perché uno come lui non bastava U.U però è stata un’idea che mi è venuta mentre cercavo una possibile compagna per il povero Boris xD Insomma, non poteva essere un’anonima tizia giunta da chissà dove, ma, soprattutto, una senza problemi XDDD
Bene, detto ciò spero che il capitolo vi sia piaciuto, e mi scuso per gli eventuali errori >.< o frasi poco comprensibili xD
Passo a ringraziare come sempre tutti i lettori, chi ha salvato la storia ed i miei fantastici recensori *^* Grazie mille a tutti!
Alla prossima! (siamo arrivati davvero alla fine, manca solo l’ultimo capitolo…almeno in questa storia muahahahah)
  
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