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Autore: moira78    18/02/2021    4 recensioni
Candy e Albert si conoscono da sempre e, da sempre, un filo invisibile li lega. Ma la strada che li porterà a venire a patti con i propri sentimenti e a conquistare la felicità sembra essere infinita e colma di ostacoli...
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Brighton, Archibald Cornwell, Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Le lacrime sono il sangue dell'anima"
(Sant'Agostino)
 
“Le lacrime sono lo sciogliersi del ghiaccio dell'anima. E a chi piange, tutti gli angeli sono vicini.”
(Hermann Hesse)
 
 
 

Suor Lane pregava, inginocchiata davanti all'altare, nella cappella che qualche tempo prima gli Ardlay avevano fatto costruire accanto al nuovo orfanotrofio. Aveva sentito i passi sommessi del signor Cartwright, di Tom e di Jimmy allontanarsi qualche minuto prima e ora, accanto a lei, era rimasta solo Miss Pony.

Quanto dolore, in poche ore!

Avevano pregato a lungo per l'anima di Candy, piangendo sommessamente. Il giovane Jimmy aveva preso a pugni il petto del signor Ardlay pregandolo di ridargli il suo capo, come se invece di essere un adolescente fosse tornato bambino; e anche gli altri piccoli che avevano conosciuto Candy avevano pianto senza sosta.

Forse, nei loro lettini, stavano ancora piangendo.

L'unico volto a rimanere composto era stato proprio quello del signor William, anche se si poteva scorgere chiaramente il dolore che lo tormentava. Nonostante la disperazione che le aveva quasi fatto perdere i sensi e che aveva gettato Miss Pony in una sorta di stato catatonico, entrambe si erano rese conto che quell'uomo aveva bisogno dell'aiuto di Dio.

Aiutalo, Signore, illuminalo in questo momento così oscuro.

Nella nebbia del suo dolore, Suor Lane si era accorta dell'amore profondo che quel giovane provava per la loro Candy e, ricordando le parole della ragazza, si ritrovò a chiedere a Dio perché avesse permesso che due anime così affini non avessero avuto il tempo di condividere le loro vite.

Era sempre stata molto devota al Signore e la sua vocazione era sincera e incrollabile. Ma, di fronte alla tragedia che li aveva colpiti quel giorno, nel suo cuore germogliarono i primi, dolorosi dubbi sulla giustizia divina. Candy era giovane, amava il prossimo e aveva davanti a sé un futuro meraviglioso, quando le cose si fossero sistemate un pochino.
"Sia fatta la tua volontà", recitò tra le lacrime, tentando di placare il suo cuore.

Accanto a lei, Miss Pony ripeté quella formula piangendo e Suor Lane continuò la sua preghiera passandole un braccio intorno alle spalle, stringendosi a lei in quel dolore intollerabile. Insieme, con parole diverse, chiedevano al loro Dio di dare a tutti la forza di andare avanti.
- § -
                                                                                        
La Collina di Pony.

Lì l'aveva incontrata la prima volta, lì aveva cominciato a vivere dopo una vita di proibizioni a seguito della sua prima, grande fuga.

Camminò fino a quello che Candy chiamava papà albero come se avesse cento anni e non trenta e toccò il legno solido. Fu come toccare lei, la sua innocenza, le sue risate, le sue corse di bambina.

Cominciò ad ansimare, mentre la sensazione che il petto si riempisse di acqua gli fece pensare che forse stava annegando.

Non piangeva da quando era morta sua sorella Rosemary: il capo della famiglia Ardlay non poteva permettersi di comportarsi come un bimbetto o, peggio, come una femminuccia e doveva essere un esempio di forza e lungimiranza visti i compiti che lo attendevano.

Dopo le ammonizioni degli anziani della famiglia, ricordò, aveva lasciato libero sfogo alle lacrime nella solitudine del suo letto, la notte dei funerali. Non aveva ancora compiuto undici anni. Poi, anche se aveva sviluppato uno spirito ribelle, aveva sempre conservato quell'impostazione ed era diventato l'uomo posato e tutto d'un pezzo che tutti conoscevano.

Raramente mostrava le sue emozioni e comunque aveva imparato a contenerle e a controllarle come si addiceva a un vero uomo e capofamiglia.

Era riuscito a mantenersi freddo fino a quel momento e aveva adempiuto a tutti i suoi doveri: ora il patriarca William lasciava il posto ad Albert, il ragazzino ribelle chiuso nella sua camera a sognare a occhi aperti. O a soffrire in silenzio.

Quella sera, gli parve di essere travolto da tutta quella repressione che gli avevano e che si era imposto. Era come aprire una stanza piena zeppa di pesanti ricordi che ora rischiavano di sommergerlo, cadendogli addosso in maniera scomposta e ferendolo. Si guardò indietro: da quella distanza nessuno lo avrebbe visto o sentito e fece una cosa che non si sarebbe mai sognato di fare neanche da lì a mille anni.

Gridò.

Gridò il nome di Candy, mentre la vista gli si appannava e si stupiva lui stesso della potenza della sua voce. La seconda volta l'urlo fu meno forte e la terza lo costrinse ad accasciarsi a terra. Quella mattina era stato il braccio di George, ora era l'albero a sostenerlo mentre lasciava finalmente uscire tutte le lacrime che non piangeva da vent'anni.
Per la sua adorata sorella. Per il dolce nipote Anthony. Per l'altrettanto amato Stair. E ora, per la sua Candy, morta pochi giorni dopo avergli fatto nascere nel cuore la pur flebile speranza di un futuro insieme.

Ripeté il suo nome tra i singhiozzi, con le spalle che si scuotevano violentemente e le braccia avvolte sul suo stesso corpo, dondolandosi pietosamente in cerca di un abbraccio che non avrebbe mai avuto da nessuno. Istintivamente, si girò verso il tronco e delegò quell'ingrato compito a papà albero. Lui conosceva Candy e lo avrebbe consolato, avrebbe capito.

Ma, mentre piangeva come un bambino, Albert non trovò alcuna consolazione, solo ricordi che infliggevano più dolore al suo cuore martoriato.

Candy che si gettava tra le sue braccia; Candy che rideva con la sua divisa da infermiera; Candy che lo guardava con gli occhi pieni di lacrime; Candy che arrossiva; Candy che cucinava e bruciava la cena.

Sfinito, si lasciò cadere a terra, rannicchiandosi vicino al tronco, chiuse gli occhi e si addormentò immerso nei ricordi, mentre le lacrime si seccavano sulle sue guance. Sopra di lui, avvertì le fronde sussurrare qualcosa nel vento e si lasciò cullare da quel suono.
- § -

Candy guardò l'ultima ambulanza allontanarsi e cadde in ginocchio sull'erba. Si era fatta carico di più feriti possibile prima che arrivassero i medici e aveva ricevuto i complimenti da un paramedico per le sue fasciature di fortuna.

"Grazie a lei nessuna di queste ferite s'infetterà e l'uomo con il braccio rotto non avrà una frattura scomposta!". Lei gli aveva sorriso, felice.

Il controllore l'aveva accompagnata in prima classe, insistendo perché dormisse in una cuccetta. Inizialmente, Candy si era rifiutata, poi si era fatta promettere che avrebbe dato la stessa possibilità anche agli altri. Alla fine, aveva ceduto.

Nel buio della notte, con gli occhi aperti e le mani intrecciate dietro alla nuca, Candy udiva i rumori che provenivano dai binari: se fossero stati fortunati, durante le prime ore della notte sarebbero riusciti già a ripartire.

Cercò di riposare almeno per qualche ora e prese sonno quasi immediatamente, stanca com'era. Sognò che Albert le chiedeva di sposarla.
 
- § -

Quando si svegliò, Albert aveva una coperta addosso e il sole stava sorgendo. Schermandosi con il braccio, si chiese che senso avesse l'inizio di una giornata così bella e sentì tutto il peso delle sue responsabilità sulle spalle: mandare avanti gli affari di famiglia. Occuparsi delle esequie di lei. Rimanere un punto fermo nella casa di Pony, continuando a sostenerla con i lavori di ristrutturazione e per ogni altra necessità.

Ma si sentiva svuotato, privo di forze e voleva solo fuggire da quell'incubo a occhi aperti. Magari in Africa, dove poteva tentare di elaborare quel dolore immenso.

"Per quanto lontano possa fuggire non potrò mai dimenticarti, Candy", mormorò al sole nascente, lasciando cadere le ultime lacrime. Il pianto della sera prima lo aveva liberato dall'oppressione ma rimanevano l'amarezza e la disillusione di una vita che non sarebbe stata mai più la stessa.

Prese la sua sacca, con l'intenzione di starsene qualche giorno nei boschi adiacenti. Per un attimo gli dispiacque non tornare a salutare, ma chi gli aveva portato la coperta avrebbe sicuramente capito.

Miss Pony e Suor Lane erano due donne eccezionali, che avevano cresciuto una donna altrettanto eccezionale.

Mentre camminava, a testa china e con le spalle curve, udì qualcuno che lo chiamava a gran voce.
 
               - § -
 
George si era sempre considerato un uomo posato e responsabile, ma nel giro di poche ore sentiva che la sua vita era stata sconvolta. Certo, non quanto quella del signorino William, ma in maniera del tutto similare.

"Ne è proprio sicuro?".

"Certo! Vede? C'è una nota del mio collega di New York che ha un dichiarazione firmata dal receptionist dell'albergo, un certo... uhm...".

"Non mi interessa il suo nome, mi perdoni, voglio solo sapere se la fonte è certa". Di solito George non era neanche avvezzo a interrompere le persone con fare tanto maleducato, ma quella mattina stava infrangendo tutte le regole, una dopo l'altra.

"Sicuro! Il commissario della centrale...".

Mentre il poliziotto, di cui aveva dimenticato già il nome, spiegava le credenziali del commissario del dipartimento di polizia di Broodway, George capì che c'era solo un modo per avere la sicurezza che la notizia fosse vera. Aveva solo bisogno di un telefono.

Congedò l'uomo, ringraziandolo profusamente, e si precipitò in ufficio dove, con mani tremanti, chiese al centralino di metterlo in contatto con Terence Graham. L'attesa fu lunga e snervante e George si preparò mentalmente a viaggiare fino a New York se non avesse risposto. Finché non l'avesse vista con i suoi occhi preferiva non instillare false speranze in William. E neanche in se stesso.

"Chi è?", rispose una voce assonnata ed evidentemente urtata.

George ringraziò mentalmente tutti i santi del Paradiso.

"Oh, signorino Graham, sono felice che abbia risposto!". Neanche questo era da lui: di solito si presentava in maniera estremamente più sobria. "Il mio nome è George Villers, sono il segretario personale del signor William Ardlay. Mi perdoni per la domanda così diretta, ma ho urgenza di sapere se ha per caso visto la signorina Candy ultimamente". Strinse la cornetta con tanta forza che sentì le nocche scrocchiare.

"Cos'è, uno scherzo?", chiese laconicamente l'uomo dall'altro capo del filo, con un tono spazientito.

George pensò che il poliziotto si era sbagliato, che la signorina Candy era veramente morta e che l'attore ne fosse rimasto altrettanto devastato.

"La prego, signorino Graham. Ieri ci è arrivato un telegramma che ci dava notizie dell'albergo in cui la signorina alloggiava e... siamo molto preoccupati", concluse omettendo la tragica notizia che era stata loro data.

Udì un sospiro attraversare la cornetta e trattenne il proprio.

"Candy ha dormito da me, potete stare tranquilli. Abbiamo visto l'incendio ed è stato orribile, ma è ripartita ieri mattina. Un momento... non è lì a Chicago?".

Mentre George rilasciava il respiro e avvertiva le lacrime pungerli gli occhi, colse la nota di panico nella voce di Terence.

"No, lei...", fu costretto a schiarirsi la voce più volte. "Mi scusi, lei non è qui, forse è andata alla Casa di Pony. Me ne accerterò. Signorino Graham, quindi non è rimasta ferita?".

Con voce triste e malinconica, il ragazzo gli raccontò della prenotazione saltata e del caos che era seguito qualche ora dopo, quando quello stesso albergo era andato a fuoco: a quanto pareva sorgeva proprio a poca distanza dal suo appartamento.

Capì al volo che tra loro due c'era stato un addio: non solo, quindi, la signorina Candice era viva, ma probabilmente aveva fatto la sua scelta.

Cominciò a immaginare il volto del signorino William a quella notizia e gli parve di rinascere: anche lui era felice oltre ogni dire. Era un vero miracolo!

"Ehi, è ancora lì?", la voce del suo interlocutore lo distolse bruscamente dai suoi pensieri.

"Sì, mi perdoni".

"Dicevo, potrebbe avvisarmi quando la vede? A questo punto sono in pensiero anche io. Pensavo avesse fretta di... uhm... raggiungervi".

George annuì vigorosamente, pur sapendo che non poteva vederlo: "Certo! Certo! Lo farò personalmente, glielo prometto!".

"E... signor Villers? Può anche dirmi se Candy è felice, quando mi chiamerà?".

Quella domanda lo commosse. Poteva solo immaginare quanto stesse soffrendo quel poveretto. Provò simpatia per lui, nonostante fosse stato rivale in amore del suo figlioccio e protetto: "Sarà fatto, signorino Graham", rispose con serietà.

Quando riattaccò il telefono, cominciò a cercare velocemente i recapiti della stazione dei treni. Voleva fare le cose per bene, prima di avvisare William.

La telefonata successiva gli fece scoprire che uno dei treni, partiti da New York la mattina precedente, aveva subito un deragliamento e che, per fortuna, non c'erano state vittime. Si appuntò tutti i nomi degli ospedali e ricominciò un altro giro di telefonate. Accidenti, e pensare che c'era così vicino!
 
  - § -
 
Miss Pony lanciò uno sguardo verso la collina, mentre trasportava un sacco con il becchime. Era diretta al pollaio, ma per un attimo era stata tentata di andare a vedere come stesse il signor Ardlay.

Ha dormito lassù, come se volesse sentirla più vicina...

La sua mente tornò alla sera prima quando, dopo aver messo a letto i bambini, Suor Lane aveva espresso il suo desiderio di controllare se quello che era stato il tutore di Candy avesse bisogno di qualcosa.

La poveretta aveva gli occhi gonfi e cerchiati dal tanto piangere e lei non credeva di essere in condizioni migliori. Il dolore le aveva devastate, inoltre doversi occupare dei bambini che facevano tante domande sul Paradiso le aveva davvero sfinite.

Alla fine, erano andate insieme alla porta della stanza e avevano bussato. Non aveva risposto nessuno e, contravvenendo a ogni buona creanza, avevano deciso di aprire la porta con discrezione. Avevano entrambe notato il volto serio e pallido del signor Ardlay e forse era balenato in mente a tutte e due che il dolore poteva averlo fatto sentir male.
In realtà, la stanza era vuota. Il cuore le era saltato nel petto per il timore che avesse fatto gesti avventati.

"C'è solo un posto dove può essere andato", aveva detto Suor Lane con gli occhi che si riempivano di nuove lacrime.

Miss Pony aveva avvertito le proprie pungerle le palpebre: "Ha ragione, Candy ci ha raccontato molte volte di quanto amasse la natura e... quel luogo".

Quando Suor Lane era tornata dalla Collina di Pony senza la coperta, Miss Pony aveva annuito. Le aveva raccontato di averlo trovato rannicchiato in posizione fetale, come un bambino, con il volto che riportava ancora i segni delle lacrime. Aveva posato la lanterna sull'erba e gli aveva semplicemente steso la coperta addosso, pregando per lui mentre tornava.

"Chissà se è ancora lì", chiese all'aria fresca del mattino, mentre si apprestava a raggiungere finalmente il pollaio.

In quel momento, vide una figura avanzare dal lato opposto, dove c'era la strada. Possibile che il signor Ardlay si fosse spostato durante la notte? Attese qualche istante e si rese conto che la sagoma era vagamente femminile: gonna, capelli vaporosi, una valigia...

Miss Pony pensava che avrebbe avuto un attacco di cuore mentre, nella nebbia della mattina, vedeva Candy avvicinarsi a lei.

"Oh, Gesù santissimo del Cielo!", esclamò lasciando cadere il sacco di becchime e facendosi il segno della croce più volte.
   
 
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